Poliscritture 3: sei rubriche

Presento le prime  sei rubriche di Poliscritture 3, il cui cambio di passo  è stato delineato qui.  [E. A.]

Samizdat 

di Ennio Abate (appunti politici, poeterie, narratorio)

Samizdat? Mezzora al mattino, i sensi svegli – oplà, piegamento! – ed elastici. Mezzora costruito tardi a sera, occhi mortificati già dal buio. Questo è Samizdat. Già inventato, a volte. Augurando che ancora s’inventi. Che l’inventi io? O da sé? Samizdat è personaggio-maschera, io-maschera, una plurale maschera di parole. Questo dico io. Che sono il corpo di samizdat-maschera, lo sorreggo e levo in piedi, lo proteggo e coccolo.  E mi fondo con lui, che proprio un lui – passante svanito dalla finestra verso il metrò – non è. Comunque, lo mando avanti nel futuro buio. E gli sussurro: datti da fare! O me lo metto in tasca – un amuleto – appena del passato tocco suoli sprofondati e avvolgimenti materni lì annidati. Io, complice suo. Lui, mio futuro possibile. Né fratello, né tanto maestro o amico: un me stesso, proiettato, giocato in un noi stessi. In seria (forse) simulazione contro il piattume. Che mi e ci fa anonimi malati, sezionati in scuole, camere da letto, ospedali, obitori e ghetti di tortura. Burattini dolenti: io e lui. Ché, se avessi un bell’io – solido, pettinato nei ricordi, prosciugato nell’eloquio, di buoni venti respiratore – non finirei in questi samizdat: ignoto, spesso perseguitato, politico e pulito, vinto di solito, ombra di corpo, ridotto a carta, parola sulla carta. Che non sta più coi corpi. Dimenticato sogno, avvinghiato a bassifondi. Discorso sfrangiato, che mai rientra in libro. Perenne immigrato, scostato dai servi in livrea. Eccetera, eccetera.

(da E. A., Prof Samizdat, 2006)

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zap

di Dario Borso  (carotaggi politico-letterari)

interjection

to indicate a sudden or instantaneous occurrence

verb

zappedzapping

transitive verb

ato get rid of, destroy especially with or as if with sudden force

bto hit with or as if with a sudden concentrated application of force or energy

intransitive verb

to move with speed or force

Synonymsbang bash bat belt  biff  bop box bust clap clip clock  crack hammer hit  knock  nail paste  pound punch rap  slam slap  slug  smack  sock  strike  swipe tag thump thwack wallop whack whale

Recent Example in a Sentence The loss of many pleasurable activities in a COVID lifestyle can lead to stress, which can lead to a depressed mood, which can zap a person’s energy.— Natasha Gural, Forbes, “The High And Low Of Van Gogh: From Blue Chip Masterpiece To Immersive Escapism,” 28 Feb. 2021.

noun

a pungent or zestful quality

from www.merriam-webster.com

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Descrizione ottativa, chiamata di correo

di Luca Ferrieri (frammenti o citazioni più o meno collegate)

IL LAVORO CULTURALE è un percorso in frammenti attraverso le tracce materiali in cui siamo immersi quando parliamo, scriviamo, leggiamo.

Bianciardiano quanto basta, adorniano fino all’osso, fortiniano di ritorno, speranzosamente blochiano.

Ma anche: harawayano, barthesiano, batesoniano, benjaminiano, derridiano, eccetera, elenco infinito continuando. Ascendenti apocrifi, apostati, eterocliti. Ma qui non è questione di ascendenti, bensì di discendenti, di complici e simbionti. Creare i precursori, diceva Borges. Trovare i propri compagni, diceva Fortini. Ecologia della lettura (ancora lui). Lottare contro il rumore di fondo. Batto un colpo. Faccio rumore nel rumore?

Percorso che si nutrirà di curve, paradossi e asintoti; farà sponda tra tesi e antitesi diffidando delle sintesi; userà il passo del cavallo; difenderà l’utopia e la sua utilità pratica. Curioso del passato come del futuro.

Si occuperà di mestieri, di buon artigianato, di archeologia e antropologia dell’industria culturale, di professioni da “sprofessionalizzare” e di generalismi da decostruire, di senso e beni comuni. Di individui e di collettivi (corpi e menti). Di animali, vegetali e minerali. Di biblioteche dell’anima. L’alto del basso, il basso nell’alto. “Il prezzo da pagare per la centralità dell’Alta Cultura era molto alto”, disse Enzensberger. E così (non) sia.

Aborrirà il gergo e ne sarà preda. Scaverà e scriverà nel linguaggio. Abbecedario senza alfabeto, labirinto senza filo, sogno di una mappa. Quale lavoro culturale se non è metaculturale? Oltre che inter- e infra-, naturalmente. L’iper invece è da mercato. Cerchiamo roba sottile, particellare (come al catasto), granulare come quanti di pura informazione (che non esiste).

La cultura che ride delle gerarchie (Serres) ma senza seppellirle; anzi, più spesso le edifica. La cultura è ciò che resta quando abbiamo dimenticato tutto ciò che avevamo imparato (Longanesi? Salvemini? qui la citazione si fa orfana). Che si apre all’oblio che saremo (un verso inedito del vecchio Borges secondo Abad Faciolince).

Sto pensando che non sarà niente di tutto questo (nemmeno il catalogo), ma almeno ci ho provato.

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Sottosopra

di Cristiana Fischer  (parole della differenza femminile)

Il femminismo, che si dichiari tale o no, è un chiarimento che le donne hanno raggiunto sulla loro posizione nel mondo, dopo che hanno cominciato a partecipare a studi e lavoro. Scoprendo immediatamente, senza troppa meraviglia, che in fondo avevamo sempre saputo che per stare al mondo i migliori consigli ce li davano le madri maestre nonne e zie; che trasmettevano la loro esperienza anche circa i rapporti con l’altro sesso, padri fratelli mariti e figli maschi.

Da secoli infatti avevamo sotto gli occhi che l’agorà e il tempio, l’esercito e i tribunali, li gestivano loro, e se li riservavano gelosamente. Con la conseguenza che eravamo divisi, loro e noi, e dentro di noi: tra produzione e riproduzione, pubblico e privato, guerra e cura, apparati ideologici e educazione emotiva, una cosa a me una a te.

Il bastone che oggi ci viene gettato tra i piedi per intralciare un ripensamento di queste divisioni che non tengono più, punta a parificarci su un livello terzo, neutro. Che però non solo è contraffatto, il neutro è una categoria astratta, ma svapora tra schegge e specchietti.

Sottosopra significa invertire il senso: leggere in trasparenza relazioni diverse in quello che già c’è, che abbiamo davanti. Raccogliere riflessioni femminili sul mondo che abitiamo tutte e tutti, nati da due, comprese quelle riflessioni che anticipano un mondo postumano.

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Baumschule – Vivaio

di Elena Grammann (narrativa, critica e traduzioni)

‘Vivaio’ in senso botanico si dice in tedesco ‘Baumschule’: ‘scuola degli alberi’. È una bella parola. Una parola che fa pensare alle piante che crescono e prendono forma; ma accanto allo spontaneo del germogliare e svilupparsi c’è anche l’idea di un’educazione, l’esercizio di una consapevole cura.

Mi sembra un buon nome per una rubrica che si occuperà di letteratura e proporrà critica, traduzioni, narrativa inedita: racconti o stralci di testi più ampi.

La penso come un’impresa collettiva che vorrei caratterizzata dalla disponibilità degli autori, soprattutto di narrativa, a discutere i loro testi. Nei limiti del possibile mi piacerebbe che ci fosse un avvicendarsi dei ruoli: che l’autore compaia a sua volta come critico e, perché no, il critico come autore. Insomma, l’idea è che si formi una rete di “scriventi” che acquisiscono consapevolezza attraverso la messa in comune delle proprie riflessioni.

Immagino che l’invito a essere disponibili alla discussione possa incontrare delle resistenze. L’autore di narrativa osa di più e dunque “si espone” più del critico. Di conseguenza è più suscettibile, questo è comprensibile. Però vorrei spezzare il meccanismo per cui si intascano gli elogi della propria côterie e la cosa finisce lì. Non che non si possa lodare, anzi, ben vengano gli applausi; l’importante è che siano motivati e comunque aperti a un eventuale contraddittorio. Sappiamo che la lode fa piacere ed è psicologicamente importante, ma non porta lontano.

Così parte questa avventura. Speriamo che abbia buon vento, e che bello e cattivo tempo siano ugualmente di vantaggio alle nostre piantine.

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Genti, animali e cose dimenticate, perdute o smarrite

di Annamaria Locatelli (memorie e quotidianità)

Genti, animali, cose dimenticate, perdute o smarrite (memorie, quotidianità e fiabe strampalate). Mi farebbe piacere che su questa rubrica si affacciassero, in corrispondenza a qualche mio testo, altri testi di persone amiche e non, come a raccogliere una palla per farla rimbalzare piu’ lontano…In realtà mi sono messa in cammino senza conoscere né il sentiero né la meta, se mai mi farò guidare dai sassolini di Pollicino, dal NOI di Poliscritture.

1)
Moussa Balde

Quale dolorosa via crucis
si celebra, a lunghe tappe,
un processo nella grande capitale
per abuso e sfruttamento
e proprio il primo imputato
ne verrebbe dal medesimo stralciato.
- Per legittimo di salute impedimento! -
Quesito fin troppo sfacciato,
ma il processo è di nuovo rimandato:
minimo di umanità per un vecchietto
di potere e di successo!
Viceversa, un ventitrenne Guineano,
con ferocia sulla pubblica via assalito
a sprangate e bastonate,
vien di botto trasferito al CPR,
senza indugio o ripensamento
e nella cella d’isolamento
a fare, par giusto, un esame di coscienza
sul suo operato,
sull’abuso insensato di esistere,
sulla indicibile pretesa di diritto…
Il giovane smarrito
dà fondo ad ogni ragionevole pensiero,
non si capacita:
fin lì è arrivato attraverso deserti,
città inospitali e un mare burrascoso
per finire in una trappola per topi, inascoltato?
Così si lascia morire da una stretta di lenzuolo,
ma ben più in alto la mano assassina

3 pensieri su “Poliscritture 3: sei rubriche

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