Roberto Bugliani

E' una natura antropomorfizzata quella che permea di sé questi versi. Regni vegetale e animale (e di quest'ultimo in particolare l'ornitologico, in quanto in poesia sono gli uccelli deputati a recare simbolicamente levità e melodia al testo) concorrono alla composizione d'allegorie frante nelle quali a siffatta natura antropomorfa vengono attribuiti comportamenti e modi d'essere relativi all'attuale congiuntura storico-politica e ad alcuni dei suoi "temi" e situazioni salienti, soprattutto in ambito socio-economico.
Per quanto concerne i brani in prosa posti all'incipit dei testi poetici, in nessun caso essi fanno diretto o indiretto riferimento a tematiche o a situazioni sviluppate nei sottostanti testi poetici, ma hanno identità propria. Occasionate dalla quotidianità del vissuto, da riflessioni d'ordine politico-culturale o da aneddoti, tali prose da un lato sono pienamente autonome nei confronti del testo poetico, mentre dall'altro ne sono parte integrante, andando a costituire un peculiare blocco testuale (anche sul piano tipografico, ed è la ragione per cui le prose aderiscono ai testi poetici). Questa modalità prosastica con cui si aprono, per così dire, i testi poetici della silloge si pone in linea di continuità metodologica con le mie due raccolte poetiche del 2009 e del 2012.
I brani di prosa posti in chiusa caratterizzanti il terz'ultimo e penultimo gruppo di testi poetici, sono invece schegge di analisi testuali tratte da miei saggi su poeti italiani; tali schegge non hanno alcuna attinenza col testo poetico di cui formano una "coda"
L'ultimo gruppo di testi della raccolta testimonia del tentativo di restituire la poesia alla sua modalità lirica tradizionale, sostanzialmente autonoma, affrancandola dalla "contaminatio" di cui sopra, ma il falimento di tale tentativo è attestato dal componimento posto in chiusura della silloge d'impianto fonico-ritmico tradizionale (novecentesco), che viene progressivamente colonizzato e come soffocato da didascalie e brani prosastici sulle guerre in corso che, penetrando nel corpo testuale, attestano l'impossibilità da parte della poesia di ritornare alla sua forma primigenia perché fagocitata dalla cronaca bellica e annullata dalle sue tragedie.
L'uso talvolta singolare della punteggiatura, in specie la virgola fungente da cesura nel risaltare gli emistichi, vale come una sorta di suggerimento ritmico per la dizione del verso.

L’infezione s’è trasmessa all’intero apparato culturale del paese.

Canone occidentale

I.

L’inganno, il raggiro, la malevole astuzia1

e a volo radente, le starne

in volo ondulato, le allodole

un trio di garzette, un airone cenerino

abbandonano il fiume, al suo destino

di bricolage sinuoso, e vincolo esterno.

Nel corridoio di luce, meridiana

l’usignolo scende, elegante come sempre

plana sul fiume, tocca terra dove l’ansa

è più accogliente, e i commerci del frassino più fitti.

Nervosi per lo sgarbo, del lentisco

i mercati, attestano la sfiducia

di verbene e genziane (in giardini rocciosi)

e mortelle a corteggio. L’edera

                                          strisciando

                                                        traguarda

l’orizzonte, velato dalla bruma.

Vigoroso, un tralcio di vite si ritorce

sullo sprofondo delle foglie, rugginose

nella sua prima fase transitoria, promossa

dalla borghesia mercantile. Zaffate

fuori di squadra, fetori, miasmi, marcescenze

di canone occidentale, trascinate dal vento

che dispettoso soffia, su questa

striscia di fiume, dove alle rive s’abbeverano cinghiali

                                                                             e in subordine, daini

con la possanza d’un dogma, condiviso.

II

Nessuna traccia appare, sulla mappa

Topografie di rimpianti, in controluce

A cadenzare il passo, vilucchi e giovani verbene

Sulle ascisse il rovello, del geranio all’imbrunire

La gelosia del merlo, in catalogo a pagina 80

Il verde catramoso delle foglie, rorido al tatto

Per antiche strade, per territori stabiliti

Malgrado il filo da torcere, di plastiche e cartacce

Esita il gheppio, su sciami di luce

D’azzurro in trasparenza, per spazi fino al mare

I denti del tempo, lacerano ricordi2.

Dopo essere stata interrogata a lungo nei secoli, la luna aveva smesso di rispondere. S’era stancata di rivelare a dei microbi incapaci d’ascolto e di memoria gli arcani dell’universo. “Dove tende il tuo vagare breve? che senso ha il cielo infinito? qual è il recondito disegno dei pianeti?'”, erano le domande più frequenti che le venivano rivolte. “Bello mio, considera la tua speme come s’è imbarbarita e fa’ di necessità virtù, produci, consuma, imbroglia, ruba, ammazza, crepa. E soprattutto chétati!”, rispose infastidita la luna all’ultimo uomo che l’interrogò.

La vela il vento

come la gonfia coi suoi sbuffi

per strategia novizia di scirocco

(ora s’inclina, e con lei lo scafo)

e riccioli d’azzurro, sotto&sopra, riflessi

in questo scorcio di stagione al mare

(lo scafo s’impenna         singhiozza)

                   sprofonda

che l’orizzonte rinserra

nei logaritmi del dovere.

Gonfia è la vela, e tesa

come scudo

levato alto a parare

i fendenti d’un sole allo zenit

emerge netto

(irrorato di spruzzi, lo scafo

dall’onda)

che dardeggia su affanni e paturnie

indifferente

all’ordine precario delle cose.

Un giro di verde sullo sfondo, poi riappare

increspata silohuette (là, puntando il dito)

la vela che vela

lo spicchio di costa

la vela-sipario

sul vento fuori-orario.

Faceva un caldo lepegoso, il governo era appeso a un filo e s’era pure messo a piovere. A dirotto, per una mezz’ora buona. Quando la pioggia cessò, il caldo si fece più opprimente. E l’afa acutizzò i contrasti tra i due partiti componenti la compagine governativa.

L’Europa non è un’oca*

Li ricorderemo, domani, gli squallidi figuri

che intonano, oggi, una canzone folle

perché, in extremis, non si chiamino fuori

lasciandoci nella merda, fino al collo.

In moneta straniera, ha corso la menzogna.

Vestigia senza storia, del nulla sodali.

Presìdi d’inganni, maschere del ritorno.

Per salvarsi le terga, affrescano scenari:

il credit crunch grifagno, il rigore dell’aneto

il frassino in fermento, il balzo dello spread

giannizzeri e scherani, pronti a cambiar casacca

se la nave affonda, se la situazione è questa

Ricordiamone i nomi, e i fiori bianco-giallo

del ciavardello, in corimbi eretti

a massacro in corso, a beneficio altrui

il bail-in in agguato, il falco sottovento.

1Gianfranco La Grassa, “(oltre all’inganno e raggiro con malevola astuzia, alla menzogna, alla finzione di amicizia spesso conclusa con il tradimento, e via dicendo)” in “Processi storici e soggetti agenti”; http://www.conflittiestrategie.it/processi-storici-e-soggetti-agenti .

2“mentre un paio di sorelle laiche si misero al lavoro una rammendando la tappezzeria, e l’altra ricucendo i brandelli di bordura gialla, lacerati dai denti del tempo”. Laurence Sterne, La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo, vol. VII, cap. XXI.

*Optimal currency area.


Roberto Bugliani è nato alla Spezia, studi universitari a Pisa e anni d’insegnamento nelle scuole medie della sua città. Ha spesso viaggiato per motivi di studio e d’intercambio solidale in paesi latinoamericani, soprattutto Messico ed Ecuador. All’attivo ha tre raccolte di poesie, edite nel 2001, 2009 e 2012. Ha tradotto romanzi d’autori ecuadoregni e messicani e i due tomi del Subcomandante zapatista Marcos Dal Chiapas al mondo. Il suo romanzo La disciplina dell’attenzione ha vinto ex aequo il primo premio letterario Casentino 2020.

5 pensieri su “Roberto Bugliani

  1. 21 Ottobre 2020 alle 12:03
    Poesia di protesta, questa, civile e politica, nel suo scandaglio; nel contrasto fra una delicata vitalità della natura (descritta con quella ‘Disciplina dell’attenzione’ della prosa di R. B.) e l’assurda durezza materiale del presente, che tanto più si afferma, alieno, quanto più si allontana dalla vita, orientata verso un’irreversibile processo di decadenza della civiltà nel suo complesso. Il testo, anche con le sue citazioni, manifesta una sottile ironia che tende al tragico, ma forse non chiude del tutto alla speranza, per quella nostalgia che lo sottende e i suoi aspetti di liricità.

  2. 22 Ottobre 2020 alle 10:25

    @ franco casati: ” Il testo, anche con le sue citazioni, manifesta una sottile ironia che tende al tragico, ma forse non chiude del tutto alla speranza”. Quello che tu dici è vero (mi si scapperebbe un: “purtroppo” è vero), ed è testimoniato, già all’incipit di raccolta, dall’esergo (quasi una dichiarazione sofferta, detta a denti stretti) “non riesco / a spargere sale / sulle rovine dell’io”. Insomma: nichilismo VS speranza.
    Grazie per il commento.

  3. 22 Ottobre 2020 alle 12:05

    Ad esempio, è motivo di speranza per la società civile che il presidente Emmanuel Macron abbia conferito la Legion d’onore al professore di storia e filosofia Samuel Paty, padre di famiglia, barbaramente decapitato nel nome di Allah, da un estremista islamico e confratelli, per avere difeso la laicità dello Stato.
    Almeno la Francia ( la nostra sorella latina) sa ancora tutelare i valori repubblicani contro il fanatismo politico-religioso, diversamente da quelle masse e da quegli intellettuali che non reagiscono, da ignavi (“non ragioniam di lor ma guarda e passa”), preferendo affondare la testa nella sabbia, mettendo a repentaglio il futuro dei nostri figli.

  4. Nota.
    Ho ripristinato con l’editor classico di Word Press la spaziatura originale di alcuni versi del testo di Bugliani e ricopiato i tre commenti in questa nuova versione del post

  5. Rispetto al complesso piano di costruzione messo in opera nel libro, le tre poesie presentate le posso leggere solo per loro stesse, quindi sia nella tessitura ritmica e fonica che nell’immaginario, in prevalenza aereo e luminoso.
    Importante la struttura ritmica. Facile identificare i numerosi endecasillabi, anche mascherati in versi più complessi: “/Il vèrde catramòso delle fòglie/, ròrido al tàtto[o]”. Sono composti da due emistichi di pari sillabe questi tre versi in seguito:
    Malgràdo il fìlo da tòrcere,/ di plàstiche è [di] cartàcce
    Esita il gheppio,/ su sciami di luce
    D’azzurro in trasparenza,/ per spazi fino al mare
    Ancora più rilevante è la distribuzione sonora nei versi. Un esempio nei due attacchi di seguito che ripetono la “i” tonica: “Vestìgia senza storia”, Presìdi d’inganni.
    Efficaci i richiami vocalici ben distribuiti nella seconda poesia, tutta lieve nel prevalere dei suoni alti “e” e “i” come sono brevi i versi aerei, così come sono corte e frequenti le piccole onde in un luminosa giornata di mare.
    Nella terza poesia la compattezza dei versi è sottolineata dalle false rime: “figuri/fuori” “folle/collo” “menzogna/ritorno” “sodali/scenari”. Una voluta pesantezza anche tematica non si concede neppure delle rime vere…
    Per riassumere: ho apprezzato un libero sgorgare della *voce* -mentale- nelle tre poesie, pur non potendo attingere ad altri livelli dell’intenzione poetica che sicuramente mi rivelerebbe la lettura completa del libro (pare non disponibile presso l’editore).

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