Stato d’animo: Angst!

Tabea Nineo 2011

Dubbi balbettati e  da sotterrare – si spera –  con ragionamenti

di Samizdat

Scoppia un’altra guerra? Magari mondiale? E che possiamo fare? Leggerci i commentatori di fiducia? Ne esistono? Rivedere quel che avevamo  detto ad una delle guerre precedenti (del Golfo 1990;  in Jugoslavia 1991; in Afghanistan 2001; in Siria 2011, in Libia 2014 )? Ricordare che ce ne sono tante al mondo? Ma non sai che la realtà è ancora peggio di quella che ti raccontano? Dar ragione a Gunther Anders e al suo “L’uomo è antiquato”? E poi? Tifare e sbeffeggiarci tra noi: Biden sì, Putin no; o viceversa? Che brutto sport! Metterci in posa da strateghi e spiegare la logica di Putin, di Biden e concludere: Eh, che furbacchiona la Cina che  sta a guardare gongolando tra i due litiganti?  Rammaricarci che manco il pacifismo esiste più? Coltivare il nostro orticello? (Ce l’hai)? Rileggersi un saggio sullo stoicismo per sotterrare ogni speranza di civiltà? Rileggere “Madre Courage”  o l’arte di arrangiarsi dei poveri? Ripetersi: tutto è stato già detto. Nulla (di buono e ragionevole) è stato fatto? Angst! Tacere?

 

11 pensieri su “Stato d’animo: Angst!

  1. Ucraina: torni un grande movimento per la pace

    Carissimi, sul sito dell’ANPI Nazionale al seguente link è riportato l’appello della Segreteria dell’ANPI che di seguito riportiamo ed alleghiamo.

    https://www.anpi.it/articoli/2634/ucraina-torni-un-grande-movimento-per-la-pace?fbclid=IwAR0Met1fKxDvwEGQQoLpqA8HaWiqoKs9ROreqDX1RdOH9fdFVqh2n21WPkQ

    Roberto Cenati – Presidente ANPI Comitato Provinciale di Milano

    “Ucraina: TORNI UN GRANDE MOVIMENTO PER LA PACE”

    Appello della Segreteria nazionale ANPI

    L’UMANITÀ AL POTERE

    Siamo a un passo dal baratro. A chi governa la Russia, gli Stati Uniti, l’Ucraina, i Paesi dell’Unione Europea, il nostro stesso Paese, chiediamo un atto di responsabilità e di saggezza. Prima che sia troppo tardi. Il delirio bellicista va sconfitto dalla forza tranquilla di Paesi e popoli che sanno che la guerra, oltre a lacrime, sangue e devastazioni, oggi porta solo alla sconfitta di tutti; basti pensare all’Iraq, alla Libia, all’Afghanistan.
    LANCIAMO UN APPELLO PERCHE’ IN TUTTA ITALIA AL PIU’ PRESTO SI DIA VITA A INIZIATIVE, PRESIDI, MANIFESTAZIONI UNITARIE PER LA PACE. TORNI UN GRANDE E DIFFUSO MOVIMENTO PER LA PACE, OGGI TIMIDO, E CONTRO L’IRRESPONSABILE CORSA AL RIARMO.
    Il riconoscimento dell’indipendenza del Donbass da parte della Russia può portare il mondo a un passo dalla guerra ed è l’ultimo, drammatico atto di una sequenza di eventi innescata dal continuo allargamento della NATO ad est vissuto legittimamente da Mosca come una crescente minaccia.
    Auspichiamo che si avvii perciò una trattativa generale sotto l’egida dell’ONU per ottenere questi obiettivi:

    • Contestualmente, l’Ucraina riconosca l’autonomia del Donbass prevista dagli accordi di Minsk, ma mai attuata dal governo di Kiev, rispetti la sua popolazione russofona, cessi i bombardamenti in Donbass confermati dalla fuga di decine di migliaia di civili di quella regione in Russia, sciolga le milizie naziste, oggi in prima fila nell’attacco al Donbass, e Putin revochi il riconoscimento dell’indipendenza del Donbass, perché viola l’integrità territoriale di un Paese sovrano e scatena una serie di reazioni e controreazioni che possono portare in brevissimo tempo alla guerra.

    • L’Unione Europea, nel condannare il riconoscimento dell’indipendenza del Donbass da parte della Russia, avanzi una proposta di composizione pacifica del conflitto al fine dell’attuazione integrale degli accordi di Minsk e avvii finalmente una politica di cooperazione e non di continua ostilità nei confronti della Russia. La vera forza dell’Europa unita è nella sua capacità di proporsi come messaggero di amicizia fra i popoli.

    • Biden cessi immediatamente sia le clamorose ingerenze nella vita interna dell’Ucraina iniziate fin dai tempi di Maidan, quando nel governo ucraino entrò la statunitense Natalia Jaresco, sia le sue dichiarazioni belliciste e le sue ininterrotte minacce nei confronti della Russia.

    • La NATO non può e non deve intervenire in caso di precipitazione bellica, perché ciò avverrebbe in violazione dei suoi compiti, che sono limitati alla difesa dei soli Paesi membri dell’Alleanza. In sostanza va profondamente ridiscusso il ruolo della NATO, che non può essere al servizio di una politica di potenza, e vanno avviate trattative per un sistema di reciproca sicurezza che garantisca sia l’UE che la Federazione russa.

    Auspichiamo in particolare che il governo italiano rispetti un inviolabile obbligo costituzionale: l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
    L’Italia può svolgere un ruolo di raffreddamento delle tensioni e di pacificazione attraverso gli strumenti della diplomazia e del negoziato. Così rafforza il suo prestigio internazionale e il suo ruolo di ambasciatrice di pace nel mondo.
    CONTRO IL POTERE DELLA GUERRA E CONTRO OGNI LOGICA IMPERIALE, DIAMO VOCE ALLA PACE PER L’UMANITÀ AL POTERE!

    LA SEGRETERIA NAZIONALE ANPI
    22 febbraio 2022

  2. il forte “Alleato” d’Oltreoceano
    da tempo soffia sulle ceneri
    di mezzo mondo
    ora tocca a noi, Vecchia Europa!
    La fucina delle armi viaggia
    a pieno ritmo sulle due sponde,
    ma che grande spreco in pace!
    Rinnovare occorre e speculare
    sull’apparato militare!
    E il resto? E’ solo un trascurabile
    effetto collaterale…
    Senza esclusioni di colpi,
    giorno e notte,
    alimentare la scintilla
    delle divisioni, degli odi
    tra le popolazioni…
    Dalla scintilla l’incendio
    si sprigiona,
    immenso senza confini,
    e prende forma il balletto
    dei potenti,
    nel mezzo eserciti di robot
    diversamente plagiati e condiscendenti…
    e gente, tanta, in fuga, inerme,
    devastata…
    Come, Europa… Italia, frenare
    la macchina infernale?

    Mi sembrano molto sagge le proposte rivolte dall’ANPI alle parti in causa: NATO, Ucraina, Russia per una soluzione ponderata e pacifica delle controversie…Ma siamo ancora in tempo? La diplomazia puo’ ancora ottenere risultati?
    Resta l’invito: “Torni un grande movimento per la pace”!!!
    Altrimenti, poi, resterà solo “Madre Courage” e l’arte dei poveri di arrangiarsi

  3. Canto dei morti invano

    Sedete e contrattate
    A vostra voglia, vecchie volpi argentate.
    Vi mureremo in un palazzo splendido
    Con cibo, vino, buoni letti e buon fuoco
    Purchè trattiate e contrattiate
    Le vite dei nostri figli e le vostre.
    Che tutta la sapienza del creato
    Converga a benedire le vostre menti
    E vi guidi nel labirinto.
    Ma fuori al freddo vi aspetteremo noi,
    L’esercito dei morti invano,
    Noi della Marna e di Montecassino
    Di Treblinka, di Dresda e di Hiroshima:
    E saranno con noi
    I lebbrosi e i tracomatosi,
    Gli scomparsi di Buenos Aires,
    I morti di Cambogia e i morituri d’Etiopia,
    I patteggiati di Praga,
    Gli esangui di Calcutta,
    Gl’innocenti straziati a Bologna.
    Guai a voi se uscirete discordi:
    Sarete stretti dal nostro abbraccio.
    Siamo invincibili perchè siamo i vinti.
    Invulnerabili perchè già spenti:
    Noi ridiamo dei vostri missili.
    Sedete e contrattate
    Finchè la lingua vi si secchi:
    Se dureranno il danno e la vergogna
    Vi annegheremo nella nostra putredine.

    14 gennaio 1985

    (Primo Levi, Altre poesie, in P. Levi, Opere, vol. II: Romanzi e poesie, Einaudi, Torino, 1994, p. 619)

  4. Opponiamoci come meglio possiamo contro ogni forma di superpotenza, nazionalismo, militarismo, sopraffazione e discriminazione; per i diritti umani e la democrazia effettiva.

  5. Lode della dialettica (1932)
    di Bertolt Brecht

    L’ingiustizia oggi cammina con passo sicuro.
    Gli oppressori si fondano su diecimila anni.
    La violenza garantisce: com’è, così resterà.
    Nessuna voce risuona tranne la voce di chi comanda
    e sui mercati lo sfruttamento dice alto: solo ora io comincio.
    Ma fra gli oppressi molti dicono ora:
    quel che vogliamo, non verrà mai.
    Chi ancora è vivo non dica: mai!
    Quel che è sicuro non è sicuro.
    Com’è, così non resterà.
    Quando chi comanda avrà parlato
    parleranno i comandati.
    Chi osa dire: mai?
    A chi si deve, se dura l’oppressione? A noi.
    A chi si deve, se sarà spezzata? Sempre a noi.
    Chi viene abbattuto, si alzi!
    Chi è perduto, combatta!
    Chi ha conosciuta la sua condizione, come lo si potrà fermare?
    Perché i vinti di oggi sono i vincitori di domani
    e il mai diventa: oggi!
    Lob der Dialektik
    Das Unrecht geht heute einher mit sicherem Schritt.
    Die Unterdrücker richten sich ein auf zehntausend Jahre.
    Die Gewalt versichert: So, wie es ist, bleibt es.
    Keine Stimme ertönt außer der Stimme der Herrschenden
    Und auf den Märkten sagt die Ausbeutung laut: Jetzt beginne ich
    erst.
    Aber von den Unterdrűckten sagen viele jetzt:
    Was wir wollen, geht niemals.
    Wer noch lebt, sage nicht: niemals!
    Das Sichere ist nicht sicher.
    So, wie es ist, bleibt es nicht.
    Wenn die Herrschenden gesprochen haben
    Werden die Beherrschten sprechen.
    Wer wagt zu sagen: niemals?
    An wem liegt es, wenn die Unterdrűckung bleibt? An uns.
    An wem liegt es, wenn sie zerbrochen wird? Ebenfalls an uns.
    Wer niedergeschlagen wird, der erhebe sich!
    Wer verloren ist, kämpfe!
    Wer seine Lage erkannt hat, wie solI der aufzuhalten sein?
    Denn die Besiegten von heute sind die Sieger von morgen
    Und aus Niemals wird: Heute noch!

    Da: B. Brecht, “Lieder, Gedichte, Chöre”, Éditions du Carrefour, Parigi, 1934, poi in B. Brecht, “Poesie”, edizione con testo a fronte a cura di Luigi Forte, Einaudi, Torino, 1999, vol. I (1913-1933), pp. 612-613. Tr. it. in B. Brecht, “Poesie e canzoni”, a cura di Ruth Leiser e Franco Fortini, Einaudi, Torino, 1962 (II ed.; I ed.: ivi, 1961), p. 53.
    Hundert Gedichte, 195I
    Traduzione di Franco Fortini

  6. ASSONANZE CASUALI?

    Io, seguendo turbato, l’inizio di una nuova guerra ho intitolato: “Stato d’animo: Angst!”.

    Appena adesso ho letto nell’editoriale del n. 6/2021 di “altraparola”:
    “La situazione che stiamo vivendo ci pone radicalmente a confronto con la fragilità della nostra esistenza, con la malattia e con la morte e con l’incapacità di questo ordine sociale ed economico di dare un senso e una risposta sia alla crisi interiore che a quella collettiva. È un intero mondo, un intero ordine simbolico che è sul punto di sfaldarsi mentre il nuovo non mostra il suo contorno, e noi viviamo in un essere sospeso tra il non più e il non ancora, un po’ come Egli in un frammento di Kafka, strattonato da due forze opposte di pari intensità e posto su una kampflinie (linea di lotta): «Egli ha due avversari: il primo lo incalza alle spalle, dall’origine, il secondo gli taglia la strada davanti. Egli combatte con entrambi», situazione che Hannah Arendt ha definito come «una breccia (gap) del tempo».

    Come affermava Hölderlin è questo il momento di un “divenire nel trapassare”, in cui nuovi possibili possono emergere dalla loro latenza, ma anche quello in cui è estremo il pericolo della dissoluzione: in cui può palesarsi una nuova forma di vita, un “dio a venire”, oppure in cui il vecchio mondo può trascinarci nel suo tramonto; un attimo di cesura della storia in cui «l’ordine consueto delle cose è destinato a infrangersi e a spegnersi in un vago presentimento dell’ignoto» (Hegel). Con tutta l’umiltà possibile vorremmo cominciare a interrogarci su quali forme dare a questo presentimento, a partire dagli stati d’animo e dalle figure che sta assumendo la nostra vita interiore.”

    (da https://www.altraparolarivista.it/2022/02/24/editoriale-altraparola-n-6/)

  7. SEGNALAZIONE/ANONIMO

    Si può dare un giudizio?
    Sono stufo di quelli a cui sta simpatico Biden e di quelli a cui sta simpatico Putin, di chi accampa un sistema di valori e di chi ne difende un altro tutti strumentalizzati e strumentalizzanti in politica internazionale. Dai potenti occorre mantenere una distanza di sicurezza, e ragionare. A mio modo di vedere c’è un unico giudizio sensato: abbiamo bisogno che Alice [1] fermi la sua “corsa ferma” imperiale (ne avrebbe essa stessa giovamento), perché abbiamo bisogno di transitare a un ordine multipolare con meno danni possibili e quindi con meno resistenza possibile e con la più vasta collaborazione internazionale. Il corollario è che abbiamo bisogno di una nuova architettura condivisa di sicurezza europea e mondiale, cosa a cui gli Usa si oppongono tenacemente.
    È un bene che ci si arrivi tramite una guerra? No, assolutamente no. Perché tra l’altro significa che non si è imparato nulla dalla guerra ispano-olandese, dalle guerre anglo-olandesi, dalla I Guerra Mondiale e nemmeno dalla seconda carneficina mondiale (proseguimento della prima). Tutte guerre che hanno segnato le precedenti crisi sistemiche. Che sono tutte inscritte nella storia del capitalismo, dalla sua lunga infanzia alla sua lunghissima senescenza.

    Avevo scritto pochi giorni fa che avevo molta paura. Oggi ce ne ho ancora di più e inoltre sono avvilito e col cuore pesante.

    Nota di E. A.
    Anonimi per Alice intende gli USA. In un altro passo scrive: “La potenza [USA] che, letteralmente, sta perdendo i pezzi costitutivi della sua egemonia globale, allora si spaventa e cerca di correre ai ripari perché non sono solo i suoi interessi ma è la sua organizzazione sociale, in tutte le sue sfaccettature, che rischia di collassare, per un motivo molto preciso: per decenni si è adagiata su quella egemonia e non ha mai elaborato un piano B, né è in grado di farlo, specialmente mentre le cose stanno precipitando (è il famoso “Lo stile di vita americano non si negozia” ripetuto alla nausea da tutti i presidenti USA). Quindi cerca in tutti i modi di mantenere l’egemonia ed è costretta a rilanciare sempre più violentemente mosse aggressive per contrastare le nuove potenze emergenti. Una strategia disperata e senza sbocchi. Un po’ come Alice che doveva correre sempre più forte per rimanere per lo meno ferma.”

  8. Il mondo non è ancora uscito né dalla crisi economica internazionale né dalla pandemia né dalla crisi ambientale e le superpotenze si mettono a giocare alla terza guerra mondiale. Una bella sintesi di patriarcato (basta con i maschi alfa!) e di neocapitalismo dai mille volti!
    Ringrazio tutti quelli che propongono analisi della guerra in Ucraina, ma consiglierei sommessamente di non limitarsi ad analisi monocausali e prive di dubbi e di cercare di non cadere nei trabocchetti della geopolitica , delle ideologie monolitiche e delle teorie politiche astratte. Occorre assumere radicalmente i punti di vista delle categorie storiche perennemente a rischio: classi subalterne, colonizzati, donne, minori, anziani, civili inermi, immigrati, minoranze ecc.

    “Oppressi, / Seppellite la vostra discordia!” è, non a caso, il finale di “Epitaffio per Rosa Luxemburg” di Bertolt Brecht:
    “Qui giace sepolta
    Rosa Luxemburg
    Un’ebrea polacca
    Che combatté in difesa dei lavoratori tedeschi,
    Uccisa
    Dagli oppressori tedeschi. Oppressi,
    Seppellite la vostra discordia!”

    Da: B. Brecht, “Poesie e frammenti 1934-56”, tr. it. in B. Brecht, “Poesie e canzoni”, a cura di Ruth Leiser e Franco Fortini, Einaudi, Torino, 1962 (II ed.; I ed.: ivi, 1961)

    “Grabschrift Luxemburg” (1948), nel primo n. (gennaio 1949) della rivista berlinese “Ost und West”

    Hier liegt begraben
    Rosa Luxemburg
    Eine Jüdin aus Polen
    Vorkämpferin deutscher Arbeiter
    Getötet im Auftrag
    Deutscher Unterdrücker, Unterdrückte
    Begrabt eure Zwietracht!

    Da “Gedichte und Gedichtfragmente 1934-1956”, in B. Brecht, “Poesie”, edizione con testo a fronte a cura di Luigi Forte, Einaudi, Torino, 2005, vol. II (1934-1956), p. 1212

    Bertolt Brecht, “Elogio del dubbio”

    Sia lode al dubbio! Vi consiglio, salutate
    serenamente e con rispetto chi
    come moneta infida pesa la vostra parola!
    Vorrei che foste accorti, che non deste
    con troppa fiducia la vostra parola.

    Leggete la storia e guardate
    in fuga furiosa invincibili eserciti.
    In ogni luogo
    fortezze indistruttibili rovinano e
    anche se innumerabile era l’Armada salpando,
    le navi che tornarono
    le si poté contare.

    Fu così un giorno un uomo sull’inaccessibile vetta
    e giunse una nave alla fine
    dell’infinito mare.

    Oh bello lo scuoter del capo
    su verità incontestabili!
    Oh il coraggioso medico che cura
    l’ammalato senza speranza!

    Ma d’ogni dubbio il più bello
    è quando coloro che sono
    senza fede, senza forza, levano il capo e
    alla forza dei loro oppressori
    non credono più!

    Oh quanta fatica ci volle per conquistare il principio!
    Quante vittime costò!
    Com’era difficile accorgersi
    Che fosse così e non diverso!
    Con un respiro di sollievo un giorno un uomo nel libro del sapere lo scrisse.

    Forse a lungo là dentro starà e più generazioni
    ne vivranno e in quello vedranno un’eterna sapienza
    e sprezzeranno i sapienti chi non lo conosce.
    Ma può avvenire che spunti un sospetto, di nuove esperienze,
    che quella tesi scuotano. Il dubbio si desta.
    E un altro giorno un uomo dal libro del sapere
    gravemente cancella quella tesi.

    Intronato dagli ordini, passato alla visita
    d’idoneità da barbuti medici, ispezionato
    da esseri raggianti di fregi d’oro, edificato
    da solennissimi preti, che gli sbattono alle orecchie un libro redatto da Iddio in
    persona,
    erudito
    da impazienti pedagoghi, sta il povero e ode
    che questo mondo è il migliore dei mondi possibili e che il buco
    nel tetto della sua stanza è stato proprio previsto da Dio.
    Veramente gli è difficile
    dubitare di questo mondo.
    Madido di sudore si curva l’uomo che costruisce la casa dove non lui dovrà
    abitare.
    Ma sgobba madido di sudore anche l’uomo che la propria casa si costruisce.
    Sono coloro che non riflettono, a non dubitare mai.
    Splendida è la loro digestione, infallibile il loro giudizio.
    Non credono ai fatti, credono solo a se stessi. Se occorre,
    tanto peggio per i fatti. La pazienza che han con se stessi
    è sconfinata. Gli argomenti
    li odono con l’orecchio della spia.

    Con coloro che non riflettono e mai dubitano
    si incontrano coloro che riflettono e mai agiscono.
    Non dubitano per giungere alla decisione, bensì
    per schivare la decisione. Le teste
    le usano solo per scuoterle. Con aria grave
    mettono in guardia dall’acqua i passeggeri di navi che affondano.
    Sotto l’ascia dell’assassino
    si chiedono se anch’egli non sia un uomo.
    Dopo aver rilevato, mormorando,
    che la questione non è ancora sviscerata, vanno a letto.
    La loro attività consiste nell’oscillare.
    Il loro motto preferito è: l’istruttoria continua.
    Certo, se il dubbio lodate
    non lodate però
    quel dubbio che è disperazione!

    Che giova poter dubitare, a colui
    che non riesce a decidersi!
    Può sbagliarsi ad agire
    chi di motivi troppo scarsi si contenta,
    ma inattivo rimane nel pericolo
    chi di troppi ha bisogno.

    Tu, tu che sei una guida, non dimenticare
    che tale sei, perché hai dubitato
    delle guide! E dunque a chi è guidato
    permetti il dubbio!

    (Da Bertolt Brecht, “Poesie e frammenti 1934-56”, tr. it. in “Poesie e canzoni ” cit., pp. 54-56

    Bertolt Brecht, “Lob des Zweifels”

    Gelobt sei der Zweifel! Ich rate euch, begrüßt mir
    Heiter und mit Achtung den
    Der euer Wort wie einen schlechten Pfennig prüft!
    Ich wollte, ihr wäret weise und gäbt
    Euer Wort nicht allzu zuversichtlich.

    Lest die Geschichte und seht
    In wilder Flucht – die unbesieglichen Heere.
    Allenthalben
    Stürzen unzerstörbare Festungen ein und
    Wenn die auslaufende Armada unzählbar war
    Die zurückkehrenden Schiffe
    Waren zählbar.

    So stand eines Tages ein Mann auf dem unbesteigbaren Berg
    Und ein Schiff erreichte das Ende des
    Unendlichen Meers.

    O schönes Kopfschütteln
    Über der unbestreitbaren Wahrheit!
    O tapfere Kur des Arztes
    An dem rettungslos verlorenen Kranken!

    Schönster aller Zweifel aber
    Wenn die verzagten Geschwächten den Kopf heben und
    An die Stärke ihrer Unterdrücker
    Nicht mehr glauben!

    O, wie war doch der Lehrsatz mühsam erkämpft!
    Was hat er an Opfern gekostet!
    Daß dies so ist und nicht etwa so
    Wie schwer wars zu sehen doch!
    Aufatmend schrieb ihn ein Mensch eines Tages in das Merkbuch des Wissens ein.
    Lange steht er vielleicht nun da drin und viele Geschlechter
    
Leben mit ihm und sehn ihn als ewige Weisheit

    Und es verachten die Kundigen alle, die ihn nicht wissen.

    Und dann mag es geschehn, dass ein Argwohn entsteht, denn neue Erfahrung
    Bringt den Satz in Verdacht. Der Zweifel erhebt sich.
    Und eines anderen Tages streicht ein Mensch im Merkbuch des Wissens
    Bedächtig den Satz durch.

    Von Kommandos umbrüllt, gemustert
    Ob seiner Tauglichkeit von bärtigen Ärzten, inspiziert
    Von strahlenden Wesen mit goldenen Abzeichen, ermahnt
    Von feierlichen Pfaffen, die ihm ein von Gott selber verfaßtes Buch um die Ohren
    schlagen
    Belehrt
    Von ungeduldigen Schulmeistern steht der Arme und hört
    Daß die Welt die beste der Welten ist und daß das Loch
    Im Dach seiner Kammer von Gott selber geplant ist.
    Wirklich, er hat es schwer an dieser Welt zu zweifeln.

    Schweißtriefend bückt sich der Mann, der das Haus baut, in dem er nicht wohnen
    soll.
    Aber es schuftet schweißtriefend auch der Mann, der sein eigenes Haus baut.
    Da sind die Unbedenklichen, die niemals zweifeln.
    Ihre Verdauung ist glänzend, ihr Urteil ist unfehlbar.
    Sie glauben nicht den Fakten, sie glauben nur sich. Im Notfall
    Müssen die Fakten dran glauben. Ihre Geduld mit sich selber
    Ist unbegrenzt. Auf Argumente
    Hören sie mit dem Ohr des Spitzels.

    Den Unbedenklichen, die niemals zweifeln
    Begegnen die Bedenklichen, die niemals handeln.
    Sie zweifeln nicht, um zur Entscheidung zu kommen, sondern
    Um der Entscheidung auszuweichen. Köpfe
    Benützen sie nur zum Schütteln. Mit besorgter Miene
    
Warnen sie die Insassen sinkender Schiffe vor dem Wasser.
    
Unter der Axt des Mörders

    Fragen sie sich, ob er nicht auch ein Mensch ist.

    Mit der gemurmelten Bemerkung
    Daß die Sache noch nicht durchforscht ist, steigen sie ins Bett.
    Ihre Tätigkeit besteht in Schwanken.
    Ihr Lieblingswort ist: nicht spruchreif.

    Freilich, wenn ihr den Zweifel lobt
    So lobt nicht
    Das Zweifeln, das ein Verzweifeln ist!

    Was hilft zweifeln können dem
    Der nicht sich entschließen kann!
    Falsch mag handeln
    Der sich mit zu wenigen Gründen begnügt
    Aber untätig bleibt in der Gefahr
    Der zu viele braucht.

    Du, der du ein Führer bist, vergiß nicht,
    Daß du es bist, weil Du an Führern gezweifelt hast!
    So gestatte den Geführten
    Zu zweifeln!

    Da: “Gedichte und Gedichtfragmente 1934-1956”, in B. Brecht, “Poesie” cit., vol. II, pp. 944-948

  9. «Ringrazio tutti quelli che propongono analisi della guerra in Ucraina, ma consiglierei sommessamente di non limitarsi ad analisi monocausali e prive di dubbi e di cercare di non cadere nei trabocchetti della geopolitica , delle ideologie monolitiche e delle teorie politiche astratte. Occorre assumere radicalmente i punti di vista delle categorie storiche perennemente a rischio: classi subalterne, colonizzati, donne, minori, anziani, civili inermi, immigrati, minoranze ecc.» (Maurizio Gusso)

    Sì, ma nella consapevolezza che quei punti di vista oggi sono muti (o quasi). E che per ribaltare i discorsi egemonici (la geopolitica dei dominatori, le ideologie del Bene che costruiscono gli Imperi del Male e gli Hitler di comodo, le teorie politiche astratte) dobbiamo conoscerli, masticarli, decostruirli, smascherarli. Un “nostro” discorso è appena un balbettio. Non è un caso che, nel 2022, pochi epigoni come noi debbano ricorrere ancora alle poesie di Fortini e di Brecht, nostri antenati comunisti novecenteschi da quasi tutti dimenticati o sbeffeggiati (persino qui su Poliscritture).

  10. Bertolt Brecht, “Colui che impara”

    Prima costruii sulla sabbia,
    poi costruii sulla roccia.
    Quando la roccia crollò
    non ho più costruito su nulla.
    Poi ancora talvolta costruivo
    su sabbia e roccia, come capitava, ma
    avevo imparato.

    Coloro ai quali affidavo la lettera
    la buttavano via. Ma chi non curavo
    me la riportava.
    Allora ho imparato.

    Le mie disposizioni non furono rispettate.
    Quando giunsi, m’avvidi
    che erano sbagliate. Era stato fatto
    quel che era giusto.
    Così ho imparato.

    Le cicatrici dolgono
    nel tempo di gelo.
    Ma spesso dico: solo la fossa
    non m’insegnerà più nulla.

    Da B. Brecht, “Poesie e frammenti 1934-56”, in B. Brecht, “Poesie e canzoni”, a cura di Ruth Leiser e Franco Fortini, Einaudi, Torino, 1962 (II ed.; I ed.: ivi, 1961)

    Bertolt Brecht, “Der Lernende” (1935 circa)

    Erst baute ich auf Sand, dann baute ich auf Felsen.
    Als der Felsen einstürzte
    Baute ich auf nichts mehr.
    Dann baute ich oftmals wieder
    Auf Sand und Felsen, wie es kam, aber
    Ich hatte gelernt.

    Denen ich den Brief anvertraute
    Die warfen ihn weg. Aber die ich nicht beachtete
    Brachten ihn mir zurück.
    Da habe ich gelernt.

    Was ich auftrug, wurde nicht ausgerichtet.
    Als ich hinkam, sah ich
    Es war falsch gewesen. Das Richtige
    War gemacht worden.
    Davon habe ich gelernt.

    Die Narben schmerzen
    In der kalten Zeit.
    Aber ich sage oft: nur das Grab
    Lehrt mich nichts mehr.

    Da B. Brecht, “Gedichte und Gedichtfragmente 1934-56”, in B. Brecht, “Poesie”, edizione con testo a fronte a cura di Luigi Forte, Einaudi, Torino, 2005, vol II (1934-1956), pp.770-771

    Bertolt Brecht, “Colui che dubita”

    Sempre, ogni volta che
    ci pareva di aver trovato la risposta a un problema,
    uno di noi scioglieva, sulla parete, il nastro dell’antico
    rotolo cinese sì che svolgesse e
    visibile apparisse l’Uomo Seduto che
    tanto dubitava.

    Io, ci diceva,
    sono Colui che dubita. Dubito che
    sia riuscito il lavoro che v’ha inghiottiti i giorni.
    Che, quel che avete detto, se detto peggio valga tuttavia
    per qualcuno.
    Che lo abbiate detto bene e che forse un po’ troppo
    vi siate, alla verità di quanto avete detto, affidati.
    Che sia ambiguo: per ogni possibile errore
    vostra sarebbe la colpa. Può anche essere troppo univoco
    e allontanar dalle cose la contraddizione; non è troppo univoco?
    Allora quel che dite è inutilizzabile. Le cose vostre sono
    inanimate, allora.
    Siete realmente nel corso degli eventi? Compresi con tutto
    quel che diviene? Siete ancora in divenire, voi? Chi siete? A chi
    parlate? A chi serve quel che state dicendo?
    E, fra parentesi:
    vi lascia sobri? Si può leggerlo di mattina?
    È anche congiunto al presente? Le tesi
    davanti a voi enunciate son messe a profitto o almeno confutate?
    Tutto è documentabile?
    Per esperienza? Di chi?
    Ma prima di tutto
    e sempre, e ancora prima d’ogni cosa: come si agisce
    se si crede a quel che dite? Prima di tutto: come si agisce?

    Pensierosi noi si considerava con curiosità
    l’Uomo Turchino dubitare dal quadro, ci si guardava e
    da capo si ricominciava.

    Da B. Brecht, “Poesie e frammenti 1934-56”, in B. Brecht, “Poesie e canzoni” cit., pp. 193-194

    Bertolt Brecht, “Der Zweifler” (1937 circa)

    Immer wenn uns
    Die Antwort auf eine Frage gefunden schien
    Löste einer von uns an der Wand die Schnur der alten
    Aufgerollten chinesischen Leinwand, so daß sie herabfiel und
    Sichtbar wurde der Mann auf der Bank, der
    So sehr zweifelte.

    Ich, sagte er uns,
    Bin der Zweifler, ich zweifle, ob
    Die Arbeit gelungen ist, die eure Tage verschlungen hat.
    Ob, was ihr gesagt, auch schlechter gesagt, noch für einige Wert hätte.
    Ob ihr es aber gut gesagt und euch nicht etwa
    Auf die Wahrheit verlassen habt, dessen, was ihr gesagt habt.
    Ob es nicht viel-deutig ist, für jeden möglichen Irrtum
    Tragt ihr die Schuld. Es kann auch eindeutig sein
    Und den Widerspruch aus den Dingen entfernen; ist es zu eindeutig?
    Dann ist es unbrauchbar, was ihr sagt. Euer Ding ist dann leblos.
    Seid ihr wirklich im Fluß des Geschehens? Einverstanden mit
    Allem, was wird? Werdet ihr noch? Wer seid ihr? Zu wem
    Sprecht ihr? Wem nützt es, was ihr da sagt?
    Und, nebenbei:
    Läßt es auch nüchtern? Ist es am Morgen zu lesen?
    Ist es auch angeknüpft an Vorhandenes? Sind die Sätze, die
    Vor euch gesagt sind, benutzt, wenigstens widerlegt? Ist alles belegbar?
    Durch Erfahrung? Durch welche?
    Aber vor allem
    Immer wieder vor allem andern: wie handelt man
    Wenn man euch glaubt, was ihr sagt? Vor allem: wie handelt man?

    Wir rollten zusammen den zweifelnden
    Blauen Mann auf der Leinwand, sahen uns an und
    Begannen von vorne.

    Da B. Brecht, “Gedichte und Gedichtfragmnte 1934-56”, in B. Brecht, “Poesie” cit., vol. II, pp. 864-867

  11. @ Maurizio Gusso

    Sì, appunto, queste sono le domande:

    “Siete realmente nel corso degli eventi? Compresi con tutto
    quel che diviene? Siete ancora in divenire, voi? Chi siete? A chi
    parlate? A chi serve quel che state dicendo?”

    Mancano – ripeto – risposte convincenti e atti conseguenti.

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