Il 22 novembre scorso su Poliscritture FB ho condiviso dalla pagina FB di Simona Borioni
l’editoriale di un generale israeliano comparso sul quotidiano Yehidiot Ahronot (qui sopra l’immagine) e l’ho introdotto con un brano di Franco Fortini sulla violenza. Ripropongo qui i due scritti assieme alla lettera di critiche ricevuta da Massimo Parizzi e alla mia replica. Continua la lettura di Ancora, ancora sulla violenza→
Tu, mio strabico amore assaggiato fra tempi di chiesa e di liceo; e tu, esile simulacro di sesso costruito da perfidi avventori di latteria; e tu, amore risicato in cuore battente d’impiegata.
Donne, giovanili prede, alle quali i seni belli, amaramente distratto, toccai: e alle quali impacciato esposi la mia ferita di incerta lussuria, ora che siete incorporeo fantasma di tiepida vergogna, datemi la chiave di quel mio comunissimo bisogno di congiungimenti coi corpi vostri smaniati.
Quanto seria fu, con voi, la mia non scafata giovinezza! Quanto freddi sarebbero ora gli sguardi sulle vostre polpe rugose.
Ah, maschili ardori di un’epoca d’istinti assuefatti al profitto! Da essi assediato, vi assediai. Sudando e balbettando, che amplessi dolenti, che confusione nei cuori, che fretta brigante la mia sulla funivia di sentimenti barcollanti!
Pensarvi oggi è vano? Gli energici corpi di una volta, più che mai curati, saranno flosci e, come il mio, indeboliti. I ricordi inquietanti sepolti nell’assillo di più rapidi giorni. Ma sempre vi luciderò, madamine d’oré, con devoto, assiduo riguardo all’antico fulgore.
Nota del 24 novembre 2023 In questi giorni ho preso appunti su vari commenti letti dopo l’uccisione della giovane Giulia Cecchettin da parte del suo fidanzato. Molti – anche di femministe che in passato ho stimato – mi hanno lasciato insoddisfatto: sollevano polveroni sui fatti e offrono ricette ottimistiche che respingono per la loro astrattezza. Non concordo, ad esempio, con l’enfasi movimentista e progressista di Lea Melandri (qui). Perché trascura il fatto che le proteste contro i femminicidi sono diventate un rito che arriva sempre dopo e ripara soltanto l’angoscia che il ripetersi delle uccisioni fa calare sulle nostre menti. Trascura pure quanto tali proteste siano manipolate dai mass media. (Come si fa a considerare quasi un buon risultato che i mass media nominino il femminicidio – “già il fatto di nominarlo”- mentre i femminicidi continuano?). Sono, infine, molto scettico sul rimedio da più parti proposto: «Serve una educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso». Concordo, invece, con quel che ha scritto Tiziana Villani sulla sua pagina FB (qui) : «l’evocazione del patriarcato come origine di tutti i mali non mi è sufficiente, non mi aiuta a cogliere i molti modi della sopraffazione che certo sono culturali, ma non solo». Tornerò sulla questione partendo da quanto avevo scritto nel 2010:
Alla vulgata sia della fine della storia che del postfemminismo o della femminilizzazione trionfante nel lavoro delle società post-fordiste, ho preferito una riconsiderazione storica sia del comunismo che delfemminismo: entrambi per me rovine di un fine Novecento da interrogare e reinterpretare per leggere nelle trasformazioni in corso - non certo benefiche per i molti uomini e donne del pianeta - qualcosa d’ altro.
Non credo che il mio narratorio sia misogino o antifemminista, ma più monologante che dialogante di quanto desideravo, sì. Per costrizioni esterne e per scelta meditata e consapevole poi. Da qui l'attestarmi in una pacata difesa del vissuto che sta alla base di Donne seni petrosi. E anche della forma – amara, smorzata, cupa, “cruda” - di certi testi e dello stesso titolo.
Considero tali aspetti da vecchio, quale sono in effetti diventato, una faticosa conquista compiuta soprattutto attraverso la scrittura. E voglio conservarli, discuterli pure, ma non scioglierli con disincanto in una tardiva, impossibile, astorica, artificiosa nuova armonia tra uomo
e donna, tra “maschile” e “femminile”.
12 maggio 2010 (Da Ennio Abate, Donne seni petrosi, Farepoesia 2010) -
Caro Michele Arcangelo,
ho letto il tuo libro fino in fondo e con piacere. Provo simpatia per i tuoi versi. Mi richiamano esperienze d’infanzia simili del secondo dopoguerra: la madre mediterranea, la povertà (…e mi cucivi/enormi e tonde pezze al culo[1]), persino i geloni (…e son felice / perché non sappiamo più che cosa sono i geloni[2]). E poi una formazione cattolica rigettata, la militanza, le letture avide, la delusione politica. C’è in tutto il libro una grande sofferenza. Sei capace, però, di addolcirne poeticamente il peso attraverso un serrato dialogare. Lo provano le tante dediche ad amici o interlocutori ma anche una scrittura indirizzata ad una oralità calorosa tra il familiare e l’amicale.[3] Bella mi è parsa anche l’onestà con cui dichiari i limiti culturali della nostra generazione: “Questo vi lasceremo figli / mappe tesori / dei nostri sbagli”.[4]Continua la lettura di “Il piede sulla luna” di Michele Arcangelo Firinu→
Composita solvantur . Letture e riflessioni sul conflitto Israele-palestinesi (4)
a cura di Ennio Abate
L’intervista, di cui – saltando le domande – riporto 25 miei stralci che ritengo significativi per i temi trattati, è intitolata: “Una situazione disperata che diventa sempre più disperata” . E’ comparda il 1 novembre 2023 sul blog FRAMMENTI VOCALI IN MO (qui), dove potete leggerla interamente purtroppo in una traduzione approssimativa. Khalidi espone le sue riflessioni (pessimistiche) sulla storia del conflitto israelo-palestinese e porta molti dati trascurati o ignorati dai media. Tratta il tema della Imprevedibilità dell’attacco di Hamas del 7 ottobre ma lo ritiene ben comprensibile alla luce delle scelte del governo israeliano (e in particolare di Netanyahu), che in questi ultimi decenni hanno visto un aumento del numero dei palestinesi uccisi in Cisgiordania, delle incursioni dei coloni, dei tentativi di organizzare il culto ebraico nell’Haram al-Sharif, intorno alla Moschea Aqsa. La sua tesi è cristallina: è avanzato a grandi passi un processo di pulizia etnica insopportabile per il popolo palestinese già provato da una lunga occupazione. Altrettanto chiaro gli appare l’intento da parte dello Stato di Israele, appoggiata dai paesi occidentali (in primis gli USA) e da alcuni paesi arabi (coi rispettivi media al seguito), di seppellire per sempre “un orizzonte politico per i palestinesi” e di cancellare così la “questione palestinese”. Khalidi non tace sulla crisi di Fatah e sulla corruzione e assenza di strategia da parte di Abu Mazen e dell’Autorità Palestinese di Ramallah. Insiste pure sull’odio verso essa di molti palestinesi e sulla popolarità che ha ottenuto Hamas in tutto il mondo arabo dopo l’attacco del 7 ottobre. A suo parere, dopo l’Ucraina, anche gli eventi di Gaza delle ultime settimane accrescono il divario culturale tra gli occidentali, che si pensano ancora padroni del mondo e gli altri Paesi (Russia, India, Cina, Indonesia, Pakistan, Bangladesh, Brasile) che non li riconoscono più come tali. Infine, giudica il sionismo storico un progetto coloniale “arrivato troppo tardi” (Tony Judt) e anacronistico, ma non senza effetti reali che rendono al momento irresolubile la questione di come si possa avere “uno stato ebraico a maggioranza sovrana in un paese a maggioranza araba”. E, pessimisticamente fa notare che: 1. anche i tanto applauditi accordi di Oslo (1993) voluti da Rabin in realtà prevedevano uno “Stato palestinese […] meno che sovrano; […]un frammento di un frammento della Palestina storica” ; 2. le due soluzioni (Due popoli, due Stati; Uno Stato, due popoli), di cui si continua a discutere attualmente, sono sempre più impossibili, specie dopo tanto sangue versato e che ”continuerà ad essere versato”.Continua la lettura di Un’intervista a Rashid Khalidi→
Vanno molto forte, tra i miei contatti, le foto della Palestina negli anni 1930-40.
Siamo negli anni in cui il suo territorio è sotto il Mandato britannico ed è un periodo di forti tensioni perché la pressione demografica degli ebrei migrati dall’Europa dell’Est e in fuga dalla Germania nazista si è fatta più forte. Nel 1923 si è costituita l’Agenzia ebraica e, clandestinamente, si è costituito l’Haganah. Ci sono stati i fatti di Hebron (1929) e la grande rivolta araba del 1936; in mezzo, altri fatti di sangue.
Questo per contestualizzare.
La condivisione di quelle foto ha provocato discussioni alquanto accese, di qua e di là, e svariati malumori per l’uso politico che ne verrebbe fatto. E come sempre accade su questa materia, con svariati eccessi.
Alcuni chiarimenti.
1. Chiamare Palestina quel territorio è assolutamente corretto, a condizione di non attribuire alla Palestina di quel periodo uno identità statuale che essa non ebbe. Irritarsi per l’utilizzo del termine “Palestina” è sbagliato: quella era la Palestina e di sicuro non era Israele. Negarlo è sciocco ed è segno di intolleranza, oltre che tragico stanti i tempi.
2. Le foto ritraggono un pezzo di società palestinese. La sua borghesia cittadina, benestante e spesso laica. Ora, che qualcuno si scandalizzi per il fatto che vi fosse (e che ci sia ancora) una borghesia palestinese, e non solo pastori e contadini più o meno incazzati e insorgenti, questo lo trovo ridicolo, da qualunque parte ci si infastidisca.
3. Nella parte rurale della Palestina di quegli anni.le cose andavano assai meno bene. Prevale il.latifondo e prevale la pastorizia: ricchezza poca, povertà molta, come peraltro in alcune aree del nostro Mezzogiorno. I latifondisti palestinesi esistono ed è da loro che il Fondo Nazionale Ebraico acquista i terreni per gli insediamenti di coloni e kibbutzim. Pecunia non olet, soprattutto se sei un latifondista e buona parte delle tue terre sono incolte o destinate al pascolo.
Tutto qui. E vi invito a riporre le armi.
P.S. È superfluo che voi citiate il Gran Mufti o l’Irgun. Siamo già sufficientemente informati sulla materia. Nel caso consiglio il documentario che come Grande Storia mandammo in onda qualche anno fa. Lo potete trovare su RaiPlay.
Violet, Orange, Black (After Rothko) – Kristi Palmer
Composita solvantur . Letture e riflessioni sul conflitto Israele-palestinesi (2)
a cura di Ennio Abate
Segnalo dalla sua pagina FB questa onesta presa di posizione dello storico Claudio Vercelli:
COME VIVO LE COSE CHE STANNO SUCCEDENDO – Ci sono volte, nelle quali, uno avrebbe molte cose da dire ma sa che comunque non otterrà ascolto alcuno. Quello ragionevole e razionale, beninteso. Ciò che sto/stiamo vivendo, è una di queste situazioni, prossime al collassamento delle rispettive ragioni. Ho idee ma, da adesso, gli animi sono troppo esacerbati (e divisi) per potere anche solo raccogliere il senso logico di quanto sta avvenendo. Se mai sussiste, beninteso. Quindi, con esso, anche di quanto vado, nel mio piccolo, ragionando. Tutto viene altrimenti travolto. Posto che ciò che chiamiamo con il nome di “logica” (target, obiettivi finali, equilibrio e contrapposizione tra poteri asimmetrici e cos’altro), in molti conflitti deraglia verso il puro gusto della distruzione. Quella altrui. Non sono in grado di affrontare le maree montanti del ludibrio, dello sdegno, della fazionalizzazione che stanno per sommergerci. Da più parti. Un’umile presenza intellettuale, qual è quella mia, non può fare fronte, da sé, alle incontrovertibili certezze di chi invece attribuisce agli “altri” le inconfessabili intenzioni proprie. Ossia, quelle di distruzione. Poiché la melliflua cosa – ovvero quel garbuglio di interessi, identità, storia, memorie e quant’altro -che chiamiamo, da illo tempore, con il nome di conflitto “arabo-israelo-palestinese”, si colloca in questo ordine di considerazioni. Sussiste in quanto tale. Diversamente, sarebbe già stato risolto. In qualche modo. Non importa quale (se non per i diretti interessati, si intende). Ne sono quindi intellettualmente sopraffatto, per capirci. Non ho strumenti che non siano quelli del mero ascolto. Di certuni ma, francamente, anche degli altri. Poiché in un conflitto si è almeno in due parti. Come tali, contrapposte. Del pari, non sono nessuno per immedesimarmi nel dolore di chi non avrà mai nessun risarcimento. Continuerò comunque con il mio lavoro di analista, per nulla “al di sopra delle parti” (chi si presenta, ad ognuno di voi, in quanto tale, vi sta invece concretamente ingannando: non esiste la “fredda distanza” bensì l’immedesimazione che viene però contemperata dall’impegno di continuare ad essere “ntellettualmente onesti”). Lo sforzo, sempre più spesso, non sarà quello di essere al di fuori di sé stessi – condizione pressoché personalmente impossibile – ma di capire dove si collochi la linea di divisione tra umano e disumano. Coloro che nutrono certezze (ideologiche), alla ricerca quindi di facili riscontri per i loro retropensieri, sono già allineati. Quindi, pronti a fucilare nemici così come, soprattutto, “traditori”, quelli nel proprio campo. In ogni guerra che ci chiami in causa, d’altro canto, il principio di sopravvivenza sopravanza tutto il resto. Tuttavia la realtà dei fatti, se ancora conoscibile dietro la coltre di finzioni, infingimenti e quant’altro, è ben diversa cosa. Poiché contempla, e quindi offre, non una ragione assoluta bensì più motivazioni. Nessun relativismo, per parte mia. So “dove stare”. Ma ci sto con autonomo esercizio di comprensione. In fondo non sono nessuno, anche se non vorrei essere ricordato come un nulla.
Aggiungo il commento che ho lasciato sulla sua pagina:
Composita solvantur . Letture e riflessioni sul conflitto Israele- palestinesi (1)
a cura di Ennio Abate
Dal 7 ottobre 2023 – giorno del sanguinoso attacco di Hamas contro civili israeliani partito dalla Striscia di Gaza – sto seguendo notizie, commenti e riflessioni sulla nuova e – pare – inedita esplosione della crisi in Medio Oriente. In questa rubrica che riprende il titolo dell’ultima raccolta di poesie di Franco Fortini, dal quale – a partire da “I cani del Sinai ” (1967)- ebbi la spinta a interrogarmi con continuità sul conflitto tra israeliani e palestinesi, ritornerò, senza rispettare l’ordine cronologico, su alcuni degli articoli selezionati, facendone innanzitutto dei semplici e chiari suntini. Spero che aiutino me e i lettori di Poliscritture a mantenere ferma l’esigenza di ragionare e di scegliere con tenacia la verità, sfuggendo le trappole delle semplificazioni propagandistiche e della disperazione. [E. A.]Continua la lettura di “Palestina e Israele: pensieri laterali” di Augusto Illuminati→