Bacco, Tabacco e Cenere

Una vita al servizio del demonio

di Paolo Di Marco

primavera 2021

Tabaccaio londinese di Bond street e fabbricante di sigarette dal 1854, Philip Morris si espande a New York e nel resto del mondo, fino a vendere, ancora nel 2015, 850 miliardi di sigarette. Nel 2016 il fatturato globale sono 74.953 miliardi. Nel consiglio di amministrazione di Philip Morris e Altria (la cassa finanziaria) siedono in tanti, come gli italiani Ferragamo e Marchionne; altri ricevono laute consulenze (come Casaleggio).

Corrompe politici e parlamentari in tutto il mondo; alleata alla Svizzera, nel cui territorio produce parte delle sue sigarette, fa causa ai governi di Australia, GB, Uruguay per eliminare leggi nazionali che dichiarano nocivo il tabacco. Fa guerra all’OMS paragonandoli agli estremisti islamici.

Le sue marche di sigarette, principale la Marlboro, hanno provocato una quantità di morti indeterminata ma valutabile nell’ordine di molte decine di milioni.

Mentre i governi si affannano a mettere al bando le sostanze psicotrope, in testa la cannabis che non ha mai provocato un morto, le droghe legali pesanti si espandono a dismisura: sonniferi, tranquillanti, antidepressivi, oppioidi: tutte sostanze che provocano dipendenza e danneggiano l’organismo. Il tabacco resta legale fino ai nostri giorni. Eppure dà dipendenza e provoca morte.

Ma l’azione di lobby di Philip Morris &Co è assai efficace.

Negli ultimi anni la campagna contro il fumo compromette il mercato del tabacco soprattutto nei paesi avanzati. L’aumento progressivo del numero di tumori diventa sempre più imbarazzante, anche perchè molti appaiono legati a cause ambientali (inquinamento dell’aria da traffico automobilistico, luoghi di lavoro tossici, polveri sottili industriali, acque delle falde inquinate da scarichi industriali..) e mettono in discussione la stessa struttura produttiva.

La soluzione più semplice è scaricare le colpe sui comportamenti individuali: il fumo viene messo sotto accusa e trovato giustamente colpevole. Si possono così ignorare tutti gli altri.

La compromissione del mercato di una droga non toglie il sonno alla Philip Morris: si butta in un altro mercato di droghe, quello alimentare, coll’acquisto di Kraft e General Foods.

I migliori scienziati vengono utilizzati per sviluppare formule vincenti basate su zucchero, grassi, sale. Tutti e tre danno dipendenza, anche se in misura diversa per ogni individuo. Lo zucchero in particolare è micidiale: il tempo che ci mette per arrivare ai centri di piacere è 1/20 del crack. Nestlè è un altro grande protagonista di questa corsa all’oro.

Cibi e bevande zuccherate, cheeseburgers, patatine fritte, Oreo, joghurt dolcificati sono la formula vincente.

La pandemia di obesità che ne segue (1/3 degli abitanti degli USA, in Italia per ora 1/10) è un grande affare per tutti, comprese le industrie farmaceutiche per le quali le malattie croniche come il diabete sono una manna.

Ma Philip Morris, non si ferma lì: come per il tabacco ha anche acquistato la produzione di sigarette liquide (elettroniche: anch’esse letali, soprattutto quelle aromatizzate), coll’epidemia di obesità acquista anche i produttori di cibi dietetici, come Weight Watchers, a cui si rivolgono (in genere inutilmente) le vittime dei suoi cibi. E fra le droghe legali non si fa mancare niente: anche un grande conglomerato di produttori di vino ricade nei suoi possedimenti.

Ovviamente Philip Morris non è sola in questo gioco, PepsiCo[1] e Coca-Cola, General Mills e Nestlè le fanno buona compagnia.

Forse Nestlè è quella che più lotta per toglierle il primo posto nel cuore del demonio: la sua campagna nelle favelas del Brasile, dove ha trasformato i più poveri del pianeta nei più accaniti rivenditori e propagandisti dei suoi prodotti più malsani[2] e anche nei più obesi del pianeta, è un vero capolavoro del male.[3] Ci hanno resi un pianeta dove gli obesi (700 milioni) hanno superato i malnutriti, dove le morti premature per obesità(4 milioni dal 1980) superano tutte le altre singole malattie (anche nei bambini).[4]

Ecco di cosa parlare quando vogliamo parlare di droghe.[5]

 

bibliografia

1-Michael Moss, Hooked, Random House 2021

2-Michael Moss, Salt Sugar, Fats, Random House 2014 (premio Pulitzer)

3-A.Jakobs, M. Richtel, How big business got Brazil hooked on junk food,  New York Times, 16/9/2017

4-Wikipedia: PMI, Altria

5-Bryce et al, Le cause di mortalità infantile nel mondo, Lancet 2015

 

Note

 

[1] Pepsi con le droghe ha un’affinità particolare: oltre agli zuccheri delle sue bevande i suoi stabilimenti in Vietnam erano anche centri di raffinazione dell’oppio del Triangolo d’oro, che poi la CIA trasportava con Air America in patria.

[2] grazie a un programma di crediti mensilizzati che funziona come un enorme imbuto ben oliato che assorbe tutti i soldi della favela

[3] in Europa il contenuto di nutrienti è proporzionalmente più alto, ma lo zucchero per prendere all’amo e trasformare in dipendenti è sempre presente, dalle merendine scolastiche agli joghurt dolcificati: basta notare la progressiva sparizione dagli scaffali dei supermercati degli joghurt naturali

[4] per la cause globali di mortalità infantile v ref 5

[5] As their growth slows in the wealthiest countries, multinational food companies like Nestlé, PepsiCo and General Mills have been aggressively expanding their presence in developing nations, unleashing a marketing juggernaut that is upending traditional diets from Brazil to Ghana to India.[1] A New York Times examination of corporate records, epidemiological studies and government reports — as well as interviews with scores of nutritionists and health experts around the world — reveals a sea change in the way food is produced, distributed and advertised across much of the globe. The shift, many public health experts say, is contributing to a new epidemic of diabetes and heart disease, chronic illnesses that are fed by soaring rates of obesity in places that struggled with hunger and malnutrition just a generation ago.The new reality is captured by a single, stark fact: Across the world, more people are now obese than underweight. At the same time, scientists say, the growing availability of high-calorie, nutrient-poor foods is generating a new type of malnutrition, one in which a growing number of people are both overweight and undernourished.There are now more than 700 million obese people worldwide, 108 million of them children, according to research published recently in The New England Journal of Medicine. The prevalence of obesity has doubled in 73 countries since 1980, contributing to four million premature deaths, the study found. (fonte: ref 3)

4 pensieri su “Bacco, Tabacco e Cenere

  1. Sai cosa, Paolo? I vizi sono sempre consapevoli. Cattivissima Philips Morris, stupidi i fumatori? Lascio da parte gli obesi che si nutrono di cibi malsani, perchè alla dieta mediterranea non possono accedere (però, facendo la spesa mi accorgo della madri di famiglia che acquistano wurstelini malsani per i loro bambini invece, chessò, ali di tacchino che costano meno e nutrono meglio): ma chi glielo insegna? Non certo la tv che rende appetibili zuccheri sali e grassi. Del resto la dieta mediterranea è cosa chic, e di solito i bambini detestano le verdure. Poi se una va a fare le pulizie in casa d’altri, quando torna mica può cucinare lenticchie ai suoi figli, sai quanto tempo ci vuole? I bambini hanno bisogno di molto cibo perchè devono crescere, e via con sale zucchero e grassi. Sono i poveri che mangiano male.
    Noi vecchi, chiedo scusa, anziani, i nostri vizi li coltiviamo scientemente fin che … è troppo tardi. Ho avuto i genitori cancerosissimi, fumatori bevitori ecc. Sapevano? Certo. Su questa complicità, oltre che sulla loro raffinata e pervasiva propaganda, operano le ditte che nomini, ma non potrebbero trionfare e uccidere se i consumatori non fossero, a vari livelli, complici. Bisogna lavorare lì, ma come? Che faccio con la madre che compra i wurstelini? Una lezioncina nel supermarket? Mi metterebbe giustamente due dita negli occhi.

  2. Sì, ma..se sugli scaffali del supermercato ci sono in evidenza gli joghurt dolcificati (e quelli naturali pochi e seminascosti), e se il bimbo li ha già assaggati..il gioco è fatto. E’ stato preso all’amo. E la mamma non vuole scenate e urla dal pargoletto. Quindi c’è un complice essenziale che non ho nominato: i supermercati appunto. E in Brasile invece il complice è la povertà: se Nestlè ti da il cibo malsano a credito meglio quello che la fame.
    Poi tutti noi siamo pigri, pochi sono ben informati, …ma fino a non moltissimo tempo fa non c’era bisogno di essere guerrieri per resistere alle tentazioni. Ma ora le armi messe in campo ci hanno colto di sorpresa e impreparati. E uso non a caso metafore guerresche.

  3. Dal punta di vista pratico a livello individuale come spesso accade non ci sono spazi: ma sull’informazione collettiva e la campagna contro i supermercati sì

  4. mi ritengo fortunato di poter scegliere supermercati bio o prodotti freschi nei mercati, in US esistono interi stati non raggiunti da frutta e verdura fresche chiamate, appunto, food deserts.
    Poiché’ la latitanza piu’ o meno complice delle istituzioni sanitarie ci sta rendendo schiavi da spennare, individualmente cerco di applicare un principio sempre valido: se la mia bisnonna non fosse in grado di riconoscerlo, non lo mangio.

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