Un brano da “La scrittrice obesa”

La scrittrice obesa, seconda parte, capitolo 1

di Marisa Salabelle

Susanna Rosso alzò la cornetta del telefono. Aveva ancora un fisso con tastiera, bianco e grigio, che risaliva ai tempi dei suoi genitori. Cellulare non ne aveva, prima di tutto non usciva quasi  mai di casa, secondo, non le saltava neanche per la mente di rendersi rintracciabile da chiunque in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento. Delle volte, quando le giravano particolarmente le scatole, staccava anche il fisso e così nessuno le rompeva i coglioni. Non che le arrivassero spesso telefonate, questo no. E quando chiamava lei, come in quel momento, era semplicemente per farsi mandare a casa del cibo da asporto. Il quartiere in cui viveva era diventato multietnico, negli ultimi anni, da un lato e dall’altro della strada era tutto un seguito di insegne in caratteri cinesi o giapponesi o arabi e tutto un proporre roba da mangiare di ogni genere, involtini primavera, kebab e zighinì, ravioli e noodles, tortillas, chili, hot dog, ali di pollo piccanti, hamburger, pizza, con una mescolanza di odori che a qualcuno dava la nausea ma a lei piaceva da morire. Quella sera scelse la rosticceria indiana e ordinò diverse porzioni di pollo, agnello e maiale più o meno speziati, con diverse salse e naturalmente molte varietà di pane. Aveva lavorato tutto il pomeriggio al suo ultimo romanzo e non era molto soddisfatta di come stava procedendo. La protagonista, una giovane donna che somigliava moltissimo alla commessa del supermercato dove faceva sporadiche incursioni quando proprio non poteva fare a meno di carta igienica o di detersivo per i piatti, si era impelagata in una storia con un uomo sposato, sempre le stesse queste ragazze giovani, e a questo punto della storia lei non sapeva più che cosa farle fare. Tutte le soluzioni le sembravano banali, viste e riviste, lette e rilette fino alla nausea. Forse aveva sbagliato a cimentarsi con un tema così trito… Salvò il file al punto in cui era arrivata, lo chiuse e cominciò ad aprirne altri a caso, scorrendo le cartelle Racconti, Romanzi, Storie e Altrestorie: ce n’aveva di materiale, e alcune cose non erano proprio malvage, ma in certi momenti non sapeva cosa farsene, se non aprirle e chiuderle una dopo l’altra, leggiucchiare una pagina, aggiungere un paragrafo qua e là, oppure eliminare interi capitoli dopo averli selezionati col mouse. Cancella, taglia, annulla, cestina, ammazza. La memoria del suo portatile era piena di opere abortite. Creature che non avevano mai visto la luce e mai l’avrebbero vista, roba che non si era nemmeno più curata di stampare, almeno negli ultimi tempi, tanto si sarebbe trattato solo di un immane spreco di carta.

Suonarono il campanello, Susanna si alzò faticosamente dalla poltrona da ufficio, con rotelle e schienale imbottito, che aveva piazzato davanti alla scrivania, la schiena le faceva un male boia, le gambe si erano informicolite, gli occhi le pizzicavano, ma soprattutto era la sua mole quella che le dava dei problemi. A poco più di cinquant’anni era uno sfascio, doveva aver raggiunto e superato il quintale di peso, era grossa, informe, si muoveva con difficoltà, e continuava a mangiare come una sfondata. Aprì la porta dell’appartamento: era il ragazzo della rosticceria.

Nota
Una precedente segnalazione si legge qui

6 pensieri su “Un brano da “La scrittrice obesa”

  1. La bulimia che comporta una distruzione continua (“i buchi di entrata e di uscita essenziali/nello scambio di vita naturale”) si ripete, in questo brano, nella moltiplicazione di appunti scrittorii e cancellazione degli stessi. Superfluità e inconsistenza del lavoro scrittorio, così come è superflua la bulimia e inconsistente nel mantenere l’equilibrio corporeo.

  2. tempo fa ho letto un libro di Amélie Notomb: ‘Una forma di vita’ che mi ha molto colpito. La scrittrice mette in relazione la bulimia con la follia della guerra. Il protagonista è una persona che intrattiene una corrispondenza epistolare con A. Notomb, autodichiarandosi soldato di stanza in Iraq impegnato in pericolose azioni militari, di fatto un grande obeso rinchiuso da anni nella sua stanza ad ingurgitare cibo reale e virtuale al pc, diventando cosi’ il simbolo di un’estrema difesa e protesta nei confronti di una società, quella americana, dove il credo della guerra non tiene confini…

  3. Non ho mai letto nulla, colpevolmente, di Amélie Nothomb…
    In fondo anche la mia Susanna si difende e protesta contro una società che non le dà il riconoscimento che lei pensa di meritare!

  4. “E così come la scrittrice obesa è stata snobbata da case editrici, blogger, giornalisti e compagnia bella fin quando era in vita, così invece sarà “riscoperta” da morta, fino a diventare un’autrice da classifica di vendite.”

    E in quanti siamo scrittori/scrittrici obesi/e come Susanna Rosso? Chi ci riscoprirà da morti? Boh. Un bel problema…

    SEGNALAZIONE

    Marisa Salabelle, La scrittrice obesa

    https://ilmestieredileggereblog.com/2022/11/12/marisa-salabelle-la-scrittrice-obesa/?fbclid=IwAR1neDPuEzmDVwaDwvOrZy83gFiH1eISCIMHn8YwECDa414QNDTGB-BYMk0

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