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Narratorio grafico di Tabea Nineo

di Ennio Abate

 Ho trasferito tutti gli articoli del blog Narratorio grafico di Tabea Nineo (2011-2021) qui su POLISCRITTURE nella rubrica omonima (qui).

Presentazione 2011
Da ragazzo ho imparato a scrivere. Ma ad un certo punto ho imparato anche a disegnare e dipingere.  Per molti le due attività sono conciliabili o si alternano senza troppi problemi. Nel mio caso non è andata così. Scrittura (poesia, saggistica) e pittura  sono state  davvero in certi periodi della mia esistenza strade divaricate e poco conciliabili. Per ragioni che ora non affronto. La scrittura ha preso il sopravvento sull’altra attività che è rimasta secondaria.  Anche se il Tabea Nineo (anagramma giovanile del mio nome e cognome), col quale  avevo deciso di firmare disegni e dipinti, è in fondo un mio gemello e, quando ho potuto, gli ho dato più  spazio: prima insinuando “disegnini” in bianco/nero sui fogli dei quaderni o sulle pagine dei giornali o delle riviste o  dei libri che, per passione o obblighi, andavo leggendo; più tardi lavorando su fogli da pacco o disegno  e, più recentemente, anche su tela e coi colori ad olio,  passando così dalla stilografica o dalla biro al carboncino ai pennarelli e ai pennelli. C’è una certa contiguità tra la mia scrittura e i grafismi che, a partire da uno “scarabocchio”, diventano figure. E spesso le due ricerche, che hanno temi simili, sembrano collaborare e somigliarsi Non so dire quanto il mio narratorio in parole e quello grafico siano complementari. So che a volte imboccano direzioni diverse e si perdono di vista. Anche se il sogno giovanile di una possibile unità,  in cui disegni, poesie e prose si ricompongano, fuori da ogni gerarchia, non è del tutto svanito , per ora e per me scrittura e pittura rimangono solo inquietamente vicine.

–  In copertina: Tabea Nineo, Ombra di donna e uomo antico, olio 2003]

AL VOLO/ IMMAGINI, FOTO, APPUNTI, SCRITTURE

e sempre più spesso facciamo l’esperienza di immagini provvisorie, immagini che non durano, immagini che appaiono e che si sciolgono in questo flusso ininterrotto. È un po’ quanto aveva cercato di circoscrivere la mostra Le supermarché des images, curata da Peter Szendy, al Jeu de Paume di Parigi. Rispetto a questo tsunami di immagini, spesso la risposta comune è dire che sia necessario costruire una barriera e proteggerci. Per me è assurdo. In primo luogo, si tratta appunto di un flusso la cui invadenza è tale solo se lo vogliamo; e in secondo luogo, più importante, all’interno di tale flusso c’è una quantità d’immagini che sono in attesa, per così dire, di essere svegliate. 

(da https://antinomie.it/index.php/2021/06/17/la-cesura-delle-immagini-conversazione-con-jean-christophe-bailly/)

Un appunto del 28 giugno ’78

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è 1978-progetto-19780001.jpg
Progetto di murale 1978

Disegni. Sviluppo della ricerca grafica in prevalenza solo a partire da una memoria sedimentata, mai da immagini presenti. Clandestinità, privatezza della mia ricerca artistica. Corrosione che subiscono le immagini nella memoria quando le disegno. L’occhio non riesce a percepire un’istantanea. La contemplazione mi è vietata. Sopravvivono nei mie disegno temi di cose viste in passato (albero, bosco, cascina, campi, chiesa). Ma forse sono ormai citazioni. Le immetto in un contesto di immagini d’oggi (strada, segnali stradali, etc.), di suoni (clacson, radio, ecc.), di sentimenti (paura per la velocità o indecifrabilità di parte delle cose percepite) che non erano operanti nella mente  dei pittori di una volta o di chi semplicemente guardava attorno a sé un mondo diverso da questo. Mi è impedita anche l’impressione, che ha una certa pacatezza. Resta una labile sequenza di istantanee, forse ripensabili o recuperabili dopo, a memoria. A disegnarle al momento non vai oltre lo schizzo scarabocchio che al momento non mi dice nulla.