Adorno sul concetto di genio

(Parlando a me stesso)

a cura di E. A.

1. Il concetto di genio è […] sbagliato poiché le creazioni artistiche non sono creature e gli uomini non sono creatori.

2. L’estetica del genio [è falsa poiché] sopprime il momento di finitezza del fare, della tέχνη nelle opere d’arte a favore della loro assoluta originalità […] e con ciò mette al mondo l’ideologica concezione dell’opera d’arte come di un qualcosa di organico ed inconscio, ideologia che poi si allarga a torbida corrente dell’irrazionalismo. Fin dall’inizio lo spostamento d’accento dell’estetica del genio sul singolo […] distoglie anche dalla società, assolutizzando il singolo.

3. I produttori di opere d’arte significative non sono semidei bensì uomini fallibili, spesso nevrotici e minorati.

4. Il momento della verità nel concetto di genio va ricercato nella sostanza dell’opera [contro “le pacchianerie biografiche sugli artisti”].

5. Il concetto di genio, quando sul finire del XVIII secolo venne in auge, non era ancora per nulla carismatico; secondo l’idea di quel periodo ciascuno doveva poter essere genio, purché si esprimesse in maniera non convenzionale, come natura. Genio era atteggiamento, era “vivere genialmente”, quasi intenzionalità; solo più tardi […] se ne fece una grazia divina.

6. Il genio diventa tanto più ideologia quanto meno il mondo è mondo umano.

(da T. W. Adorno, Teoria estetica, pagg. 287-288, PBE Einaudi, Torino 1977)

3 pensieri su “Adorno sul concetto di genio

  1. COMMENTI SU POLISCRITTURE FB

    Beatrice Piva
    6. Il genio diventa tanto più ideologia quanto meno il mondo è mondo umano.
    (da T. W. Adorno, Teoria estetica, pagg. 287-288, PBE Einaudi, Torino 1977)
    Questa frase mi colpisce. (ore una e 18).

    Alberto Rizzi
    Prima di rispondere a questi interessanti punti, potresti spiegarmi cosa intende Adorno con “le creazioni artistiche non sono creature”? Intende dire che non sono opere materiali (in qualche caso è vero, ma in altri no), o che l’artista è soltanto un tramite, cioè che sono state create “da qualcun altro”, in qualsiasi modo si voglia intendere questa Definizione? Grazie.

    Ennio Abate
    A chi è rivolta la domanda?

    Alberto Rizzi
    Era il primo commento, in linea di massima era rivolta a te, che hai pubblicato il post… Se poi qualcun altro mi ha risposto al posto tuo, va bene lo stesso: adesso guardo gli altri commenti. No, nessun altro ha scritto qualcosa al riguardo.

    Ennio Abate
    Adorno non scrive facile. La mia frequentazione del suo linguaggio filosofico è insufficiente, per cui molte sue affermazioni mi restano oscure. E, tuttavia, a leggerlo ci sento una potenza di pensiero che non mi fa abbandonare lo sforzo di indagare le sue pagine.
    Le citazioni di brani sul concetto di genio della sua Teoria estetica (che sto leggendo soltanto ora, le ho preparate “tagliando” le frasi che a me – lettore comune tra lettori comuni – sono parse più comprensibili.
    La tua domanda (se non è solo provocatoria) mi spiazza. Do, comunque, la mia interpretazione della frase, che è meglio riportare come l’ho pubblicata: «Il concetto di genio è […] sbagliato poiché le creazioni artistiche non sono creature e gli uomini non sono creatori. ».
    Se ripensiamo al catechismo cattolico, che ci presenta Dio come creatore «dal nulla» o consultiamo la voce ‘creatore’ il dizionario (Treccani on line): «creatóre s. m. e agg. [dal lat. creator -oris, der. di creare «creare»]. – 1. Chi crea o ha creato, riferito per antonomasia (e scritto per lo più con iniziale maiuscola) a Dio, in quanto autore della vita e dell’universo […]2. estens. (f. -trice) Chi fa o produce cose nuove, soprattutto nel campo dello spirito o comunque dell’ingegno», mi pare evidente che Adorno, da marxista (dialettico), non può pensare che dal nulla si possa creare alcunché. Per lui gli uomini e gli artisti non sono – lo dice al punto 3 – non sono «semidei» e tantomeno divinità. (l’equazione geniale =divino , che a volte viene usata nel linguaggio corrente è fuori luogo).
    Ne discende che l’artista costruisce e non “crea”. E, se costruisce, non lo fa mai «dal nulla». E produce artefatti, prodotti umani, che non hanno «una vita immediata quale hanno gli uomini» (pag. 9 Teoria estetica). Adorno precisa anche che «viventi sono poi le opere in quanto parlanti, e in una maniera quale è negata agli oggetti naturali e ai soggetti che le fecero» (pag. 9). Oltre a sottolineare ogni poco che dell’opera d’arte che è “vivente” e raggiunge un senso solo come prodotto di più storie (che rimandano alla forma, alla società, all’ideologia, etc. etc.).
    Per quanto appena detto mi sento di respingere nettamente la tua affermazione: Adorno «intende dire che [questi artefatti] non sono opere materiali». Lo sono con una loro specifica particolarità.
    Quanto all’altro punto («l’artista è soltanto un tramite») direi che per Adorno è proprio così. L’artista empiricamente inteso con nome e cognome non è l’elemento cruciale dell’opera d’arte, anzi della costruzione del «momento di verità» che l’opera d’arte vera sa scatenare. Da qui anche l’irrilevanza per lui delle «pacchianerie biografiche sugli artisti».
    Non ho completato la lettura e non so al momento trovare brani che possano avallare queste mie affermazioni.

    Alberto Rizzi
    Grazie; non era assolutamente una provocazione, ma il bisogno di un chiarimento per rispondere. Partirò da questo tuo punto di vista; e se nel corso del dibattito qualcuno darà a quell’affermazione un senso diverso, bene venga per arricchire la cosa.

    Angela Rosauro
    Però…però…resta il fatto che è a tutti constatare e cioè che vi sono delle opere “tecnicamente” perfette ma in qualche modo ” manchevoli”di quel guizzo “di sublime, di unico, di quella espressione capace di contenere al contempo concetti appartenenti alla sfera esistenziale e a quella sociale come la solitudo/moltitudo del singolo e della collettività, di una visione ancora da venire eppure già in essere” etc. che appunto usiamo definire “genialità”, capace di travalicare la finitezza dell’esistenza e con essa uomini, spazio e tempo.

    Alberto Rizzi
    1) – Partendo dall’interpretazione che di questo punto mi ha dato Ennio, direi che sul concetto di “creatore” non sono molto d’accordo. Dal nulla non si crea nulla? Ma il “nulla” non esiste; oppure “tutto è nulla”, col che in fondo si dice la stessa cosa. Quindi si crea, eccome; trasformando l’esistente, certo. Ma – a mio parere – si crea.
    Esotericamente parlando ci sono vari gradi di “creatori”: c’è il “Creatore” (che è forse il “Creato” stesso) e c’è il “garante dell’equilibrio” del Creato: che, per forza di cose, di capacità creativa deve averne parecchia. E ci sono i “Co-creatori”: quelli che vengono genericamente chiamati “Dei”; costoro hanno il potere di intervenire in vario grado sulla materia, modificandola: e allora a questo punto pure l’artista un po’ “co-creatore” lo è; e non può stupire che nelle società civili (quelle che l’arroganza Occidentale definisce “primitive”, perché non pensano come si vorrebbe qui) la figura dell’artista operi nel campo della magia.
    Mi va meglio la definizione di artista come tramite, anche se la trovo un po’ strettina.
    Non ricordo chi, definì la creatività artistica una forma di schizofrenia controllata; e a me tale definizione va benissimo: il che significa che l’artista “si sdoppia” e diviene davvero il tramite di un qualcosa che gli giunge da “altro”, o da “altri”. E l’esempio di Bic, che farò al punto seguente, mi sembra chiaro. Però secondo me non è finita lì: perché se l’originalità è davvero impossibile da ottenere al 100%, è anche vero che comunque l’autore ci mette anche del suo; non è quindi un mero veicolo di collegamento tra un “qualcosa altrove” (la famosa immagine delle idee nell’Iperuranio?) e il fruitore.
    2) – Mi piace quel “…torbida corrente dell’irrazionalismo.”: quanto “pensiero bipolare” c’è dietro a questa definizione…
    Comunque: intanto si potrebbe obiettare che esiste anche una “genialità del fare”, ovvero lo scoprire nuove potenzialità di una determinata tecnica, meglio se al di fuori dei fini per cui era stata pensata. Un esempio paradigmatico di ciò (e anche dell’opera – non necessariamente d’arte – come qualcosa “di organico ed inconscio”) è l’invenzione della penna a sfera: laddove il Bic scopre in sogno il meccanismo tecnico per farla funzionare.
    Ma poi, chi è che “sopprime il momento di finitezza del fare”? Il fautore del pensiero bipolare: che prima divide e poi sminuisce o addirittura nega una parte in favore dell’altra. Chi ragiona a mente libera, sa che i due momenti sono strettamente interconnessi; e questo limite vale pure quando Adorno scrive dell’eventuale assolutizzazione del singolo nei confronti della sua connessione con la società.
    3) – “Minorati”? Piano con certi termini, Sig. Adorno…
    4) – Sì, pur ritenendo che il concetto di “sostanza dell’opera” possa essere piuttosto articolato e suscettibile di numerose interpretazioni, anche contrastanti fra di loro.
    5) Ma anche questo modo di spiegare la genialità dice tutto e niente: se uno gira nudo per strada (in Occidente…) si esprime in maniera anticonvenzionale, ma ci penserei su prima di definirlo “genio”.
    Il concetto di “genio” che io sottoscrivo, almeno riguardo al contenuto, è “persona che è talmente in grado di leggere e collegare gli accadimenti contemporanei (e, se serve, del passato) da poter indicare attraverso un’opera d’arte gli sviluppi che potrebbe prendere la società in un futuro più o meno vicino.” In questo senso Andy Warhol e Orson Welles (quest’ultimo anche dal punto di vista della “genialità del fare”) furono dei geni.
    E questa capacità può anche essere definita “divina”, con tutti i rischi che la parola implica: perché di sicuro sono in ben pochi ad averla; e altrettanto di sicuro non si apprende per via razionale, o solo attraverso quella.
    6) – Qualsiasi ideologia rende il mondo meno umano: a parte le nobili intenzioni dalle quali scaturirono, sono state usate apposta per questo. Con successo.

    Ennio Abate
    Manca solo il voto! Magari un bel 4 o un 5 meno. Questi sarebbero ragionamenti « a mente libera »? Il tuo commento a me ha fatto venire in mente i graffiti scarabocchiati sui monumenti cittadini da giovanotti che orecchiano e poi straparlano, supponenti, soddisfatti, ebbri di sé. Oppure i ricami soggettivi e non argomentati dei lettori sbrigativi. E resto quasi intimidito dalla tua sfacciata sicumera. Non voglio inutilmente polemizzare. Hai la tua visione e te la lascio.
    P.s.
    Se un giorno ti venisse in mente di curiosare tra le pagine della Teoria estetica, vedi che Adorno parla di originalità subito dopo (pagg. 289-291).

  2. Il concetto, o meglio la categoria di “genio” contro la quale argomenta Adorno è quella borghese del tardo Ottocento, di “una anima che non possa mai essere richiusa”, della separazione completa, insomma, dell’arte dalla storia e dalla società.
    Forse sono puerili le ironie sull’Allegretto della Settima sinfonia di Beethoven, forse, ma la banalizzazione del bene è di gran lunga peggiore.

  3. Dato che su Poliscritture FB mi hanno richiesto di scannerizzare le pagine della Teoria estetica dove Adorno parla di originalità, le riporto anche qui (per leggere meglio usare lo zoom):

     

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