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Sulla collina

mayoor sparare

di Lucio Mayoor Tosi


Cosa si nasconde nella testa del pazzo che svolta l’angolo
uscendo dal bar?
Ha due metri di fucile nella spina dorsale, un cappotto
marrone e l’aria
di chi ama osservare da lontano, con le sopracciglia in su
perché ha già visto: Continua la lettura di Sulla collina

Quattro poesie

bar periferia

 

di Roberto Marzano

Il mondo  emotivo e visivo  di cui si nutre la poesia di Roberto Marzano è solo un calco di quello reale dei quartieri popolari dov’è vissuto. E i suoi luoghi appaiono svuotati dall’effervescenza effimera di cui sempre la folla li riempie. I quattro testi che ho scelto danno conto di un’ansia repressa di chi li osserva. Le immagini, esterne e interiori, sono convulse, lampeggianti, rabbiose e rassegnate al contempo. Interlocutori veri qui mancano. E il poeta però testardo insiste a spiegare «la nebbia ai privi di vista / ai tavoli inclinati dei bar di terza fila /dai flipper assordanti di luci fioche».  [E. A.]

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3 Pezzi Berlinisti

berlino

di Lorenzomonfreg

Colpisce in questi versi di un giovane poeta – tre flash su una Berlino amatodiata,  vista da straniero che vi si aggira in veste di anonimo rimbaudiano fantasma – soprattutto il lessico convulso, rabbioso e a volte quasi sgraziato.  Esso assorbe immagini e termini della vita consumistica di una grande metropoli e copre l’amarezza impotente di una memoria  antagonista sconfitta. Che non trova pace né nel sesso né nel dileggio dei simboli del mercato e dei dominatori né nell’antico sogno anarchico di una città “liberata all’alba dai serpenti”. (E. A.]

Berlin nr.1

Il pezzo questo pezzaccio strano
Scioglie le colle postindustriali
Dalle nostre guance infedeli
Chiediamo agli sciamani violacei
Di curare le tue dita spezzate
Le tue spezzate dita berlinesi Continua la lettura di 3 Pezzi Berlinisti

I due compari

il-gatto-e-la-volpe

di Roberto Bugliani

[Qui si parla del ’68 e di due suoi leader alle prime prove in una città italiana facilmente identificabile per la sua prestigiosa università. Lo si fa attraverso il filtro di due archetipi dell’immaginario letterario nazionale ( e non solo). Con sottile ironia. E la memoria ben solida in Italia della fiaba collodiana agevola l’operazione. Che sotto sotto resta amarognola per l’autore e per noi. Perché a fare le spese degli intrighi dei due loschi personaggi qui messi alla berlina è il Pinocchio-Movimento. Che fu fin troppo fiducioso – lo sappiamo col senno di poi – nella potenza delle operaie «mani callose» e ignaro di quanti forti e diffusi (ovunque) erano ( anzi sono) i comportamenti servili, omertosi e complici coi potenti, su cui la politica “alla Volpe” sa far leva. Specie quando manca il “Lione”. Ma questa sarebbe un’altra storia e si uscirebbe dalla fiaba. (E.A.)]

La Volpe era in realtà un lupo. Aveva il muso, le zampe, il pelo, la coda da lupo. Ma lo sguardo, che è l’avamposto dell’animo, era quello d’una Volpe, una Volpe un po’ particolare, che suppliva alla carenza d’astuzia con una furberia sempre alla ricerca d’espedienti e scappatoie, divenuta proverbiale tra gli iscritti al Partito in cui militava. Continua la lettura di I due compari