Due scritti

di Annamaria Locatelli

…e se la guerra fosse un non senso?

A notte fonda infuriava la battaglia nella gola scura e arida: cozzavano spade, baluginavano armature e i corpi dilaniati giacevano a terra, le membra sparse…Ma ancor piu’ feriva l’aria l’incrociarsi di sguardi guizzanti, allucinati dall’odio che strisciava come serpente negli animi…La battaglia durava da giorni e giorni senza vinti o vincitori.

In lontananza, dal bosco, giunse repentino l’ululato di un lupo, tuttavia i guerrieri indifferenti continuarono il loro sanguinoso scontro, finché l’ululato non crebbe a dismisura, sino a diventare quello di cento, mille, diecimila lupi famelici. Allora persino i guerrieri piu’ temerari prestarono orecchio a quel latrato terrificante e minaccioso, quale boato di un devastante terremoto, e infine videro spuntare lo straordinario animale dal bosco e lanciarsi nella mischia…Serrarono le fila e furono costretti ad affrontare insieme la mostruosa belva, come nemico comune. L’avevano circondato, ma il lupo lampeggiante scintille teneva testa a tutti con artigli e denti affilati, finché lo videro arrestarsi e arretrare improvvisamente…Solo per un attimo esultanti, i guerrieri impietrirono ammutoliti, abbandonate le spade ai piedi, perché colpiti da un insopportabile prurito e brividi deliranti. Il lupo, improvvisamente mansueto, si ritirò nel bosco da cui proveniva…Ogni guerriero allora iniziò a togliersi con frenesia l’armatura, l’elmo, i gambali, finché non si ritrovò nella notte completamente nudo, come nel giorno della nascita: ognuno si grattava a più non posso il corpo piagato e arrossato, colpito da forma perniciosa, chiedendo indifferentemente aiuto ad amici, quanto a nemici nel reciproco bisogno…Senza uniforme, abbandonate le inutili armi, caduti i lustrini, i gradi, le medaglie e colpiti dalla stessa malattia, erano proprio tutti uguali, fratelli. In cuor loro avevano dimenticato il motivo di tanto odio e se ne chiedevano invano la ragione…

Al sopraggiungere dell’alba, dopo una lunghissima notte, i sopravvissuti squassati levarono gli occhi alla prima luce e sentirono scendere dal cielo una pioggia sottile e rinfrescante ed esposero le membra martoriate alla sua benefica carezza. A lungo fecero scivolare sulla pelle arrossata e ferita il liquido trasparente finché non si sentirono rigenerare e un grande sollievo penetrò nei meandri del corpo, finalmente liberato da malattia e odio: farsi guerra un non senso…

In quello stesso luogo decisero di innalzare un’immensa fontana chiamata ”Acquapace”, i viventi tutti vi affluivano…

La fontana
 
Quella fontana
di nome umanità,
per forza propulsiva
elan vital,
zampilli di cielo
scioglie
e fonde
in liquidi abbracci...
Nel vortice prodigioso
se salgano indugino o scendano
se nascano crescano o muoiano
sapere non è...
All’unisono al sole si abbeverano
nel raggio iridato i colori biforcano
gocce di vita intrecciano,
contaminati
passato presente futuro.
Raccontare la storia di ogni goccia
frammento millesimo di goccia
impresa impossibile è.
Dell’acqua
nella memoria collettiva
le nostre infinite intricate vicende 

2 pensieri su “Due scritti

  1. Una fiaba per adulti. Che fanno la guerra come fossero bambini, che hanno paura del lupo e si ammalano per contagio, e che devono purificarsi nel più potente solvente naturale, nell’acqua che deve restare libera e sorgente. (Attenzione, mani rapaci la stanno privatizzando in modo crescente.)

  2. grazie Cristiana…si’ una fiaba ma, nella mia intenzione, voleva aprire le porte ad una riflessione sulla pratica della guerra, che per Gino Strada come per me, è una gravissima malattia di cui soffre l’essere umano, presente nella Storia dal Neolitico in poi, ma peggiorata con l’avvento della tecnologia avanzata dell’ultimo secolo…la guerra poi spalanca le porte agli altri mali, di cui già nel Medioevo si era capito il concatenamento: la peste e la fame…Se vuoi un quadro fosco, ma ormai non si puo’ parlare solo di segnali, ci siamo dentro…L’essere umano piu’ sano, piu’ saggio, ma solo dopo una “lunghissima notte”, potrebbe finalmente vedersi nelle sue miserie e allontanarsene…
    “Acquapace”, chissa! Speriamo…

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