“Il Ballo” di Irène Némirovsky


di Teresa Paladin

Ecco alcuni spunti di riflessione che Teresa Paladin ha suggerito durante l’incontro del nostro gruppo di lettura all’Associazione il Giardino di Figline Valdarno, giovedì 25 novembre, parlando di un racconto per certi versi esemplare, come può esserlo Il ballo, di Irène Némirovsky. Tra i partecipanti al gruppo si è accesa una vivace discussione, racconto e temi trattati davvero stimolavano. (A.A.)

In un salotto di “nuovi ricchi” inizia la storia, con la Signora Kampf teatrale nell’aprire la porta tanto da far tintinnare le gocce del lampadario di cristallo. La figlia di 14 anni, Antoniette, è subito aspramente rimproverata perché restia ad adeguarsi alle nuove norme comportamentali adottate dal mondo dell’alta borghesia ma molto distanti rispetto alle umili origini della famiglia.
Il conflitto madre/figlia è evidente fin dal principio, e mentre Antoniette accetta la pantomima materna impostale, una sorta di recita di buona educazione comportamentale, sente ritornare dentro di lei quell’avversione profonda verso gli adulti che a volte le occupa la mente. In ambito adolescenziale gli sbalzi umorali sono la regola, ma qui troviamo una ragazzina che in realtà ha timore, “paura” degli adulti, sentimento che ha iniziato a provare da quando era finito il tempo delle carezze e dei baci e la voce irritata della madre la brontolava frequentemente.
Una mamma scontrosa, vanitosa, “gelosa” della sua bimba in fase puberale, tutta centrata sull’aspirazione a vivere la sua nuova posizione sociale repentinamente arrivata per un colpo di fortuna speculativo.
E mentre la signora Kampf sta attendendo questo ballo che la consacrerà nell’ambito dei salotti altolocati parigini come parte dell’aristocrazia finanziaria, la figlia è costretta a una educazione rigida e priva di libertà: Antoniette si sente così trascurata mentre sta ricercando la sua quota di felicità negata dall’ intransigenza materna.
Il ballo è la storia di questa attesa dell’evento celebratore dei nuovi fasti della famiglia Kampf, in una villa dove vasellame, musicisti e domestici costituiscono una coreografia studiata nei minimi dettagli e supervisionata dall’organizzatrice dell’evento.
Ma c’è un altro significato da assegnare al titolo: il ballo vero è quello che si gioca tra madre e figlia, in un crescendo di tensione fino allo scioglimento finale.
Una madre che si rivede nella figlia: quando aveva la sua età anche lei era recalcitrante e piena di vitalità! Una figlia che a piccoli passi scoprirà la somiglianza gestuale con la madre, restandone basita ma forse anche ciò le darà sicurezza emotiva e capacità di intraprendenza.
Il rapporto madre/figlia, strutturale nell’adolescenza e che per certi versi segna la vita, è ovviamente destinato a mutare: una madre che sta invecchiando, una figlia che sta sbocciando al futuro, una gelosia che vorrebbe impedire l’esplosione della giovinezza nell’arco di una settimana imboccheranno sentieri imprevisti.
Dalle schiavitù e dalle prigioni, ingegnandosi, si può uscire, suggerisce la Némirovskj, e la notte narrata nel testo è proprio l’inizio del passaggio, della crescita di Antoniette.
Temi dominanti del racconto sono l’invidia e la paura, l’ansia e la ricerca di felicità, che legano e dividono le due figure femminili, ma anche il desiderio di emozioni erotiche.
Splendidamente cinematografica la scena della vestizione della signora Krampft che indossa di tutto: anelli, perle, bracciali, la vanità completamente soddisfatta, la vera vita cominciava… e sogno dell’amante giovane e bello a completamento della sua ascesa repentina e fortunata a livello sociale spazia con leggerezza nei suoi pensieri. Meraviglioso all’interno del testo, nello spannung dell’attesa, il parallelismo sonoro che rimbomba nella casa, splendide sonorità degli orologi e campanone della chiesa cupo, mentre anche la voce diventa umana diventa rauca… Némirovskj gioca con le atmosfere ambientali, musicali, antropologiche perché la rete delle assonanze sottolinea l’attesa di un trionfo che tarda ad arrivare.
Nell’attesa del ballo, in un climax di nervosismo si inserisce la tematica dell’ipocrisia sociale, in un confronto sulla punta di scarpette da ballo per così dire, tra la signora Kampf e Isabelle, un trionfo della competizione tra donne legata alla gelosia, mista a falsa pietà, esibita e mielosa considerazione in una commedia recitata fino in fondo.
L’allontanamento della dominanza della figura materna conduce ad ogni buon grado Antoniette a spiccare il volo e a spalancarsi in modo nuovo al mondo degli adulti, col ribaltamento finale delle prospettive: e mentre la paura scompare, appare nella ragazza la consapevolezza della fragilità di tutti gli esseri umani, adulti compresi!
Un grande affabulatrice di immagini e dettagli ripresi dalla vita quotidiana, la Némirovskj, che pare abbia in qualche modo ripreso la figura della madre reale in questo rapporto tra Rosine e Antoniette, come spesso accade in letteratura, in cui modelli e comportamenti dietro l’immaginazione letteraria nascondono spiragli di vita vissuta.

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