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In morte di Luigi Manzi. Un omaggio

di Ennio Abate

Rimando all’articolo e ai commenti del 4 agosto 2013 sul blog POESIA E MOLTINPOESIA

QUI

e aggiungo questo  mio appunto:

RIORDINADIARIO DI E. A./

A PROPOSIO DI LUIGI MANZI

12 marzo 2013

A G. Linguaglossa:

La poesia di Luigi Manzi è una bella poesia, ma non aiuta a chiarire l’uso equivoco che fai del termine «piccola borghesia». Ora anzi parli addirittura di «essenza «piccolo borghese»; e cioè sottrai la categoria al piano storico, l’unico per me valido per non sfondare verso una sorta di “metafisica sociologica”.
Se ci atteniamo a tale piano, sarà chiaro che possiamo ( o si poteva almeno fino agli anni Settanta del Novecento) parlare con una certa precisione di piccola borghesia. Era la classe intermedia (e tutto sommato secondaria) tra la borghesia e il proletariato, le due protagoniste del conflitto “fondamentale” nella società capitalistica. Era la visione classica marxista, che in certe sue ripetizioni scolastiche ha, quando erano forti i partiti della sinistra socialista e comunista, alimentato purtroppo atteggiamenti moralistici e di svalutazione nei confronti della reale piccola borghesia e da parte degli stessi intellettuali piccolo borghesi, spesso tra I più più sensibili al “conflitto di classe”. Conflitto che pareva imponesse loro di di stare, appunto, o con i dominatori (borghesi) o con i dominati (proletari o operai).
Questo residuo moralismo, oggi di segno ribaltato per il crollo di quelle ideologie, mi pare emerga nel tuo commento quando parli di Giovanni Giudici ed ironizzi sul «mandato catto-comunista di attenzione alla vita quotidiana degli “umili”, cioè i piccoli borghesi che edificavano a quel tempo la nazione».
Non mi pare poi che regga neppure la contrapposizione netta che vedi tra Manzi e Giudici o tra la poesia di Manzi e quella di Giudici.
Non so quale sia l’estrazione sociale di Manzi, ma non credo sia troppo diversa da quella di Giudici o da quella nostra; cioè di appartenenti al ceto medio (in via d’impoverimento) che possiamo considerare l’erede della piccola borghesia del secondo Novecento. Quindi, sul piano strettamente sociologico, piccolo borghese era Giudici e piccolo borghese all’incirca sarà anche Manzi.
Ma spostandoci sul piano simbolico, ti pare che l’attenzione «alla Attualità, al Quotidiano, al Privato» possa essere un attributo esclusivo di una poesia “piccolo borghese”? E dove stanno allora Manzi e la sua poesia, ammesso che riescano a prendere «le distanze da tutto» – (un inspiegabile “mistero” per me, se Manzi vive in questo nostro povero Paese) – o non siano «né di destra né di sinistra» e non puntino « al centro, né al cielo della cielità né alla terra della presunta terrestrità»?
Posso ammettere che la sua sia « una poesia senza mandato, senza mandatario», ma «senza messaggio»? E poi davvero «non si rivolge a nessuno né vuole convincere nessuno»?
Resto alquanto scettico. A me pare che, per correggere le distorsioni di una certa poesia “impegnata” o “propagandistica” di anni passati, si finisca per attribuire l’etichetta di «grande poesia» solo a quella che ha perso o cela i suoi legami con la storia e la realtà. (E sia chiaro che qui non mi sto pronunciando né su questa poesia di Manzi né su di lui).

Al posto della “vocazzione”

 Tabea Nineo, R dormiente, disegno 1978

Riordinadiario 28 aprile 1978/2002/2023

 di Ennio Abate

Da giovane l’ho desiderato. Ma i miei pochi tentativi di lavorare professionalmente come scrittore o come artista sono sempre falliti.  E ho accettato senza troppi drammi di fare altri lavori (impiegato, operaio notturnista alla SIP, insegnante) per mantenermi e mantenere la famiglia che mi ero fatto, continuando però sempre – sia pur da isolato –   sia a  scrivere (soprattutto) e, più episodicamente, a disegnare o dipingere. Continua la lettura di Al posto della “vocazzione”

Sulla guerra in Ucraina. Rileggere, rileggersi (1)

Riordinadiario del 4 aprile 2022

di Ennio Abate

Senza un ordine preciso rileggerò e selezionerò le cose scritte da vari autori (quasi tutti incrociati su FB) sulla guerra in Ucraina dal momento del suo scoppio (la mia prima reazione del 23 febbraio 2022 qui). Questo è il primo appunto. Continua la lettura di Sulla guerra in Ucraina. Rileggere, rileggersi (1)

Appunti da dattiloscritto. Seminario arcivescovile di Salerno

Riordinadiario 26 dicembre 1977

di Ennio Abate

I primi pensieri e ricordi che poi svilupperò in A vocazzione in corso di stesura e  pubblicazione qui su Poliscritture. 

accettai come medicina/ da mani amiche/ nauseante clausura/

a decenni di distanza e d’esperienza/ con tremito di nuova/breve sconfitta [1]/ ho fotografato la mia prigione di una settimana nel tiepido autunno del 1951/

con quanta imperizia da bambino/ palpai frastornato le immagini del mondo che mi avevano assegnato/ loro/ i filosofi oscuri/ i parenti sfuggiti alla guerra/(e non potevano morire/ senza gravarci del viscido ossequio/ ai gestori dell’angoscia e della morte?)/ sono riusciti nell’impresa educativa/ quel loro linguaggio sta ancora nel nostro linguaggio/ pericolosa permanenza/ e fa disperata la  scommessa nel futuro/ anche se evitasse puerilità e imbecillaggini/

e la vergogna di sfilare nella  parata dei seminaristi teste rasate?/ l’orrore delle pulci nella brandina sconosciuta?/ la prepotenza in  sguardi e gesti di chi  è abituato al comando del capo sala?/ l’esempio intravisto – (ribellati anche tu!) – del fuggitivo riacciuffato? [2]/ il cibo scarso?/ la solitudine in mezzo a sconosciuti?/ peccati?/ e che peccati?/ l’indisponibilità al gioco/ lo sfottò negli sguardi della gente/ la dipendenza da consapevoli-inconsapevoli torturatori/ angoscia pesantissima e inesprimibile allora in parole / compagni (di sventura)/ uno si chiamava Tisi Aldo/

Salerno? manicomio clericale/ capitalismo?/ ma se eravamo ignari leccaculo di un sindaco democristiano e del parroco?/ ci salvò il risveglio sessuale/ si ribellò da solo il corpo/ l’intelligenza non poteva/ nessun pensiero allora se non di salernitudine/ manco un figlio di comunista tra i coetanei/ la voglia di amicizia/ claustrofobia/ poche fanciulle/ quali punti di appoggio per liberarsi ed esprimersi?/ anche fuori dal seminario/ così fortunosamente attraversato e sfuggito dopo quella settimana/ le amicizie erano solo quelle/ le strade  solo quelle/ aggirarsi sentendosi traditori/ fra stessi preti e stesse bigotte/ non aver soddisfatto le loro attese/ loro restavano ancora i potenti/ avevano centri d’organizzazione e autorità/ riaccolto come simpatizzante/ ora che era sfuggita la vocazzione/ persa la via più luminosa per addestrati ambiziosi/

non servirono le immagini paesane raccolte  a Barunisse da  piccolo/ (non fummo mai primitivi, però)/ me le avevano già spazzate via/ arrivato a Salerno ero purificato come un impiccato di Villon/ cavia volenterosa per gioie possibili solo in città , in parrocchia e nei dopoguerra/ poche speranze/ scampate ma in esilio [3]/ scampate ma per ribellione delle mie visceri/ (marchiato comunque/ sì, ma ribelle comunque)/

da dove venivo/ veniamo compagni?/ da questo marcio/ marcio visibile per voi/ addosso dentro sotto la pelle per noi/ anni passeranno/ studi amicizie letture altre ribellioni impercettibili/ e soltanto per prendere le distanze/ soltanto per poter fotografare/ ancora un po’ la mano tremante/ quella prigione/ non reliquia/ quel seminario arcivescovile/ mentre la DC già perdeva voti/ diminuivano le vocazioni/ su Epoca conoscevo le prime illustrazioni a colori degli impressionisti/ conoscevo il primo comunista/ imparavo a cercare nei libri i segni di un mondo più respirabile/ altro che conoscenza libresca!/ per me i libri erano un oggetto di lusso da rubare/ incontravo gente/ carte assorbenti per me/ assorbivano un po’ i miei spurghi d’angoscia/  i miei innamoramenti da Guerrin Meschino [4]/

gente gente gente/ impiegati operai studenti/ incontri che tornano ad essere pochi/ e saltuari/ e difficili/ basterà mai essere fuggito in esilio?/ e quelli che restarono in quel seminario e sono oggi preti?/ per un pezzo scartato/ quanti riusciti?/ e uno scarto è sempre uno scarto/ porta il segno di un progetto diverso nel suo corpo/ non basta l’invettiva a trasformarlo/

ora siamo scampati a un seminario rosso [5]/ anche qui appena in tempo e non senza danni/ le carte ancora scompaginate/ l’osservatorio lì in alto/ che doveva permettere una visione unitaria del passato e del mondo/ è più in basso che mai/ ai piedi della montagna/ manco a metà strada/ ci si deve rimettere in cammino/ nuovo esilio/

vederci ancora ragazzi/ quasi proletari/ vittime di un’istituzione cattolico borghese/ perché il cattolicesimo riguarda i proletari/ la parte più sguarnita dei proletari/ ma basta?

Note


1. Riferimento alla militanza in Avanguardia Operaia (1969-1976).
2. Uno dei ragazzi era scappato dal seminario ed era stato poi ritrovato per le strade di Salerno e riportato tra di noi.
3. Riferimento alla mia “fuga” a Milano nel ’62.
4. Di questa figura della tradizione cavalleresca a me arrivò ragazzo solo il nome e qualche suggestione attraverso la lettura di un fumetto. Non saprei dire  se apparso sui primi numeri usciti nel dopoguerra de Il Vittorioso. Mi aveva colpito un’espressione che il cavaliere rivolgeva al suo cavallo: “la mia salvezza è affidata ai tuoi garretti”.  Che non riuscivo a decifrare ignorando il significato di ‘garretti’. Mi accorgo soltanto oggi che è una corposa opera  scritta intorno al 1410 da Andrea da Barberino. (Wikipedia)
5. Ancora riferimento alla mia militanza in Avanguardia Operaia.

Prove di narratorio 1982

 

Tabea Nineo, Maschera del sospetto, disegno anni ’80

Riordinadiario  gennaio-febbraio 1982

di Ennio Abate

Gennaio 1982

Di fronte agli adolescenti

Quelli i temuti giudici delle sue azioni e parole. (O osservatori occasionali?). Della loro attenzione nei suoi confronti, del resto, era lecito sospettare. Come fantasmi, però, c’erano. Per lui. Nessun dubbio.  E non rinunciava a interrogarsi e a interrogarli.  Lo gidicavano troppo protettivo? Piccoli episodi quotidiani parevano una conferma. Non aveva coi figli abbuonato spesso e a loro vantaggio i turni pattuiti per le piccole faccende domestiche? Aveva persino accompagnato in auto la figlia E. fino alla lontana discoteca, malgrado non ne avesse voglia. E si era dato da fare per le difficoltà scolastiche di D., coetanea di E., correggendole i compiti di latino e facendola ragionare al momento in cui lei voleva abbandonare la scuola . Quei piccoli fatti confermavano una sua disponibilità riottosa e burbera a ritrovarsi alleato dei giovani. Pur provando altre volte un vago sentimento – di “debolezza” lo definiva –  di contrapporsi  a loro. Continua la lettura di Prove di narratorio 1982

Riordinadiario 7 ottobre 2022

SULL’ASSEMBLEA DELLE LISTE CIVICHE (ARTLISTA E CSD)
6 OTTOBRE 2022 IN VIA PETRARCA A COLOGNO MONZESE

di Ennio Abate

Ieri sera sono stato all’”auditorium” di Via Petrarca per seguire l’assemblea pubblica di ArtLista e CSD. La prima dopo il commissariamento del Comune di Cologno Monzese ma anche dopo la clausura per Covid e lo sconquasso per la guerra in Ucraina. Un po’ di pubblico (di anziani, molti di loro con un certo passato politico alle spalle) e anche qualche giovane.
Che delusione, però!

Continua la lettura di Riordinadiario 7 ottobre 2022

Riordinadiario 16 novembre 1980

Tabea Nineo, Perde la testa, 1980

Narratorio

di Ennio Abate

In una notte piovosa. C’era uno omino con una testa grossa che, mentre correva, perdeva pezzi del suo corpo.
Perse dapprima un piede. Poi la mano, mentre il fascio di luce di un lampione (che subito dopo si spense) gliela illuminò, squarciandola).
Biancore tremendo. Si sentì l’inizio di una musica:  un andante disperato. Un cane latrò. La musica si arrestò.

L’ombra dell’uomo che correva – aveva perduto ormai tutto il petto, cuore compreso – schizzò davanti a lui.
Fermati, ti prego! – gli disse – Non sei più quello di una volta.
Fatti in là, maledetta – sibilò l’omino – Non mi hai voluto coprire quando avevo freddo. Adesso vattene!

Passavano alcuni giovani. Uscivano da un cinema discutendo della trama del film appena visto. Esprimevano impressioni bambinesche e se le ributtavano addosso l’un con l’altro. Ad alta voce. L’omino voleva intervenire. Aveva visto anche lui quel film.

Ormai, però, aveva perso quasi tutti i suoi pezzi. La sua testa tonda stava finendo di rotolare verso un muro in fondo alla strada. Il suo occhio, prima che la testa si fermasse dolcemente sul ciglio del marciapiedi tra mozziconi di sigarette e cartacce colorate, staccandosi saltellò oltre sull’asfalto come una biglia .

Riordinadiario 17-18 dicembre 1983

 Rileggendo «Questioni di frontiera» (1977) di Fortini. Appunti.

 

di Ennio Abate

Fortini critica il concetto di proletariato di Pasolini, degli operaisti, del PCI in nome di un proletariato terzomondista, che l’intellettuale può/deve   pensare da esterno. Continua la lettura di Riordinadiario 17-18 dicembre 1983

Riordinadiario 1975

Tabea Nineo, disegno anni ’80

 Stesura del dicembre 2020

di Ennio Abate

Riapro la cartella 1973-1975.  I fogli sono dattiloscritti. Alcuni sono di carta velina. (Allora si usava ancora per ricavare una o più copie di un  documento dattiloscritto, mettendo tra i fogli la carta carbone[i] Continua la lettura di Riordinadiario 1975