Tre poesie

di Franco Nova

IL TEMPO PASSA, UN BALENO
 
Volto le spalle al chiarore lunare
ma poi mi rivolto pentito;
e dal passato emergono lampi
d’una gioia o d’un languore
che rendono trepida l’anima.
 
Scavavo nella sabbia circuiti
per auto che mai avrei avuto;
non benzina era il carburante
ma il sogno della ragazzina
della fatata casa, di fronte.
 
Trepida l’attesa ogni mattina
dell’aprirsi del balcone dove
il sogno diffuso nel suo viso
rapiva incantato l’animo mio
mentr’essa manco mi notava.
 
Non importa, mi dicevo,
l’importante è che esista qui
dove sempre la posso sognare.
Un giorno, senza preavviso,
il balcone s’aprì e fu nulla.
 
Attesi un giorno e poi ancora;
infine un viso di vecchietta
apparve, salutò e mi sorrise.
Fui sconvolto e non risposi,
la mia vita balzò in avanti.
 
Non più conscio del tempo
che passava in triste attesa
d’una nuova luce lì davanti.
No, solo gentile vecchietta
al cui saluto ora rispondevo.
 
Scordai la fanciulla, altre
si fecero via via presenti.
Un giorno, altra vecchietta
si presentò al balcone e
mi salutò come conosciuto.
 
Risposi assai circospetto
e m’interrogai sul perché
di così calda cordialità
più simile ad un’amicizia.
La risposta infine venne.
 
Era la bimba d’un tempo;
non più timida, non fingeva
di non vedermi e rideva.
Molto tempo era passato,
ma adesso ero gioioso. 

   
 
 
IL TEMPO, MALATTIA PERENNE
 
M’affaccio lieto alla finestra
della camera di mia gioventù.
Laggiù in fondo la quercia,
sempre eguale a quando
mi separava da un mondo
in cui c’ero fantasticando.
Oggi sembra solo una parte
di quello che mi circonda;
non così nell’epoca che fu.
Fantasmi ratti apparivano;
e ingordo ero di desiderio
delle loro membra sinuose,
senza sentore d’una realtà.  
Mai passavano i giorni;
nello spazio tutto mutava
ma il tempo era sconosciuto.
Perché allora sono vecchio?
Invece degli allegri fantasmi
m’appaiono pietrosi pilastri;
colpa del mio arido cervello
o il riapparire del Tempo,
il mostro che tutto inghiotte?
Sì, è proprio lo scellerato
contro cui lottiamo invano
per l’intera nostra esistenza;
fin dal primo giorno battuti
senza aver commesso colpa
se non quella di voler vivere!

 
 
 
LA VERITÀ, SOLO LA VERITÀ
 
Sferraglia il treno rapido
ed esce dai binari divelti
nella stazione affollata.
Molti sono i morti e
ancor più i feriti gravi.
I vivi sono terrorizzati,
corrono in pieno caos;
infine sereni i deceduti.
Incredibile! Si rialzano,
bloccano i fuggitivi e li
rassicurano con lieti sorrisi.
Nulla di terribile è accaduto;
il mondo è ancora in piedi,
la Terra percorre tranquilla
il suo giro intorno al Sole.
Che volete che siano i morti
quando l’Umanità tutta
continua con i suoi trambusti,
con le sue malvagità impunite,
con le menzogne spudorate.
Siamo fuori da ogni falsità,
noi discutiamo solo del Vero.
Minimo fastidio gli angeli
invidiosi della nostra sessualità,
che è ormai un puro sogno.
Immensi prati tutti fioriti,
boschi d’alberi mai visti
che ti parlano d’eternità.
Non piangete per noi morti
che abbiamo pena per voi.
Cercate di raggiungerci presto,
insieme diremo solo verità;
saremo felici come i bimbi
quando vivono le loro fiabe.  
 
 

1 pensiero su “Tre poesie

  1. be’, mi consola: le aspirazioni al Vero, e la certezza che i morti sono al cospetto della verità (in un aldilà immaginato come realepossibile) ritornano alle vecchie credenze, come fossimo ancora quieti creduloni: ma già, come si può farne a meno?
    L’ateismo è difficile, e il panteismo, parente della teologia negativa, non consola.

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