Archivi tag: bellezza

Nell’anniversario della morte di Arnaldo Éderle

di Franco Casati

Oggi, due maggio, ho fatto visita alla tomba di Arnaldo Ederle, caro amico, nel cimitero monumentale di Verona, a un anno dalla sua scomparsa, con Tommasina, la sua compagna. Non amo i cimiteri e le tombe, simulacri di una forma di vita giunta al suo compimento, che dovrà proseguire in un’altra, più vera. Una modesta lapide fra le tante, la sua; se non fosse che sotto il nome compaiono gli appellativi di poeta e scrittore, come due colpi di tamburo, a ricordare che il defunto ha lasciato ai posteri un’eredità di pensiero e di poesia destinati a sopravvivergli. Nella sua città, Verona, povera di poeti veri e di importanti scrittori, quella di Arnaldo è stata una fra le voci più significative. La sua, una delle poche vite finalizzate al canto e alla difesa della bellezza.

Continua la lettura di Nell’anniversario della morte di Arnaldo Éderle

Aforismi e considerazioni sulla “bellezza”

di Federico Bock

-1- “Se si priva il mondo della bellezza, non c’è rimedio all’umiliazione. Ma è difficile che ci sia bellezza nel mondo senza solidarietà per gli umiliati”, (Zygmunt Bauman, Il disagio della postmodernità, Laterza, Bari-Roma 2018, 340).

Continua la lettura di Aforismi e considerazioni sulla “bellezza”

Dieci poesie da “Una stagione nascosta”

edizioni NEM srl

di Vincenzo Di Maro

 ^
 Non fu attraverso me
 che desiderò esistere? 
 Nel suo sguardo giustifico
 mano e postura.
 Né scrivo che la forma necessaria:
 soltanto Suo il gesto che rivela.
 Verità, farti e attingerti
 se mi fronteggi e guidi
 se spingi e mi sei allato
 io non sono che il luogo
 che non ospita niente.
 Ma chi scava 
 l’oggetto o la ragione?
 O impassibile
 negligenza del tempo.
  
Continua la lettura di Dieci poesie da “Una stagione nascosta”

“La goccia che scava” di Francesco Luti

di Angelo Australi

La goccia che scava, di Francesco Luti, è un romanzo scritto con un’attenzione particolare allo stile che evolve consapevolmente in una trama, passando al setaccio il ruolo dell’intellettuale testimone degli eventi della guerra civile spagnola e le conseguenze della dittatura franchista.  Rientra in quel filone della letteratura italiana dove la storia fa da orizzonte all’analisi esistenziale della vita dei personaggi, e anche il lessico si cala coerentemente nel clima di un epoca dove, per trovare una forma di coerenza utopica, diventa indispensabile circoscrivere uno spazio d’azione nel quale incontrare la realtà.

Continua la lettura di “La goccia che scava” di Francesco Luti

La visione delle parole

di Alberto Mari

 

Al di là del loro senso illimitato “scritture e realtà” sono termini a volte contrastanti che comunque difficilmente si integrano. Se poi parliamo di fruibilità, per la scrittura, specialmente quella poetica, è notte fonda. Continua la lettura di La visione delle parole

Scrivere

di Arnaldo Éderle

Non concordo con la spiegazione  che  Éderle dà  in  questi versi del perché si scrive. Anche se continuassimo a scrivere su un “bianco foglio” di carta, “di sera di mattina e di pomeriggio”, tutto è mutato attorno a noi dal tempo degli amanuensi e dei poeti in attesa della “nera farfalla” che li illumini. Forse è il caso di discuterne. [ E. A.] 

Continua la lettura di Scrivere

Lo sposo sinistro

di  Alessandra Pavani 

Non finivano mai quelle scale? E quando si sarebbe concluso quell’incubo che forse non aveva mai avuto un inizio, ma che tuttavia esibiva ai suoi piedi un tappeto per meglio guidarla verso il suo abisso? Quanto più saliva, tanto più vi sprofondava, stregata soltanto da quel braccio teso che sporgeva a darle il benvenuto e che già si rigava di lacrime; e intanto queste scivolavano dolenti lungo la ringhiera, scrostandola, e attraverso il suo guanto Dimitra le sentì urlare in silenzio. Continua la lettura di Lo sposo sinistro

Cinque componimenti

                                                                               

di Antonio Sagredo

                                                                                         Ti ho sentito
                                                                             piangere dalla camera dove non ci sei
                                                                                                                              helle busacca

1.

Erano una vigilia pagana  le sei colonne corinzie, e come un santo sui padiglioni miravo il volto tumefatto della Supplica e fra movenze cardinali s’inceppava il mio passo, ma nel  suono dei sandali gli accesi ceri invocavano la cadenza di un ordine… la povertà su uno stendardo disegnava ecumeniche e  sordide denunce. Continua la lettura di Cinque componimenti

Harrison Bergeron

Introduzione e traduzione di Virginia Arici

 

di Kurt Vonnegut

Nato l’11 novembre del 1922 a Indianapolis, Indiana, Kurt sembrava destinato ad una carriera di scienziato; la sua vita universitaria però finì quando si arruolò nell’esercito per combattere nella Seconda Guerra Mondiale. Nel dicembre del 1944 si trovò a combattere la battaglia delle Ardenne contro l’esercito tedesco, ma la sua unità fu distrutta e Vonnegut venne fatto prigioniero. Inviato in Germania a Dresda, la Venezia del nord, venne messo a lavorare con altri prigionieri in una fabbrica di sciroppo di malto per donne incinte. Si trovava ancora lì quando la notte del 13 febbraio 1945 gli Alleati bombardarono la città; le esplosioni crearono una colonna di vento con temperature fino a 1400 gradi che consumarono tutto l’ossigeno dell’aria, causando la morte per asfissia di un numero a oggi ancora imprecisato di civili; la stima varia fra 35.000 e 130.000. Vonnegut sopravvisse al bombardamento perché era alloggiato in una cella per la conservazione delle carni vari piani sotto terra.
Dopo la guerra, Vonnegut tornò negli Stati Uniti ancora deciso a diventare uno scienziato, ma la sua proposta di tesi venne respinta dall’Università di Chicago. Trovò allora un impiego presso la General Electric. In questo periodo iniziò anche la sua carriera di scrittore.
Negli anni era cresciuta anche la sua voglia di raccontare la sua esperienza a Dresda, e durante un periodo in cui aveva trovato impiego presso l’Università dello Iowa, si rese conto che il suo essere sopravvissuto al bombardamento non poteva essere raccontato in un modo convenzionale; il risultato fu Mattatoio 5, pubblicato nel 1969. Il libro usa la fantascienza e l’idea del viaggio nel tempo per raccontare gli eventi da lui vissuti, usando come alter ego il personaggio di Billy Pilgrim. Fu questo libro a dare una enorme fama a Vonnegut.
Anche nella breve storia offerta qui sotto l’autore utilizza la fantascienza per immaginare un mondo futuro dove tutti sono uguali, grazie a vari emendamenti della costituzione e a spedizioni punitive da parte degli agenti del potere centrale. Anche in questa storia Vonnegut si schiera con l’individuo contro il sistema, contro la tecnologia e contro qualunque tipo di ideologia con uno stile veloce, caustico e comico insieme, che intrattiene e fa pensare al contempo. Vonnegut muore l’11 aprile del 2007 a Manhattan, New York, all’età di 85 anni. (Virginia Arici) Continua la lettura di Harrison Bergeron

Poesie

 

di Franci La Media

 

tavola degli elementi

Cos’è l’uguaglianza maledetta
che l’afferri di sguincio solo quando
la confermi in segni raccattati
nel mercato di nuova autorità. Continua la lettura di Poesie