Quattro “al volo”

a cura di E. A.

  1. ARMI ALL’UCRAINA?/CHOMSKY

La teoria della guerra giusta, purtroppo, ha per il mondo reale la stessa rilevanza dell’”intervento umanitario”, della “responsabilità di proteggere” o della “difesa della democrazia”.A prima vista, sembra quasi una ovvietà che un popolo armato abbia il diritto di difendersi da un brutale aggressore. Ma come sempre in questo triste mondo, le domande sorgono quando ci riflettiamo meglio.Prendi la resistenza contro i nazisti. Non poteva esserci causa più nobile.Si possono certamente comprendere e approvare le motivazioni di Herschel Grynszpan quando assassinò un diplomatico tedesco nel 1938; o i partigiani addestrati in Gran Bretagna che uccisero l’assassino nazista Reinhard Heydrich nel maggio 1942. E si può ammirare il loro coraggio e la loro passione per la giustizia, senza riserve.Però non basta fermarsi a questo. Il primo evento fornì ai nazisti il pretesto per le atrocità della Kristallnacht e spinse ulteriormente il programma nazista verso i suoi orribili risultati. Il secondo ha portato alle terribili stragi di Lidice.Gli eventi hanno conseguenze. Gli innocenti soffrono, qualche volta terribilmente. Tali domande non possono essere evitate da persone che abbiano una qualche dirittura morale. Le domande non possono non sorgere quando consideriamo se e come armare coloro che resistono coraggiosamente all’aggressione omicida.Questo è il minimo. Nel caso in esame, dobbiamo anche chiederci quali rischi siamo disposti a correre di una guerra nucleare, che non solo segnerebbe la fine dell’Ucraina, ma potrebbe andare oltre, fino a un punto davvero impensabile.Non è incoraggiante che oltre un terzo degli americani preferisca «intraprendere un’azione militare [in Ucraina] anche col rischio di un conflitto nucleare con la Russia», forse ispirato da commentatori e leader politici che dovrebbero pensarci due volte prima di imitare Winston Churchill.Forse si possono trovare modi per fornire le armi necessarie ai difensori dell’Ucraina per respingere gli aggressori evitando le conseguenze più terribili. Ma non dobbiamo illuderci che sia una questione semplice, da risolvere con audaci pronunciamenti.

(Da Intervista a Noam Chomsky di C. J. Polychroniou: Meglio concentrare l’attenzione su come evitare la guerra nucleare piuttosto che dibattere sulla “guerra giusta” https://www.altraparolarivista.it/…/intervista-a-noam…/)

2. LUCA BARANELLI SU PIERGIORGIO BELOCCCHIO E I QUADERNI PIACENTINI

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E tante altre sfacchinate che avrebbero inorridito il 99% dei nostri intellettuali, anche quelli che si dicevano militanti.(In ricordo di Piergiorgio Bellocchio – di Luca Baranellihttps://www.altraparolarivista.it/…/in-ricordo-di…/

3. Giorgio Majorino/ BION E LA PARANOIA MONDIALE ODIERNA

L’analista inglese Bion che fu uno di quelli che gettarono le fondamenta della psicoanalisi gruppo, avanzava l’ipotesi che nei gruppi terapeutici, si formassero, senza averne la consapevolezza, delle ideologie comuni che orientavano atteggiamenti e comportamenti dei singoli. Chiamò queste ideologie come Assunti di base e ne identificò tre fondamentali: quella di dipendenza da un possibile leader, reale o virtuale. Quella di accoppiamento ha un orizzonte generativo e quasi messianico: arriverà qualcuno o qualcosa che sarà salvifico.L’Assunto di attacco e fuga identifica un nemico o interno al gruppo stesso o esterno e quindi bisogna reagire difendendosi o scappando. Quest’ultimo Assunto è quello che ci sembra che possa in questo momento dominare sul gruppo decisionale russo. C’è un potenziale nemico: l’Ucraina, la Nato, gli Usa. È necessario quindi attaccare per primi per difendersi. È la logica paranoide dell’attribuzione do ostilità immaginaria ad un soggetto esterno (anche se i maligni fanno notare che il paranoico è sempre a metà strada: l’altra metà la fa la persona o l’entità oggetto bersaglio che a propria volta nutre sentimenti ostili contro il soggetto).Inoltre, gli Assunti di base non sono rigidi ma tendono, a seconda delle circostanze, a sostituirsi o sovrapporsi reciprocamente. Ma appare ipotizzabile nella situazione attuale come l’Assunto base di attacco e fuga, sia all’origine e prevalga nel gruppo russo. Cioè al difuori delle volontà singole dei suoi membri, tutta questa entità è soggetta ad un delirio paranoide e delega al capo il compito della comunicazione di tale situazione. Ma forse questo stesso Assunto di base esce dal gruppo dirigente e investe buona parte dell’intera popolazione russa.Ma gli altri? L’Occidente così fiero della propria democrazia? Forse anche qui, in questo momento, l’Assunto di base dell’attacco e fuga sta prevalendo, pur appoggiandosi a reali condizioni (insomma: sono i Russi che hanno attaccato). Ad onta dei nutriti e, si dice, liberi dibattiti sui media, la follia paranoide continua a prevalere dovunque. E sullo sfondo? Un suo prodotto estremo: la guerra nucleare.

(DA GLI STATI GENERALI.COM La psicologia di gruppo prevale su quella individuale: i politici https://www.glistatigenerali.com/…/la-psicologia-di…/)

4. AL VOLO/ FRANCO BERARDI BIFO/ SE VIVESSI A KIEV

Cosa avrei fatto se vivessi a Kiev Anch’io mi sono chiesto: cosa farei se vivessi a Kiev. Per giorni questa domanda mi ha tormentato. Mio padre ha partecipato alla Resistenza italiana contro il fascismo, mi sono detto, dunque non sarebbe mio dovere sostenere la resistenza del popolo ucraino? Non dovrei combattere a favore dei valori che l’aggressione russa mette in pericolo?Poi ho ricordato che mio padre non era un antifascista quando dovette scappare dalla caserma di Padova dove era soldato semplice. Non si era mai posto il problema, il fascismo era per lui un’ovvia condizione naturale, come per la grande maggioranza degli italiani. Quando l’esercito italiano si squagliò dopo l’8 settembre lui scappò come tanti altri, andò a trovare la famiglia a Bologna ma i suoi genitori erano scappati dalla città perché temevano i bombardamenti. Allora, con suo fratello, decise di fuggire verso le Marche, chissà perché. Trovarono un gruppo di altri sfollati, incontrarono dei partigiani e si intrupparono. Per difendere la sua vita divenne partigiano. Parlando con i partigiani gli parve che i più preparati e generosi fossero comunisti, e capì che i comunisti avevano una spiegazione per il passato e un progetto per il futuro, così divenne comunista.Se io vivessi a Kiev e ci fosse qualcuno che mi spiega che debbo difendere il Mondo Libero, la Democrazia, i Valori dell’Occidente, tutte parole con l’iniziale maiuscola, diserterei. Ma forse deciderei di entrare nella resistenza per difendere la mia casa, i miei fratelli, tutte parole con la lettera minuscola.Perciò non so rispondere quando mi chiedo se parteciperei alla resistenza ucraina, se sparerei sui soldati russi oppure no. Quello che so per certo è che le ragioni maiuscole per cui il Mondo Libero chiama gli ucraini alla resistenza sono false. E falsa è la retorica degli europei che incita a continuare lo spettacolo.

( Da https://www.altraparolarivista.it/…/il-precipizio-di…/)

7 pensieri su “Quattro “al volo”

  1. MALA TEMPORA CURRUNT
    Forse prima di dibattere i problemi di coscienza individuali sarebbe meglio capire cosa sta succedendo e il perchè.
    Anche per il semplice motivo che tutti questi discorsi evitano, forse volutamente, di approfondire il discorso su quello che succede veramente.
    E questo in una fase in cui è in opera una macchina di propaganda infernale che propala notizie false in forma di diluvio, che asfissia dagli schermi ogni velleità critica, che fa scattare meccanismi psicologici e lealtà che molti non sospettavano di avere.
    Al confronto, per quello che sappiamo, la macchina del consenso del fascismo era assai più blanda. Come ricorda Bifo il fascismo era semplicemente lo stato, con tutte le sue sfaccettature. Anche nere.
    E concetti mal digeriti, mal compresi, storicamente ambigui come democrazia e libertà escono quali bandiere di schieramento col peggior imperialismo dei tempi presenti, l’unico imperialismo realmente in atto. Lo stesso che ad ogni sollevar la testa metteva bombe nelle banche e sui treni, buttava napalm, strangolava economicamente i più piccoli e sfiancava lentamente i più grandi.
    E oggi l’Europa sembra quei branchi di jene che attaccano da tutti i lati il rinoceronte coi suoi piccoli.
    Ma le jene lo fanno per necessità, qui per idiozia servile.
    E intanto Biden crea il ministero della disinformazione, che deve dichiarare frottole (fake news) tutte le notizie critiche, capeggiato dallo stesso avvocato che difese il figlio Hunter dalle (vere) accuse di interessi sporchi in Ucraina (dalla copresidenza del colosso dell’energia ai laboratori di armi biologiche).
    Da noi non serve il ministero: ci pensiamo da soli a turarci occhi e cervello.

  2. Alcune osservazioni a fronte dell’articolo di Giorgio Majorino, in particolare modo su questi passaggi.
    “L’Assunto di Attacco e Fuga identifica un nemico o interno al gruppo stesso o esterno e quindi bisogna reagire difendendosi o scappando. Quest’ultimo Assunto è quello che ci sembra che possa in questo momento dominare sul gruppo decisionale russo. C’è un potenziale nemico: l’Ucraina, la Nato, gli Usa. È necessario quindi attaccare per primi per difendersi. È la logica paranoide dell’attribuzione di ostilità immaginaria ad un soggetto esterno”.
    E Majorino continua ribadendo: “Ma appare ipotizzabile nella situazione attuale come l’Assunto base di Attacco e Fuga, sia all’origine e prevalga nel gruppo russo.”
    Può essere che i miei sensi, come accade in una situazione di grande confusione come la presente, mi abbiano fatto percepire un panorama del tutto diverso. Però non ho sentito voci (o, se ci sono state, si sono disperse nel nulla del politically correct) che abbiano massacrato Biden trattandolo da “macellaio” (tutt’al più, usando nei suoi confronti un bonario “Sleepy Joe”); nessuno ha scoperchiato le tombe dei nefasti delle “guerre umanitarie” portate avanti dagli Stati Uniti con conseguente distruzione del tessuto sociale dove queste si sono prodotte; non voce si è alzata per ricordare che all’”eroe” Zelenskyj erano state negate le credenziali per far entrare l’Ucraina nella NATO, in quanto Paese non ‘affidabile’, mentre adesso sembra essere il nuovo vessillo della Libertà.
    E non possiamo nemmeno dire: “Il passato è passato. Oggi le cose sono diverse!”. Perché se il passato non viene ripreso in mano per davvero, anziché attraverso le messe in scena dei falsi pentimenti e dei tarlocchi giorni della memoria, quello si ripeterà sempre. Come la Storia continuamente ci mette sotto gli occhi. E come il ‘buon’ Majorino dovrebbe sapere (S. Freud: “Ricordare, ripetere, rielaborare”).
    Quando W. R. Bion ci richiama (nell’ambito della relazione duale che si instaura nella stanza di analisi) a prestare attenzione all’emergente, quello non è inteso soltanto come l’evento attivatore bensì come il precipitato di un processo antecedente. E la medesima procedura può essere applicata agli eventi ‘macro’. Perché sappiamo benissimo come funziona la dinamica del “paziente designato” sul quale si addensano tutte le problematiche non risolte all’interno del gruppo familiare. Simile attenzione dovrebbe applicarsi nell’attivare un pensiero sull’emergente di portata mondiale odierno e che non dovrebbe limitarsi al “qui ed ora” (nella fattispecie l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ovviamente deprecabile) ma allargarsi anche al contesto che comprende l’anamnesi storica della situazione (o, come traduce giustamente P. Di Marco: “sarebbe meglio capire cosa sta succedendo e il perchè.”)
    Noi, in qualità di analisti, prima di essere ‘partigiani’, dovremmo fare epochè, sospendere il giudizio, e non ritenerci portatori della Verità assoluta (come mi dà l’impressione che avvenga leggendo questi due stralci di Majorino). Altrimenti come potremmo anche noi includere quanto detto da Papa Francesco, “L’abbaiare dei cani della Nato alle porte di Mosca?” Forse il Santo Padre ha avuto un rigurgito di memoria pensando a chi sostenne il Presidente Jorge Videla (42° presidente dell’Argentina 1976-1981), il ‘massacratore’, cresciuto nell’ideologia anticomunista degli anni della Guerra Fredda alla scuola militare finanziata e gestita dal governo degli Stati Uniti sotto il segno della lotta contro il proliferare delle politiche marxiste.
    So che gli eventi storici hanno dato ragione a Tucidide che fece dire ai ‘democratici’ ateniesi nella lotta verso i Meli “gli Dei non stanno dalla parte dei più giusto ma del più forte”. Ciò nonostante mi fa ribrezzo appartenere ad un mondo dove i potenti che fanno i soprusi trovano sempre gli alleati pronti a sostenerli. Fra le armi del potente ce ne è una occulta: quella del ‘decerebrare’, impedire il pensiero.

    Non metto in dubbio che ogni gruppo sociale, ogni popolazione ha utilizzato sistemi violenti al fine di poter avere il dominio. Aberrazioni impensabili si sono succedute: la storia dell’evoluzione umana è costellata da questi crimini: cimiteri e cimiteri, onorati o meno, o coperti poi da meravigliosi grattacieli (come si vede nel film “Gangs of New York”, 2002, Martin Scorsese)! Nulla di cui stupirsi. Però oggi siamo in presenza di qualche cosa di diverso: il loro perdurare da parte di una unica fazione che non paga mai i suoi debiti di sangue a nessuno. Mi si dirà: “E’la democrazia, bellezza!”.
    Già! Perché la “democrazia” è diventata il Dio laico a cui tutti si devono inchinare o piegare per non essere sacrificati. Il nuovo Moloch è qui fra noi.

    1. Riporto qui la replica lasciata da Giorgio Majorino su Poliscritture FB:

      Giorgio Majorino

      Non ho ben capito. Figuriamoci se nego la multivariabilita’politica, sociale, economica ecc. negli eventi, sia quelli collettivi che individuali. Io ho solo voluto ipotizzare che i meccanismi di gruppo trascendono le cattiverie individuali e saldano in atteggiamenti e quindi in comportamenti direzioni univoche. Basti pensare come tutto il pensiero ‘patriottico’ risorgimentale sia confluito nei movimenti interventisti che sono partiti volontari a farsi massacrare(insieme ad altri..)per Trento e Trieste. Ma forse il vero sospetto e’ che io nasconda una critica alle ideologie, qualunque esse siano, in nome di neutri meccanismi psichici. E’ vero: ce l’ho con tutte le ideologie, sia quelle buone che quelle cattive, poiche’ possono portare o per lo meno collaborare alla distruzione. Forse dovrei parlarne con il mio psicoanalista….

      1. @ G. Majorino

        Non occorre che parli con il suo psicoanalista… a volte basterebbe parlare con noi stessi se accettassimo di essere sempre in viaggio nella ricerca, tenendo conto delle sue molteplici difficoltà e mettendo in atto una sana ‘sincerità’ e cioè “non raccontarsi bugie”, come diceva D. Meltzer.

        Certo che i meccanismi psichici non sono mai neutri e sono polideterminati: oltretutto l’individuo ha bisogno del ‘gruppo’ così come il gruppo ha bisogno dell’individuo. In assenza di un solido Gruppo di Lavoro il quale, orientato sul compito, permette di gestire meglio anche gli antagonismi, sarebbe comunque interessante capire che cosa porta un individuo ad aderire ad un particolare Gruppo in Assunto di Base anziché ad un altro.
        E senza dubbio “i meccanismi di gruppo trascendono le cattiverie individuali” ma, come ben si sa, i gruppi sono ‘acefali’, non hanno un pensiero e quindi eleggeranno a loro ‘capo’ (a seconda delle esigenze emergenti legate al contesto) chi rappresenta meglio le sollecitazioni ‘regressive’ prevalenti in quel momento nel gruppo stesso: di dipendenza, di generatività di un mondo migliore oppure di distruzione satanica.

        Anche io dissento dalle ideologie. Non tanto quando si formano (perché in quel momento danno una certa visione del mondo), ma quando si ipostatizzano. E, unite all’arroganza, diventano rigide, impediscono la circolazione del pensiero per cui, all’apertura delle umane domande, si contrappone l’ “ipse dixit” implicito nella risposta.
        Ma la progressiva atrofia del pensiero, scenario al quale, impotenti, stiamo assistendo, non può portare che morte e distruzione.

  3. SEGNALAZIONE DALLA PAGINA FB DI COSIMO MINERVINI

    Spero possiate leggere queSto articolo [REPUBBLICA: ” Il Cremlino paga gli opinionisti nei talk show italiani”] perchè è uno scoop sensazionale! Dunque, nientemeno, alcuni opinionisti che appaiono nei talk show italiani sarebbero pagati da Mosca! Chi? Orsini? Travaglio? il Generale Bertolini? Macchè! Il Copasir sospetta la giornalista Nadana Fridirkhson, che lavora per la tv del ministero della Difesa russa, dunque è pagata da Mosca!
    Il fatto che si era deciso di mettere al bando Russia Today e l’agenzia Sputnik era dovuto al fatto che, cito letteralmente: “erano armi nell’ecosistema di manipolazione del Cremlino, che bombardano le menti e gli spiriti: l’informazione è il combustibile della democrazia. Se l’informazione è di cattiva qualità, anche la democrazia è di cattiva qualità. Se dunque si è deciso di chiudere Russia Today e Sputnik” ragiona una fonte della nostra intelligence, “per una questione di sicurezza nazionale, per quale motivo permettiamo che altre persone pagate da Mosca vengano a portare gli stessi concetti nelle nostre tv?”. Inoltre, sempre secondo i nostri acuti servizi segreti ci sarebbe una regia oculta dietro i talk show, pensate in una sola serata sono andate in onda sia l’intervista a Sergei Lavrov (Rete 4) che quella al giornalista amico di Putin Vladimir Solovyev (La 7). Due voci al soldo di Mosca! E se si indagasse anche sul Papa non potremmo rimanere affatto sorpresi. Mi sembra dunque opportuno affidarci in tutta sicurezza ai consigli della nostra intelligence: limitiamo le voci del nemico che inquinano la nostra trasparente informazione, confidiamo esclusivamente nelle fonti Nato e nell’informazione che ci elargiscono le testate Gedi e il Corriere della Sera. Il resto è solo probabile propaganda russa!

  4. “Forse prima di dibattere i problemi di coscienza individuali sarebbe meglio capire cosa sta succedendo e il perché.” (Di Marco)

    “Mi si dirà: “E’ la democrazia, bellezza!”.
    Già! Perché la “democrazia” è diventata il Dio laico a cui tutti si devono inchinare o piegare per non essere sacrificati. Il nuovo Moloch è qui fra noi. (Simonitto)

    SEGNALAZIONE DA FB / SPUNTI

    1.
    Claudio Vercelli
    https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=288426346839791&id=100070172837452

    [Storia e controstorie] Nel dibattito pubblico, spesso sostenuto da toni ridondanti, roboanti se non esagitati, ciò che il più delle volte viene a mancare, tra le tante cose, è la fondamentale distinzione tra etica dei convincimenti (o dei princìpi) ed etica della responsabilità.
    Cerchiamo di capirci: se si parla di etica ci si riferisce a un sistema di valori tra di loro interconnessi; ovvero, di un circuito di idee vicendevolmente incardinate, destinate a influenzare gli individui nella loro condotta quotidiana.
    L’etica dei convincimenti è quella che accompagna chi ritiene di essere animato da principi assoluti, come tali insindacabili e indiscutibili. Si tratterebbe di valori, per l’appunto, che sopravanzano gli individui e i cui risultati non vanno misurati sul destino dei singoli bensì su un’immagine assoluta di bene che deve affermarsi a prescindere da considerazioni che non siano in totale coincidenza con i suoi contenuti. Così è nel caso, per fare un esempio, di appartenenti a quei movimenti rivoluzionari o religiosi (le due cose spesso si sommano) per i quali ciò che conta è l’«idea» in sé e non gli effetti concreti che può produrre sulle persone.
    L’etica delle responsabilità, invece, prende in considerazione non solo il rapporto tra mezzi e fini ma ciò che concretamente ne deriva per la collettività. In parole povere ma, forse, un po’ più chiare: i princìpi, intesi come presupposti, debbono accordarsi con la realtà della vita delle società; non si può piegare queste ultime a una mera visione di parte, facendo a meno del riscontro concreto degli effetti di certe scelte.
    Questa distinzione, introdotta già più di un secolo fa da un importante sociologo e politologo tedesco, Max Weber, considera il primo sistema etico come sostanzialmente apolitico, ossia privo di reale interesse per le ricadute concrete, avendo come unico obiettivo l’affermare il principio stesso. Si tratterebbe di una sorta di “morale assoluta”, che passa come un rullo compressore sul destino dei molti, dando quindi sostanza a quel complesso di pensieri che chiamiamo con il nome di “ideologia”. Soprattutto laddove essa sia intesa come la traiettoria logica di un’idea, fine a se medesima, e non il confronto con la concretezza dei rapporti umani.
    L’etica delle responsabilità, invece, appartiene al campo della politica. Non si tratta, beninteso, di un galateo ma della convinzione che non si può mai eccedere se non a rischio, in prospettiva, anche dei propri stessi interessi. In altre parole, bisogna preservare le condizioni di fondo del pluralismo, senza il quale – invece – non solo libertà e giustizia avvizziscono, per poi decadere, ma a essere pregiudicata può divenire la propria stessa esistenza.
    Per tornare al punto di partenza, e riannodare i fili del discorso, l’età che stiamo vivendo, costellata di una miriade di esternazioni a vuoto perduto, sembra essere contrassegnata non solo da un perenne stato confusionale, dove ognuno dice quel che gli pare senza preoccuparsi minimamente delle ricadute delle sue affermazioni, ma anche da una cacofonia che è inversamente proporzionale all’impatto delle grida e degli strepitii.
    Più si alzano le tonalità, minori sono gli effetti concreti.
    L’uomo la cui indignazione è in servizio permanente attivo, l’individuo che sente il costante bisogno di urlare, la persona che ossessivamente deve mettere parola su tutto, simulano una critica allo stato presente delle cose quando – invece – stanno raccontando soprattutto della loro impotenza. Ovvero, dell’incapacità di tradurre le astiose polemiche in atti politicamente significativi, altrimenti tali perché in grado di incidere nelle esistenze dei molti.
    La nostra società è attraversata da questi moti di spirito, dove i convincimenti più pervicaci si impongono sui riscontri di fatto e, ancora di più, sull’impegno di assumersi la responsabilità degli effetti di ciò che si va affermando e sostenendo. Si tratta di un triste ma inevitabile riscontro.
    Nella lunga stagione che stiamo vivendo, quella dell’ideologia che decanta la “fine delle ideologie”, l’unica comunicazione pubblica che sembra “funzionare” è quella che ripete ossessivamente i convincimenti di chi parla poiché non ha nulla di sensato da dire.
    Il grande vuoto del nostro tempo, in fondo, sa rivelarsi accogliente per piccoli uomini che non pensano poiché non riescono neanche a pensare a se stessi.

    2.
    Claudio Vercelli
    https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=288404243508668&id=100070172837452

    Cito dall’amico Carmelo Palma: “anche il mito della complessità è diventato un espediente elusivo e digressivo per non guardare il fondo dell’abisso di questa guerra, con le sue Bucha conosciute e sconosciute, con le sue domande fondamentali sulla responsabilità politica della vita e della morte, sul rapporto tra la violenza e l’obbedienza e tra la libertà e il potere. Senza il senso della tragedia, non si può avere, né trasmettere il senso della realtà: della nostra e della loro, di quel che sta davvero accadendo in Ucraina e di quel che sta accadendo in Italia sul piano economico e sociale e che continuerebbe ugualmente ad accadere anche se l’Italia diventasse, come vorrebbero Conte e Salvini, una seconda Ungheria”.

    Commenti:

    Claudio Losio
    Quello che sta accadendo sul piano economico a cui credono di porvi rimedio con qualche bonus

    Claudio Vercelli
    con l’abbandono di intere categorie al loro destino, a partire da una crescente percentuale del mondo giovanile e delle donne, passando per non poca parte di un lavoro autonomo in totale destrutturazione: questo è il “grande reset” delle nostre società, in atto già da tempo ma di fatto in costante progressione. Con la compiacenza dei “salvati” (mors tua, vita mea). Poiché quando la solidarietà sociale si frantuma, subentrano inesorabilmente queste dinamiche. Mai, da quando mi trovo a studiare certe cose, mi sono trovato dinanzi a divari così accentuati nell’ambito delle nostre società. Divari che, pandemia e guerra “europea”, non fanno altro che accentuare, rendendo plausibile l’altrimenti inaccettabile

    Claudio Losio
    fino ad oggi industria e commercio hanno cercato di calmierare l’inflazione assorbendo parte dei rincari, il giorno che dovranno obbligatoriamente riversare suo prodotti gli aumenti reali potrebbe partire un effetto domino spaventoso. La ciliegina sulla torta saranno gli aumenti dei tassi che in Europa sono previsti per fine estate.

    Claudio Vercelli
    e la crisi alimentare che si sta prospettando nei paesi “in via di sviluppo”, destinata a riversarsi su di noi, nei suoi molteplici effetti (non solo immigratori)

    Claudio Vercelli
    sta di fatto che le aspettative a medio termine sono quelle di una stagflazione…

    Claudio Losio
    Penso che ci siamo già nella stagflazione. Altra incognita di cui nessuno parla è la situazione si UniCredit che gestisce 2 milioni di cc in Russia

    Claudio Vercelli
    Ci sono crisi sistemiche – questa cova da almeno il 2007, con la prima raffica dei mutui subprime – sulle quali non possiamo incidere. Tanto meno individualmente. Trattandosi, per l’appunto, di dispositivi di regime (economico, sociale, culturale) profondamente innervati nello “spirito dell’epoca”. Da tempo, tra gli analisti e gli studiosi, ci si sta interrogando sulla possibilità di un grande afflosciamento collettivo, con un succedersi di catene di fallimenti (non solo individuali). Vedremo ma è certo che l’instabilità sistematica sta tramando contro un futuro accettabile

  5. Crisi sistemica, grande afflosciamento collettivo: chiedo chi e dove. Tutti? Nel mondo? Ma non è così, sia per i singoli individui, sia per i Paesi. Allora eviterei di usare formule generali sempre più disperate, sostituendo piuttosto analisi parziali ma accurate. Il cambiamento stesso non può essere generale e di colpo, ma un processo guidato dalla conoscenza. Forse è *questo* che manca: un rapporto di fiducia con le élites che sarebbero deputate a quei compiti di indirizzo e guida.

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