Poesie

di Roberto Donati

1. LE COPPIE

Le coppie

sono quelle di ieri

sono quelle di oggi

le vedi sempre

da sole

in silenzio.

Passeggiano

passeggiano

passeggiano

in silenzio.

Si sente

solo

il tac tac

di tacchi alti

e non distante

il tump tump

di suole larghe

a terra

sempre più pesanti

sempre senza grazia.

Si frequentano

le coppie

da sole

o a coppie di coppie

in silenzio.

Tlin tlin

gelida

fa la forchetta

come va come non va

ti servo da bere?

puoi sentirli anche da qui

i loro discorsi

detti in silenzio

sempre uguali

da adulti

adulti.

Passeggiano

a volte una mano

intreccia

l’altra

cerca

e forse trova

la condivisione

di spazi

di pensieri

di ideali

di vita.

Passeggiano

le coppie

in silenzio

come da sole

unità più unità

mai somma

mai plurale.

Eppure

chi è solo

veramente

sa

eccome se sa

anche la divisione

frutta qualcosa

in termini puramente algebrici

fosse di segno negativo

non necessariamente positivo insomma

fosse qualcosa

che non sia sempre e soltanto

ogni giorno

quell’io – 1+0 – che rimbalza

di specchio in specchio

si rifrange

in case senza specchi

striscia sulle pareti

si posa sulle cose vive e

su quelle morte

e parla di una cosa sola

io io io io io

in silenzio.

Fosse qualcosa

anche di brutto

diverso da questa noia

sintattica in

prima persona singolare.

 

 

3. L’INVITO

Sono

stato

testimone

attivo

di un

invito formale

giunto per

le vie

anonime

della rete.

Hanno

chiesto

di me

prima in una

poi in molti

senza sapere

chi fossi o

cosa facessi

chiedendo

solo

elemosinando

notti e

letti

sconosciuti

il tutto

sotto la mia

incondizionata

approvazione.

Sono

stato

testimone

attivo

di un

amore impossibile

ratificato

via e-mail.

Hanno

chiesto

di me

per necessità

bisogno

urgenza

disperazione

sperando

di trovare

una persona

gentile o

al massimo

disponibile

non una

sola e

affetta

da mancanza

di comunione

umana.

Sono

stato

testimone

attivo

di un

incontro insperato

passato

al setaccio

delle chat.

Hanno

chiesto

di me

e mi

hanno

trovato

riuscendo a

scoprire

cosa nasconde e

cosa permette

la solitudine

come si può

avere freddo

in una

giornata d’estate

come si può

non essere per

paura o

vigliaccheria o

depressione.

Sono

stato

testimone

attivo

di quanto pesa

il cenare

in piedi

per fare presto

prima e

non far aspettare

chi non ti aspetta

di quanto pesa

il cenare

in piedi

con il buio fuori

perché

apparecchiare

per sé

non ha bellezza

non ha senso.

 

 

 

4. ALBUM

Ce l’hai Dossena?

A quattordici anni

ne parlò anche

il telegiornale

ricordo

un collezionabile

(un album, intendo)

cui mancava

un pezzo.

Era stato fatto

di proposito.

Era una truffa.

Giurando di averlo visto
(spergiurando, anche)

noi lo cercavamo

in ogni pacchetto

ecco, ora esce! –

vedrete, qui c’è! –

ce lo aspettavamo

come fosse dovuto

come il cane la ciotola piena

senza tanti perché

per il digiuno.

Oggi che pure

non sono passati

tanti anni

abbiamo

tutti stipato

cassetti di doppioni e

ci siamo

tutti detti

che quell’album ha

un nome e

la ricerca una scadenza.

 

 

 

6. VERSO SERA

Vorrei

provare

quella calma

intensa

di tranquillità

trovarti

tornando

a casa

verso sera.

Vorrei

potermi

poterti

dire

tu apparecchi

io cucino

amore?

al ritmo di

una luce

tremolante

che intanto

non è il buio

quando è sera.

Vorrei, potrei, mi piacerebbe

verso sera

la comodità

gioca in casa

un divano ampio

la seduta retta

vieni qui da me?

accoglie.

Probabilmente sarei perfetto.

È che non voglio.

Dove metto

le ombre

le nebbie

i morti

li ho dentro

mi parlano

ne sanno

una più del diavolo

figuriamoci dei vivi.

Cosa faccio

di questa bava

sottile

di lumaca, ultracorpo

ultrapensiero,

infatti ci vede oltre

infatti tu rispondi

e ti vede là

come se fossi qui

quando ti scrivo

verso sera

e forse è anche più tardi.

Ecco oggi

torno a casa

verso sera

le famiglie

nel supermercato

i marinai sono scimmie

sulle vele

del porto dirimpetto.

Mi fermo

vedo me dipartire

l’uno qua

l’altro là.

Mi fermo

e ti penso,

non sarai un’àncora

ma una boa sì.

 

 

 

7. LA TUA CASA

Conosco

le vene di

tutto il paese.

Vene d’acciaio.

Conosco

tutte le arterie di

questo e

altri paesi.

Arterie di fumo.

Conosco

le rotte fatte

e sono instabili

di mare e aria.

Se non tutte,

quasi.

Niente da fare.

Fra tutte le cose

fra tutte le case

compresa la mia

la tua

è l’abbraccio stretto

è il respiro fermo

è la mammella che nutre

è il mondo in una stanza

anche quando

ti allontani,

sei sempre lì.

 

 

 

9. L’ARGINE

Gonfiano le sponde

crepano le muricciate

travolti sono i primi animali.

L’argine

s’è rotto

il fiume

nella notte

straripa

i contadini

tutti nel paese

suonano l’allarme

la parola d’ordine è contenzione

provano e provano

è inutile tutto

non capiscono

se i campi secchi di prima

sono perduti

allagati

o germoglieranno.

Solo un neonato

non visto

a mezza luce

nella culla

lasciata sola

dall’emergenza

sorride

sogna l’acqua in cui ha nuotato

la stessa acqua

capisce senza errore

l’amore ha

attraversato un uomo.

 

 

10. CONOSCO LE PIEGHE DELLE TUE MANI

Conosco le pieghe delle tue mani

a una a una

il nodo grosso delle

falangi e della mia

gola

le unghie brevi, e curate,

gli incavi della vita

gli scarti di quella

vena

il tondo dei polpastrelli

le dita digitali

si muovono sottili come

alici sul pelo dell’acqua

le sfoglio

e sono

pagine di un romanzo

di cui esistono solo

l’inizio e la conclusione

due parole per il tutto

le stesse

indicibili da sempre

da mai.

 

 

12. TI PRESTEREI VOLENTIERI IL CUORE


Ti presterei volentieri il cuore
in che condizioni lo troverai
l’aorta sghemba
il ventricolo consumato
l’atrio stanco
e per niente spazioso
ha vissuto
ha fatto il suo

a giudicare dal sangue che pompa
ha ancora tempo per te.

 

 

16. GLI EFFETTI DELLA NICOTINA

Qualche sigaretta

di troppo

ti hanno reso la voce
(ti ha)

di ferina sensualità

come se una rauca tigre

ruggisse al tuo interno eco.

Per chissà quale processo

di osmosi

ne respiro erosive boccate

lingue di bruciato più spettri dei miei sogni che nebbia – e

l’asma cerebrale si risveglia.

Credevo fosse più facile

di pendere dal male

non dall’innocente blasfemia alla quale ti volti

non dalle tue labbra alla nicotina.

Sapessi almeno

che differenza c’è

fra una rossa e una nazionale

per sapere

quanto sono vivo quanto sono morto.

 

 

 

17. PORTO D’APPRODO

In tanto nitore di questa videociviltà

mi ritrovo a cercare

un punto di tenebra

sia pure un buco di spaziale nero

sia pure una rorida fica

 

 

19. OGNI VOLTA

Ci scappa il tempo

un altro amore

lo stesso

inseguito mai raggiunto.

Scappa via.
Scia di mare

lampo riassorbito

ogni volta

in una notte perpetua d’esistenza.

 

 

21. ECCE HOMO

Ho

un uccellino

a cui è morta la compagna.

Lo imito:

nel lamento di

bile

nel disperato soleggiare

di stanza in stanza di una

prigione

senza chiavi senza serrature.

Senza nemmeno,

io,

la malinconia di bei giorni perduti.

Mi perdo

in un amareggiare ordinato di

inutili

abitudini

tutte più vuote.

 

 

22. MENO

Poesie, e poi più:
monologhi di morti.

 

 

24. postmoderno

ho frammentato la prosa

e non ci ho trovato un senso

ma va bene così mi ha detto un critico

si arriverà a un poeta che si spiega

in postmoderno Donati analizza tautologie

a un robot che dia dignità a onde bip e a radiazioni crz

i cortocircuiti si chiameranno poesie

 

 

 

45. FORTUNALI

All’orizzonte due fuochi

segnavano la fine

del tutto

Calma piatta d’intorno

a me

Navigo solo e me ne pento,

ma vado in cerca di tempeste

Non crediate,

è la bonaccia a uccidere

47. SEI PAROLE (TITOLO ESCLUSO)

(LA PALLOTTOLA) Le attraversò il cuore. Fu amore.

(PLAGIO) Amor, ch’ha nullo amato amar perdona.

(IL MACELLAIO) Voleva mangiare tonno, quel salame. Digiunò.

(CRONACA VERA) Contorsionista si chiude in sé stessa.

(TEXAS) Cespugli rotolanti ordinano ciambelle al bar.

(TELEGRAMMA) Scoperto senso della vita: morte. Stop.

Invitata al suo funerale, preferì vivere.

Dovrò aspettare l’Alzheimer per dimenticarti.

 

 

 

Roberto Donati, Arezzo 1980, è docente, scrittore e sceneggiatore; a parte, o primariamente, esploratore di luoghi e persone. Le sue ultime pubblicazioni sono la monografia C’era una volta il West di Sergio Leone (Gremese Editore) e il fumetto horror L’abisso è ovunque (Weird Book).

 

Roberto Donati, postmoderni, Transeuropa 2020

SINOSSI

postmoderni, con la p minuscola, è una raccolta di poesie sparse scritte in periodi diversi della vita, accomunate tuttavia da tratti stilistici e temi interni: il contemporaneo o meglio (peggio?) il postmoderno; la solitudine; la rete virtuale e la rete reale; le relazioni; l’incomunicabilità; la sintesi e l’analisi; lo scavo psicologico e il volo pindarico; lo scarto surreale; l’essenziale e il superfluo.

postmoderni tritura la poesia del Novecento e, fedele al suo titolo, cerca di offrirne una rilettura, o forse semplicemente una riproposizione, consapevole che l’atto poetico o è scomparso o si è moltiplicato all’infinito, di nuovo scomparendo.

postmoderni si nutre anche di cinema e dei suoi immaginari; delle sue visioni e dei suoi incubi. Nondimeno, postmoderni vuole anche e ancora essere un atto di (r)esistenza: perpetuare cioè un certo senso morale proprio, se vogliamo, della poesia classica. Anche se, intendiamoci, molto probabilmente ceci n’est pas de la poésie.

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