Guerra in Ucraina. Prese di posizione (3)

Francis Bacon

Ennio Abate

Tra le analisi lette finora sulle pagine dei vari “amici FB” questa è sembrata a me la più calibrata e lucida ma, quando arrivo al punto in cui leggo: “Noi europei quindi siamo i veri destinatari del conflitto e del suo sciame di conseguenze. “, torna il buio e l’angoscia. “Noi europei”? Esagero ma mi fa pensare al “noi socialisti” prima dello scoppio della Grande guerra.

SEGNALAZIONE

SE NON TE NE OCCUPI, POI TI PREOCCUPI.
di Pierluigi Fagan

Stralci:

  1. Ma pur sapendo questo, non abbiamo evidentemente voluto capire quanto quella trattativa stesse andando male e solo oggi capiamo, che in realtà stava andando malissimo ovvero da nessuna parte. Da qui, il rovesciamento del tavolo di Putin del tipo “chiacchiere a zero, adesso facciamo parlare i fatti e così vediamo se riusciamo a dare peso alle parole”. Diceva Theodore Roosevelt “Parla gentilmente e portati un grosso bastone; andrai lontano”. Putin ha quindi deciso che parlare gentilmente non serve più ed il momento del “grosso bastone”.
  2. Macron ha provato a farsi in quattro per evitare il destino annunciato, inutilmente. Ma evidentemente, Macron, Scholz, Draghi o chi per loro, in questo gioco sono vasi di coccio tra vasi di ferro e sembra che facciano pure finta di non saperlo. Ovviamente lo sanno benissimo, ma non lo sanno le loro popolazioni esposte ad una realtà da caverna platonica in technicolor e 3D.
  3. A quel punto, in risposta all’eventuale esclusione SWIFT, è molto probabile ci saranno contro-ritorsioni sulle forniture del gas in Europa, quella “… risposta della Russia sarà immediata e vi porterà a conseguenze che non avete mai sperimentato nella vostra storia” pronunciata stanotte dal russo. Una bella svegliata agli europei in modalità post-storica. Superfluo sottolineare le ricadute pratiche di questa eventualità. Come siamo finiti qui?
  4. La realtà che si presenta oggi al nostro cospetto ci riguarderà sul piano concreto. Non so se avverrà, ma a questo punto è secondo me molto probabile che si procederà in escalation di ritorsioni e contro-ritorsioni e che queste colpiranno non solo il popolo ucraino e russo, ma anche europeo.
  5. Il contenzioso profondo è tra gli USA che vogliono stringere a sé i propri alleati in via esclusiva, contro Cina e Russia, per resistere il più a lungo possibile all’esito multipolare dell’ordine mondiale, un esito di cui ormai non si può più discutere il “se”, ma il “come e quando”.
  6. la difesa di questa rete di dominio che impegna gli USA contro il destino multipolare di un mondo ormai a 8 miliardi di persone, prossime 10 miliardi (2050) in più di 200, diversi, Stati. Nel loro esclusivo interesse, com’è per altro ovvio che sia in termini realistici, vogliono decidere di come ordinare il mondo affinché permangano le condizioni che garantiscono quella sproporzione, da loro ritenuta “vitale”. Non esattamente il “popolo americano” che riceve i proventi di quella ricchezza in proporzioni tra più inique nel mondo occidentale, la sua parte che governa il Paese e questo sistema mondiale di interesse. Democratici, repubblicani, deep state, dopo possono anche litigare sul come farlo o come distribuirsi i proventi del bottino, ma comunque sempre indistinguibili gli uni dagli altri nell’imperativo di procurarselo.
  7. Questo argomento multipolare, a sua volta, non è una preferenza ideale buona per scrivere post su facebook facendo il tifo come allo stadio, è un problema serissimo, un problema che anche per noi europei presenterà una lunga lista di conseguenze non lineari intrecciate tra loro (complesse).

    Nota
    Il testo completo di Fagan per chi non è su FB si legge sul suo blog: https://pierluigifagan.wordpress.com/2022/02/24/se-non-te-ne-occupi-poi-ti-preoccupi/

3 pensieri su “Guerra in Ucraina. Prese di posizione (3)

  1. Capisco che il nostro brillante ministro degli esteri stimoli l’emulazione, e quindi anche sulle pagine di PS si moltiplichino le autorevoli prese di posizione e proclami al popolo; io mi limito a cercare qualche elemento di analisi in più di quelle presenti sul Corrierino dei Piccoli e sui grandi quotidiani e cito un articolo di Franco Cardini che mi sembra utile.
    Aggiungo solo che qualcuno un po’ attempato magari potrebbe ricordarsi della crisi dei missili a Cuba, che vide contrapposti l’ucraino Krusciov e l’intrepido JFK.

    Domenica 20 febbraio 2022, Sant’Eleuterio

    EDITORIALE
    FRANCO CARDINI
    FUORI I RUSSI DALLA RUSSIA!
    Quando si dice “pensiero radicale”. Vi ricordate una vignetta fra le tante che circolavano anni fa, al tempo dell’Apartheid sudafricana? Una fila d’incappucciati del KKK che sfilava brandendo cartelli sui quali si leggeva “Fuori i negri dall’Africa!”.
    Ci ho ripensato in questi giorni, ascoltando gli appelli del presidente Biden che ormai – Dio lo benedica! – non ci fa più rimpiangere né Bush jr., né Trump. E constatando come attorno a lui, e contro il Pericolo Russo, si vada creando sempre più quella che i media definiscono commossi un “totale, unitario consenso”. Avanti dunque sulla via delle sanzioni contro l’Orso Cattivo: tantopiù che italianissimamente (siamo italiani, teniamo tutti famiglia…) il presidente Draghi si è premurato di farci sapere che, in materia, UE e NATO uniti fino all’immancabile vittoria terranno comunque conto (in che modo) degli “interessi” (quali?) e delle “richieste” (quali?) del nostro paese. Il fatto è che non se ne può più: pensate che quel diavolo d’un Putin muove le sue truppe come pare a lui sul territorio russo. Inaudito! È davvero ora di gridargli forte in faccia un deciso, definitivo “Fuori i russi dalla Russia!”.
    Che è poi esattamente quel che accadde anni fa, nell’aprile del 2014, al tempo del Putsch arancione in Ucraina e della ritorsione russa che si tradusse nell’occupazione della Crimea (non “filorussa”, come dicono certi media, bensì in gran parte etnicamente russa, per quanto con consistenti radici tartare a loro volta russizzate). Lo sanno tutti che gli ucraini coltivano “da sempre” (almeno dal “sempre” dell’URSS) un sogno indipendentista-separatista variamente atteggiato e configurato; che negli Anni Sessanta cominciò a concretarsi grazie all’ucraino Krushev; ma anche che, se volgiamo attenzione alla storia, scopriamo che le radici della terra di Rus’ stanno appunto in Ucraina, nel principato di Kiev del X secolo; e che, se consideriamo geostoria e linguistica, un ucraino è in realtà di gran lungo più russo di quanto un sardo o un sudtirolese siano italiani, di quanto un bretone o un provenzale o un còrso siano francesi, di quanto un basco o un gallego siano spagnoli, di quanto un gallese sia inglese, di quanto un lakota o un hawaiiano siano statunitensi… o magari di quanto un osseta sia georgiano.
    Ma che c’entra ora la Georgia?, diranno i miei venticinque lettori. C’entra: e per capirlo tornate con la mente, o italiani dalla corta memoria, al Putsch organizzato nel 2008 dagli occidentali per fare in modo che quel paese caucasico mollasse la Russia e passasse armi e bagagli – “libera volontà popolare”, senza dubbio: come quella ucraina d’oggi… – alla compagine NATO, il che avvicinò di parecchie migliaia di chilometri i missili a testata nucleare dall’obiettivo moscovita. Vero è che i russi, gente malvagia e infida, risposero suscitando contro i patrioti di Tbilisi gli odiosi separatisti osseto-meridionali e abkhazi, creando due paesi-fantoccio riconosciuti soltanto da Mosca. Quale improntitudine, quale inconcepibile ritorsione! Ma non vi sembra che la manovra che allora condusse la Georgia all’interno della NATO somigli dannatamente a quella che più tardi ha fatto sì che l’Ucraina di oggi sembri ardentemente desiderosa di entrarvi (ma quanto c’entra, in tutto ciò, l’autentica libera volontà dei popoli georgiano e ucraino, e quanto quella di eterodiretti gruppi golpisti?), e che la questione Georgia-Ossezia meridionale-Abkhazia somigli dannatamente a quella Ucraina-Donbass, e che in entrambi i casi la Russia altro non abbia fatto e non faccia se non tutelare i suoi confini da una minaccia pilotata da Oltreoceano? E non vi pare che se georgiani di allora e ucraini di oggi erano e restano “patrioti”, tali – per analogia – dovrebbero venir considerati anche gli osseti di Skinval (che non sono affatto affini ai georgiani) o i russi del Donbass (che non sono “filorussi”, come i nostri media li definiscono, bensì russi e della più bell’acqua), che sempre per i nostri media sono invece “separatisti” e “ribelli”? O siamo ancora al gioco delle tre carte, per cui chi in un paese sta con un occupante qualsiasi viene considerato “eroico partigiano” se sta con i vincitori e “traditore collaborazionista” se sta con i vinti?
    Ricapitoliamo pertanto il “pasticciaccio bbrutto” russo-ucraino, il quale si divide in due sezioni peraltro nella pratica molto più intrecciate fra loro e interdipendenti di quanto in teoria potrebbe sembrare.
    Primo: il “diritto” (secondo altri la “pretesa”) da parte del governo ucraino di far entrare il paese nella NATO. Che si tratti di una scelta antirussa e tesa a costruire uno scudo che ripari Kiev contro Mosca, siamo d’accordo: ma in che misura è legittima, nel nome del principio – molto poco diffuso e praticato nel mondo d’oggi, a dire il vero – secondo il quale uno stato sovrano fa quale che vuole? Siamo entrati da tempo, almeno dal 1945, in un mondo caratterizzato dalle “sovranità limitate”, sia pure a differente grado e livello. C’è anzitutto il potenziale militare, presupposto di base della sovranità; quindi ci sono gli accordi internazionali e i giochi delle alleanze e delle frontiere. Non c’è dubbio che il passaggio dell’Ucraina alla NATO modificherebbe di parecchio i rapporti di forza nella zona; che costituirebbe un rischio per la Russia; da qui le istanze russe di “finlandizzazione” dell’Ucraina, per compensare in qualche modo il vulnus generato dall’ormai consumato e a quel che pare irreversibile strappo tra Mosca e Kiev. È sembrato nei giorni scorsi che tutto ciò ci stesse conducendo sull’orlo della guerra guerreggiata russo-ucraina e della guerra quanto meno sanzionaria (quindi economico-commerciale-finanziaria) russo-occidentale. I governi e i “paesi legali” della UE sono allineati e coperti sulla parola d’ordine che proviene da Washington. Cosa ne pensino i “paesi reali” non è dato sapere in quanto il semitotale monopolio dei media va ai governi e ai partiti ufficiali e il loro rapporto con le rispettive opinioni pubbliche è molto debole, come dimostra l’affluenza alle varie competizioni elettorali degli ultimi anni. Perché le “democrazie avanzate” sono in realtà quello che avanza della democrazia. E ne avanza poco. Alcuni osservatori – fra gli statunitensi l’immarcescibile Bolton, combattente-e-reduce bushista e trumpista – ritengono che l’obiettivo finale di Mosca sia “tagliare a fette” l’Ucraina. Forse, una metodologia di costruzione dello stato ucraino che non avesse mirato solo a una sistematica volontà di danneggiare la Russia avrebbe sortito risultati diversi. Comunque, per il momento la carta NATO sembra sparita (per il momento) dal tavolo verde ucraino-statunitense, al traino del quale sta fedelmente l’UE. Scongiurato il pericolo del conflitto “caldo”?
    No davvero, in quanto l’ingresso di Kiev nella NATO era ed è solo un corno del dilemma. L’altro è costituito dal separatismo del Donbass, che punta – non sappiamo attraverso quali mosse politico-diplomatiche e in che tempi – a far rientrare quella provincia in seno alla madrepatria russa. Si tenga presente che il Donbass, regione di vaste miniere di carbone e di grandi acciaierie, è anche una roccaforte ortodossa strettamente collegata al patriarcato moscovita. Il Donbass, infine, è decisamente russofono: e il governo ucraino vi ha forzosamente introdotto la sua madrelingua come ufficiale e obbligatoria. Negli accordi di Minsk del 2014-2015 era prevista un’ampia autonomia del Donbass: da qui parte e su ciò si basa l’atteggiamento del Cremlino. Attualmente nel Donbass, regione orientale dell’Ucraina situata sulla riva destra del tratto iniziale dell’immenso estuario del Don, “convivono” (si fa per dire) tre realtà geoistituzionali, una riconosciuta dall’Ucraina e parte di essa (l’area nordoccidentale del paese, con capoluogo il porto di Mariupol sul margine settentrionale dell’estuario del Don) e due “repubbliche popolari” fino dal 2014 separatiste rispetto all’Ucraina e decisamente russofone (ma vogliamo dire francamente russe?), quella a nordest con capitale Lugansk e quella a sudovest con capitale Donetsk. Nel paese vige un regime di “cessate il fuoco” che conosce continue violazioni, mentre nascono di continuo come malefiche fungaie i campi minati. Anche quando tutto sarà finito, ci vorranno decenni solo per bonificare i terreni estraendone e neutralizzandone le mine: il che costerà senza dubbio un numero infinito di morti e di mutilati. Come in Afghanistan, come in Bosnia. La Duma – il parlamento russo – ha chiesto l’annessione del Donbass nella Federazione Russa.
    L’avere ambiguamente e provvisoriamente ripiegato le tende per quanto riguarda l’entrata nella NATO non può quindi bastare. Occorre porre riparo alle falle dell’accordo di Minsk e quanto meno sanare la situazione delle due repubbliche di Lugansk e di Donetsk, dalle quali le autorità sovietiche stanno già provvedendo all’evacuazione della cittadinanza civile. Una scelta umanitaria provvidenziale e assolutamente corretta, che il governo ucraino, e quindi quello statunitense, e quindi più o meno pappagallescamente i governi e i media europei, giudicano una mossa ricattatoria e vittimista di Mosca che così “vorrebbe far la parte dell’aggredita”.
    Non sono cose poi così complesse: né da spiegare, né da capire. Vi sembra che i nostri media le abbiano spiegate bene? Se scoppierà la guerra, sarà tutta colpa del “dittatore del Cremlino”: scoppierà quanto meno, accanto alla guerra guerreggiata russo-ucraina, quella sanzionaria russo-occidentale. E pagheremo tutti: pagheremo salatissimo.
    E allora, una domanda s’impone: chi è lo stato-canaglia?

  2. “chi è lo stato canaglia?” (Franco Cardini), una bella domanda, ma per me era forse meglio chiedersi: “Chi è lo stato piu’ canaglia?”, cioè il primo che in Ucraina ha lanciato, in una situazione già di contrasti presenti fra la popolazione, il pomo della discordia -sperando che non ne derivi un’altra guerra di Troia- Lo stato che lancia il sasso dell’ingerenza e poi ritira la mano, innescando una serie crescente di reazioni e controreazioni, è il piu’ responsabile, cioè gli USA …Tuttavia la terribile contrapposizione poteva, forse, trascinarsi solo sul piano diplomatico-virtuale se un altro stato canaglia, la RUSSIA, non avesse incominciato a soffiare sulle ceneri, a proprio “vantaggio”…Risultato: l’Ucraina serrata nella morsa di una tenaglia ad ovest e ad est, cruentemente…Che dire? Parteggio solo per la popolazione dell’Ucraina: umiliata, ingannata e infine martoriata per il gioco al massacro tra potenti…Comunque perderemo tutti, anche il pianeta con il fantasma di Chernobyl alle porte

  3. il fatto è che nessuno di Voi è uno slavista. Questo vuol dire che non conoscete a fondo le storie dei vari popoli slavi, e allora sono le Vostre analisi superficiali, e che talvolta fanno ridere…amaramente.
    La Vostra ignoranza verso le culture slave come 50 anni fa, oggi è ancora presente e si fa più acuta e questo riguarda persone colte e meno colte, ma che non possiedono alcuna specializzazione riguardo quelle culture su cui poter fondare serie analisi. E allora restano soltanto analisi superficiali, ecc.

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