Guerra in Ucraina. Prese di posizione (13)


Il Movimento pacifista ucraino condanna tutte le azioni militari da parte della Russia e dell’Ucraina nel contesto dell’attuale conflitto.
LA SOLA VIA: LA NONVIOLENZA
Yurii Sheliazhenko

Yurii Sheliazhenko fa parte del direttivo della rete pacifista internazionale World Beyond War. Vive in Ucraina.
È segretario esecutivo dell’
Ukrainian Pacifist Movement e membro dell’Ufficio europeo per l’obiezione di coscienza.

Viviamo in tempi difficili che richiedono coraggio per promuovere la pace. Quando nazioni vicine con una storia intrecciata cominciano a opprimersi, distruggersi e uccidersi a vicenda anno dopo anno, sul proprio territorio o invadendo il territorio del vicino…

Quando scrivi su Facebook che la Carta delle Nazioni Unite richiede la risoluzione pacifica di tutte le controversie e che, pertanto, il presidente Putin della Russia e il presidente Zelenskyy dell’Ucraina dovrebbero cessare il fuoco e avviare colloqui di pace – e ricevi commenti pieni di oscenità e maledizioni…

Quando viene proclamata la legge marziale e la mobilitazione totale, e i fucili vengono consegnati a migliaia di persone appena reclutate, e i selfie con i fucili diventano di tendenza sui social, e nessuno sa chi e perché qualcuno improvvisamente spara in strada…

Quando anche i civili in un condominio si preparano ad accogliere il nemico con le molotov, lo raccomanda l’esercito, e cancellano dalla loro chat un vicino percepito come un traditore solo perché ha invitato la gente a stare attenta, a non bruciare la casa comune e a non permettere ai militari di usare i civili come scudo umano…

Quando suoni lontani di esplosioni dalle finestre si mescolano nella mente con messaggi di morte e distruzione, e odio, e sfiducia, e panico, e chiamate alle armi, a più spargimento di sangue per la sovranità…

è un’ora buia per l’umanità. Dobbiamo sopravvivere e superarla, e impedire che si ripeta. Il Movimento pacifista ucraino condanna tutte le azioni militari da parte della Russia e dell’Ucraina nel contesto dell’attuale conflitto. Condanniamo la mobilitazione militare e l’escalation dentro e fuori l’Ucraina, comprese le minacce di guerra nucleare.

Lanciamo un appello alle leadership di entrambi gli Stati e alle forze militari affinché facciano un passo indietro e si siedano davvero al tavolo dei negoziati. La pace in Ucraina e nel mondo può essere raggiunta solo in modo non violento. La guerra è un crimine contro l’umanità. Pertanto, siamo determinati a non sostenere alcun tipo di guerra e a lottare per la rimozione di tutte le cause di guerra. È difficile rimanere calmi e sani di mente ora, ma con il sostegno della società civile globale è più facile.

Purtroppo, anche i guerrafondai stanno spingendo la loro agenda in tutto il mondo. Chiedono più aiuti militari per l’Ucraina e sanzioni economiche distruttive contro la Russia. La Nato dovrebbe fare un passo indietro dal conflitto sull’Ucraina, aggravato dal suo sostegno allo sforzo bellico e dalle aspirazioni di adesione del governo ucraino all’Alleanza.

La Nato dovrebbe idealmente sciogliersi o trasformarsi in un’alleanza per il disarmo. L’Ucraina non dovrebbe schierarsi con nessuna grande potenza militare, che siano gli Stati Uniti, la Nato o la Russia. In altre parole, il nostro paese dovrebbe essere neutrale. Il governo ucraino dovrebbe smilitarizzare, abolire la coscrizione, risolvere pacificamente le dispute territoriali riguardanti Donbass e Crimea e contribuire allo sviluppo di una futura governance globale non violenta, invece di cercare di costruire uno Stato nazionale del 20° secolo armato fino ai denti.

Sarà più facile negoziare con la Russia e i separatisti se si condividerà la visione che l’Ucraina, il Donbass e la Crimea in futuro saranno insieme su un pianeta unito senza eserciti e confini. Anche se alle élite manca il coraggio intellettuale di guardare al futuro, la comprensione pragmatica dei benefici del mercato comune dovrebbe aprire la strada alla pace.

Tutti i conflitti dovrebbero essere risolti al tavolo dei negoziati, non sul campo di battaglia; il diritto internazionale lo richiede e non c’è altro modo plausibile per risolvere le controversie emergenti dai traumatici eventi del 2014 a Kiev, Crimea e Donbass, dopo otto anni di spargimento di sangue da parte delle forze ucraine e filorusse, e con l’attuale tentativo militarista aggressivo russo di annullare quel cambio di regime in Ucraina.

Invece di affogare nella rabbia gli ultimi legami umani, abbiamo bisogno più che mai di preservare e rafforzare i luoghi di comunicazione e cooperazione tra tutte le persone sulla Terra, e ogni sforzo individuale di questo tipo ha un valore.

La nonviolenza è lo strumento più efficace e progressivo per la governance globale e la giustizia sociale e ambientale, rispetto alle illusioni sulla violenza sistemica e la guerra come panacea, soluzione miracolosa per tutti i problemi socio-economici.

L’Ucraina e la Russia non hanno forse sofferto abbastanza per capire che la violenza non funziona? Putin e Zelenskyy dovrebbero impegnarsi in colloqui di pace seriamente e in buona fede, come politici responsabili e rappresentanti dei loro popoli, sulla base di interessi pubblici comuni, invece di combattere per posizioni che si escludono a vicenda.

Yurii Sheliazhenko

15/03/2022

Enrico Peyretti accompagna questo scritto con quanto segue:

La pace in Ucraina e nel mondo può essere raggiunta solo in modo non violento”. Non lo dice un “sognatore” come me. Guardate chi lo dice.
Le dolorose alternative di questi giorni mi convincono di nuovo – esperienza fondativa della mia infanzia, 1945, mentre la guerra finiva, avevo 9 anni (l’ho raccontato 100 volte) – che le armi non difendono la giustizia, le armi uccidono chi le usa.
Non è la mia sola esperienza, è la nuova intelligenza della storia, da mantenere in vita. L’umanità nascerà, e nasce, dove distrugge le armi, cioè la morte data, aggiunta, cattiva, idolo adorato. So bene che la realtà è anche contraddittoria. Non disprezzo gli amici dal parere opposto, che vogliono dare armi agli ucraini aggrediti dal criminale Putin, ma vedo chiaro come il sole che sbagliano. La politica armata (cioè lo Stato come è ora, pur se democratico) è folle, è pre-umana, è schiava di chi fa e vende le armi e non ama la vita.
Dispiace non condividere tutta la convinzione con gli amici più cari, ma bisogna dire la verità. Sappiamo bene che la morale applicata ha mille necessarie sfumature e adattamenti. Ma questo è il caso decisivo: ogni arma in più avvicina la fine nucleare dell’umanità. Esagero? I nonviolenti positivi, attivi, ci sono, ascoltate le notizie. Ma anche ottime persone buone e colte non hanno mai studiato le possibilità concrete della giusta difesa nonviolenta, e della realizzazione progressiva della giustizia senza violenza.
I cristiani hanno ancora addosso la piccina morale dei conflitti fatta per l’era precedente, pre-atomica e pre-gandhiana. Hanno ascoltato Gesù per guadagnarsi il posticino in paradiso, ma non per liberare il mondo e la storia dal diavolo della sopraffazione potente. Hanno risposto di sì alla tentazione del potere, mentre Gesù mandò al diavolo il diavolo! I politici chiusi nella politica sotto il principio di potenza non possono vedere altro, poveretti!
I migliori maestri che ho incontrato hanno capito la forza salvatrice della nonviolenza. Tante brave persone credono che sia una pia strada sacrificale, per farsi santi!… Balle! E’ la politica, l’unica possibile oggi, la con-vivenza, il vivere insieme tutti. Il realismo è quello di Capitini: “Questa è la realtà? Non l’accetto! Voglio la realtà liberata”.
Mi sembra di essere una noiosa maestra che ripete la stessa lezione ai bambini… Non voglio offendere nessuno, ma solo denunciare l’insufficienza della cultura prevalente, pigra. Dalle ultime notizie di stamani: insorgono contro la guerra anche in Russia, coraggiosi, sono la vera Russia, di Tolstoj.
La comunità papa Giovanni di Rimini tenta una spedizione disarmata: se non avessi 87 anni vorrei saperci andare (sabato 5 a Roma ho faticato molto!). Il futuro è questo, l’unico futuro, e non è più costoso in vite umane della difesa armata, anzi!
Potrei continuare, ripetendo. Se ti armi contro l’aggressore, è lui che vince! La forza umana è la disobbedienza. Ma verrà, sta venendo, questa politica del diritto alla vita giusta e libera. Ci vuole coraggio, e lo abbiamo. C’è da lavorare.

Enrico Peyretti
<enrico.peyretti@gmail.com>

16 marzo 2022
https://www.chiesadituttichiesadeipoveri.it/quando/

8 pensieri su “Guerra in Ucraina. Prese di posizione (13)

  1. “ogni arma in piu’ avvicina alla fine nucleare dell’umanità” (E. Peyretti)…credo pure io che non sia un’esagerazione. Bisognerebbe trovare il modo di boicottare le armi, una guerra disarmata alle armi…Purtroppo i tanti condizionali del discorso ci danno una misura della nostra attuale impotenza di fronte alla violenza armata…Una resistenza alle armi sarebbe (altro condizionale) da riflettere e organizzare maggiormente in tempo di pace…Grazie

  2. Non conosco Yurii Sheliazhenko , ma dal testo qui pubblicato e che trovo sparso anche in altri blog, e dal riferimento al movimento pacifista internazionale World Beyond War, capisco che non posso fidarmi né condividere l’insieme.
    Come il vecchio Movimento per la Pace degli anni ’50-’60 tutto contro la Nato e filo sovietico, il movimento pacifista internazionale World Beyond War, nato e radicato negli Usa, è tutt’altro che al di sopra delle parti ed è una componente interna dell’opposizione al «mondo americano». Il che mi va anche bene, ma mi va meno bene che consideri la nato uno dei principali nemici della pace e che fra Ucraina e Russia non dica chiaramente che la Russia è il Paese aggressore e che l’Ucraina si sta difendendo dall’aggressione russa.
    Viviamo in tempi davvero difficili, e pieni di propaganda e mistificazioni nascoste sotto le più varie maschere, ed errori in buona o cattiva fede di ottica fra realismo e vaneggiamento onirico, se Yurii Sheliazhenko, un ucraino, ricorda che «la Carta delle Nazioni Unite richiede la risoluzione pacifica di tutte le controversie» ma dimentica di dire che è la Russia che l’ha violata e che, forte del suo diritto di veto in seno all’Onu, impedisce che vengano organizzate attività dirette a far cessare il conflitto in termini non favorevoli alla Russia (ad esempio una no-fly zone che per avere un crisma legale dovrebbe essere deliberata dall’Onu). Yurii Sheliazhenko dimentica anche che la stessa Carta delle Nazioni Unite riconosce invece il diritto alla legittima difesa contro le aggressioni. Dunque è la Russia il Paese che ha infranto il diritto internazionale aggredendo l’Ucraina senza rispettare la Carta dell’Onu né altre carte di diritto internazionale, pretendendo anzi che non si tratti di aggressione né di guerra, ma di una «operazione speciale» diretta a denazificare l’Ucraina e a liberare gli ucraini. Il che ribadisce ulteriormente il carattere imperialista e aggressivo della guerra che vorrebbe considerare alla stregua di un’operazione di polizia interna al proprio territorio, come se la Russia avesse qualche diritto di imporre all’Ucraina, Stato sovrano e indipendente, la propria volontà sul suo governo e sulle sue scelte politiche.
    Questa dimenticanza priva di credibilità (e forse anche di buona fede, o almeno accusa di ingenuità superficiale) il manifesto di Yurii Sheliazhenko.
    Questi poi, dopo essersi rivolto a russi e ucraini come se le loro posizioni e i loro diritti di giustizia fossero alla pari, invita a cessare il fuoco e avviare colloqui di pace. Ma è la Russia che si è opposta tenacemente, tanto da far dire a numerosi osservatori internazionali che la Russia non vuole la pace, almeno non prima di avere raggiunto i suoi obiettivi.
    Chiedere dunque il cessate il fuoco in queste condizioni significa chiedere il disarmo di chi si difende e consegnarsi nelle mani dell’aggressore. È come chiedere ai partigiani italiani del 1943-1945 di deporre le armi e consegnarsi ai fascisti e ai tedeschi.
    Il succo finale è che, volente o nolente, consapevole i no, l’autore del documento appoggia la Russia e Putin.
    Infatti, finisce col deplorare gli «aiuti militari per l’Ucraina e [le] sanzioni economiche distruttive contro la Russia. La Nato dovrebbe fare un passo indietro dal conflitto sull’Ucraina, aggravato dal suo sostegno allo sforzo bellico e dalle aspirazioni di adesione del governo ucraino all’Alleanza».
    E continua: «La Nato dovrebbe idealmente sciogliersi o trasformarsi in un’alleanza per il disarmo. L’Ucraina non dovrebbe schierarsi con nessuna grande potenza militare, che siano gli Stati Uniti, la Nato o la Russia. In altre parole, il nostro paese dovrebbe essere neutrale. Il governo ucraino dovrebbe smilitarizzare, abolire la coscrizione, risolvere pacificamente le dispute territoriali riguardanti Donbass e Crimea e contribuire allo sviluppo di una futura governance globale non violenta, invece di cercare di costruire uno Stato nazionale del 20° secolo armato fino ai denti.
    Sarà più facile negoziare con la Russia e i separatisti se si condividerà la visione che l’Ucraina, il Donbass e la Crimea in futuro saranno insieme su un pianeta unito senza eserciti e confini. Anche se alle élite manca il coraggio intellettuale di guardare al futuro, la comprensione pragmatica dei benefici del mercato comune dovrebbe aprire la strada alla pace».
    Questo corrisponde, quasi al 100 per cento, col programma di Putin.
    Non un parola sui valori di indipendenza, libertà, sovranità difesi dall’Ucraina e oppressi dalla Russia.
    ***
    Dunque, ne deduco, è una presa di posizione di parte, di propaganda filorussa, in malafede o, nell’ipotesi migliore, ingenua e profondamente errata e negativa.
    ***
    Su quello che vi aggiunge Enrico Peyretti, anziano prete spretato, militante di riferimento del Movimento nonviolento e del Movimento Internazionale di Riconciliazione, c’è poco da dire, a parte notare una eccezionale confusione di idee e un mescolamento inappropriato di temi politici e temi non violenti di ispirazione religiosa. Insomma, il suo è quello che io chiamo «pacifismo alla marmellata», dove le affermazioni non violente restano del tutto campate in aria e quelle politiche, prive di realismo, finiscono per appoggiare i violenti aggressori e non le loro vittime.
    ***
    Mia piccola classificazione del pacifismo e della non violenza:
    1) Falsi pacifisti e falsi non violenti. Usano il pacifismo e la non violenza come arma di propaganda per disarmare e /o indebolire l’avversario. Quando è la propria parte a promuovere la guerra, si arrampicano sugli specchi per giustificarla e, in base al noto linguaggio di legno, chiamano vittima l’aggressore e viceversa. Togliatti era uno specialista in questo campo. L’Urss lo ha sempre coltivato e Putin, in maniera molto meno convincente e con più evidente e palese malafede, ne continua la tradizione. Lo coltivano anche gli Usa e altri, ma in questi Paesi, la maggiore apertura sociale e libertà di parlare e scrivere, rendono meno credibili le menzogne. Infatti in Occidente c’è sempre stato un movimento per il disarmo e contro la Nato, mentre in Urss prima e Russia oggi non vi è nulla di paragonabile.
    2) Pacifisti e non violenti alla marmellata. Qualche volta sono in malafede, spesso sono sinceri, ma tuttavia, per mancanza di realismo, non riescono a uscire dai proclami vuoti, inutili, più simili a preghiere che a documenti con valido contenuto teorico e politico. Inoltre si contraddicono regolarmente perché evitano di essere conseguenti e di offrire l’altra guancia quando vengono colpiti, come evitano il rigore morale e di stile di vita necessari per opporsi in forme non violente a chi ti aggredisce. Il pacifismo alla marmellata ha molte parole, ma non ha programmi credibili e tanto meno una credibile e percorribile strategia di lotta.
    3) Pacifisti e non violenti per credo religioso o parareligioso. Si oppongono alla violenza di qualunque tipo, compresa quella necessaria per la legittima difesa, ma hanno un programma di lotta che perseguono con coraggio, coerenza e continuità. Quindi diventano obiettori civili, obiettori di coscienza, si rifiutano di collaborare a tutte le attività considerate direttamente o indirettamente pro armi; si pongono come obiettivi anche la lotta alla fabbrica delle armi, alla vendita ecc. ecc. Insomma, sono pacifisti e non violenti, ma non privi di programmi d’azione realistici. Il campione più noto e di maggior successo in questo campo è stato Gandhi. In Italia abbiamo avuto Aldo Capitini, Andrea Gaggero, Giovanni Pioli e pochi altri, perché i non violenti coerenti e attivi non hanno mai avuto buona accoglienza. I pacifisti togliattiani del primo tipo (qui al n. 1) li irridevano e non li hanno mai presi sul serio. Ma anche chi li ha lodati e li loda si è dimostrato troppo spesso lontano dal loro spirito di sacrificio e dalla loro testimonianza diretta.
    4) Pacifisti e non violenti che rifiutano le armi e la guerra come strumenti di aggressione e per la soluzione delle controversie sia interne sia internazionali, ma non rifiutano la lotta armata in caso di legittima difesa, sia personale, sia collettiva, sia fra Stati. Non credono che disarmare l’aggredito o non aiutarlo sia un bene. Il bene sta sempre nello sconfiggere la prepotenza dell’aggressore e obbligarlo a rientrare nel rispetto delle norme del diritto internazionale. Perché non solo una sua vittoria è un’ingiustizia nei confronti dell’aggredito, ma è un passo indietro a livello mondiale degli sforzi che molti Paesi fanno per arrivare alla definizione di un diritto internazionale contro la guerra che riesca veramente a imporsi tramite apposite istituzioni internazionali.
    Così l’attuale aggressione russa contro l’Ucraina non è solo contro l’Ucraina, ma contro tutte le nazioni firmatarie della Carta dell’Onu che la Russia sta calpestando e contro tutti i documenti a favore del mantenimento della pace fra gli Stati.
    ***
    Non avere chiara la posta in gioco, in materia di costruzione della pace nel mondo e per la risoluzione pacifica dei conflitti fra Stati, rende gran parte del pacifismo in circolazione dannoso e confusionario, o semplicemente propagandistico di una pace favorevole all’aggressore.

  3. @ Luciano Aguzzi

    “il succo finale è che, volente o nolente, consapevole o no, l’autore del documento appoggia la Russia e Putin. Infatti, finisce col deplorare gli «aiuti militari per l’Ucraina e [le] sanzioni economiche distruttive contro la Russia. La Nato dovrebbe fare un passo indietro dal conflitto sull’Ucraina, aggravato dal suo sostegno allo sforzo bellico e dalle aspirazioni di adesione del governo ucraino all’Alleanza». Dunque, ne deduco, è una presa di posizione di parte, di propaganda filorussa, in malafede o, nell’ipotesi migliore, ingenua e profondamente errata e negativa.Su quello che vi aggiunge Enrico Peyretti, anziano prete spretato, militante di riferimento del Movimento nonviolento e del Movimento Internazionale di Riconciliazione, c’è poco da dire, a parte notare una eccezionale confusione di idee e un mescolamento inappropriato di temi politici e temi non violenti di ispirazione religiosa. ”

    Su Poliscritture FB la mia segnalazione dell’iniziativa dal titolo certamente pretenzioso “Ultimatum a Putin e Zelensky: stop alla guerra” di “Europe for Peace” ha ricevuto questo commento beffardo e squalificante:
    ” pacifisti danno un ultimatum? La scuola comica di Grillo e Zelenskyj si allarga! E quando rideranno loro in faccia e continueranno a spararsi addosso, che faranno i pacifisti? Embargo? Dichiarazione di guerra? Pere a causa della frustrazione? Andranno a bersi un cappuccino, paghi di aver fatto la loro parte e “noi ce l’abbiamo messa tutta, ma purtroppo…”? Ma per favore…”.
    Qui tu ti lanci in una liquidazione immediata e pignola di un’altra fievole voce che si leva contro la guerra.
    E allora? Sono confusi e portano solo acqua al mulino di Putin quelli che chiedono soluzioni non guerreggiate dei conflitti o criticano la NATO?
    Io la mia posizione credo di averla espressa fin dal primo giorno. E l’ho appena ribadita al commentatore di cui ho appena detto: “Meglio i “ridicoli” pacifisti che i saccenti guerrafondai. Meglio una morale da servi che quella dei (falsi) signori”.
    Qual è la tua posizione? Quale la tua proposta?

    1. La mia proposto è contenuta nel pacifismo classificato a n. 4. E spiego meglio, se necessario.
      1) No a tutte le azioni di guerra aggressiva (comprese le missioni umanitarie e per esportazione della democrazia), ma sì alla legittima difesa, alla guerra di resistenza contro l’aggressione, contro l’occupazione di chi vuole imporre la sua volontà.
      2) Favorire la trasformazione delle guerre in conflitto politico – giuridico di fronte, e in seno, alle organizzazioni internazionali, Onu e altre. Quindi rafforzare e riformare queste organizzazioni in modo che siano sempre più capaci di svolgere il loro compito di prevenzione delle guerre, di pressione perché cessino le guerre una volta iniziate, perché si risolvano i conflitti in modo equo e con conciliazione delle parti avverse.
      3) Combattere contro la produzione delle armi e in particolare contro la loro commercializzazione, per un disarmo progressivo e parallelo. Dichiarare, con accordi internazionali, che la vendita delle armi è proibita.
      4) Appoggiare i diritti di autogoverno dei popoli. Chiunque desideri formare un proprio Stato ne ha diritto purché abbia una determinata maggioranza (51-60%?) in un apposito referendum libero e controllato da osservatori dell’Onu. In questo modo potrebbe essere risolto il conflitto a proposito della Crimea, della Repubblica Popolare di Donec’k e della Repubblica Popolare di Luhans’k. Non spetta a una guerra fra Russia e Ucraina il loro destino, ma spetta ai loro popoli.
      5) Lottare per riformare l’organizzazione interna di tutti gli Stati, contro il centralismo del potere e lo statalismo, a favore del federalismo e dell’applicazione del principio di sussidiarietà. Lo spostamento di una notevole quantità di potere dal centro alla periferia degli Stati diminuirebbe la propensione alle guerre.
      6) Ma poiché c’è attualmente una guerra in corso fra Ucraina e Russia, come collocarsi di fronte a essa?
      a) Senza se e senza ma a favore dell’Ucraina sul suo diritto di difendersi e di non volersi sottomettere ai diktat della Russia.
      b) Detto questo, appoggiare un realistico compromesso: le tre repubbliche dichiaratesi indipendenti in modo illegale siano sottoposte a un referendum sulla loro volontà di costituirsi come Stati indipendenti, o di unirsi alla Russia, o di unirsi alla Ucraina. L’Ucraina sia ammessa all’Unione Europea, se conferma la volontà di entrarci, e dichiari una neutralità sul modello Austriaco o altro analogo.
      c) Sulla conduzione della guerra e finché la guerra continua, appoggiare l’Ucraina, in due modi:
      c.1) Dando aiuti all’Ucraina fornendogli risorse, anche armi, per meglio resistere all’invasione russa.
      c.2) In alternativa per i non violenti a qualunque costo, o in aggiunta per gli altri, premere sulla Russia rafforzando le sanzioni, fino ad arrivare alla rottura dei rapporti diplomatici e al sabotaggio di tutti i prodotti russi, con l’interruzione di ogni commercio. Ciò comporterebbe grossi sacrifici anche per le popolazioni occidentali e fra queste all’Italia, ma la non violenza non è fatta solo di parole, comporta anche azioni e sacrifici, magari anche un inverno al freddo. Bisogna segnare un netto confine con chi promuove la guerra per isolarlo, pronti a interrompere ogni isolamento appena lo Stato aggressore torni nell’ambito del diritto internazionale e degli accordi di pace.
      7) Lo slogan «né con la Nato né con Putin» è un grosso errore. Casomai lo slogan giusto è «contro la Nato e contro Putin», senza però perdere di vista le situazioni specifiche. In questa di oggi l’aggressore è la Russia ed è la Russia a condurre una guerra con metodi criminali. Qualunque comportamento considerato negativo si possa imputare alla Nato e all’Ucraina è comunque:
      – di minore gravità, nel momento attuale.
      – imprudente e magari inappropriato e inopportuno, ma non illegale.
      – persino considerabile provocatorio, ma comunque non sfociato in una guerra di aggressione della Russia, tutt’altro.
      – mentre la Russia è passata all’invasione e al bombardamento con, sino a oggi, un calcolo fra i 12 e i 20mila morti fra ucraini e russi, militari e civili. E la distruzione di molti edifici, strade, ponti ecc. con danni materiali enormi.
      8) Al massimo all’Ucraina e alla Nato si può imputare quello che si potrebbe imputare a un condomino che lasci il proprio cane abbaiare e che non si mostri sensibile al fastidio di cui il vicino di casa si lamenta. Comportamento imprudente, ma che certo non giustificherebbe il vicino se questi entrasse di prepotenza a casa dell’altro e gli sparasse. In tribunale, le sue “motivazioni” non sarebbero considerate legittime, sarebbero definite «futili motivi» senza consistenza legale. Così, in questa guerra, le motivazioni russe sono di carattere psicologico e nazionalistico, proprie della narrativa russa, ma non hanno consistenza a livello di diritto internazionale e di valutazione in termini di giustizia.
      9) Porre un basta netto alle accuse che anche l’Occidente non è poi così innocente. Certamente non è innocente e non è democratico al 100 per cento, ma in questo caso è meno colpevole e più democratico della Russia e mi pare un assurdo che, per odio e critica verso l’Occidente, si arrivi ad appoggiare la Russia. Non è un darsi la zappa sui piedi per non voler zappare l’orto del padrone? Molte critiche all’Occidente sono sacrosante, ma hanno ragioni che valgono ancora di più nei confronti della Russia, per cui non sono contrapponibili. È assurdo, per condannare il ladro A che mi ha rubato cento euro, appoggiare il ladro B che me ne ruberebbe mille. Lottare contro entrambi, per le rispettive responsabilità, sì, ma che le responsabilità dell’uno non diventino una giustificazione di quelle dell’altro.
      Che il confronto sia sempre fatto con il diritto internazionale, com’è e come lo vorremmo, senza contrapporre le violazioni di uno a quelle dell’altro.
      Realismo, logica, coerenza, perseguimento come fine del bene maggiore o almeno del danno minore.

  4. “Lo slogan «né con la Nato né con Putin» è un grosso errore. Casomai lo slogan giusto è «contro la Nato e contro Putin», senza però perdere di vista le situazioni specifiche.” (Aguzzi)

    Sottoscrivo su questo punto dirimente e concordo anche su molte altre cose che hai precisato . Temo però che rimaniamo su un piano di astrazione del tutto utopico, non essendoci purtroppo un’Autorità reale (l’ONU è un pallido fantasma) che potrebbe far attuare le misure razionalmente necessarie secondo il diritto internazionale( cessate il fuoco, riformare l’organizzazione interna di tutti gli Stati, ecc.). Temo che saremo stritolati dall’estremismo guerrafondaio sia di Putin che di Biden. Alcuni sperano ancora nella funzione diplomatica della Cina o del Papa, ma siamo appesi a delle ipotesi sulla cui consistenza è difficile pronunciarsi.
    Sulla questione più immediata dell’invio delle armi all’Ucraina credo che la contrapposizione in quel che “fu” la sinistra sia forte ( cfr. questo scambio tra Valpiana e Lerner: https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/03/16/tra-guerra-e-resa-esiste-una-terza-via-inviare-armi-esigenza-morale-e-strategica-la-lettera-del-pacifista-valpiana-e-la-risposta-di-gad-lerner/6526955/?fbclid=IwAR0Z0C5mOH3CXOjuv0XXsPj8sDAoZ8hiYWtQFpqWPVrG857wW6AjMmEiYFQ) e che questa ricerca di “terza via” verrà schiacciata. L’immaginario della Resistenza* in questo caso ha diviso invece che unire le residue forze che potevano far argine agli “interventisti”.

    P.s.
    * @ Luciano Aguzzi( pagina FB di POLISCRITTURE 3 OGGI)
    Fin dall’inizio della guerra in Ucraina è stata avanzata ( ad es. dall’amico Francesco Brusa) la tesi che la difesa dell’Ucraina in nome della propria autonomia dall’aggressione della Federazione russa fosse da equiparare alla nostra Resistenza contro nazisti e fascisti. Altri l’hanno rafforzata anche con richiami al sostegno del movimento del ’68 al Vietnam. Non nego la risonanza emotiva che questa analogia può avere sulla nostra generazione e sulla residua area politica della ex sinistra. Ho motivato le ragioni per cui resto scettico: – contesto storico attuale ben diverso da quello del ’43-’45; – presenza nella Resistenza italiana di una autonoma prospettiva classista e comunista-socialista proiettata verso uno scopo che metteva in discussione l’esistente (capitalistico) e non solo patriottica (anzi abbastanza – a essere generosi – da posizioni destrorse e neofasciste) come in Ucraina; – i partigiani non erano uno Stato ma forza politico-militare autonoma comunque non “statualizzata”. Quindi mi manterrei cauto. Le analogie sono rischiose e chi le presenta come dato provato e indiscutibile scade nella propaganda. Si accusa Putin di propaganda quando parla di “denazificazione” ma lo stesso capita – mi pare – a chi richiama nel caso dell’Ucraina la Resistenza. E se abbandonassimo queste analogie fuorvianti e leggessimo la questione Ucraina come questione, sì, non tanto di “autodeterminazione dei popoli” ma di “riposizionamento” di un piccolo Stato rispetto alle grandi Potenze mondiali in crescente attrito tra loro?

  5. Ancora a proposito di Zelensky & C. (e – implictamente – sulla erroneità del riferimento alla Resistenza, etc.)
    Segnalazione
    Claudio Vercelli
    Zelensky, un presidente tra patriottismo, resistenza e sopravvivenza
    https://www.joimag.it/zelensky-tra-patrottismo…/…
    Stralcio:

    Stralcio:

    Ora, quattro ordini di considerazioni si impongono su tutto il resto quando si parla della tragedia militare russo-ucraina: il primo di essi è che le sue radici della crisi non sono recenti, trovando nella volontà egemonica di Mosca, profondamente turbata dalla possibilità che a Kiev si possa concretizzare un’esperienza politica alternativa alle cosiddette «democrature» orientali, il suo fondamento principale; il secondo elemento è l’incapacità, per parte di noi “occidentali” di comprendere le differenze che attraversano le società, le storie e le culture dell’Europa orientale, usando invece, con complice pigrizia, i vecchi schemi che si applicavano al tempo della guerra fredda, oramai privi di qualsiasi riscontro analitico ma senz’altro confortanti per chi non intenda impegnarsi in nessun sforzo: in tale senso, l’Ucraina viene a volte confusa, o comunque miscelata, alla Bielorussia, alla stessa Russia di Putin (anche perché di prassi l’Unione Sovietica veniva identificata convenzionalmente con questa) e alle nazionalità e entità statali che sono parte della Federazione russa; un terzo aspetto è che entrambi i contendenti abbiano accusato il proprio avversario, a più riprese, di essere «nazista» o comunque di esprimere una visione del mondo, e delle relazioni con i propri antagonisti, basata su un’irrisolta vocazione per quel passato. Se per Putin l’invasione militare, altrimenti presentata come un’azione di polizia, consisterebbe in una «denazificazione» dei poteri ucraini, per Zelensky la risposta da dare alla guerra è quella di devitalizzare la spinta violenta delle autorità russe che si ispirerebbe a modelli molto prossimi al totalitarismo, segnatamente non solo di estrazione sovietica.
    In entrambi i casi, i riferimenti al passato, ovvero a quello dell’occupazione tedesca e della collaborazione con i nazisti, sia pure con accenti diversi, sembrano non difettare, dando spessore ad una guerra parallela, quella delle rappresentazioni collettive. Un ultimo passaggio riguarda il fatto che, proprio per le ragioni appena dette, interpretare lo scontro in atto con le tradizionali categorie di destra e sinistra, alle quali si è affezionati vuoi per inerzia ideologica vuoi per indolenza politica, è un eccellente modo per vanificare qualsiasi possibilità di comprensione delle diverse spinte che si stanno manifestando in quel teatro di guerra. Con gli ucraini militano, in un’unità di grosse dimensioni conosciuta come «battaglione Azov» (ma non è l’unica, trattandosi di una delle diverse organizzazioni militari costituite dai componenti del Corpo volontari ucraini), elementi della milizia neonazista; così come si staglia l’eredità irrisolta dell’ipernazionalismo fascista di Stepan Andrijovič Bandera, espressosi ferocemente durante la Seconda guerra mondiale (del quale è stato detto che «Bandera e i suoi hanno combattuto una guerra partigiana, cinica e spietata, non preoccupandosi di eliminare chiunque costituisse un ostacolo al predominio degli ucraini a ovest del Dnipro»).
    Sul versante russo, i maggiori ideologi della centralità di Mosca dentro quella costruzione imperiale che è conosciuta come «Eurasia», sono il fior fiore del «nazionalbolscevismo», altrimenti conosciuto come «rossobrunismo», quella corrente ideologica di destra radicale che lega aspetti del comunismo bolscevico ad un progetto imperiale e nazionalista di chiaro stampo russocentrico.
    [ra, quattro ordini di considerazioni si impongono su tutto il resto quando si parla della tragedia militare russo-ucraina: il primo di essi è che le sue radici della crisi non sono recenti, trovando nella volontà egemonica di Mosca, profondamente turbata dalla possibilità che a Kiev si possa concretizzare un’esperienza politica alternativa alle cosiddette «democrature» orientali, il suo fondamento principale; il secondo elemento è l’incapacità, per parte di noi “occidentali” di comprendere le differenze che attraversano le società, le storie e le culture dell’Europa orientale, usando invece, con complice pigrizia, i vecchi schemi che si applicavano al tempo della guerra fredda, oramai privi di qualsiasi riscontro analitico ma senz’altro confortanti per chi non intenda impegnarsi in nessun sforzo: in tale senso, l’Ucraina viene a volte confusa, o comunque miscelata, alla Bielorussia, alla stessa Russia di Putin (anche perché di prassi l’Unione Sovietica veniva identificata convenzionalmente con questa) e alle nazionalità e entità statali che sono parte della Federazione russa; un terzo aspetto è che entrambi i contendenti abbiano accusato il proprio avversario, a più riprese, di essere «nazista» o comunque di esprimere una visione del mondo, e delle relazioni con i propri antagonisti, basata su un’irrisolta vocazione per quel passato. Se per Putin l’invasione militare, altrimenti presentata come un’azione di polizia, consisterebbe in una «denazificazione» dei poteri ucraini, per Zelensky la risposta da dare alla guerra è quella di devitalizzare la spinta violenta delle autorità russe che si ispirerebbe a modelli molto prossimi al totalitarismo, segnatamente non solo di estrazione sovietica.
    In entrambi i casi, i riferimenti al passato, ovvero a quello dell’occupazione tedesca e della collaborazione con i nazisti, sia pure con accenti diversi, sembrano non difettare, dando spessore ad una guerra parallela, quella delle rappresentazioni collettive. Un ultimo passaggio riguarda il fatto che, proprio per le ragioni appena dette, interpretare lo scontro in atto con le tradizionali categorie di destra e sinistra, alle quali si è affezionati vuoi per inerzia ideologica vuoi per indolenza politica, è un eccellente modo per vanificare qualsiasi possibilità di comprensione delle diverse spinte che si stanno manifestando in quel teatro di guerra. Con gli ucraini militano, in un’unità di grosse dimensioni conosciuta come «battaglione Azov» (ma non è l’unica, trattandosi di una delle diverse organizzazioni militari costituite dai componenti del Corpo volontari ucraini), elementi della milizia neonazista; così come si staglia l’eredità irrisolta dell’ipernazionalismo fascista di Stepan Andrijovič Bandera, espressosi ferocemente durante la Seconda guerra mondiale (del quale è stato detto che «Bandera e i suoi hanno combattuto una guerra partigiana, cinica e spietata, non preoccupandosi di eliminare chiunque costituisse un ostacolo al predominio degli ucraini a ovest del Dnipro»).
    Sul versante russo, i maggiori ideologi della centralità di Mosca dentro quella costruzione imperiale che è conosciuta come «Eurasia», sono il fior fiore del «nazionalbolscevismo», altrimenti conosciuto come «rossobrunismo», quella corrente ideologica di destra radicale che lega aspetti del comunismo bolscevico ad un progetto imperiale e nazionalista di chiaro stampo russocentrico.
    Su quest’ultimo capitolo si potrebbero scrivere interi libri (ed in parte già è stato fatto), trattandosi di un spettro che agita l’orizzonte dell’intellettualità europea dal 1921, quando un gruppo di pensatori russi emigrati in Occidente dopo la sconfitta delle armate bianche preconizzò la crisi dell’Europa e il conseguente predominio russo e asiatico. L’eurasismo, così si chiama una tale postura ideologica, si rinnova adesso dinanzi agli scenari di un declino della primazia statunitense, di un possibile (ma non probabile) patto di comunione d’interessi tra Mosca e Pechino, di una frantumazione della globalizzazione in aree di influenza commerciale, dinanzi ad un’economia internazionale in fibrillazione oramai da molto tempo.
    La dottrina eurasica, che ha un discreto seguito anche in alcune nicchie dell’intellettualità italiana, presenta, per coloro che intendono credergli, alcune rassicuranti previsioni: il ripetersi della pregiudiziale antiamericana, in chiave soprattutto di rivalsa; la certezza che comunque qualcuno potrà prendere in mano le redini dei processi mondiali, sottraendoli all’esclusività dell’ideologia mercatista; il connubio, da non pochi spasimato, tra un sovranismo ancorato spazialmente (il fuoco della decisione tornerebbe ad essere il potere politico, di contro a quello economico) e un’economia senz’altro di mercato ma con forti interconnessioni con il settore pubblico, mitigata inoltre da una maggiore propensione verso gli interessi delle comunità civili; da ultimo, il calco antropologico che la connota, facendo corrispondere i propri disegni con i vecchi assunti derivati dalla geopolitica, disciplina – a tratti accademica – che dall’Ottocento legittima anche le spinte (e le derive) espansioniste degli Stati che intendono essere protagonisti delle trasformazioni continentali. Più in generale l’eurasismo sostiene il virtuosismo di un’Europa cristiana, bianca, fondata su una morale tradizionalista e iperconservatrice, di contro alla “corruzione morale” dettata dalla modernità. La sua pervasività si misura più che mai adesso, essendo divenuta il contenitore di tutta una serie di filoni di “pensiero” della destra radicale, estremamente trasversali, presenti dentro i partiti populisti anche dell’Europa occidentale.

  6. E QUESTO E’ UN ALTRO…

    “Non si vedono tracce di guerra di classe. Di sicuro gli Ucraini non vogliono “fare come in Russia” come invece desideravano settori delle Brigate Garibaldi. Ma, oltre le differenze, vi è un nucleo identico tra le due Resistenze: la moralità. Essa consiste nel combattere per la libertà e le libertà, cioè per un modello di società e di Stato di diritto, nella quale siano riconosciuti e realizzati i diritti fondamentali della persona umana, la separazione liberale dei poteri, il pluralismo politico e culturale, le elezioni libere da brogli. In una parola: si battono per la libertà umana, il valore fondante, l’eguaglianza, la fraternità.” (Giovanni Maria Cominelli)

    Beh, devo liberarmi dal mito dei compagni del ’68 e dire (con Fortini) “Come ci siamo allontanati”, Giovanni!
    Anche tu con questa analogia tra scontro Zelensky- Putin e la nostra Resistenza contro fascisti e nazisti!
    No, non mi metterò a polemizzare. E sulla tua pagina FB poi.
    Quando le posizioni sono così contrapposte e divaricate sarebbe – per entrambi – una perdita di tempo.
    Ognuno però può riflettere per conto proprio sulle fondamenta teoriche e storica della posizione dell’altro. Io ho appena letto le tue argomentazioni.
    Ebbene suggerisco a te e ai tuoi “amici FB” una lettura di uno storico serio che illumina fatti e ideologie che a mio parere tu trascuri:
    https://www.joimag.it/guerra-russia-ucraina-ritorno-al-passato/?cn-reloaded=1&fbclid=IwAR0c2ZoI8K2AL8zC_L1iGPhUgwu-sUJkYm3mnq5nyHaAAVPQV1cA17H8_kQ
    Un saluto

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