Guerre e Guerini ovvero l’Italia nel Sahel

   

di Mauro Armanino

Più volte ho sottolineato come quello sia il vero confine meridionale dell’Europa, caratterizzato da dinamiche di sicurezza che riguardano il nostro continente e l’Italia. Ci troviamo infatti in un territorio altamente instabile dal punto di vista politico e sociale ed estremamente povero dal punto di vista economico. Condizioni ottimali per gli estremismi di matrice jihadista, spesso associati ai movimenti di insorgenza locale, cui si aggiungono i flussi di traffici illegali di ogni natura che giungono sulle coste nordafricane a poche centinaia di miglia dall’Italia e dall’Europa, con riflessi sulla nostra sicurezza

Così, tra l’altro, il ministro della difesa Lorenzo Guerini nella lettera al direttore del quodiano il Foglio, del 4 febbraio scorso. Ringrazio l’amico e compagno di viaggio Turi Palidda per avermi inviato copia della lettera. I commenti alla quale potrebbero essere molteplici ma ciò che vorrei semplicemente rilevare parte da una serie di domande elementari. Quanto tempo, il ministro Guerini, ha passato nel Sahel per arrogarsi il diritto di usare formule ritrite di strategia per questo spazio d’Africa? Di quali frontiere si arroga il diritto di decidere e parlare? Quando scrive di ‘riflessi sulla ‘nostra’ sicurezza si riferisce a chi? Chi dà, al ministro della difesa italiana, di pensare ed operare come fosse a casa sua? E infine, quando il nostro discutere ‘geopolitico’ nascerà da un umile ascolto della realtà e delle priorità dei popoli che si presume di servire?

Queste e altre domande a cui è difficile rispondere con ‘Gli occhi dell’Occidente’, titolo del noto romanzo dell’inizio de secolo scorso di Joseph Conrad. Il punto centrale e cruciale della lettera in question è proprio questo: con gli ‘occhi dell’occidente’ leggiamo la storia, la politica, l’impegno dei militari, gli investimenti, le ambasciate e, naturalmente, i ‘progetti’ di sviluppo. Con gli occhi dell’occidente’ fissiamo le priorità, decidiamo le tabelle di marcia forzata allo sviluppo, confischiamo la sovranità e la dignità dei popoli, imponiamo o consigliamo governi, prodighiamo consigli e aiuti alle fragili e ‘tropicalizzate’ democrazie saheliane…

Quanto tempo ha passato nel Sahel, ministro Guerini, lei e il ministro degli esteri della compagine governativa dell’Italia? Qualche ora, qualche giorno, con le autorità locali (venduti ai soldi dell’Occidente), col personale dell’Ambasciata (a cui non vengono neppure forniti i mezzi per assicurare un servizio consolare), coi militari italiani sul posto (che assicurano formazione tecnica ai militari locali e, per farsi accettare più facilmente, offrono regali umanitari ad istituzioni locali).

Chi le parla, nel rispetto dei diversi ruoli e competenze, è qualcuno che ha il diritto di parola che proprio l’Africa e il Sahel gli hanno dato perché da loro si è gradualmente lasciato ‘colonizzare’! In Costa d’Avorio fin dal 1976, in alternativa al servizio militare come geometra, come missionario poi fino al ’91 al servizio dei giovani, in Argentina accompagnando il cammino degli abitanti delle ‘Villas Miseria’ di Cordoba per alcuni anni, durante la guerra per sette anni in Liberia e infine ‘insabbiato’ nel Niger, per un servizio ai migranti dei quali lei neppure parla, dall’aprile del 2011.

La nostra differenza di sguardo e il diritto di parola, ministro Guerini, sta tutta negli occhi…

                                                                             dal Sahel, il 13 febbraio 2022

1 pensiero su “Guerre e Guerini ovvero l’Italia nel Sahel

  1. Armanino mostra che il mondo sono due mondi, quello delle autorità (locali e globali collegate) più i militari, e quello degli altri, che reggono il primo. Sì, perchè su otto miliardi il primo mondo ne conterà forse ottocentomila, o otto milioni comprese le forze militari. Intanto gli altri, abitandolo e ripopolandolo, lo umanizzano. In altri rapporti numerici… è sempre stato così.
    Anche “saperlo” non muta la situazione. Quindi? Ci si rassegna. Si impersonano le anime belle.
    Bene fa Armanino a rivolgersi al ministro, spero che l’appello -alla sua coscienza di ministro- gli arrivi. Può decidere qualcosa di meglio di quello che c’è.
    (E io… che faccio? Al massimo, diffondo sobrietà ai più prossimi.)

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