Tre viaggi

La Cattolica di Stilo

di Giorgio Mannacio

I.  AUSTRIA FELIX
 
(V. Pappalettera (1919-1998. Antifascista e partigiano (autore del libro: Tu passerai  per il per il camino, testo che fa riferimento al suo internamento nel campo di sterminio di   Mauthausen )
Puntando al nord 
si rese necessario traghettare
sull’altra sponda
del fiume né blu né bello.
Indicazioni false e tendenziose,
reticenze  e sospetti
negli occhi, nelle  parole
imposero  itinerari fuorvianti,
a contorsioni sui loro  passi e infine
videro i forni
ma non del loro pane quotidiano.
Uno di  loro non volle entrare,
voltò le spalle così pensando
possibile scambiare
visioni di verità.
La sua compagna li intravide invece
tra le dita a fessura, a capo chino
e se versò una lacrima sul mattone
rossiccio non si sa.
Altri due camminarono
come una passeggiata
sul cammino verso l’inferno
con  le mani intrecciate.
Vienna golosa e dotta
sonnecchia  oggi accidiosa
di incenerita gloria
quasi fosse raccolta ad omaggiarla
nel Ring  il mondo intero.
La sfiorarono nella fuga.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
II.    NELLA TERRA  DI GIOACCHINO
 
( …il calavrese abate Gioacchino di profetico spirito dotato               Paradiso, XII, 139)
 
In viaggio dall’oriente all’occidente
Si scopre, forse, un punto di sutura:
a  Stilo della Cattolica
l’aerea architettura.
E poi tra i monti dell’Apocalisse
si vela e si rivela una radura,
sorprende un alto muro,
reticente il portone a voci, a suoni.
Una fortezza?
Ma no, soltanto un luogo di clausura.
Possono entrarvi i maschi
In occasioni rare, dietro permesso;
le femmine mai;
al diavolo, qualunque sia, libero accesso.
Varcata l’alta soglia cambiò nome
ma non fu battezzato
con l’acqua d’una fontana del cortile.
Di terra gli fu dato un fazzoletto
per le  preghiere e per la sussistenza
ma senza lacrime.
Passò così nell’alchimia feroce
della natura che si nasconde
e fu dimenticato Little boy,
il bambino con altri assassinato.
 
 
  
 
 
 
 
 
 
 
III.MOLESKIN AFRICANO
 
(Il bianco mangia la mela – il negro aspetta il torso. Canto di protesta dei negri d’America)
 
 
1.
Galana in questo punto è un magro fiume
e lo si guada
su sassi piatti.
Ci siamo detti allora:
” Non è destino “
E siamo ritornati.
 
2.
Ci graziò dall’ondata primordiale
degli elefanti in corsa
e la zanzara non osò varcare
il confine dell’innocenza, il velo bianco:
fu una febbre da nulla.
E siamo ritornati
 
3.
Ci inoltrammo un mattino nel mercato
dove si scambiano
con scheletri di pesci e di locuste
fame e sete del mondo,
ma non del mondo intero.
E siamo ritornati.
 
4.
E l’alchimia segreta che governa
il pianto ed il sorriso
esitò nell’istante
della pietà stravolta e passeggera.
Faremo qualche cosa certamente.
Non siamo ritornati.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
QUALCHE NOTIZIA
 
Il campo di sterminio di Mauthausen dista circa 150 km da Vienna ed è situato nella regione chiamata Alta Austria.
 
Little boy (= ragazzino) è il nome dato dagli Americani alla bomba atomica sganciata su Hiroshima nella Seconda guerra mondiale. Per molto tempo circolò in Calabria la leggenda secondo cui il pilota che la sganciò si sarebbe ritirato nella Certosa di Serra San Bruno, paese in provincia di Vibo Valentia: Sulla carlinga  fu scritto il nome della madre del pilota (Enola Gay).
 
Galana è un fiume del Kenya. Sfocia nell’Oceano indiano. 

8 pensieri su “Tre viaggi

  1. …i “Viaggi della memoria” di Giorgio Mannacio vedono come meta i luoghi dove si sono svolti o, nel ricordo, sfiorati crimini contro l’umanità…l’incontro con il Male Assoluto crea nei visitatori via via: imbarazzo, desiderio di fuga, senso di impotenza, buoni propositi mai mantenuti: “Faremo qualche cosa certamente./ Non siamo ritornati (“Moleskin africano”)
    Forse cosi’ l’autore ci vuol comunicare il senso di reale inutilità di questi viaggi, se non per una curiosità storica ed umana che lascia tuttavia disorientati e quasi avvolti in un riflesso di colpevolezza…Mi colpisce l’andamento asciutto dei versi, come per dare voce al fiume sotterraneo di un tempo infinito che si ripete nei suoi orrori…

  2. @ Locatelli
    Annamaria, grazie del riscontro prezioso in questi tempi calamitosi. Molto corretta l’individuazione del senso complessivo dei tre testi e -sopratrtutto – dell’ultimo verso di Moleskin. Ti ricordo con simpatia e affetto. Giorgio

  3. Caro Giorgio Mannacio, altre volte sono entrata nelle tue poesie. Una prima lettura di queste tre mi ha fatto una impressione di freddezza: dico il vero, che la tua professione legiferante (nel rispetto di quanto già acquisito) ti trattenesse da ogni implicazione personale.
    Poi rileggo: e la freddezza apparente del Verbo, i versi scarni, il linguaggio di moti e cose, come se in pochi gesti si dovessero condensare tragedie personali insopportabili – dovessero e non potessero esprimersi.
    Dio santo, come se un linguaggio che toglie (non aggettivi e estrinsecazioni, ma moti umani… ma assenza) quindi come fosse possibile togliere l’assenza, ma meno di così…
    Ecco: la tua brutale rottura di retorica, e forse di dialettica… (ma apprezzo personalmente le rime frequenti che riportano a una costanza che forse non è insignificante) mi aprono una via di significazione non irrilevante per quello che attualmente ci riguarda.

  4. Cara Cristiana , anche a te grazie per l’attenzione e le osservazioni che recepisco per riflettervi su covinto come sono che non è nè elegante nè produttivo fare il cicerone pro domo sua. Dunque accettO il rilievo sulla frededzza che – sopprattutto nell’ultimo testo ( ultimo vreso ) è fortemente voluta così come è fortemente voluta – nei fatti e nei nostri coportamenti – lo iato tra quello che sarebbe giusto fare e quello che realmente facciamo. I tre luoghi citati sono stati realmente visitati da me e dunque le notizie che seguono sono notizie reali.
    Un cordialissimo saluto e garzie ancora. Giorgio Mannacio.

    1. Caro Giorgio Mannacio, sei stato gentile a ringraziarmi per la lettura, tuttavia credo di essere stata criptica per quanto ho cercato di dirti, quindi permettimi di spiegarmi meglio. La freddezza di cui ho parlato significava che, rispetto a luoghi cruciali del nostro presente consapevole, i campi nazisti, il tempo dello Spirito, l’espropriazione coloniale, ecco: rispetto a questi momenti cruciali per la nostra consapevolezza occidentale, le tue tre poesie presentavano poca risonanza emotiva, e persino pochi rimandi precisi storici.
      Naturalmente non ho creduto che la cosa fosse priva di una tua consapevolezza, quindi fosse piuttosto una tua scelta.
      In parte è la sobrietà che la nostra età ci regala.
      Ma ho anche cercato di interpretare quella tua consapevolezza di non voler mostrare di essere emotivamente coinvolto.
      Ecco: quella freddezza di partecipazione (cioè di non partecipazione emotiva) la ho assunta a chiave poetica espressiva. Come se fosse possibile, per noi europei perdenti nel quadro del potere mondiale, immaginare una poesia che pratica una retorica di non partecipazione, perchè di fatto esclusa. Quindi una retorica del testo sobria, lontana dai fatti cui accenna, anzi che fa intervenire elementi sostanzialmente periferici, come hai fatto tu col little boy, con le dinamiche di coppia in visita al campo, con quelli che ritornano, che non siamo certamente noi.
      Tutto qui: poca emotività (non emozione) perchè storicamente siamo esclusi, quindi lettararialmente. Siamo stati esclusi ed ormai è questa la nostra condizione: eredi di un sapere letterario che il massimo che può fare è descrivere prendendo distanze.
      Spero ora di essere stata più chiara, e tuttaffatto critica.

  5. @ CRISTIANA
    Cara Cristiana, debbo ripetermi nel ringraziarti per le ulteriori osservazioni molto penetranti e – fenomeno raro a presentarsi – utilissime per l’autore ( cioè me stesso ).
    Dopo aver scritto i tre testi e in un certo senso in parallelo con i tuoi primi rilievi, mi sono chiesto come mai ero arrivato a quella ” freddezza ” ( il termine non mi hai offeso affatto ) tanto lontani dal mio “ lirismo “che è la cifra prevalente ( nel bene e nel male ) della mia esperienza. Mi sono chiesto: perchè questo mutamento di registro che si riscontra inequivocabilmente nei tre testi ? E’ una domanda che – grazie anche alle tue osservazioni – mi sono posto e mi pongo. E che riflette il dilemma se il mutamento sia stato volontario o involontario. E’ mia opinione ( o se si vuole : pregiudizio ) che la guida della ” ragione ” o del ” pensiero ” debba accompagnare anche l’esperienza poetica. Debbo dunque chiedermi se il nuovo registro abbia un senso assunto a ratio di esso ( la rassegnazione verso il Male ) ovvero una deprecabile ( per me ) caduta di intensità espressiva. Un cordialissimo saluto . Giorgio

    1. La mia opinione, da lettrice, è stata la tua consapevolezza inconscia (scusa l’ossimoro, ma forse lo chiarirò) di lontananza del *nostro* passato dalla dimensione mondiale in cui la storia oggi si svolge, ma in fondo si è sempre svolta. La nostra cultura europea e cosiddetta occidentale ha privilegiato come bene e male i fatti che ci riguardano, che sono il nostro passato. Ma non è il passato di altri popoli e culture che ormai occupano la ribalta. Il pudore di ritirarsi, una reticenza consapevole, quindi, sono state la mia chiave di lettura per interpretare la freddezza di cui abbiamo detto. Ciao, e grazie della conversazione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *