Lui. E lei?

E con questo articolo di Cristiana Fischer dopo i due di Marcella Corsi e Elena Grammann siamo ad un bel trittico di posizioni sulla questione uomo/donna. [E.A.]

di Cristiana Fischer

                  Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine
                  di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. 
                                              (Genesi, 1, 27)

“Si è calcolato che tra i transessuali che cambiano sesso l’80% sono MTF – dal maschile transitano al femminile”. È qualcosa che tutti sappiamo, ma non stiamo a rifletterci sopra, come se fosse in qualche modo naturale che sia meglio essere una donna piuttosto che un uomo. Nei paraggi dell’8 marzo merito dello psicoanalista Sergio Benvenuto averne fatto il cuore di un suo articolo (qui), un cuore che resta tutto sommato segreto, con spiegazioni non proprio soddisfacenti.

Le donne sono singolarmente spesso superiori agli uomini, perché hanno diffuse virtù di altruismo, si prendono cura, sono capaci di attenzione, di trovare soluzioni pratiche, sono più coinvolte nelle relazioni che nei rapporti gerarchici. Queste sono però idee mie, per Benvenuto “la natura di questa superiorità resta per lo più tema dibattuto”.
Le donne secondo alcuni sarebbero superiori perché le società matriarcali sarebbero società egualitarie e poco conflittuali. L’articolo procede approfondendo. L’autore distingue tra femminismo e donnismo, da domina: oggi signora, un tempo padrona. Egli si dichiara donnista, non sarebbe contrario a una società retta da donne ma non dice perché. Il femminismo ha sempre  voluto  l’uguaglianza: “il classico femminismo […] ha avuto sempre un fondo rivendicativo, e puntava essenzialmente all’eguaglianza di genere”. Il femminismo cui si riferisce è quello corrente, della politica democratica e dei media. Io so che non è così, il femminismo della differenza non è paritario, e infatti le signore politiche di destra non si sentono uguali per niente: Tatcher, Merkel, Meloni e Le Pen comandano.

Un secondo passo di approfondimento Benvenuto lo compie riferendosi a piccoli gruppi umani organizzati in senso matriarcale. Comincia dagli indios Bari (o Motilon) del Venezuela cui, di seguito, accosta le scimmie bonobo “esaltate ormai come vessilli di un diverso modello di società, basato sull’erotismo, sulla soluzione dei conflitti attraverso il sesso (etero- e omo-sessuale), e che vede una predominanza femminile”.
Poi arriva ai Mosuo, una popolazione di circa 40 mila individui, in una regione himalayana della Cina, dove la struttura sociale è matrilineare (e non matriarcale, che è un concetto moderno). Le donne hanno libertà di scegliere il partner sessuale ma quella libertà sottostà a delle regole: possono ricevere il partner (che può anche essere lo stesso per tutta la vita) solo di notte. È il fratello della madre che svolge la funzione di padre come la intendiamo noi, e solo agli uomini sono riservate le cariche religiose. I Mosuo però sono già diventati un fenomeno turistico e “l’equilibrio di questa società si sta sgretolando”.
Benvenuto è consapevole che “il gine-suprematismo dia immaginariamente alle donne la facoltà di realizzare un tipo di società che di fatto è stata immaginata e vagheggiata soprattutto da uomini”. La superiorità femminile è un sogno maschile. Intanto i maschi vagheggiano la disponibilità sessuale delle donne. Chi non ha sentito parlare degli incel? Da Wikipedia: “Un incel è un membro di una categoria, composta prevalentemente da uomini eterosessuali, che afferma di non riuscire a trovare *un partner sentimentale e/o sessuale*, nonostante ne desideri *uno* (c.vi miei), in quanto rifiutato perché non attraente. Il neologismo inglese incel (qui) è un portmanteau di involuntary celibate, traducibile in italiano  come «celibe involontario» […] Le comunità incel sono state criticate dai media e dai ricercatori per essere misogine, razziste, incoraggiare la violenza, diffondere opinioni estremiste e radicalizzare i loro membri. A partire dal 2018, il fenomeno incel è stato maggiormente descritto come una minaccia terroristica”.

Gli uomini comunque sono avvertiti di possibili contrappassi indesiderati. Aristofane, contemporaneo di Socrate e Platone, talmente acuto da essere anch’egli arrivato fino a noi con le sue commedie, nelle Ecclesiazouse (Donne in Parlamento) avverte che la desiderata disponibilità sessuale delle donne comporta il rischio… del principio di uguaglianza! Cioè che anche le donne vecchie e brutte pretendano la disponibilità sessuale dei giovani maschi. Già 2400 anni fa, Aristofane sabotava il futuro femminismo paritario!
Ho letto l’articolo di Benvenuto che mi ha segnalato Ennio Abate, insieme a quello dello psicanalista Franco Lolli sulla rivista Altraparola (qui) . Articoli dei quali Ennio si è dichiarato “incuriosito e benevolmente sorpreso”. Mi ha chiesto un’opinione, immagino per le mia posizione di femminista ben tetragona ai colpi di ventura.

Sergio Benvenuto si collega all’articolo di Franco Lolli per il tema della necessità di una società regolata. “A partire dall’Illuminismo, il paradigma dell’intellettuale all’avanguardia è l’anarchismo. Questo anarchismo di fondo della società occidentale moderna è passato poi a tutto il mondo industrializzato”, per questo diventa importante “scovare società anarchiche – e quindi felici – tra società realmente esistenti”. E chi più anarchiche delle donne, che nella gestione della nostra effettiva società per lo più occupano i ruoli meno favoriti?

Le conclusioni di Benvenuto sono una fotografia dell’esistente: ogni società ha bisogno di regole, e immaginare un suprematismo femminile mentre in realtà le donne restano in posizione inferiore corrisponde a “una visione diciamo filosofica”. Ma le narrative, come oggi vengono chiamate, possono cambiare il mondo quindi è importante conoscerle. Anche se il cambiamento prodotto “di solito non è quello che queste narrative auspicavano…”

Sulle regole si impernia anche l’articolo di Franco Lolli, con un taglio decisamente politico. Apre con queste due affermazioni: “la logica del fallo ha un carattere indubbiamente fascista” e “Quello che Freud ha chiamato primato del fallo è, a tutti gli effetti, il fondamento di una ‘dittatura’ istituita da un determinato sistema culturale, politico ed economico: la dittatura del patriarcato”.
La legge del fallo struttura profondamente le nostre società occidentali, almeno da quando l’immaginario storico si è ancorato ai patriarchi. Lo schema biblico prevede il capo dell’orda e i fratelli-figli patriarchi che, detronizzandolo e uccidendolo, con le diverse tribù di cui si mettono a capo danno luogo alle nostre società, oscillanti sempre potenzialmente tra fascismo e democrazia. I patriarchi hanno ucciso il capo dell’orda e il suo godimento sconfinato, in cambio di un godimento parziale e regolato “consentendo la distribuzione di una sua parte ai sottoposti”.
Freud e Lacan hanno costruito un impianto simbolico basato sulla logica del fallo “il godimento fallico è la misura del godimento stesso” questo struttura simbolicamente il nostro vivere di maschi e femmine come opposizione di attivo/passivo, dominatore/ dominato, masochismo/sadismo.
Tutto ciò che non si riferisce al godimento del maschio bianco dominante, cioè al suo fallo, diventa sconosciuto, minaccioso, estraneo. La legge del fallo è la radice ultima del razzismo, dei movimenti in difesa della tradizione o dei confini. Il godimento della donna risulta enigmatico e misterioso, il movimento LGBT un vero e proprio attentato alla stabilità secolare del godimento fallico.
Per questo l’immaginario torna spesso alla fantasia del capo dell’orda, Lolli fa alcuni nomi di capi attuali “da Putin a Trump, da Orbán a Erdoğan […] il trascinatore carismatico delle folle deve mostrarsi in grado di cavarsela bene con il godimento”. E si spiegano anche quelle donne amorosamente travolte da incredibili buzzurri “ma irresistibili sul piano pulsionale”.

Rischi ce ne sono, che il culto del capo, del padre, del maschile, dilaghi, per esorcizzare fragilità e mortalità. La nostalgia del patriarcato “si infiltra negli ambienti più insospettabili: dai quali, molto probabilmente – come già mi sembra di vedere – bisogna aspettarsi che arriverà il gesto di restaurazione più violento ed efficace” questa è la conclusione dell’articolo di Lolli.
La mia di femminista dopo la lettura dei due articoli si attesta su un piano problematico. È  indubbio che il mondo occidentale sia dei maschi, lo affermano (contro le femministe?) ambedue gli autori. Per ambedue le donne sono di rincalzo al mondo maschile: per Benvenuto in una forse maggiore integrazione paritaria, Lolli è più esplicito sulla condivisione femminile della logica del fallo: “tale regime fascista stabilisce anche la legittimità di una sola forma di godimento, considerando ‘legale’, accettabile, civile, unicamente quello fallico, quello maschile (presente – occorre precisare – tanto negli uomini, quanto nelle donne) […] centrato sull’esercizio del fallo, sulle sue prestazioni e sulla promessa di una soddisfazione pulsionale piena, legata tanto all’atto della penetrazione quanto a quello dell’essere penetrato”.
Nella riflessione femminista io so che occorre partire da estraneità e differenza. Come ha detto qualche giorno fa Antonietta Potente in un incontro su facebook: “si dice che il patriarcato è finito, ed è vero se noi donne prendiamo coscienza di questo […] quando noi donne lo facciamo finire, cioè quando non ci interessa più prendere il loro posto ma tessere un’altra storia e questa è la nostra sovversione. Tessere altre relazioni che sono relazioni di generazione e non di potere denaro conquista” (qui).

La differenza femminile poi, si allarga, con fiducia, confidenza e riconoscimento l’una all’altra. Crea società.

Andiamo avanti così, poi vediamo cosa succede.

7 pensieri su “Lui. E lei?

  1. Ho letto l’articolo con piacere!
    Io mi soffermerei su questo: “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine :
    di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.
    (Genesi, 1, 27)

    Tutto ciò che viene dopo è frutto di una organizzazione societaria che, per forza di cose, ha dovuto assegnare dei ruoli ; man, mano che la società diventava complessa, la divisione dei ruoli diventava disparitaria relegando la donna a determinati ruoli, solo per una questione di potere, ma anche negando all ‘uomo peculiarità che sono della specie, in termini umani, della persona. Ed ecco che nella storia umana, sono proprio i cliché a fare la differenza : l’ uomo virile, l’uomo che non piange mai, l’uomo che non sa vedere oltre il proprio naso, l’uomo incapace di accogliere perché il suo sesso non è cavo e via dicendo… La donna che incarna amore e psiche, madre per partenogenesi (figura di Maria) da cui deriva il concetto di maternità esteso a tutte le donne, mentre quello di paternità è un fatto contingente, la donna che intuisce il mondo e nello stesso tempo lo ricrea ( potere generate ma anche distruttivo ), la donna seduttiva ( capace di portare a sé) questi ed altri pre-concetti che derivano, per conto mio, dalla necessità di assegnare e attestare dei ruoli. Lui e lei sono pronomi personali che fanno una distinzione di genere, non certamente di specie ed è su queste distinzioni che sono state messe in campo differenze di valore. Dio creò l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza ” per me significa che in ogni persona c’è Il femmineo e il maschile (fusione degli opposti) e che le relazioni funzionano nella misura in cui riconosciamo nell ‘altro l’ opposto che è in noi e gli diamo valore.

  2. Più delle argomentazioni di Benvenuto e Lolli (che acquisterebbero spessore con qualche approfondimento fornito dall’antropologia culturale) mi hanno convinto i concetti di sapienza e sovversione come li ha brevemente esplicitati Antonietta Potente nel video proposto da Cristiana: utili anche al di fuori dell’ambito religioso nel quale si sono originati (Potente d’altronde è una teologa), da condividere anche con gli uomini capaci di dare spazio al loro femminile.

  3. Grazie dei commenti. Il femminile e il maschile compresenti in maschi e femmine mette insieme in effetti cose troppo diverse: quello che dovrebbero essere le donne e gli uomini e quello che effettivamente sono.
    Ma quello che effettivamente sono implica due piani diversi: come è in effetti – carattere, forza, intelligenza, aspetto Maria o Mario, cioè i singoli;
    oppure, e qui si va per me sul complicato, le differenze biologiche (di cui la medicina sta rendendosi conto) ormonali, degli organi… tra i due sessi.
    Inoltre ci sono o no le qualità apprezzabili che per esempio Potente valorizza più nelle donne che negli uomini? Perché? È nella natura femminile?
    Altro discorso è poi quello femminista che dice a ogni donna di realizzare liberamente il suo essere una donna in relazione di riconoscimento e autorità con le altre proprie simili.
    Insomma sulla differenza sessuale femminile e maschile sono aperte praterie… interessanti. Fin che non si deciderà di clonare gli umani, o di farli in laboratorio, o di delegare le donne povere al ruolo di otre… come pensava già Aristotele… e un po’ con la Gpa si ripropone.

  4. APPUNTI

    1. «come se fosse in qualche modo naturale che sia meglio essere una donna piuttosto che un uomo». (Fischer)

    Naturale per chi?

    2. «Le donne sono singolarmente spesso superiori agli uomini» (Fischer)

    Si potrebbe dire lo stesso degli uomini.

    3. [Le donne] «sono più coinvolte nelle relazioni che nei rapporti gerarchici». (Fischer)

    In genere e forse. E poi non ci sono relazioni in cui non è compresente anche (positivamente, negativamente; in modo limitato o illimitato) una gerarchia ( più o meno riconosciuta o giustificata o tollerata o neutralizzata o sorvegliata).

    4. «Il femminismo ha sempre voluto l’uguaglianza» (Benvenuto); «il femminismo della differenza non è paritario»(Fischer).

    Indubbio. Il femminismo ha una storia con le sue continuità e discontinuità. Non ha uno sviluppo unico e lineare. Lo scontro oggi (ma forse già ieri) è tra due femminismi: uno tendente alla parità (ideale, utopica); l’altro all’egemonia o alla “dittatura”(ideale, utopica).

    5. «le signore politiche di destra non si sentono uguali per niente: Tatcher, Merkel, Meloni e Le Pen comandano». (Fischer)

    E il loro comandare sarebbe femminista?

    6. «La superiorità femminile è un sogno maschile» (Fischer)

    Sicuro? Anche quando è rivendicata da donne (alcune o tante)?

    7. «E chi più anarchiche delle donne, che nella gestione della nostra effettiva società per lo più occupano i ruoli meno favoriti?» (Fischer)

    Temo che ci sia un’anarchia apparente e un’anarchia effettiva o sostanziale. E nella nostra società (capitalistica) al di là delle norme ( La legge è uguale per tutti) i comportamenti anarchici sono presenti in alto e in basso e non solo tra chi – uomini o donne – occupa «i ruoli meno favoriti».

    8. «le narrative, come oggi vengono chiamate, possono cambiare il mondo quindi è importante conoscerle». (Fischer)

    Le narrative (o credenze, o ideologie o immaginari o sogni) da sole non possono cambiare il mondo (reale). Semmai “accompagnano” il cambiamento del mondo (reale), ne sono i sintomi, ce lo fanno percepire.

    9. «Per ambedue [Benvenuto e Lolli] le donne sono di rincalzo al mondo maschile: per Benvenuto in una forse maggiore integrazione paritaria, Lolli è più esplicito sulla condivisione femminile della logica del fallo» ( Fischer)

    Perché «di rincalzo», che ha il senso di elemento aggiuntivo, secondario, venuto dopo ( come da alcune interpretazioni bibliche)? Nella ipotesi (teorica) della parità uomo/donna è implicita la complementarità tra i due elementi e non necessariamente la gerarchia. Se Lolli apre il suo discorso con un’affermazione decisa: « la logica del fallo ha un carattere indubbiamente fascista» e conclude con: «“tale regime fascista stabilisce anche la legittimità di una sola forma di godimento, considerando ‘legale’, accettabile, civile, unicamente quello fallico, quello maschile (presente – occorre precisare – tanto negli uomini, quanto nelle donne) […] centrato sull’esercizio del fallo, sulle sue prestazioni e sulla promessa di una soddisfazione pulsionale piena, legata tanto all’atto della penetrazione quanto a quello dell’essere penetrato”» perché sarebbe «contro le femministe», mentre avverte – mi pare – che quella legge domina «tanto negli uomini, quanto nelle donne» e, dunque, in teoria danneggia sia gli uni che le altre, poiché « La nostalgia della sua mitica stabilità si infiltra negli ambienti più insospettabili»(e, dunque, aggiungerei io non maliziosamente ma realisticamente anche tra le donne femministe)?

    10. «Nella riflessione femminista io so che occorre partire da estraneità e differenza» ( Fischer).

    Partire sì e si è già partiti (dagli anni ’70 all’incirca). Ma se si resta lì? (E qui, avendo specie in passato con Cristiana molto obiettato, per ora mi fermo).

    1. 1 la mia frase dice: “È qualcosa che tutti sappiamo, ma non stiamo a rifletterci sopra, come se fosse in qualche modo naturale che sia meglio essere una donna piuttosto che un uomo” quindi naturale per tutti, se nemmeno ci riflettiamo sopra, a un fatto che di per sé è significativo, forse, proseguo io, significante;

      2 commento la frase di Sergio Benvenuto: “Da qualche tempo a questa parte si diffonde una teoria precisa, secondo la quale il sesso femminile è superiore a quello maschile. Anche se la natura di questa superiorità resta per lo più tema dibattuto”;

      3 no, non è sempre vera la tua affermazione. Riporto da “Il Manifesto”, 18/01/2020, Annarosa Buttarelli: “La comunità filosofica Diotima con cui lavoro ha un metodo *dialogico circolare* che ha come unico impegno di aiutare il *nascere della verità soggettiva e dell’esperienza*. Non a caso ci ispiriamo a Diotima, maestra di Socrate e *forse maestra di una differente democrazia* (c.vi miei). Si tratta di un metodo rigoroso che potrebbe riportare la politica a fare i conti con la condizione umana quotidiana.” Questo il link all’intero articolo https://scuoladonnedigoverno.it/news/approfondimenti/diotima-e-la-civilta-della-conversazione

      4 che lo scontro sia nei termini in cui lo metti tu, è per lo meno curioso. Quello tendente alla parità riguarda i diritti politici e sociali. Quello che poggia sulla differenza, sul due, perché mai dovrebbe essere rivolto alla egemonia (?) o addirittura alla dittatura? (lascio perdere le cautele in parentesi…) Ma di chi? Il femminismo della differenza crea società femminile ed è tutto;

      5 e chi lo dice che sarebbe femminista? Infatti Benvenuto conia il termine “donnismo”;

      6 non lo dico io, ma Benvenuto “La mia impressione è che il gine-suprematismo dia immaginariamente alle donne la facoltà di realizzare un tipo di società che di fatto è stata immaginata e vagheggiata soprattutto da uomini”;  

      7 l’estraneità alle strutture politiche è soprattutto delle donne, basta riflettere sulla minore presenza femminile nei luoghi di potere. E’ vero che ci sono ostacoli oggettivi alla loro presenza, ma è vero anche che in buona parte le donne non vogliono partecipare;

      8 anche questa è una frase (alla fine del suo articolo) di Benvenuto;

      9 di rincalzo perchè i due autori, psicanalisti, non a caso sanno che il godimento femminile è misterioso, il sesso femminile quindi non è compreso nella loro teoria psicanalitica se non come esclusione e assenza.
      La tesi stessa della mia recensione dei due articoli è che una importante elaborazione generale della nostra cultura occidentale, la psicanalisi, della donna sa solo che non può comprenderla: “Il godimento della donna non può essere compreso secondo i criteri della classica dicotomia fallica: per tale motivo, è considerato enigmatico, misterioso, pericoloso. Si potrebbero leggere i fenomeni di violenza sulle donne in questa chiave: il maschio non sopporterebbe il godimento inconoscibile della donna, un godimento irriducibile alla sua logica elementare, inquietante nella misura in cui non necessariamente lo include né può controllare” (Lolli).
      Si torna alla estraneità e al perchè dico le donne anarchiche: non si riconoscono nei principi, l’arché, maschile.
      Che poi le donne, nella civiltà occidentale strutturata dalla logica del fallo, debbano sopravvivere, anche con la sindrome di Stoccolma, che ci vuoi fare? Si può capire benissimo.
      Perchè ci stanno, da millenni?
      Prima di tutto, per i loro figli.
      Poi il femminismo -non della parità, che soprattutto gli uomini sostengono da 50 anni senza mai essere riusciti a realizzarla!- ma quello della differenza, è rivoluzionario perchè crea società femminile, cioè misura, valorizzazione, riconoscimento, femminili. (Esattamente il riconoscimento e la misura che vi assicura la… logica del fallo!)
      Rimando agli ulteriori chiarimenti di Annarosa Buttarelli nell’articolo e nel sito che ho linkato.

  5. “Nella lunga catena di umiliazioni costruite dal potere per farsi forte, l’umiliazione delle donne si ripete ovunque nella società.
    Umiliate doppiamente, come donne e come lavoratrici, le indigene messicane sono umiliate anche per il colore della loro pelle, la loro lingua, la loro cultura e il loro passato. Triplo incubo che ha costretto le donne zapatiste a impugnare un’arma e ad aggiungere il loro “Adesso basta!” a quello dei loro compagni maschi. Triplo incubo che costringe a una tripla ribellione.
    Le nostre compagne combattenti zapatiste, insorte e miliziane, e le nostre compagne basi d’appoggio dell’Ezln, hanno dimostrato che la dignità ha un posto speciale tra le donne.
    Ma non soltanto le donne dell’Ezln hanno dato lezioni di dignità. Migliaia di donne nel Messico e nel mondo dicono e ripetono il loro “Adesso basta!” a un sistema di dominio che le spinge nell’angolo delle cose che si usano e si gettano, che le etichetta a seconda del loro possessore e che lesina loro nei fatti ciò che gli riconosce di diritto”.
    Ccri-Cg dell’Ezln, “Comunicato per l’8 marzo”, 8 marzo 1996 (Cit. da Subcomandante Marcos, Dal Chiapas al mondo, vol. II, Erre Emme edizioni, Pomezia, Roma, 1996, pagg. 567-68)

    “Noi donne soffriamo tre volte di più: una per essere donna, due per essere indigena, tre per essere povera” (Messaggio della Comandante Ester, 11 marzo 2001, Zocalo di Città del Messico).

  6. Bravo! Una per essere donne – fondante, loro sì che se ne intendono; indigene in certo senso: estranee e anarchiche lo siamo in maggioranza; povere spesso, nel senso che ancora troppe dipendiamo dai soldi che hanno in più i nostri uomini.
    Poche storie.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *