Alberto Tomiolo

AVVISO DELL’AUTORE

   Questa Raccolta Differenziata, a parte l’allusività “ecologizzante” del titolo, assolve ad una semplice finalità ordinatrice: non presume di mimare una corposa “opera completa”, ma non  rinuncia tuttavia ad un essenziale apparato “documentale” di supporto per dar corpo, diciamo così, ad una diligente archiviazione editoriale di tutto il mio lavoro poetico senza che ciò intasi la già tracimante mappatura della letteratura in versi del secondo Novecento.

   In concreto la Raccolta fornisce, innanzitutto, una silloge inedita, Spätstil, che va letta come una prosecuzione della precedente Clinamen di cui, infatti, conferma ritorni tematici (osservanza “lucreziana”, rivisitazione odisseica, senectus, riluttanza alla cittadinanza veneto-veronese, rivendicazione di appartenenze culturali, ecc.) non meno di una schiettamente ridondante convalida di sperimentate modalità espressive (cifra discorsiva di tenore didascalico-narrativo, declamazione cantica, accumulazione caotica, e altro). Inoltre, dispone le opere à rebours, all’indietro, cioè in una partitura di ordine inverso all’anno di pubblicazione (includendo anche i testi “disuguali”, generalmente inediti, degli anni di noviziato raggruppati in Juvenilia), “sdrammatizzando” quell’assetto che predilige una successione ascendente – non senza augurarmi ovviamente che ciò manifesti, con la specifica esigenza documentaria, anche il ricorrere di un certo spessore immaginativo.

  Approfitto per ricordare, d’altro canto, che reputo con composto scoramento la marginalità – ormai quasi commovente – della “Poesia” (vale a dire la sua pura e semplice sparizione dal mercato del libro, ergo dal gusto del pubblico) come un fatale punto di non ritorno di una epocale mutazione genetica dei terreni culturali e delle tecnologie che lì rigogliose nidificano: bitumato e calpestato, non c’è campo che possa accogliere anche il seme presuntivamente più fertile e bello. Eppure, al di là della lenitiva fedeltà dei miei quasi 25 lettori, mi ostino a pensare che lo scrivere in versi e dunque leggerli – per quanto ne sia vanificata la storica funzionalità estetica e civile – può servire per vivere o, almeno, per sentirsi meglio, scampando alla mortificante “acculturazione” di cui si cibano in tanti, in troppi che mediocremente la confondono con un’effettiva strumentazione culturale.

   Utilizzo, infine, questo “vestibolo” introduttivo per ringraziare gli editori delle Grafiche Aurora cui mi lega, idealmente, un remoto intermezzo della mia giovinezza quando nella storica “Tipografia Aurora dei fratelli Marchesi” di via Stella fui addestrato apprendista-linotipista nonché autocompositore delle mie prime riviste letterarie. E non minore riconoscenza di amicizia feconda esprimo a Carlo Marcello Conti, Campanotto Editore, con il quale abbiamo vissuto le memorabili stagioni bolognesi dell’Osteria dei Poeti e di Bab-ilu e che mi ha ospitato con generosità fra i suoi autori sollecitandomi, qualche decennio fa, a ributtarmi convintamente nel non rinnegato, ancorché per troppo tempo accantonato, esercizio del “far versi”, del “tentar poesia”: un esercizio complicato da cui qualcuno non vuol prescindere come vorrebbe testimoniare – mi azzardo a presumere – questa Raccolta che, nell’andirivieni cantico e cognitivo dei suoi testi, ha frequentato le più o meno “magnifiche sorti”, non escluse quelle “progressive” della seconda metà del “secolo breve” e non si sottrae a misurarsi, adesso, con i grovigli morali, gli imperativi civili e gli obblighi culturali che si profilano ineludibili e tremendi nel millennio, non propriamente ben augurante, appena avviato.


MENTALMENTE ACCOVACCIATO SUL PC / 1
 
 
pensa Emilio e Adriano e Franco o Arrigo e Carlo /1
con la sola umile meccanica Lettera 22
robusta olivettiana creatura dolcissima nella memoria
che saltimbanchi sono stati
quale spettacolare profluvio di techne umanissima
quanti mirabili ghiribizzi hanno potuto sbrigliare
dal gomitolo del caos delle parole ingolfate
ingrovigliati di lemmi e di grafiche incursioni e via coniando
visioni e sermoni i più avventati
dentro cui ci hanno stregati
come solo un libera mano
v i r t u o s i s t i c a m e n t e
girovagando
pitturando scritture ex tempore
bighellonando
ipnotizzando
i n f e r v o r a t a
sa impressionare sull'umile cartacarbone ospitale agl'inchiostri
ma non quelli dell'asettica cartuccia
 
  
1/ Emilio Isgrò, Adriano Spatola, Franco Verdi, Arrigo Lora Totino, Carlo Conti
 
 
 
MENTALMENTE ACCOVACCIATO SUL PC / 2
 
 
pensa se Emilio e Adriano e Franco o Arrigo e Carlo
già obbligati all'umile meccanica Lettera 22
robusta olivettiana ancorchè dolcissima nella memoria
avessero avuto sottomano tanto profluvio di techne digitale
che saltimbanchi sarebbero stati
quanti mirabili ghiribizzi avrebbero potuto sbrigliare
dal gomitolo del caos delle parole ingolfate
ingrovigliati di lemmi e di grafiche incursioni e via coniando
visioni e sermoni più avventati ancora di quelli
dentro cui ci hanno lusingati
v i r t u o s i s t i c a m e n t e
girovagando
pitturando scritture ex tempore
bighellonando
ipnotizzando
i n f e r v o r a t i
sul foglio severo del formato A 4 office inchiostrato
crudamente dalla gelida cartuccia
 

2 pensieri su “Alberto Tomiolo

  1. Già nella densa valenza polisensa del felicissimo titolo, questa matura silloge ripropone e insieme consacra, per così dire, quel non comune intreccio di chiarezza intellettuale, passione civile, sorniona ironia e squisita padronanza del linguaggio poetico che da sempre caratterizza la versificazione di questo autore, la sua inconfondibile impronta. Sembrerà paradossale, ma pur rotto a tutte le astuzie e le retoriche del letterato di lungo corso Tomiolo mantiene nondimeno una sua misura e sensibilità di stampo oserei dire classico.

  2. Chissà se “ancora più avventati”! Era una poesia fisica, la loro. Materiale. Perfino corporale. Troppo astratta perfino per essere concettuale, la techne digitale! Era Lora Totino che versava addosso acqua da … un sassofono?

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