Giorgio Galli. Una nota di commiato

 

di Giorgio Riolo

I necrologi non sono solo tristi occasioni. Beninteso, sono tristi sicuramente e chi rimane è preso dallo sconforto per le continue perdite di punti di riferimento, di notevoli e preziose persone, amiche e compagne di percorso. È nondimeno anche l’occasione per riandare con la memoria e per riattualizzare e valorizzare momenti, fatti, acquisizioni nella vita personale e nella vita collettiva. Importanti, vive, proiettate in avanti.
Giorgio Galli è stata figura importante nella cultura e nella politica dell’Italia del secondo dopoguerra. Abbiamo messo “passione per la storia e per la politica” perché, conoscendolo, si offriva a chi veniva in contatto con lui la sensazione che le cose di cui scriveva e parlava non erano aride materie di studio e di ricerca. Rigoroso e dotato di una memoria formidabile, filologica, esibiva una curiosità e un’attenzione al reale e alle vicende anche trascurabili come pochi altri e altre.
La storia dello “alto” e la storia del “basso”, la politica “alta” e la politica “molecolare” di chi si impegna quotidianamente, nella società civile e nelle formazioni politiche, non importa, erano presenti e operanti nella sua attività di storico e di notista politico. Un professore di storia delle dottrine politiche alla Statale di Milano che si occupava dei partiti politici, delle formazioni politiche nella storia e nelle istituzioni e che tuttavia aveva la curiosità per ricostruire la storia delle culture alternative (comprese le subculture) e dei gruppi sociali “antisistema”, anche perché semplicemente “fuori dal sistema”, eretici ed eretiche, i vinti. Dalle streghe alla cosiddetta New Age degli anni ottanta, alle culture esoteriche, a “sinistra” e a “destra” (famosi i suoi lavori sulle credenze magiche, esoteriche, del nazismo).

I. Ci conoscemmo alla fine degli anni Settanta proprio in un luogo “alternativo”, i primi inizi in Italia dell’alimentazione sana e della medicina alternativa. Galli, ormai affermato come storico e come fine notista politico, conosciuto autore di numerosi libri e attraverso soprattutto la sua famosa rubrica nel settimanale Panorama, ci accoglieva, a casa sua o fuori, per colloqui informali di scambio reciproco. Ci sorprendeva, noi allora giovani della Nuova Sinistra, per conoscenza minuziosa, analitica, delle vicende delle numerose, anche minuscole, roba da microstoria, formazioni di detta sinistra.
Questi colloqui privati arricchivano quello che aveva riversato nei suoi libri sulla storia dell’Italia del dopoguerra, sulla storia dei partiti, del Pci, della Dc, del socialismo italiano. Sulla storia dei governi e del ricco e multiforme, corrotto e corruttore, sottogoverno, tipicamente italiano. Tipicamente democristiano, ma non solo. Delle trame occulte, dell’ampia e capillare corruzione, dei poteri eversivi della democrazia italiana, degli “affari di Stato”, del capitalismo italiano continuamente “assistito” dallo Stato, dell’intreccio mafia e politica ecc.
Le sinistre storiche non ne uscivano bene da quella rassegna così precisa e documentata. Con partecipazione critica tuttavia, non da spirito del dilagante “disincanto”. Con animo sgombro e lucido. E, per non sembrare o essere faziosi, lucidamente ne usciva il generoso ma inane volontarismo e il velleitarismo di molta di quella sinistra allora detta extraparlamentare. Insomma, si imparava molto a contatto con una simile personalità.
La generosità intellettuale e politica di Galli si manifestava ulteriormente nella sua continua disponibilità. Negli anni Ottanta, dapprima con il Cipec, il centro culturale di Democrazia Proletaria, e in seguito, anni Novanta e anni Duemila, con il Punto Rosso, egli rispondeva sempre affermativamente a ogni nostro invito a partecipare a convegni, conferenze e dibattiti, anche in piccoli centri, non solo a Milano.
In particolare, a proposito del suo rigore etico, occorre ricordare che quando Berlusconi mise le mani sul complesso delle attività editoriali del gruppo Mondadori, Galli fu tra i primi, se non il primo, a rassegnare le dimissioni da Panorama. Privandosi di una tribuna giornalistica e politica così importante e influente come la sua famosa rubrica posta alla fine di ogni numero del settimanale. Fino alla sua improvvisa morte ha continuato a ripubblicare i suoi libri, rivisti e aggiornati, alla luce di nuovi sviluppi nella storia reale e di nuove acquisizioni dello stesso autore. Ma aveva ancora in cantiere altre ricerche e altri libri.

II.
A mo’ di conclusione e come congedo da una simile personalità. La storia come disciplina e la politica come disciplina, sapere e arte del possibile, e come azione quotidiana (un tempo si diceva “prassi”) sono così inestricabilmente intrecciate che si sente il bisogno di ricordare a ogni pie’ sospinto che è nefasta la divaricazione, soprattutto dal lato dei gruppi dirigenti politici. In generale e nelle varie sinistre in particolare.
La sobria constatazione è, nel mondo nostro contemporaneo, che cultura e conoscenza storica difettano in molti gruppi dirigenti. Da qui i molti problemi attuali nella teoria e nella pratica della buona politica.

5 pensieri su “Giorgio Galli. Una nota di commiato

  1. Ciò che mi ha colpito nei molti articoli che la stampa, cartacea e online, ha dedicato a Giorgio Galli in occasione della sua morte, è il silenzio pressoché completo sulla sua carriera universitaria. Galli è percepito più come militante nel campo della cultura e delle idee e come politologo che come storico delle dottrine politiche, materia di cui fu docente e titolo della cattedra che fu sua all’Università degli Studi di Milano. Si legge genericamente che fu per oltre trent’anni docente di Storia delle dottrine politiche, senza dire nulla sul fatto che i suoi rapporti con l’accademia furono pessimi e che nell’ambito dei docenti di storia delle dottrine politiche fu un isolato e un emarginato.
    Galli, nato il 10 febbraio 1928 a Milano, laureato in Giurisprudenza, ha una produzione scientifica che inizia nel 1953 («Storia del Partito comunista italiano», con Fulvio Bellini, Milano, Schwarz, 1953) e termina nel 2020 ( «L’anticapitalismo imperfetto», Kaos, 2020; uscito in libreria il 23 novembre), e fra il primo e l’ultimo dei suoi tanti libri si collocano degli autentici best-seller letti e studiati da tutti quelli che si occupano di storia contemporanea e di politica. Allora perché fu un emarginato nell’ambito dell’accademia e in particolare fra i suoi colleghi di cattedra?
    La sintesi della risposta è che Galli fu prevalentemente un politologo, un analista della politica e uno storico contemporaneo spesso catturato sia da influenze metodologiche di tipo sociologico e giornalistico (e militanti), sia da temi “eretici”. Non si mosse mai nell’ambito della Storia delle dottrine politiche come questa risulta definita dalla storia accademica della disciplina. La sua emarginazione riflette pertanto sia un atteggiamento di difesa scientifica della disciplina, sia un atteggiamento di censura nei confronti dei tentativi di allargarne le domande e i campi di ricerca oltre i suoi propri confini. In altre parole, riflette un atteggiamento legittimo (che sia o no condivisibile qui non importa) di difesa della scientificità della ricerca e uno illegittimo di censura ideologica.
    È per questo che Galli, dopo molti anni di gavetta come assistente, divenne docente associato solo dal primo agosto del 1980 e non passò mai a docente ordinario. Fu bloccato ad associato fino al pensionamento dalle bocciature dei colleghi. In un primo tempo Galli se la prese, poi, probabilmente, non se ne occupò più, gratificato comunque da un successo di pubblico che pochissimi suoi colleghi possono vantare.
    Fra questi colleghi, per limitarmi solo ad alcuni nomi di docenti di Storia delle dottrine politiche nella stessa Facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Milano, ci sono Maria Luisa Cicalese, Maurizio Bazzoli, Mirella Larizza, tutti diventati docenti ordinari e inseriti in «cordate» accademiche riconosciute.
    Galli era fuori da queste «cordate». Non l’ho mai incontrato in convegni di studi promossi dalle cattedre della disciplina né i suoi testi sono mai stati adottati, salvo rare eccezioni, dai suoi colleghi. Erano adottati da lui, per i suoi corsi, e da docenti di storia contemporanea.
    Come docente di Storia delle dottrine politiche era “anomalo” ed emarginato per una serie di motivi che non rappresentano capricci, ma un preciso orientamento, con tutti i suoi limiti, della disciplina nella sua versione accademica.
    Cattedre e discipline vengono determinate, in genere, dalla tradizione accademica, che varia da Paese a Paese (in Francia e in Inghilterra, ad esempio, non si parla di “dottrine politiche” ma piuttosto di “idee” e “pensiero” politico), dal metodo di ricerca e dal campo di ricerca, a queste ragioni “scientifiche” inerenti alla tradizione vanno poi aggiunte le ragioni opportuniste, come ad esempio variare i nomi di cattedre sostanzialmente identiche, sdoppiandole, per moltiplicare i posti di docente disponibili.
    In Italia la Storia delle dottrine politiche nasce con Gaetano Mosca (la prima cattedra di tale nome venne creata apposta per lui), che proveniva dall’insegnamento del Diritto costituzionale. Si profila, infatti, come disciplina di confine fra gli studi di diritto costituzionale applicati alle dottrine e alle istituzioni politiche, gli studi di storia delle idee applicati al pensiero politico e gli studi di filosofia e di teoria applicati alle idee politiche. Inoltre, la tradizione giuridica e filologica porta a una metodologia di analisi dei testi e quella storica a una applicazione alle diverse epoche, dall’antichità al periodo contemporaneo, o almeno dal Medioevo al Novecento.
    Galli non rispetta quasi nessuno di questi “paletti” disciplinari. Nei suoi testi troviamo più sociologia che diritto, più analisi politica che ricerca filologica sui testi, più giornalismo e divulgazione (almeno come stile) e meno apparati storico-filologici redatti secondo l’uso accademico, più cronaca degli ultimi decenni che esplorazione storica e archivistica di secoli lontani. E non vi è ricerca storica sui secoli precedenti il Novecento, che Galli tratta raramente e solo a livello manualistico e divulgativo, senza monografie originali Ma a queste ragioni, che potremmo definire “scientifiche” (per quanto molto discutibili) si aggiunge, fin dall’esordio di Galli come studioso, il carattere pubblicistico e militante della maggior parte della sua produzione. E non c’è nulla di più avverso a gran parte dell’accademia italiana proprio del carattere pubblicistico e non strettamente scientifico del percorso di lavoro e della carriera di uno studioso. Un accademico già affermato può esprimersi anche attraverso la stampa periodica e la divulgazione, ma queste non sono mai la base di una carriera e vengono valutate poco a livello di titoli per i concorsi. Giovanni Spadolini, ad esempio, accademico di lungo corso, era però considerato dai colleghi più come giornalista e politico che come studioso e ricercatore in senso stretto. E un militante come Livio Maitan non riuscì mai a metter piede all’Università e fu bocciato ai concorsi perché le sue pubblicazioni furono considerate non pertinenti, non scientifiche.
    In questo atteggiamento dell’accademia italiana, che si è un po’ aperto solo negli ultimi due decenni, quando Galli era ormai in pensione, vi sono indubbiamente elementi di chiusura e anche di arretratezza culturale (oltre che di difesa corporativa della categoria). Nelle commissioni di concorso si valuta di più e come più pertinente una monografia, purché frutto di ricerca originale, sul pensiero politico, o su una singola opera, di un oscuro pensatore del Cinquecento, che libri come quelli che Galli ha dedicato a «Il Mein Kampf di Adolf Hitler. Le radici della barbarie nazista» (Milano, Kaos, 2002), o «Il prezzo della democrazia. La carriera politica di Giulio Andreotti» (Milano, Kaos, 2003), o, peggio ancora, gli «Appunti sulla New Age» (Milano, Kaos, 2003), «Piombo rosso. La storia completa della lotta armata in Italia dal 1970 a oggi» (Milano, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2004), «La magia e il potere. L’esoterismo nella politica occidentale» (Torino, Lindau, 2004), e tanti altri, che ci documentano della curiosità e cultura vastissima di Galli, ma anche della sua passione di incursore in campi diversi e, almeno apparentemente, lontani dalla ricerca specifica e in senso stretto nel campo delle dottrine politiche. I suoi libri che, per argomento e metodologia, sono più vicini alla ricerca accademica, sono stati piuttosto considerati come un prodotto analogo ai libri di Giorgio Bocca e di altri giornalisti che hanno scritto ottimi libri ma comunque fuori dalle metodologie accademiche.
    Questa mancanza, o scarsità, di dialogo e di scambio fra pubblicistica, divulgazione, politica e accademia è indubbiamente un difetto, non un merito, dell’università italiana. Tanto più quando, come nel caso di Galli, ma anche di alcuni libri di Bocca o di tanti altri giornalisti e scrittori e politici, non si tratta di semplice divulgazione o di pubblicistica militante ma di opere che hanno alla base studio e ricerche che nulla hanno da invidiare alla scientificità difesa dall’accademia, ma che presentano analisi in un’ottica diversa che allarga il campo stesso della ricerca.
    Ma la Storia delle dottrine politiche, proprio per il suo carattere di confine e di incontro fra diverse discipline (diritto, storia delle idee, teorie della politica, a cui si è aggiunta poi anche la psicologia dei comportamenti politici di massa), si presterebbe invece, meglio della sociologia, della politologia e della storia contemporanea, a ricerche insolite come quelle di Galli.

  2. “Questa mancanza, o scarsità, di dialogo e di scambio fra pubblicistica, divulgazione, politica e accademia è indubbiamente un difetto, non un merito, dell’università italiana.” ( Aguzzi)

    E’, aggiungerei, un altro segno della sconfitta dell’unico tentativo fatto (e fallito) di metterla in discussione nel ’68. Non a caso si parlò di “contestazione studentesca”. E gli effetti negativi e di impoverimento culturale si vedono non solo nella carriera di Giorgio Galli, che hai fatto bene a illuminare in questi aspetti ipocritamente taciuti dai “coccodrilli” dei vari mass media, e di tanti altri “eretici” e “intellettuali periferici” (noi compresi), ma nel divario ingigantito e coltivato politicamente ad arte (la distruzione della scuola e delle università di Renzi-Gelmini) tra saperi alti e saperi di massa. Per cui di fronte, alla pandemia di Covid e alle soluzioni suggerite/imposte, come asini di Buridano tentenniamo tra adesione cieca a qualche scienziato di regime o “alternativo” o ad un rifiuto fatalistico e anarcoide della scienza.

  3. “la distruzione della scuola e delle università di Renzi-Gelmini”.
    @ Ennio, conosco pochissimo la produzione scientifica di Galli, per cui non mi permetto d’intervenire, ma permettimi invece una piccola chiosa alla tua affermazione soprastante. Io direi che hai dimenticato il pater di quella distruzione negli ultimi decenni, che corrisponde al nome di Luigi Berlinguer.

  4. SEGNALAZIONE DA FB/L’OPINIONE DI UNO STORICO: BRUNELLO MANTELLI

    Brunello Mantelli
    Boh… I suoi studi sul nazismo erano rimasti fermi allo stato dell’arte degli anni Cinquanta del secolo scorso.

    Maria G Meriggi
    Brunello Mantelli non erano infatti studi specialistici sul nazismo – di cui tu, certo non io, sei specialista – ma riflessioni antropologiche come ha scritto Claudio Vercelli su alcuni aspetti delle subculture naziste. Claudio Vercelli ed io abbiamo voluto salutare un lungo percorso intellettuale non iniziare una disamina seminariale sui suoi singoli aspetti

    Maria G Meriggi
    Altrimenti non avrei nemmeno citato il ruolo della sua compagna…

    Brunello Mantelli
    Non stavo parlando dei suoi studi sull’esoterismo NS, francamente di scarso se non nullo interesse, quanto della sua edizione commentata del Mein Kampf (uscita nel 2002!), da cui traspare una lettura intenzionalista del NS, appunto da anni Cinquanta, edizione che ho avuto il piacere di commentare in sede pubblica proprio con il suo curatore, e su cui – per l’ovvio rispetto dovuto alla sua statura intellettuale nonché al fatto che fosse generazionalmente un maggiore – mi sono espresso con il massimo di bel garbo possibile, ma senza nascondere di ritenerla francamente del tutto errata. Paragonare Giorgio Galli a Giovanni Arrighi, poi, mi pare francamente fuori luogo. Ciò senza negare la statura intellettuale dell’uno e dell’altro, ma – a differenza quanto meno dell’Arrighi di Geometria dell’Imperialismo ma anche dell’Adam Smith a Pechino – Giorgio Galli di archivi e di ricerche sul campo ne ha fatte ben poche. Non è indispensabile e non è l’unico studioso di valore che se ne tenga lontano, ciò tuttavia mi rende difficile annoverarlo tra gli storici.

    Maria G Meriggi
    infatti non era uno storico e a dire il vero non lo ha mai rivendicato. Non è questa la sede per approfondire ma anche la sua vicenda accademica non certo fortunata si è svolta tutta nei confini della scienza politica.
    ·
    Brunello Mantelli
    1953: Storia del partito comunista italiano. Verba manent.

    Maria G Meriggi
    a 25 anni. Ma tutta la sua storia scientificoaccademica fra il Cattaneo, Trento e Milano è una storia di scienziato della politica. Dammi fiducia, ne abbiamo anche parlato molto e a lungo

    Maria G Meriggi
    comunque questa discussione su un amico carissimo al cui funerale ho assistito 2 ore fa mi ha sfinito e la chiuderei qui

    Brunello Mantelli
    Va bene. Ma se si pubblica un proprio articolo su un mezzo come FB poi si ha da accettare che venga discusso. Sulla statura intellettualòe di Giorgio Galli mi pare di essermi espresso con chiarezza e senza lasciar dubbi, no?

    Mario Coglitore
    Bell’articolo prof. Comunque, sarà anche stato fermo agli anni Cinquanta del Novecento, ma con “Hitler e il nazismo magico”, Galli ha lasciato un contributo molto interessante. Interessantissimo. L’approccio probabilmente era quello del politologo, ma non si vive di sola analisi storica. Un saluto.

    Maria G Meriggi
    lo dico persino io che non mi legittimo a scrivere se non ho fonti archivistiche di almeno due diverse origini…
    .

    Brunello Mantelli
    Mi corre, a questo punto, l’obbligo di qualche precisazione: 1) la statura di intellettuale e scienziato politico di Giorgio Galli è fuori discussione!; 2) a prescindere dal suo accidentato percorso accademico, va da sé che tra 50 anni lui sarà ricordato, larga parte dei suoi colleghi scienziati politici saranno caduti nel dimenticatoio; 3) il suo saggio destinato a fare epoca è “Il bipartitismo imperfetto”; 4) testi come “Hitler e il nazismo magico”, con buona pace e della sua memoria, e di chi si dice glieli abbia ispirati (non ho elementi per confermare o smentire la diceria), sono sì e no buoni per avvolgere il pesce.

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