Su una poesia di Lee Masters

Edgar Lee Masters (1869-1950), American poet.

a cura di Ennio Abate

Jhon Hancock Otis da SPOON RIVER
Quanto alla democrazia, concittadini,
sarete preparati ad ammettere
che io, erede d’un patrimonio e nato in alto,
non ero secondo a nessuno in Spoon River
nella mia devozione alla causa della Libertà.
Mentre il mio coetaneo Findlay,
che nacque in una baracca e cominciò
come acquaiolo dei ferrovieri,
poi diventò ferroviere a sua volta
e poi caporeparto, finché raggiunse
la sovraintendenza della Società,
e visse a Chicago,
fu un vero negriero e maltrattò i lavoratori,
un nemico mortale della democrazia.
E io ti dico, Spoon River,
e dico a te, Repubblica,
guardatevi dall’uomo che sale al potere

e una volta portava una sola bretella.

Il commento di Gianfranco la Grassa  su Face book
Poesia fra le più istruttive e fondamentali per chi non vuol recitare la parte del cretino che piange e si dispera per i diseredati. Solo a volte questo è un cretino, il più delle volte è un ipocrita, nato nei ceti alti, ma ben conscio dei servigi che i miserabili, saliti di grado e di benestare, portano alla sua causa di dominante. E questi bassi soggetti sono fra i più privi di scrupoli e anche vere carogne, che colpiscono alle spalle e con il massimo inganno e infame menzogna. Tutto sono essi pronti a commettere per entrare nelle grazie dei dominanti; li servono e poi, spesso, assurgono al loro stesso ruolo. Ma nel cammino – che i nati nelle classi alte hanno percorso con non chalance e indifferenza, poiché il potere lo avevano per nascita – costoro hanno invece commesso malefatte di tutti i generi: spionaggio e denuncia dei loro compagni di lotta dei ceti bassi, servigi anche criminali per i potenti di turno, infine accoltellamento alle spalle di chi li ha aiutati nella carriera al fine di prendere il loro posto. Essendo nato piuttosto in alto, tanto che alla fine scegliere la carriera universitaria ha rappresentato per me un netto abbassamento di ceto sociale, ho avuto a che fare sia con gli operai e i ceti piccolo-dirigenti dell’amministrazione dell’azienda paterna, sia con compagni comunisti anche loro usciti dai ceti situati a livelli bassi della piramide sociale. E ho sempre apprezzato al massimo grado questa poesia, una delle più lucide e veritiere mai lette. Non ho cambiato scelta politica, ma non per la stupidità di pensare alla “fratellanza e cooperazione universale” fra individui generosi e quasi santi. Solo per la convinzione che i processi storici andassero nella direzione indicata dalla teoria di Marx. Il comunismo non era per me il “Paradiso in terra”: buoni e cattivi, generosi ed egoisti, e soprattutto scatenati carrieristi sarebbero stati i membri di quella nuova formazione sociale. Solo la ritenevo il portato oggettivo di trasformazioni definitive dei rapporti sociali (in specie di produzione). Io ho semplicemente scelto il futuro ritenuto inevitabile. E non mi pento di quanto ho scelto e fatto. Come spesso avviene (anzi sempre), il processo storico mostra delle nette deviazioni rispetto a quanto previsto; bisogna quindi ripensarlo e sforzarsi di capire i nuovi sentieri che la Storia ha scelto di intraprendere.
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Mio commento:
“Il comunismo non era per me il “Paradiso in terra”: buoni e cattivi, generosi ed egoisti, e soprattutto scatenati carrieristi sarebbero stati i membri di quella nuova formazione sociale. Solo la ritenevo il portato oggettivo di trasformazioni definitive dei rapporti sociali (in specie di produzione). Io ho semplicemente scelto il futuro ritenuto inevitabile.” (G. La Grassa)
Dopo il ’68-’69 molti altri – provenienti sia dal basso che dall’alto – hanno scelto, almeno fino alla fine degli anni ’70, il comunismo come idea e pratica. E tra loro non mi pare siano stati così tanti quelli che lo vedevano come “Paradiso in terra”. In effetti, anche dalle file del “movimento” e della “nuova sinistra/sinistra rivoluzionaria” sono usciti numerosi quelli che hanno ricalcato – forse solo in modi meno sanguinolenti che in precedenti epoche – i comportamenti descritti in questa poesia di Lee Masters. Voglio però ricordare che per tanti altri il futuro comunista non era ritenuto “inevitabile” ma solo “possibile”. E’ una differenza non da poco anche oggi, se vogliamo “capire i nuovi sentieri che la Storia ha scelto di intraprendere”. [E. A.]

1 pensiero su “Su una poesia di Lee Masters

  1. “Io ho semplicemente scelto il futuro ritenuto inevitabile.”

    Si può scegliere qualcosa che si ritiene inevitabile?
    Un po’ triste questo appiattirsi sulle soi-disant direttrici della storia. Più un subire che uno scegliere.

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