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Gli zingari

di Angelo Australi

Il campo scendeva dalla collina dove c’era il podere de ‘le Coste’. Oltre la colonica, sul fianco posto a levante, si apriva un largo paesaggio di costoni argillosi che ricordavano i canyon dell’Arizona. In passato la località era stata abitata da una famiglia di contadini imparentata con quella di suo cugino Sergio, mentre adesso ci vivevano dei pastori sardi. In linea d’aria le due case erano distanti meno di un chilometro, piantate su colline che da ogni parte si girasse lo sguardo finivano per controllare tutto il podere e la gola dove cresceva un fitto bosco.

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Anche i fenicotteri (sporchi) emigrano

NARRATORIO/PROF SAMIZDAT (AGOSTO 1982)

di Ennio Abate

Sto lavorando al mio “narratorio” in prosa.  Ho chiare in mente le sue suddivisioni principali, che in qualche occasione ho già indicato (Salernitudine, Immigratorio, Samizdat, ecc.).  Mi è difficile, però, riordinare e sintetizzare i troppo  numerosi e spesso ripetitivi appunti che – non so se obbedendo a qualche strategia da “narratore interruptus” o in preda a  certe nevrosi  da scrittori clandestini e isolati – ho seminato, spesso dimenticandomene, qua e là in molti anni (almeno dagli Ottanta). In  quaderni, taccuini e foglietti volanti scritti a mano. In dattiloscritti  di decenni fa (fino a metà dei Novanta) mai più riletti.   E più di recente in file sul PC più facilmente consultabili. Ogni tanto trovo e rielaboro qualche testo come questo. Che appare a me stesso di non facile interpretazione e collocazione  nello schema-progetto che mi sono fatto.  [E. A.]

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Madre e figlia

madre e figlia 3

di Franco Nova

Madre e figlia dormivano in letti vicini, legate com’erano da un affetto ossessivo, quasi morboso. Erano sempre assieme, salvo quando la ragazzina era a scuola. Il loro rapporto così stretto rendeva invidiose tutte le vicine, le cui figlie si mostravano fin troppo incuranti d’ogni disciplina e rispetto. Anche quella sera avevano cenato in un continuo intreccio di occhiate amorose, di carezze, di complimenti reciproci. L’ora era divenuta tarda e bisognava decidersi ad andare a coricarsi. Fu quasi una sofferenza benché dormissero nella stessa stanza. Si spogliarono, si abbracciarono ancora e ancora, e si sdraiarono nei letti, messi l’uno accostato all’altro, addormentandosi di colpo senza riuscire a scambiarsi, come al solito, l’ultimo tenero saluto della buona notte. Continua la lettura di Madre e figlia

Il Nuovo Palazzo di Giustizia di Firenze

palazzo giustizia firenze

di Paolo Ragni

Chi non conosce il nuovo Palazzo di Giustizia di Firenze non sa
come la luce del tramonto si specchi sui vetri. Se vieni dal centro,
i giorni di ottobre limpidi ma con le nuvole rosse all’orizzonte,
sembra che perfino le macchine in coda siano in attesa.
Gli elementi triangolari del Palazzo paiono vele spiegate o
tende da campeggio che prendono il vento da nord est, si chiama Grecale.
E’ questo che si vede dai giardini di San Donato alzando la testa.

Càpita spesso di passarci vicino perché in quella zona della città
ci sono molti laboratori che riparano elettrodomestici.
Si può perfino lasciarvi l’auto davanti sul passo carrabile
e riuscire a portarci un forno a microonde senza bloccare la strada.
Manca purtroppo ancora la linea della tranvia o
una piccola stazione ferroviaria per i residenti,
di quelle che chiudono la sera verso le undici, undici e mezzo.

La zona è quella che è, di giorno un allegro marasma,
la Coop, la Virgin, i ragazzi del Polo universitario –
ma la sera davanti al multisala stazionano le prostitute dell’Est,
si piazzano seminude in mezzo alla strada e ti fanno frenare per forza,
anche se hai fretta di andare a Peretola, in Via Baracca o in Autostrada.
E’ però sempre possibile ricordare i momenti belli, come quando
hai visto i raggi del sole riflettersi sui vetri del Palazzo di Giustizia

 

* Su Paolo Ragni vedi qui: www.paoloragni.it