Archivi categoria: ESODI

Passare i confini

Han cancellato la Shoah

di Gustavo (diomiperdoniLevi)

da ora,
ogni volta che sentirò la parola shoah
penserò a Gaza
10 morti ogni uno, e non è finita
son nato a un tempo orribile
quando questa pratica era di moda
non permettono i giornalisti
e ammazzano quelli indipendenti che trovano
distruggono gli ospedali
e uccidono medici e pazienti
un solo morto, sempre, è uno di troppo
qui sono cinquemila bambini
e quattromila donne
da ora
ogni volta che si dirà la parola shoah
penserò a Gaza

non sono soli gli israeliani
complici tutti gli ebrei delle comunità plaudenti
in italia come negli usa
la prima mano l’ha messa il capo dell’impero
la seconda, nascosta, il capo del loro governo
la terza il solito occidente
ma del resto ricordiamo
che hitler aveva tanti amici
dal re d’inghilterra ai potenti d’america
che ne condividevano valori e sogni
è solo quando la concorrenza l’ha sconfitto
che è stato dipinto come pazzo
ma ha generato dei buoni discepoli
da ora
ogni volta che risuonerà la parola shoah
penserò a Gaza

pochi i giusti rimasti            e ammutoliti

Riepilogo del don giovanni pezzente


di Ennio Abate

Tu, mio strabico amore assaggiato fra tempi di chiesa e di liceo; e tu, esile simulacro di sesso costruito da perfidi avventori di latteria; e tu, amore risicato in cuore battente d’impiegata.

Donne, giovanili prede, alle quali i seni belli, amaramente distratto, toccai: e alle quali impacciato esposi la mia ferita di incerta lussuria, ora che siete incorporeo fantasma di tiepida vergogna, datemi la chiave di quel mio comunissimo bisogno di congiungimenti coi corpi vostri smaniati.

Quanto seria fu, con voi, la mia non scafata giovinezza! Quanto freddi sarebbero ora gli sguardi sulle vostre polpe rugose.

Ah, maschili ardori di un’epoca d’istinti assuefatti al profitto! Da essi assediato, vi assediai. Sudando e balbettando, che amplessi dolenti, che confusione nei cuori, che fretta brigante la mia sulla funivia di sentimenti barcollanti!

Pensarvi oggi è vano? Gli energici corpi di una volta, più che mai curati, saranno flosci e, come il mio, indeboliti. I ricordi inquietanti sepolti nell’assillo di più rapidi giorni. Ma sempre vi luciderò, madamine d’oré, con devoto, assiduo riguardo all’antico fulgore.

Nota del 24 novembre 2023
In questi giorni ho preso appunti su vari commenti letti dopo l’uccisione della giovane  Giulia Cecchettin da parte del suo fidanzato. Molti – anche di femministe che in passato ho stimato – mi hanno lasciato insoddisfatto: sollevano polveroni sui fatti e offrono ricette ottimistiche che respingono per la loro astrattezza. Non concordo, ad esempio, con l’enfasi  movimentista e progressista di Lea Melandri (qui). Perché trascura il fatto che le proteste contro i femminicidi sono diventate un rito che arriva sempre dopo e ripara soltanto l’angoscia che il ripetersi delle uccisioni fa calare  sulle nostre menti. Trascura pure quanto tali proteste siano manipolate dai mass media. (Come si fa a considerare quasi un buon risultato che i mass media nominino il femminicidio – “già il fatto di nominarlo”- mentre i femminicidi continuano?). Sono, infine, molto scettico sul rimedio da più parti proposto: «Serve una educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso». Concordo, invece, con quel che ha scritto Tiziana Villani sulla sua pagina FB (qui) : «l’evocazione del patriarcato come origine di tutti i mali non mi è sufficiente, non mi aiuta a cogliere i molti modi della sopraffazione che certo sono culturali, ma non solo». Tornerò sulla questione partendo da quanto avevo scritto nel 2010:

Alla vulgata sia della fine della storia che del postfemminismo o della femminilizzazione trionfante nel lavoro delle società post-fordiste, ho preferito una riconsiderazione storica sia del comunismo che delfemminismo: entrambi per me rovine di un fine Novecento da interrogare e reinterpretare per leggere nelle trasformazioni in corso - non certo benefiche per i molti uomini e donne del pianeta - qualcosa d’ altro.
Non credo che il mio narratorio sia misogino o antifemminista, ma più monologante che dialogante di quanto desideravo, sì. Per costrizioni esterne e per scelta meditata e consapevole poi. Da qui l'attestarmi in una pacata difesa del vissuto che sta alla base di Donne seni petrosi. E anche della forma – amara, smorzata, cupa, “cruda” - di certi testi e dello stesso titolo.
Considero tali aspetti da vecchio, quale sono in effetti diventato, una faticosa conquista compiuta soprattutto attraverso la scrittura. E voglio conservarli, discuterli pure, ma non scioglierli con disincanto in una tardiva, impossibile, astorica, artificiosa nuova armonia tra uomo
e donna, tra “maschile” e “femminile”.

12 maggio 2010   (Da Ennio Abate, Donne seni petrosi, Farepoesia 2010) - 
  • Carboncino di Tabea Nineo

Murales zapatisti. Progetto d’un mondo nuovo (2)

Foti di Andrea Gazzaniga

Roberto Bugliani – Aldo Zanchetta
Murales zapatisti. Progetto d’un mondo nuovo
Mutus Liber, Riola (BO) 2022

 

di Roberto Bugliani  e Aldo Zanchetta

[…]  Scrive Le Bot che in una guerra come quella tra EZLN e Stato federale messicano, «venuta dopo la caduta del muro di Berlino (…), i simboli contano più delle armi» (Le Bot e Subcomandante Marcos, Il sogno zapatista, 1997, p. 12).
Raccontando degli anni di «costruzione dello zapatismo» nella selva, e dopo aver distinto tra uso del simbolo, dovuto alla «componente india» del movimento, e l’apporto dei «simboli storici» da parte dell’«organizzazione politico-militare urbana», il subcomandante Marcos aggiunge: Continua la lettura di Murales zapatisti. Progetto d’un mondo nuovo (2)

Murales zapatisti. Progetto d’un mondo nuovo

Foto di Andrea Gazzaniga

Roberto Bugliani – Aldo Zanchetta
Murales zapatisti. Progetto d’un mondo nuovo
Mutus Liber, Riola (BO) 2022

di Roberto Bugliani e Aldo Zanchetta Continua la lettura di Murales zapatisti. Progetto d’un mondo nuovo

Ricordare e sognare

 In margine a “Viviamo senza sognare” di F. Nova (qui)

di Rita Simonitto

Visto che le poesie non sono soltanto ‘pezzi ‘e core’ ma trasmettono anche dei messaggi volevo soffermarmi su due punti. Continua la lettura di Ricordare e sognare

Sine titulo

di Roberto Bugliani

“Sono dialoghi costruiti in modo particolare, di cui che io sappia non conosco esempi in letteratura (a parte testi che vi s’avvicinano come quello di Carlo Coccioli, “Le case del lago”, o alcuni di Manuel Puig e Antonio Lobo Antunes). Sono dialoghi in cui i dialoganti non hanno indicatori semantici (quello che nei dialoghi “normali” indica l’identità e il tipo di “comportamento” dialogici, come “disse a voce bassa X” o “Y rispose con voce alterata”). Quando poi un dialogante interrompe il discorso dell’altro per fretta o per ribattere una cosa contraria, allora la stringa dialogica di chi interrompe ha inizio subito sotto il discorso del primo, con la prima parola in minuscolo e senza punteggiatura finale fino a che le interruzioni non finiscono, come una sorta di gradino o i versi d’una poesia. Graficamente questa disposizione spaziale è importante perché connota semanticamente una situazione. Qualora i dialoganti siano più di due, il dialogo si arricchisce di altre voci, diventa un dialogo plurale, dove nelle interruzioni che aggiungono altre voci valgono le stesse norme del dialogo a due. Le parole straniere, poi, le ho scritte come si pronunciano.” (da una mail di R.B. a E. A.)

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Tre tentativi di teologia contemporanea

di Giuseppe De Angelis

Giuseppe De Angelis è un giovane dottore in filosofia. Recentemente mi ha fatto leggere queste “Tre prove di teologia contemporanea”, continuazione in qualche modo della sua tesi di laurea. Ho letto volentieri le sue pagine e, pur condividendo singole proposizioni, in uno scambio di mail, gli ho detto chiaramente che la mia ricerca si muove su un altro terreno e all’interno di altri orizzonti. Per quanto mi riguarda, infatti, se devo ricorrere alla teologia, preferisco il «Trattato teologico-politico» di Spinoza o il messianismo di Benjamin. «Ma non è questo il punto. – Gli ho scritto nella mia e-mail. Preferisco restare sul tuo terreno, sulle scelte di scrittura-riflessione che tu compi. Allora ti pongo queste domande:

  1. È proprio necessario ricorrere al mito biblico per indagare e comprendere l’Essere, l’Esistere e l’Amare? Quale maggiore comprensione si guadagna rispetto ad altre modalità d’indagine?
  2. Per spiegare l’Amore perché scegliere il mito di Lucifero e non quello raccontato da Platone nel Simposio? Insomma, perché preferire il divino vetero-testamentario?
  3. La riflessione filosofica che, mi pare, si caratterizzi proprio per il suo emanciparsi dal “mithos” a favore del “logos”, se torna ad affidarsi in modo così palese e prevalente al mito religioso, non rischia dei passi indietro?…»

De Angelis ha provato a rispondere alle mie domande, ma i miei dubbi e le mie perplessità rimangono. Credo, comunque, che, per far crescere la riflessione, le “tre prove” abbiano bisogno di una circolazione più ampia. Da qui la mia proposta di pubblicazione su Poliscritture. (D.S.)

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