Il volto di MedUSA

di Paolo Di Marco

La danza Butoh proviene da Hiroshima; ci parla di lei, o forse siamo noi visti attraverso i suoi occhi. Trasforma il modo stesso in cui viene visto il corpo e la sua relazione col mondo e colle emozioni. Da quando ho visto i Sankai Juko molti decenni fa a Milano non ho più potuto vedere balletti e opere. C’è un coinvolgimento emozionale tale nel loro indicibile che brucia ogni altra esperienza simile.

Nel 2016 John Pilger realizza un documentario ‘The Coming War on China’, oggi su Netflix e YouTube. E aggiunge all’indicibile parole e immagini.

1- le isole Marshall
Inizia con le isole Marshall, di cui l’atollo di Bikini è parte, dove per 12 anni ogni giorno che un dio beffardo manda in Terra veniva fatta scoppiare una bomba atomica sperimentale. E dove per 28 anni gli abitanti sono stati convinti e costretti a restare, spiegando che andava tutto bene, per servire da cavie sugli effetti delle radiazioni assorbite da acqua, suolo ed aria. E dove quasi nessuno è morto di cause naturali.
Dove l’ospedale della capitale, Moreia, non fornisce medicine e cure ai nativi ma fa solo radiografie e test.
Dove c’è un piccolo paradiso artificiale creato per i dipendenti della più grande base di missili e razzi per le guerre spaziali, e sul lato opposto della baia la peggiore baraccopoli del Pacifico per i nativi dipendenti. Ogni razzo lanciato in quelle acque di prova costa cento milioni di dollari, ma l’ambasciatore/amministratore non ha un dollaro da dedicare allo slum.
Sembra copiato pari pari dalle regole di Auschwitz, dr Mengele incluso.

2- il pivot verso la Cina
Ma le isole Marshall sono solo il fulcro di un perno (pivot) che si estende lungo tutto il Pacifico e che circonda con una morsa implacabile la Cina: sono un centinaio di basi militari che corrono lungo tutto il mare intorno alla Cina, e comprendono isole come Okinawa e l’Isola della pace in Corea (sic) fino all’Australia, il Giappone, la Corea del Sud stessa. Un cappio pronto a stringersi per bloccare gli approvviggionamenti, un insieme di missili puntati verso le principali città cinesi.
Se a qualcuno viene in mente l’accerchiamento Nato nei confronti della Russia è giustificato, perchè la funzione è identica. La Cina è, nelle parole di Trump prima e Biden poi, il nemico strategico numero uno, l’unico capace di sottrarsi al dominio politico, economico e militare degli USA.
E del resto, un’industria poderosa da 600 miliardi di dollari l’anno ha bisogno di un nemico. E se non c’è si immagina…
Con buona pace di tutti i boccaloni che bevono le frottole sulla ‘difesa della libertà’. La libertà che ci lasciano è solo un residuo, quello che resta quando ci hanno tolto tutte le autodeterminazioni che contano. In Italia dovremmo anche ricordarcene meglio che altrove, sapendo da dove venivano i soldi a De Gasperi e Saragat, sapendo per conto di chi sono state messe le bombe nelle banche, sui treni, nei musei.

3- Stranamore
Ci sono nel mondo 147 basi militari USA, la maggior parte dotata di capacità nucleari. Alcune di queste basi sono semisegrete, con un organico limitato specializzato in missioni di sabotaggio. Le peculiarità della catena di comando della forze armate USA in questi casi rende possibile evitare molti dei passaggi intermedi, lasciando una libertà di azione quasi assoluta, come nel caso della famigerata Delta Force 4 che opera(va?) In Iraq e Siria.
Oltre alla terra e al mare le armi nucleari ora fan parte del controllo dello spazio, con reti satellitari armate che girano in permanenza sopra la nostra testa.
Del resto, col suo proverbiale acume, l’Accademia svedese delle scienze, dopo aver dato il Nobel della Pace al macellaio Kissinger, l’ha dato anche a Pinocchio Obama, che aveva grandiosamente dichiarato di eliminare il pericolo nucleare mentre in contemporanea aumentava gli stanziamenti e le ricerche di sistemi nucleari sempre più sofisticati e pericolosi. Cominciamo a capire che Biden non fa altro che continuare gli stessi legami e la stessa linea.
Ma se ci sono tante armi in giro qualcuno a cui prude il dito sul grilletto c’è sempre, come dimostrano gli stessi USA con le stragi nelle scuole.
Al tempo della crisi di Cuba, quando Kennedy ordinò l’allerta nucleare in tutte le basi militari, a Okinawa un maggiore ordinò il lancio di tutti i missili- orientati tanto verso la Russia che la Cina. L’ordine venne fortunosamente bloccato 3 secondi prima del lancio.
E l’umanità si salvò per un capello.
È stato calcolato che il risultato sarebbe una nube di polvere che oltre che radioattiva oscurerebbe il sole per 3 anni, portando la temperatura di tutto il pianeta sotto lo 0 e impedendo qualsiasi coltivazione per 10 anni.

Più si moltiplicano le armi, più dimensioni occupano maggiore è il rischio che un grilletto venga attivato malignamente, che un ordine venga esagerato, che una reazione venga male interpretata. C’è un elenco ufficiale degli eroi, fra cui due russi, che hanno evitato guerre per sbaglio. È come per la guerra batteriologica: su centinaia di incidenti ci sono state almeno tre epidemie; una in Russia soltanto, l’ultima la conosciamo tutti.

Fino a quando dobbiamo solo incrociare le dita?

4-noi e loro
Durante la crisi del terzo secolo dell’impero romano in 50 anni le città si chiusero in mura. Fu uno sforzo tecnico gigantesco, e insieme un cambiamento drastico di atteggiamento: il mondo ora era diviso in due, noi dentro le mura, gli altri fuori.
Siamo tornati a quel periodo, anche da parte di persone apparentemente insospettabili. L’imperialismo è stato il culmine di una divisione tra noi bianchi e civili e loro colorati e selvaggi. Il nazismo ha portato questa divisione all’interno degli stessi confini bianchi. Oggi loro sono i cattivi, quelli moralmente e ideologicamente diversi ed oppressivi.
Non sappiamo se nell’11 Settembre sia stato calcolato anche questo effetto, ma ha permesso di allargare il divario in maniera di nuovo non concentrata su confini ma diffusa: i terroristi e i loro sostenitori e simpatizzanti.
Negli USA il livello di semplificazione culturale è tale da permettere che il ‘pericolo giallo’ abbia ancora una valenza attuale; tanto più se associata al ‘pericolo rosso’ (anche se nella Russia e in Cina di comunismo non ve n’è ombra…ma qui altri approfondimenti si imporrebbero, chè il socialismo è sempre stato ben altra cosa dal comunismo).
In una Europa che del superamento dei confini e delle discriminazioni aveva fatto la sua bandiera queste divisioni sembrerebbero meno probabili, ma ormai anche l’Europa è sparita, conseguenza non involontaria di una politica USA che nella crisi ucraina ha avuto un primo sbocco.

Dato per scontato che di buoni, almeno a livello collettivo, non ce ne sono,  forse è venuto il momento di chiedersi chi siano veramente i cattivi.

3 pensieri su “Il volto di MedUSA

  1. oltre venti anni fa, ma non ricordo esattamente l’anno, ho avuto l’onore di vedere, al Teatro Parenti di Milano, una rappresentazione di danzatori Butoh. I corpi di danzatori nudi con la pelle di un bianco fosforescente, immersi in una luce di penombra, si muovevano lentissimamente, intrecciandosi e disegnando forme animali e acrobazie snodate…I respiri dei danzatori parevano lunghi lunghi, accompagnati da una musica attonita, come a esaltare un silenzio senza ritorno. Quelli di un’umanità ridotta prigioniera in un acquario, senza voce, nè parole…Ringrazio Marco Di Paolo che, con il suo scritto, mi ha permesso di riportarmi alla memoria la grande emozione che quella danza mi aveva suscitato…ed ora ne capisco di piu’ anche le ragioni…l’esplosione di Hiroscima ha lasciato un segno indelebile negli animi di chi è sopravvissuto alla catastrofe atomica e la danza Butoh, cosi’ terribilmente contratta, diventa un monito per sempre…Ci riflette in un futuro sempre piu’ prossimo, anzi è già presente…Da allora quante atomiche e nucleari sono state costruite e sganciate nelle isole sperdute, nei deserti, nei mari glaciali con danni ormai irreparabili alle persone e al pianeta? Quante basi militari Nato e altro sono ormai pronte a far esplodere i loro arsenali per la conquista di territori ridotti in cenere…Dov’è la logica? Il potere per il potere ha un senso? I cattivi ormai sono mescolati ai “buoni”, vittime spesso rese solidali a progetti criminali dalla propaganda mistificante..oppure vittime consapevoli ma inermi…oppure inserite in movimenti associazioni, gruppi di resistenza molto simili ai danzatori di Butoh…

  2. Il Mito di Medusa: il potere della fascinazione.

    Alcune suggestioni mi sono state sollecitate dal titolo (MedUSA) nell’intervento di Paolo Di Marco e il cui testo condivido in particolare nei passaggi:
    a) Un cappio pronto a stringersi per bloccare gli approvvigionamenti, un insieme di missili puntati verso le principali città cinesi.
    Se a qualcuno viene in mente l’accerchiamento Nato nei confronti della Russia è giustificato, perchè la funzione è identica. La Cina è, nelle parole di Trump prima e Biden poi, il nemico strategico numero uno, l’unico capace di sottrarsi al dominio politico, economico e militare degli USA. (*)
    E b) Negli USA il livello di semplificazione culturale è tale da permettere che il ‘pericolo giallo’ abbia ancora una valenza attuale; tanto più se associata al ‘pericolo rosso’ (anche se nella Russia e in Cina di comunismo non ve n’è ombra…ma qui altri approfondimenti si imporrebbero, chè il socialismo è sempre stato ben altra cosa dal comunismo).
    Passaggi sulle cui tematiche sarebbero da fare ulteriori approfondimenti ma che sono già significative in sé.

    Le suggestioni sono legate invece al Mito di Medusa ed ecco i miei pensieri.
    Veloce premessa: perché richiamare il Mito, modalità previlegiata dai nostri progenitori che utilizzavano la ‘narrazione figurata’ (e trasfigurata) sia per trattare gli aspetti e cruciali e universali della realtà e sia per raccordare plasticamente il mondo delle emozioni con quello degli accadimenti? E, in parte come afferma Paolo di Marco, come utilizzare un modello di comunicazione che “trasforma il modo stesso in cui viene visto il corpo e la sua relazione col mondo e colle emozioni”?. Perché il Mito apre la mente che può snodarsi in molte direzioni.

    Non voglio addentrarmi qui nelle varie versioni del Mito: se fu la sfrontatezza della bellissima Medusa che osò sfidare la vergine Atena – dea della guerra – consumando provocatoriamente un rapporto intimo proprio nel tempio alla Dea dedicato oppure se, sempre in quel tempio, fu sottoposta a violenza. Quale che sia la versione accreditata, la storia finì comunque male per la fascinosa fanciulla la cui seduzione nei confronti dei mortali era altamente pericolosa perché li distoglieva da ogni altro interesse. Finì male perché Atena si vendicò della protervia di Medusa (Dea anch’essa ma non dotata dell’immortalità) trasformandola in una delle Gorgoni, in un mostro dalla testa contornata da serpi, dal ghigno tremendo, lo sguardo luciferino (ante litteram) per cui chi lo intercettava ne finiva pietrificato. Ovvero Atena (Dea anche della Saggezza) mostrò che dietro la facciata seduttiva si nascondeva un pericolo mortale: coloro che davvero incrociavano lo sguardo dietro lo specchio superandone il fascino finivano pietrificati (ovvero dietro le apparenze seducenti c’era un piano mostruoso: paralizzare). Eppure la Pallade Atena riportò la testa tagliata del ‘mostro’ nel suo scudo: come mai? Voleva rappresentare due forme di potere: quello delle armi (che rimaneva sempre il tratto irrinunciabile, quello che dà l’ultima parola perché coniuga il potere con la forza ‘bruta’ – e di cui lei manteneva il dominio -) e quello della seduzione che cela il suo progetto di sottomissione. L’uno più diretto, sottoposto ai vincoli del ‘sacro’, mentre l’altro (pro-fano) è più mellifluo e non sottoposto, apparentemente, a nessun vincolo. Per questi motivi non c’è antitesi ma complementarietà tra Atena e Medusa, ambedue espressioni di potenza perseguita con modalità diverse e con fini diversi. Ma sempre di sopraffazione si tratta, sia che si coinvolgano eserciti che esseri umani; sia che il fine implichi una espansione di territori, costruire degli imperi – che però vanno sempre protetti e difesi – e sia che implichi l’espressione di un delirio di onnipotenza – che comporta soltanto un rinvigorimento del sé, del proprio ruolo. Ma i due modelli non si escludono, anzi, all’occorrenza, fanno alleanza.

    Ciò mi fa pensare al passaggio dallo sfruttamento a suon di frustate (a cui ci si può ribellare, vedi le lotte degli schiavi) allo sfruttamento di stampo capitalistico, più subdolo, dove in apparenza i patti sono tra liberi ed eguali. E non solo. Poiché la finalità di esercitare il proprio dominio è nascosta, le tende che mascherano il tutto portano slogan evocativi di grande effetto e che ancor oggi, anzi, oggi ancora di più, riempiono di Speranza (no, non il Ministro della Salute, quello di LeU – Liberi e Uguali) i cuori ormai deprivati di ogni senso dell’essere: Libertà e Uguaglianza. Oppure ‘Democrazia’, solo che senza popolo! ‘Autodeterminazione’: ma autodeterminazione ‘de che’ se uno ha perso ormai ogni identità e non sa distinguere un cavallo da un ircocervo? L’abbrutimento culturale molto spesso non è dato solo dall’ignoranza ma anche dalla incessante sovrapposizione mediatica di notizie tra loro contraddittorie, o senza senso, dentro le quali la razionalità si perde.

    La libertà diventa dunque la libertà di mettersi nel mercato (il quale poi, come le spire di un boa) avvilupperà quella libertà con le sue specifiche leggi, non prima di aver sedotto con il luccichio di un benessere sempre in espansione. Come ad una droga, ci si assuefà a quella ‘libertà’ che ben poco ha a che vedere con la libertà vera che presuppone un pensiero che può essere anche dissonante. Ma ciò oggi non è previsto.

    Alla ‘durezza’ quantitativa del mercato, oggi sembra accompagnarsi in posizione previlegiata, il potere fascinoso della politica. E’ diventato un fascino da cui non ci sottrae anche perché, in quell’ambito, per i fallimenti non si paga nessuno scotto. Ciò che, almeno a me, appare problematico e fonte di possibili catastrofi, è che anche il cosiddetto mercato, una volta più attento a correggere errori o a modificare certe rotte, oggi sia preso da una frenesia alla Rossella O’Hara, personaggio chiave del film “Via col vento”: “Domani è un altro giorno, si vedrà”. Ma se ai ‘valzer’ della politica, con rotazioni di adesioni partitiche da far venire il capogiro (e qui l’Italia si è dimostrata una ‘eccellenza’) fa da contrappunto il piano del mercato che ha bisogno di tempi, di progetti, di investimenti, ecc., il fallimento si è già predisposto le sue rovine. Dalle quali ‘chi’ potrà emergere se la cancel culture ha fatto terra bruciata di ogni legame con il passato dal quale poter attingere qualche stimolo? Alla distruzione culturale si è accompagnata una distruzione antropologica. Si è incominciato con la ‘distruzione dei padri’, proseguendo poi con quella delle madri destituite di ogni funzione essenziale nella relazione familiare, ma portatrici solo di un grembo su cui poter discutere (se è mio e lo gestisco io, se lo do in affitto oppure no, ecc, ecc.) fino a togliere alla famiglia stessa il valore fondante dell’affettività.
    La famiglia è diventata un luogo algoritmico, genitore uno e genitore due, figlio uno, due, tre e via discorrendo. E se è pur vero che la cronaca quotidiana si confronta con vittime donne, non si tratta soltanto di femminicidio ma degli effetti aberranti di un familicidio che ha esposto le famiglie, disaffettivate e deregolamentate, all’emergere degli istinti più brutali, coinvolgendo, donne, bambini e anche uomini.
    Quanti delitti familiari hanno avuto come elemento scatenante un cellulare negato o la frustrazione di un divieto? Emergenti, certo, che celavano un disagio già preesistente: l’illusione di una soddisfazione senza limiti. Questo è il fascino di Medusa, che promette e non mantiene, che affascina e pietrifica i paesi dell’Est che vogliono far parte della UE (e che la UE accoglie rifornendoli di denaro e denaro. Basta strapparli al regime strozza-libertà di Putin). Ma quel denaro da dove arriva? Da una fontana inesauribile oppure dai sacrifici di altri cittadini ‘europei’, coloro ai quali non viene chiesto il placet su come utilizzare quei soldi, come saranno spesi, se per il bene comune o, ancora una volta per il benessere di pochi? Quella seduzione che attrae i migranti economici non solo dell’Africa! Non è più una ricchezza che si conquista, di cui si conosce il prezzo (spesse volte amaro), ma il fascino dell’apparire al posto dell’essere. E per quell’apparire si è disposti a tutto.
    Ho sentito dire da un giornalista che chi critica il globalismo sbaglia: perché un maggior numero di persone ha potuto beneficiare della ricchezza. Sì, ma a che prezzo? E senza che fosse stato possibile accompagnare quel beneficio con la consapevolezza che dovrebbe seguire ogni trasformazione di ‘status’: e senza la consapevolezza dei vantaggi, dei rischi e dei pericoli è come mettere una pistola carica in mano ad un bambino. Non posso non ricordare ciò che accadde nel nostro dopoguerra quando il ‘modernismo’ fece irruzione nella vita rurale di allora: il boom economico, la ricchezza facile immediatamente raggiungibile!
    L’altro giorno in cartoleria, una ragazzina tredicenne ucraina, sfollata qui con i suoi, non era per niente turbata dalla guerra che devastava il suo paese ma era felice di trovarsi in Italia perché sarebbe diventata una influencer come Chiara Ferragni!
    P. P. Pasolini, nella poesia “Io sono una forza del passato”, scriveva questi versi: “Mostruoso è chi è nato/ dalle viscere di una donna morta”, sollecitando a sentire l’importanza delle tradizioni, delle radici per non finire nell’anonimato del “Dopostoria, là dove il passato non esiste più”.

    Ma una delle caratteristiche di ciò che abbiamo chiamato ‘capitalismo” riguarda la ‘libertà’ di mettersi sul mercato. La tradizione è quindi nemica del suo funzionamento. L’esigenza di mantenere i tempi veloci mal tollera la presenza di legami, lacciuoli: l’uomo dev’essere ‘libero’ da vincoli onde potersi spostare a discrezione delle necessita dell’imprenditore (ricordate le dichiarazioni richieste alle donne – pregiudicandone l’assunzione – riguardo a progetti matrimoniali e all’avere figli?).

    Storia, memoria e futuro, quindi. Il fine è la cancellazione di ogni memoria storica perché è la storia che lega, che vincola i soggetti, non la volatilità del presente. E che li fa pensare.
    Perché nessuno vuole ricordare il tradimento dei patti di Minsk (2014-2015) ma invece ad ogni piè sospinto si fa grancassa al fatto (senza dubbio esecrabile) che la Russia ha “aggredito” l’Ucraina? All’atto della firma di Minsk vi erano rappresentanti di Russia, Ucraina, Osce e regioni separatiste di Donetsk e Lugansk, che si accordarono su 13 punti nel febbraio 2015. Tra i temi più rilevanti, oltre al cessate il fuoco: l’inizio di un dialogo su una forma di autogoverno per le regioni di Donetsk e Lugansk e il riconoscimento dello status speciale da parte del Parlamento; il ripristino da parte dell’Ucraina del controllo del confine con la Russia; una riforma della Costituzione con l’inserimento del decentramento dei poteri a favore delle due regioni e nuove elezioni territoriali. Il patto prevedeva anche un progressivo disarmo da ambedue le parti ma non fu rispettato dall’Ucraina che invase il Donbass.

    Ho dunque l’impressione che le parole d’ordine “annientare la Russia” come paese ‘tirannico’, autarchico’ (in realtà, fino a prova contraria, Putin è stato eletto dal suo popolo a differenza del nostro Dragone che rappresenta soltanto l’esito di giochi di palazzo!) siano sostenute da un impianto ideologico molto forte (e che in tempi di paura e destabilizzazione ha molta presa) e che mira a soppiantare il regime di quel Paese (Joe Biden lo ha detto esplicitamente fin dall’inizio) all’interno di una lotta inter-capitalistica. Perché Russia e Cina sono comunque Paesi a ‘forma capitalistica’ a tutti gli effetti, ma un capitalismo ‘anomalo’ che si appoggia (e senza dubbio viene usata della retorica in questa operazione, perché in quella eredità storica non sono certo assenti le atrocità) su valori, tradizioni, storia di un passato millenario che comunque costituiscono un legame e che gli Stati Uniti si sognano. Ma non li chiamerei autarchici bensì espressione del retaggio di una storia millenaria,si stampo molto verticalizzato, e che quindi si muovono con altri modelli espansivi (ovviamente non meno brutali).

    Ed è questo che gli States vogliono ‘distruggere’. Certamente la base del conflitto riguarda una trasformazione di sistema, ma la giustificazione ideologica sulla quale si possono reclutare i combattenti è questa: democrazia contro autarchia (by, Biden). La prima ha l’etichetta del ‘Bene’, la seconda, del ‘Male’. Due ‘religioni’ allo scontro.
    E’ che quando prendono piede le guerre ideologiche a base ‘religiosa’ (una religione è ‘meglio dell’altra’, vedi dichiarazione di Stoltemberg – nomen-omen? – il quale afferma che poiché Cina e Russia hanno ‘VALORI’ incompatibili con quelli del cosiddetto Mondo occidentale, vanno strette d’assedio e rese innocue, per non dire cancellate), la vedo dura! Perché questo tipo di guerra scatena il massimo della crudeltà in quanto esonera dalla responsabilità individuale: ci sarà un Dio o una missione superiore (liberare l’umanità dal Male) che se ne faranno carico!
    E, infine, l’ipocrisia. Da un lato accelerare gli armamenti e dall’altra sostenere che non ci devono essere più guerre… però se la guerra “è per una causa giusta”! Ergo: fiat iustitia et pereat mundus (Ferdinando I d’Asburgo)

    (*) Riporto stralci dal Vertice NATO iniziato martedì 28.06.2022 a Madrid, unitamente alle ultime dichiarazioni.:
    a) Pechino sarà etichettata come “una sfida ai nostri interessi, alla nostra sicurezza e ai nostri valori” quando i 30 leader della Nato concorderanno il “concetto strategico” dell’alleanza fino al 2032 in un vertice che inizierà martedì in Spagna.
    b) …. La NATO dovrebbe concordare che i Paesi membri pre-assegnino truppe, armi ed equipaggiamenti a territori e scopi specifici e si impegnino a fare esercitazioni in quelle aree. Il piano significherà che i comandanti della Nato potranno dispiegare queste forze immediatamente, invece di dover richiedere l’aiuto dei governi in caso di attacco.
    L’alleanza aumenterà anche il numero di truppe dislocate nei Paesi dell’Est con dispiegamenti temporanei a rotazione, preporrà attrezzature pesanti per ridurre i ritardi nei trasporti e aggiungerà più mezzi di comando e controllo e di difesa aerea alle forze di difesa orientali della Nato.”
    c) Dallo “Strategic Concept 2022” diffuso dalla Nato al vertice di Madrid. “Gli Usa rafforzeranno la loro presenza militare in Europa, incluse capacità difensive aeree aggiuntive in Germania e Italia. Lo ha detto il presidente americano Joe Biden aprendo il summit Nato a Madrid. “Oggi lanciamo un messaggio: la Nato è forte e unita”,
    d) Il presidente ucraino Zelensky, in videocollegamento, ha chiesto ai Paesi dell’Alleanza ‘artiglieria moderna e sostegno finanziario’ contro la Russia”.

    Se tutto questo è in odore di pace!

  3. SEGNALAZIONE DA FB

    Carlo Rovelli

    Ipocrisia
    Poche volte mi sono sentito come in questo periodo, così lontano da tutto quanto leggo sui giornali e vedo alla televisione riguardo alla guerra ora in corso in Europa orientale. Poche volte mi sono sentito così in dissidio con i discorsi dominanti. Forse era dai tempi della mia adolescenza inquieta che non mi sentivo così ferito e offeso dal discorso publico intorno a me.
    Mi sono chiesto perché. In fondo, sono spesso in disaccordo con le scelte politiche e ideologiche dei paesi in cui vivo, ma questo è normale — siamo in tanti e abbiamo opinioni diverse, letture del mondo diverse. Anche del mio pacifismo, poi, sono poi così sicuro? Ho dubbi, come tutti. Allora perché mi sento così turbato, ferito, spaventato, da quanto leggo su tutti i giornali, e sento ripetere all’infinito alla televisione, nei continui discorsi sulla guerra?
    Oggi l’ho capito. L’ho capito proprio ritornando col pensiero al periodo della mia prima adolescenza, quando tanti anni fa la gioventù di tanti paesi del mondo cominciava a ribellarsi a uno stato di cose che le sembrava sbagliato. Cos’era stata quella prima spinta al cambiamento? Non era l’ingiustizia sociale, non erano i popoli massacrati dal Napalm come i Vietnamiti, non era il perbenismo, la bigotteria, l’autoritarismo sciocco delle università e delle scuole, c’era qualcosa di più semplice, immediato, viscerale che ha ferito l’adolescenza di mezzo secolo fa e ha innescato le rivolte di tanti ragazzi di allora: l’ipocrisia del mondo adulto.
    L’istintiva realizzazione da parte della limpidezza della gioventù che gli ideali ostentati erano sepolcri imbiancati. Che i nobili valori dichiarati erano coperture per un egoismo gretto. Che l’ostentato moralismo, la pomposa prosopopea della scuola, la pretesa autorità delle istituzioni erano coperture per privilegi, sfruttamento e bassezze. Questo d’un tratto era insopportabile, per gli occhi limpidi di un ragazzo o una ragazza.
    Sono passati tanti anni da allora. Il mondo mi appare infinitamente più complesso, difficile da decifrare, difficile da giudicare, di quanto non mi apparisse allora. L’illusione che tutto possa essere pulito e onesto nel mondo l’ho persa da tempo. Ma l’esplosione dell’ipocrisia dell’Occidente in questo ultimo anno è senza pari.
    D’un tratto, l’Occidente, tutti insieme in coro, ha cominciato a cantarsi come il detentore dei valori, il baluardo della libertà, il protettore dei popoli deboli, il garante della legalità, il guardiano della sacralità della vita umana, l’unica speranza per un mondo di pace e giustizia. Questo canto a quanto l’Occidente sia buono e giusto e quanto gli stati autocratici siano cattivi è un coro in unisono ripetuto all’infinito da ogni articolo di giornale, ogni commentatore televisivo, ogni editoriale. La cattiveria feroce di Putin è additata, ostentata, ripetuta, declamata, all’infinito. Ogni bomba che cade sull’Ucraina ci ripete quanto la Russia sia il male e noi il bene.
    Io sarei felice di unirmi al coro, se ogni volta che condanniamo il fatto —del tutto condannabile— che una potenza militare abbia attaccato con futili pretesti un paese sovrano, mi aggiungerei al coro se ogni volta l’Occidente aggiungesse “E io Occidente quindi mi impegno a non fare mai più nulla di simile in futuro, come ho fatto in Afghanistan, in Irak, in Libia, a Grenada, a Cuba, e in tantissimi altri paesi. Lo abbiamo fatto ma ora che lo fanno i Russi ci rendiamo conto di quanto sia doloroso, non lo faremo più.”
    Sarei felice di unirmi al coro, se ogni volta che condanniamo il fatto —del tutto condannabile— che i confini delle nazioni non sono rispettati, e la Russia ha riconosciuto l’indipendenza del Donbas, mi aggiungerei al coro se l’Occidente aggiungesse “E io Occidente quindi mi impegno a non fare mai più nulla di simile in futuro, come ho fatto quando ho subito riconosciuto l’indipendenza della Slovenia e della Croazia, cambiando i confini dell’Europa, innescando una sanguinosissima guerra civile, e strappando terre alla Yugoslavia.”
    Sarei felice di unirmi al coro, se ogni volta che condanniamo il fatto —del tutto condannabile— che Mosca bombarda Kiev, ammazzando civili innocenti, adducendo come motivo che Kiev bombardava il Donbas, mi aggiungerei al coro se l’Occidente aggiungesse “E io Occidente quindi mi impegno a non fare mai più nulla di simile in futuro, come ho fatto quando ho bombardato Belgrado, uccidendo cinquemila persone, donne e bambini innocenti, adducendo come motivo che Belgrado bombardava il Kossovo”.
    Sarei felice di unirmi al coro, se ogni volta che condanniamo il fatto —del tutto condannabile— che la Russia pretende di cambiare il regime politico di Kiev perché questo regime le si ribella, mi aggiungerei al coro se l’Occidente aggiungesse “E io Occidente quindi mi impegno a non fare mai più nulla di simile in futuro, come ho fatto quando ho bombardato la Libia, invaso l’Irak, destabilizzato governi del mondo intero, dal Medio Oriente al Sud America, dal Cile all’Algeria, dall’Egitto alla Palestina, ogni volta che un popolo votava per un governo troppo poco favorevole agli interessi occidentali, buttando giù governi democraticamente eletti come in Algeria in Egitto o in Palestina, per invece sostenere dittature come in Arabia Saudita quando fa comodo, anche se i sauditi continuano a massacrare Yemeniti”.
    Sarei felice di unirmi al coro che si commuove per i poveri Ucraini, se questo coro si commuovesse anche per gli Yemeniti, i Siriani, gli Afghani e tutti gli altri, con la pelle di tonalità leggermente diversa, invece di lasciare fuori tutti gli altri a marcire,
    O forse sarei in disaccordo, ma non così schifato, se semplicemente sentissi dire “siamo i più forti, vogliamo dominare il mondo con la violenza delle armi, per difendere la nostra ricchezza, e lo domineremo. Almeno non ci sarebbe l’ipocrisia, almeno potremmo discutere se questa sia o no una scelta lungimirante, e non sia più lungimirante smorzare lo scontro e cercare collaborazione.
    E invece siamo immersi nella più sfrenata ipocrisia. Arriviamo a eccessi che rasentano il surrealismo. I nostri giornali parlano delle ambizioni “imperiali” della Cina e della Russia. La Cina non ha praticamente un solo soldato al di fuori dei confini cinesi riconosciuti internazionalmente. La Russia ne ha solo a pochi chilometri dai suoi confini. I più lontani sono in Transnitzia, a poche decine di chilometri dai suoi eserciti. Gli Americani hanno cento mila soldati in Europa, hanno basi militari in centro America, in Sud America, in Africa, in Asia, nel Pacifico, in Giappone, in Corea, praticamente ovunque nel mondo. Eccetto in Ucraina, dove pero le stavano iniziando. Hanno portaerei nel mare della Cina. Chi ha una politica imperiale? Dalle coste cinesi si vedono le navi da guerra americane, non credo che da New York si vedano navi da guerra Cinesi. Eppure i nostri giornalisti surrealisti riescono ribaltare la realtà fino a parlare della logica imperiale di Russia e Cina!
    Si paventa l’uso della bomba atomica. Ma è l’Occidente l’unico ad aver usato la bomba atomica per affermare con l’estrema violenza il suo incondizionato domino, nessun altro lo ha fatto. Si dice che la Cina è aggressiva. Ma non ha fatto una solo guerra dopo la Corea e il Vietnam, mentre l’Occidente ha fatto guerre in continuazione nel mondo intero. Chi è l’impero?
    Il pentagono pubblica regolarmente liste di esseri umani uccisi in ogni parte del mondo dai suoi droni. Riconosce pubblicamente che molti innocenti vengono uccisi per sbaglio. Il New York Times arriva all’orrore di scrivere un lungo articolo per denunciare il fatto che i poveri soldati americani che guidano questi droni da remoto non hanno abbastanza supporti psicologico per sopportare il duro lavoro e lo stress di dover spesso ammazzare innocenti! Lo scandalo, per il paludato organo di stampa dei padroni del mondo, non è che siano ammazzati innocenti, è che i soldati che ammazzano non hanno adeguato supporto psicologico!
    Neppure l’impero Assiro ricordato nell’antichità per la sua violenza era mai arrivato a una simile arroganza e disprezzo per il resto dell’ umanità! Ma i nostri giornalisti ignorano felicemente che ogni settimana nel mondo qualcuno viene ucciso da droni americani, e ricordano piuttosto indignatissimi di una persona uccisa dai russi a Londra…. Come sono orrendi i Russi! E via via così…
    La Russia si è permessa di commettere anch’essa qualcosa degli orrori che l’Occidente continua a commettere. L’Irak e L’Afghanistan non avevano fatto male a nessuno: l’Occidente li ha invasi e ha fatto molte centinaia di migliaia di morti, nelle due guerre. E si permette di fare l’anima candida con la Russia?
    Che lo faccia promettendo di non invadere più nessun paese, di non infilarsi più in nessuna guerra, di non voler dominare il mondo con la violenza. Allora mi unirò anch’io al coro di condanna dei cattivi Russi.
    Abbiamo sentito l’assurdo. Gli Americani invocare la corte internazionale di giustizia, che hanno sempre ostacolato e a cui non hanno aderito. Invocare la legalità internazionale, quando tutte le loro ultime guerre sono state condannate dalle Nazioni Unite e hanno fatto di tutto per esautorarle, compreso non pagare la loro parte.
    Amo l’America. Ci ho vissuto dieci anni. La conosco. La ammiro. Ne conosco gli splendori e gli orrori. La brillantezza delle sue università, la vitalità della sua economia, la miseria infame dei ghetti neri e dei ghetti bianchi, le sue carceri dove tengono quasi un americano ogni cento, la violenza per noi europei inconcepibile delle sue strade. Amo anche l’Europa, dove sono nato. Ho amato quella che mi sembrava essere la tolleranza e la cautela ereditate dalla devastazione della Guerra Mondiale. Ma non posso non vedere come questa parte ricca e potente del mondo stia sempre più chiudendosi su se stessa in un parossismo di violenza contro il resto del mondo. Amo l’Occidente, ma per la ricchezza culturale che ha regalato al mondo intero, non per essere diventato dominante con la schiavitù e sterminando interi continenti, non per questa sfrenata violenza e ipocrisia che continuano gli orrori del passato.
    Amo anche la Cina e l’India, di cui pure ho visto miserie e splendori. È stupido discutere su chi sia migliore, come se dovessimo tutti fare la stessa cosa, o come se qualcuno dovesse necessariamente vincere sugli altri. Il problema del mondo non è chi deve comandare, che sistema politico dobbiamo adottare tutti. Il problema del mondo è come convivere, tollerarsi, rispettarsi, imparare a collaborare.
    Il mondo ha diversi miliardi di abitanti. La maggioranza di questi sono fuori dall’Occidente. Ce ne sono in Cina, in India, in Russia, in Brasile, nel resto del Sud America, dell’Africa, dell’Asia. Sono la maggioranza dell’umanità. Non hanno più simpatia per l’Occidente. Ne hanno sempre meno. Non partecipano alle sanzioni contro la Russia, molti si sono rifiutati perfino di votare la condanna della Russia all’ONU, nonostante fosse ovviamente condannabile. Non perché siano cattivi, perché amino la violenza, o abbiano biechi motivo. Ma perché vedono la sfrenata ipocrisia dell’Occidente, che riempie il mondo dei suoi eserciti, si sente libero di massacrare, e poi fa l’anima candida se un altro si comporta male.
    Il mondo, nella sua vasta maggioranza, vorrebbe che i problemi comuni dell’umanità, il riscaldamento climatico, le pandemie, la povertà, fossero affrontati in comune, con decisioni prese in comune. Vorrebbe che le Nazioni Unite contassero dii più. È l’Occidente che blocca questa collaborazione, perché si sente in diritto di comandare, perché ha le armi dalla sua, la violenza dalla sua.
    Ora l’Occidente si sente inquieto perché la Cina sta diventando ricca, per questo la stuzzica, la provoca, la accusa di ogni cosa accusabile (e ce ne sono: scagli la prima pietra chi è senza colpe). L’Occidente cerca lo scontro con la Cina. Vorrebbe umiliarla militarmente prima che cresca troppo e questo diventi impossibile. La classe dominante occidentale ci sta portando verso la terza guerra mondiale. I problemi dell’Ukraina si potrebbero risolvere come alla fine l’Occidente ha voluto risolvere la Yugoslavia: una guerra civile che si trascina da tempo, con interventi militari esterni, che ha portato a una separazione in parti diverse. Ma Occidente non vuole una soluzione, vuole fare male alla Russia. Non fa che ripeterlo.
    Alla televisione sfilano le facce felici delle riunioni dei leaders occidentali, felici delle loro portaerei, le loro bombe atomiche, le loro armi innumerevoli, trilioni di dollari di armi, con cui si potrebbero risolvere i problemi del mondo, e invece sono usati per rafforzare un predomino violento sul mondo.
    E tutto questo colorato delle belle parole: democrazia, libertà, rispetto delle nazioni, pace, rispetto della legalità internazionale, rispetto della legge. Dietro, come zombi, i giornalisti e gli editorialisti a ripetere. Sepolcri imbiancati. Su una scia di sangue di milioni di morti straziati dalle nostre bombe negli ultimi decenni. Da Hiroshima a Kabul, e continueranno.

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