Punti di vista

di Donatella Fabbri

 Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand'ella altrui saluta,
ch'ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l'ardiscon di guardare. 

Beatrice, detta Bea, sospira, leggendo per l’ennesima volta i meravigliosi versi dedicati da Dante a una donna che portava il suo stesso nome ma che, di sicuro, non era infelice come lei. Se non altro, perché a un grande poeta del suo tempo bastava guardarla da lontano per trovare l’ispirazione.

 Bea sa che non avrà mai, mai il coraggio di tradire il marito- ha troppa paura, un paura che la paralizza – ma quel bell’uomo bruno, con gli occhi chiari, che, ormai da mesi, viene tutte le mattine a fare colazione al bar, le ha cambiato la vita. Non è successo niente ma i suoi sguardi insistenti, le parole gentili, i complimenti garbati, lo sfiorarle quasi inavvertitamente la mano quando paga la consumazione, sono un raggio di sole  nella sua vita buia. E, ieri, lui ha lasciato sul banco della cassa – e dire che Bea stava per richiamarlo indietro, pensando a una dimenticanza – un pacchetto: senza nastri, semplice, semplice, la carta che lo avvolgeva denunciava la provenienza  dall’unica libreria del paese. Poi, in un lampo, Bea ha intuito, quel pacchetto era per lei. L’ha infilato nella borsa, rapidamente, un’occhiata in giro per assicurarsi che nessuno notasse il gesto. Le mani tremavano quando, chiusa in bagno, l’ha aperto. Un piccolo libro degli Oscar classici Mondadori: ”Vita nuova e rime” di Dante Alighieri, con un segnalibro a pagina 50 e, su quella  pagina, “quel” sonetto. E’ per Beatrice, la Beatrice di Dante, certo, ma  Beatrice è anche il suo nome. No, non può essere un caso!

“Forza, Maresciallo, mi spieghi esattamente cos’è successo. Con calma e con il minimo di parole necessarie, lei ha sempre la tendenza ad allargarsi. Fa un freddo boia, com’è normale alle sei del mattino di un giorno di febbraio, la sua telefonata mi ha buttato giù dal letto ed io, come può immaginare, non sono al massimo.

” Capitano, è presto detto: quel poveraccio laggiù, in mezzo alla strada, coperto da un telo, è, anzi era, Franco Spini, trentacinque anni, proprietario di quel bar bello, quattro sporti, d’estate ci sono un sacco di tavolini all’aperto, con quei grandi ombrelloni bianchi………….di sicuro c’è andato anche lei, qualche volta, a prendere il caffè, lo fanno proprio buono, ristretto, come piace a me……ha capito, vero?  Quello in piazza grande, davanti alla chiesa, in questo momento mi sfugge come………….ah, ecco “La dolce vita”, l’hanno chiamato come il film di Fellini.   Sposato, la moglie si chiama Beatrice ma tutti la chiamano Bea, hanno un bambino di sette anni che fa la prima insieme al mio. Sono amici, spesso giocano insieme. Scusi, prometto che non mi allargo più. Fissato con la palestra e l’esercizio fisico in genere, infatti si stava allenando, come tutte le mattine, con la sua bici super leggera, ultimo modello. Quello sconvolto, che sta parlando con l’appuntato, è il guidatore dell’auto che l’ha investito, Guido Rinaldi, rappresentante di computer, bell’uomo, scapolo, donnaiolo, se ne raccontano tante su di lui, pensi che…… basta, non  aggiungo niente. Dal test alcolemico, è risultato sobrio, non andava forte,  è passato davanti all’autovelox  piazzato cinquanta metri prima e non è stata rilevata alcuna infrazione al limite di velocità consentito: ha chiamato l’ambulanza subito e non si è mosso da qui. Dice che la bicicletta ha sbandato improvvisamente, se l’è trovata sotto le ruote, ha inchiodato ma l’ha preso in pieno. Stiamo facendo tutti gli accertamenti del caso. Questo è tutto.”

“Se è tutto ed è tutto chiaro e sotto controllo, perché mi ha svegliato? Lo so, lo so, ho capito, bisogna andare dalla vedova, che ancora non sa di essere vedova, a darle la notizia e, tanto per cambiare, tocca a me. Non mi ci abituerò mai, è la parte peggiore del nostro lavoro. Naturalmente viene anche lei, Maresciallo,  sono certo che la conosce come conosce tutti gli abitanti del  paese, tanto più se è la madre di un compagno di scuola di suo figlio.”

“La conosco, sì, fa la cassiera al bar, bella donna, molto riservata, sorride poco, quando si sta al pubblico un po’ di cordialità non guasterebbe. Sempre gentile, però. Poveretta, non si aspetta certo un colpo come questo. Io direi di chiamare anche Don Marco, li ha sposati lui, conosce bene la famiglia, può darle conforto ed aiutarla per tutto quello che ci sarà da fare.”

“Mi sembra una buona idea, Maresciallo. Andiamo, aspettare non serve a cambiare le cose. Cerchiamo di fare del nostro meglio, tanto non esiste un modo giusto per dare notizie come questa, ormai l’ho imparato bene, purtroppo non è la prima volta che mi trovo in queste circostanze.”

“Signora, come le ho detto, siamo a sua disposizione: per qualunque cosa, si rivolga al Maresciallo o direttamente a me. Non si faccia scrupoli: comprendiamo la sua situazione, sola, con un bambino da crescere, il bar da tirare avanti: spero che sua madre – le telefona lei o preferisce che se ne occupi Don Marco? – possa starle vicino. Su, la prego, cerchi di calmarsi, non si faccia vedere così disperata dal piccolino. Ecco, è arrivata la sua amica Claudia, l’ha avvisata il maresciallo – grazie, signora, di essere venuta subito – la lasciamo con lei e con Don Marco. Arrivederci, le siamo vicini, davvero.

Maresciallo, anche questa è andata. Povera donna, è scoppiata in lacrime, ha visto, non riusciva nemmeno a parlare dalla disperazione: mi sento talmente inadeguato in queste situazioni, preferirei affrontare, che so, un delinquente con la pistola in pugno, piuttosto che suonare il campanello di una porta e dare una notizia che distrugge la vita di una persona. Un uomo giovane, un marito, un padre, come si fa a dire a una donna innamorata: è morto, non lo vedrà mai più tornare a casa, suo figlio è un orfano, si rassegni. Via, saliamo in macchina, dobbiamo tornare in caserma, qui, purtroppo, non c’è niente che possiamo fare, proprio niente.”

Grazie della visita, Don Marco. Non so come avrei fatto senza di lei, soprattutto i primi mesi dopo la morte di Franco. Le sono grata, davvero, anche perché è una vita che non frequento la chiesa e non mi aspettavo tanta premura da parte sua. Mi rendo conto che la notizia del mio matrimonio, dopo appena un anno dalla disgrazia, ha spiazzato tutti e tutti si stanno chiedendo come faccio a sposare proprio l’uomo che ha investito e ucciso mio marito. Guardi, io non ho niente da rimproverarmi, sono stata sempre una moglie fedele e le chiacchiere di paese non mi interessano ma, a lei, voglio dire la verità.  Lo so che non dovrei usare questa parola, Franco è il padre di mio figlio ma era anche una carogna, non posso e non voglio essere ipocrita: quando sono venuti a dirmi dell’incidente, ho pianto di sollievo, non riuscivo a smettere, ho pensato che, finalmente, la mia creatura ed io potevamo dormire tranquilli, la notte. Nessuno si è mai chiesto perché io portassi, in pieno agosto, abiti accollati, foulard al collo, maniche lunghe. E, troppo spesso, gli occhiali scuri, anche in inverno. Ero piena di lividi, caro Don Marco, Franco mi riempiva di botte per ogni sciocchezza, tutto doveva essere fatto come lui voleva e ordinava. Per non parlare della sua assurda gelosia, senza il minimo motivo. Ho tentato di lasciarlo, due volte ho provato ad andarmene, portando mio figlio con me. La prima da mia madre, la seconda da un’amica, a Firenze: il giorno dopo, lui era già lì e minacciava di fare una strage se non tornavo a casa ed io sapevo che ne sarebbe stato capace, conoscevo bene la sua violenza. Non avevo scelta, non potevo mettere in pericolo altre persone. Lei non può immaginare l’angoscia, il terrore, non tanto per me quanto per il mio bambino.

Guido è così diverso da Franco, gli voglio bene, tanto, come una ragazzina innamorata, e lui vuole bene a me e a Stefano, lo coccola come se fosse figlio suo! Dovrebbe vederli mentre giocano insieme, sentire Stefano che ride felice, avevo dimenticato il suono della sua risata, era sempre teso, con la paura di fare qualcosa di sbagliato. Non credo riuscirò a dimenticare l’espressione del suo faccino quando, nonostante cercassi di difenderlo come potevo, arrivava la sberla e le cinque dita di Franco gli rimanevano impresse sulla guancia! O, peggio, quando, lentamente, lui si sfilava la cintura dai pantaloni ed era chiaro quale sarebbe stato il seguito. Don Marco, sarò una buona moglie, la prego, mi faccia gli auguri, mi merito un po’ di felicità dopo tanti anni d’inferno! Pensi, Guido ha già deciso che smetterà di fare il rappresentante, ha detto che non ci vuole lasciare troppo soli, lavorerà al bar e mi aiuterà in tutto. Devo confessarle che m’ero accorta che aveva un debole per me anche se non ho mai  fatto niente che potesse incoraggiarlo. Lui capiva la mia situazione e non si è mai dichiarato in maniera esplicita, sapeva che ero sposata: mi facevano tenerezza, nello squallore della mia vita, i suoi complimenti gentili, quasi timidi. Sa che il suo primo regalo è stato la “Vita Nuova”? Sì, proprio Dante, le rime per Beatrice. E, pensi, Guido aveva messo un segnalibro alla pagina dove c’è quella poesia bellissima, io l’avevo letta a scuola, sa, quella che comincia con :”Tanto gentile e tanto onesta pare….” Mi sono venute le lacrime agli occhi, in quel momento, leggendola, chiusa in bagno perché Franco non mi scoprisse. Dopo tanti anni di schiaffi e di urli, qualcuno che mi faceva la corte e in modo così romantico, così dolce! Senza insistere, con rispetto, aspettando da me un cenno che io, intendiamoci, non ho mai fatto. Mi limitavo a sognare, sognare non è peccato e aiuta a tirare avanti. Poi, il destino…………..non mi giudichi male se le dico che mi sembra persino troppo bello per essere vero.”

“Dio, che botta di culo! Non sarà raffinato ma non saprei trovare altre parole per definire quello che mi è successo. L’anno era cominciato male, l’incidente, il morto…… non avevo bevuto, andavo regolare ma ero fatto di cocaina, meno male che qui non hanno l’attrezzatura per il test se no ero fregato. Poi l’avvocato mi consiglia di chiedere un colloquio alla vedova – è vero che è omicidio colposo, sei incensurato e te la caverai con poco ma mostrarsi dispiaciuto, fare un po’ di scena serve a dare una buona impressione – ed io eseguo. Mi trovo davanti una brunetta niente male che, roba da non credere, è tutta gentilezza e sorrisi! Lì per lì mi sembrava impossibile, ad un certo punto ho avuto perfino l’impressione che mi guardasse con gli occhi dolci: io non sono male ma, francamente, era imbarazzante! Comunque, non ho l’abitudine di tirarmi indietro con le donne e, con tutta la delicatezza che il caso richiedeva, mi sono buttato e meglio di così non poteva andare. Bella, libera, bel gruzzolo in banca, casa e bar di proprietà e che bar! Almeno posso mollare questo schifo di lavoro che detesto e che mi rende quattro soldi. E’ vero che c’è il pargolo, i bambini non li ho mai potuti soffrire ma, per ora, me lo tengo buono – lei lo adora e guai a chi glielo tocca – poi, quando saremo sposati, lo faccio filare come dico io.

Da certe frasi, via, via che ci conoscevamo meglio – in senso biblico, voglio dire – ho capito che Bea s’è messa in testa che avrei fatto apposta a mettere sotto il marito, un energumeno violento che la riempiva di botte, perché avevo perso la testa per lei e, non si sa come, intuito che lui alzava le mani su lei e sul moccioso. Miracoli della fantasia femminile! A questo punto, la lascio nel dubbio, tanto non rischio niente, credo che la lusinghi pensare che qualcuno sia stato capace di uccidere, rischiando la galera, per liberarla da quel bruto: il ruolo di cavaliere senza macchia e senza paura mi piace. Dice che mi aveva notato, quando, tutti i giorni, andavo al suo bar a fare colazione. Nel romanzetto rosa che si è costruito nella sua mente con tutti particolari, il motivo vero delle mie visite mattutine non era bere un cappuccino e sbafarmi un ottimo cornetto alla crema ma vedere lei, per farle una corte da mentecatto fatta di sguardi languidi e sospiri. Per la verità, io ci andavo per incontrare Paola, la moglie del farmacista, con cui ho una storia. I complimenti e le occhiate alla cassiera avevano lo scopo di evitare che si sospettasse di me e di Paola che approfittava dell’occasione per fissare i nostri appuntamenti in modo che non ci fosse la necessità di usare il cellulare, non voleva correre rischi, ci tiene al suo matrimonio. Poi c’è stata la faccenda del libro. Quanto l’ho cercato, quel maledetto! L’avevo preso, insieme a parecchi altri, per Paola. Mi aveva chiesto il favore di acquistarli –  per la figlia che frequenta il classico – sapendo che il proprietario della libreria è un mio carissimo amico e mi avrebbe fatto un bello sconto. Quando glieli ho consegnati, non so perché, ne mancava uno. E sono tornato a comprarlo, il giorno dopo, prima di andare a fare colazione al solito bar. Paola, quella mattina, non c’era ed io, distrattamente, l’ho dimenticato lì. Nel pomeriggio, sono anche tornato a chiedere ma l’altra cassiera di turno mi ha detto di non aver trovato nessun pacchetto e che Bea non aveva lasciato detto niente. Ho pensato che qualcuno se lo fosse fregato e l’ho ricomprato, rimettendoci i soldi di tasca mia. Solo quando ho cominciato a frequentare Bea, ho saputo. Dice che quei versi le hanno fatto sciogliere il cuore, l’ha trovato un pensiero dolcissimo, s’è innamorata di me, subito, mentre li leggeva, chiusa nel cesso del bar. Pensare che il segnalibro l’aveva messo la commessa della libreria e, per puro caso, era finito proprio in corrispondenza del sonetto che piace tanto a Bea. Tiene ancora quello stupido libro sul comodino, come una reliquia. Lo chiama il talismano del nostro amore! E’ una sciocca romantica, vede solo quello vuole vedere e, per me, è perfetto così.  Anche  per quanto riguarda Paola, nessun problema: potremo continuare a vederci di nascosto, in tutta tranquillità, tanto è sposata anche lei e non può rimproverarmi niente! Sì, il futuro non potrebbe essere più promettente.

9 pensieri su “Punti di vista

  1. Racconto corale: nel senso che le voci si alternano e sovrappongono come nel coro polifonico, esprimendo le varie prospettive e, soprattutto, intrecciando la vicenda. Proprio l’intreccio del racconto, ricco di eventi e personaggi e reso quasi esclusivamente attraverso il dialogo e il monologo interiore, è molto interessante, in quanto tessuto più che mai attraverso la laconicità, la reticenza, il breve messaggio. Si immagina anziché leggere: e, come si sa, l’immaginazione è più potente della vista.

    1. Grazie a Daniele Barni che ha colto esattamente il mio modo di intendere la scrittura: lasciare che il lettore immagini interpretando i personaggi che gli parlano di se stessi. Per questo evito descrizioni fisiche, ognuno li “vedrà” come pensa che siano. Almeno questo è il mio intento. Se ci riesco, non lo so, posso solo sperarlo.

  2. .. sì, un racconto intrigante, dove i punti di vista dei vari personaggi, quasi delle comparse di uno spettacolo teatrale pirandelliano, convivono in un bozzolo di incomunicabilità.. nessuno è innocente dietro alla maschera..

  3. Povera Bea, non era abbastanza dantista. Non ha considerato la donna dello schermo.

    Però, che ci si caschi tutte come delle pere… (pere bio?)

  4. Scrittura avvincente per descrivere una umanità spregevole. Dal punto di vista etico si salva soltanto, e certo solo parzialmente, chi è in tonaca o in divisa. Una sorta di inconsapevole rovesciamento di categorie morali e sociali. Se davvero le cose stessero così “il futuro non potrebbe essere ‘meno’ promettente”. E dentro questo cupo e cinico panorama umano rischia di impantanarsi anche la brillantezza di una scrittura sapiente.

    1. Spregevole anche Beatrice? Certo sprovveduta e ingenua ma non spregevole. Se è questo che lo scritto può lasciar intendere ne sono dispiaciuta, era lontano dalle mie intenzioni.

      1. Ha ragione: Beatrice è solo sprovveduta e ingenua. Ho sbagliato io nel generalizzare “spregevole”. Correggo con “non stimabile” o “non affidabile”, sebbene a “spregevole” si possa attribuire anche significato di “non degno di stima” che andrebbe bene anche per Beatrice. Cordiali saluti

  5. Che umanità guasta quella che viene fuori dal tuo racconto, Donatella. E purtroppo, in parte, anche vera. I malvagi e le vittime: specchio di tante realtà.
    La tua penna sensibile l’ha colta e ce l’ha raccontata con quadri di lucida rappresentazione.
    Un abbraccio.
    Lucia

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