Prof Samizdat (prova 4)


Narratorio. Versione  2020.

di Ennio Abate

Gli studenti (e i suoi due figli? perché era un  prof Samizdat con figli, lui) stavano già tutti  altrove.  Anche se erano nell’altra stanza accanto alla sua a leggersi fumetti. O in classe, lì, visibili, davanti ai suoi occhi.  Altrove, ma dove?
Prof Samizdat gli faceva domande. (Gli poneva questioni, diceva lui, serio, credendo alla sua serietà).
Ogni tanto capitava, sì, che una parola, una frase, che aveva  viaggiato per conto suo assieme ai rumori, ai borbottii, nel flusso del discorso – somma della sua voce e delle loro – che nelle due ore  di fila si costruiva nell’aula, avesse un inatteso effetto. O, più terra terra, uno di loro, interrompendo fantasie inafferrabili o  ispirato da chissà cosa,   gli faceva  una  domanda. All’improvviso. Imprevista. Fuori luogo.

Un giorno, in  quinta C, Sirò, che a prof Samizdat dava sempre l’impressione di parlare da un suo ghetto d’adolescente impenetrabile ai ragionamenti, d’un tratto alzò la mano e fece: – Prof, mi permette di dire una cosa urgente?  – Di’! – fece prof Samizdat. Dunque, è un’inchiesta. Vorrei sapere quanti sono per la pena di morte. Alzarono la mano in 7 o 8.  E quanti vogliono l’abrogazione dell’ergastolo? – incalzò Sirò. Alzarono la mano in due.  E quanti sono per i campi di lavoro? Per rieducare, ovvio. Ancora una decina di mani alzate.

La pena di morte la sognavano, la sognavano in tanti. Ma che cazzata d’inchiesta è questa? –  aveva sbottato troppo tardi prof Samizdat. E in cuor suo cominciò la lagna. Era stato pure così fesso e gentile da fargli da dizionario volante, spiegandogli in pillole anche il significato della parola ‘abrogare’, che quelli non conoscevano. Già.  Doveva sempre controllare il suo entusiasmo speranzoso. S’aspettava sempre qualcosa di più da loro. Vuoi vedere che oltrepassano…
Oltrepassano cosa?  Per sfotterlo, eh, oltrepassavano. E chiedevano la prima cosa che gli saltava in mente. E lui s’illuminava in volto. Quasi.  E stava a cercare le parole  e un tono pacato, robusto, quasi solenne per dargli una risposta precisa, chiara. Parole che restassero in mente. Memorabili.  Manco fosse un oracolo!
Era così prof Samizdat. Rischiava volentieri quando stava in classe con loro. Azzardava. A suo agio. Volenteroso.  Credeva di seminare – perché no? perché non seguire questi cavalli imbizzarriti?  – su terreni insoliti, dove la loro immaginazione bisbetica sembrava più pronta a scattare.  E la faccenda per attimi funzionava. Pareva. Una pedagogia improvvisata, istantanea. Prof Samizdat aveva ancora fiducia nell’occasione.

Voleva insegnare a se stesso ragazzo e al pezzo di sé che scovava in certi  studenti.

In quello spazio artificioso e coatto della scuola? Che ogni poco sentiva come prigione?  Fatto apposta per impedire qualsiasi vera paideia?
Provano a vivere anche qui, si diceva.  Provano a farsi sentire come sono adesso. Paralizzati dalla noia. Si difendono con il cazzeggio della conversazione scoppiettante e improvvisata. Provocano, interrompono. Alla noia della prigione scuola sostituiscono altre noie a cui sono più assuefatti. Quelle del fuori scuola. Dei bar, delle piazze.  O che gli arrivavano dalla TV, dalle canzoni, dalle chiacchiere.  Anche dai biascicamenti rissosi che sopportano nelle famiglie.
Si scervellava per ideare nuove Trappole Comunicative. Tutti quei discorsi sulla didattica innovativa! Sì, per attirare la loro attenzione, suscitare le loro passioni buone!
Eppure ogni ora passata in classe prof Samizdat cozzava contro quella loro resistenza. Opaca, sorda, a capriccio. Che rosicchiava il dialogo sugli argomenti del programma, ma anche su avvenimenti estemporanei, che egli affiancava al programma o faceva proporre a loro stessi. Come se volesse tenere sempre uno spiraglio aperto al mondo che di fuori premeva. Sia loro che lui.
Far cambiare aria, ventilare la mente. Fargli assaggiare almeno un po’ di tradizione, porgendogliela sotto  il velo zuccheroso di quel che, tra loro, passava per “nuovo”, per “cose attuali”.  Ah,  ‘l vero, condito in molli versi!
Ma così giustifichi la loro stupidità, l’ignoranza, il plebeismo, prof Samizdat! Quali soavi licor! Quali orli del vaso!  Non vedi che alla fine resti insoddisfatto! Delle loro risposte alle tue domande e delle tue alle loro?

Nota

Le precedenti ‘prove’ si leggono qui:  1, 2,  3.

2 pensieri su “Prof Samizdat (prova 4)

  1. Davvero non male. Potresti completarlo con un immaginario dialogo attuale, con ragazzi spaventati dalla guerra. Ne varrebbe la pena, credo. Naturalmente il titolo dovrebbe far riferimento al 2022. Ciao. Marcella

  2. …inquietante ma bello, ovvero giusto. Come i giovani del recente ieri, ma anche di oggi- non insegno piu’ da diversi ma osservo i nipoti- siano bravissimi a sfuggire alle “trappole comunicative”. Posso cercare di capirli: l’intera società cerca di abbindolarli, mistificarli, strumentalizzarli, immiserirli, intossicarli, azzerrarli…Perchè la scuola dovrebbe fare eccezione?O addirittura familiari e parenti? Come dare a loro torto? I giovani tuttavia cercano a volte una loro tessitura sotterranea di conoscenza, un controveleno che per ora non hanno certo trovato, tentennano, scettici e cinici, nella loro “lotta” invisibile a non farsi scomparire…L’arma della confusione ne uccide tanti, ma c’è anche una sorta di resistenza cocciuta, levate di capo, come l’inchiesta promossa in classe da uno studente del prof. Samizdat…Ho chiesto al nipote grande (17 anni) se con gli amici discute sulla guerra, mi ha risposto di si’…Gli comunico il mio scettitismo sulla possibilità di fermare nell’intero pianeta la voce delle armi e la corsa agli armamenti con gli strumenti della ragione, lui invece si dimostra piu’ positivo, ma non parla di dialogo, diplomazia tra le parti, valori da riaffermare, sono sottintesi…parla dell’importanza dell’informatica: come ora le armi convenzinali e non obbediscono all’ordine del fuoco, del via uccidere, occorre riprogrammarle al cessate il fuoco, boicottarle in massa…Sarebbe questo il controveleno, gli chiedo? Comunque è sempre un balbettio tra noi, capisco bene gli sforzi e le frustrazioni del prof. Samizdat. Comunque continuo a sperare in loro

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