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il diavolo nei dettagli, 4 / vita e morte di una foresta

 

di Paolo Di Marco

a) l’agricoltura biodinamica e i suoi critici

È recente la comprensione della complessità della Terra e di tutte le interrelazioni fra i suoi elementi, dall’ipotesi globale di Gaia fino alle comunicazioni tra le radici di tutti i componenti di un bosco (Suzanne Simad, Nature 388, 1997/ Finding Mother Earth, Knopf, ’21)), dai molteplici cicli di retroazione (feedback) tra piante, animali e territorio fino al clima nel suo complesso.

In Italia la pratica, e talvolta anche la teoria, di queste interrelazioni si è svolta prevalentemente nel movimento biodinamico: circa 9000 coltivatori di cui 1/3 ufficializzato sotto una sigla tipo Demeter. L’orto senza aratura nè vanga, la pacciamatura, il compost, l’uso delle interazioni benefiche plurispecie al posto di fertilizzanti e diserbanti chimici sono alcune delle bandiere del movimento. C’è anche un’ala teorica, con tanto di cattedratici e rivista annessa.

Il guaio è che all’origine del movimento, e delle sigle ufficiali, c’era Steiner, personaggio con molte idee interessanti (anche nel campo educativo) ma anche molte venature mistiche, tanto da renderlo gradito anche nei circoli nazisti. E alcune delle sue pratiche avevano apparenza stregonesca, come l’interramento agli angoli dei campi di corni riempiti di letame. Questo ha provocato alcune reazioni scomposte in occasione dell’inclusione della biodinamica in parallelo alla biologica nel finanziamento governativo; in primis della senatrice Cattaneo, che per quanto benemerita in molti campi (come la battaglia contro il finanziamento all’IIT di Cingolani), sull’agricoltura è un filino reazionaria, sposando a spada tratta le battaglie della ‘rivoluzione verde’ (OGM+ fertilizzanti+diserbanti= soluzione alla fame del mondo) che andavano di gran moda a inizio secolo, con inni sulle pagine di Nature, che in tempi recenti sono stati però ritrattati dagli stessi autori che si sono finalmente accorti che il ciclo invece era: diserbanti tossici per suolo e animali, OGM per rendere le piante più resistenti ai diserbanti, ancora più diserbanti, fertilizzanti a gogò…e dopo 10 anni il deserto. Alla Benemerita si è poi aggiunto, dall’alto del suo blog sul Fatto, un fisico in genere piacevole e interessante (sua la fondamentale ricetta per come trattare con gli eventuali alieni di OummaUmma) ma che in questo caso si è costituito, insieme a una piccola squadra di accoliti, come Sacro Tribunale dell’Inquisizione Per la Scienza Integra. Forte delle sue credenziali contadine sulle Alpi dove si parla lo Schwiizertütsch il prof Aparo von Flühe si è lanciato, insieme a un fido astrofisico un poco incerto sulla relatività, in una battaglia a lancia in resta contro la magia e per la Scienza; commettendo però l’errore fondamentale per uno scienziato: pubblicare senza dati. Nessuno della squadra aveva mai visitato una fattoria biodinamica né letto gli articoli scientifici; dove avrebbero anche trovato una rivalutazione del cornoletame come generatore di reazioni chimiche potenzianti il contenuto microbico positivo. E per inciso anche visto che il 90% delle aziende agricole era assai lontana dall’esoterismo delle origini, avendo da tempo imparato a sostituire Democrito ad Apollo. (Cosa che avrebbero anche potuto scoprire prima e dopo sulle pagine del Manifesto).

b) vita e morte di una foresta

Fra le interrelazioni scoperte di recente la vita di una foresta è fra le più interessanti e nuove. Al cuore stanno tutti e quattro gli elementi classici: terra, acqua, aria, fuoco. Gli alberi assorbono acqua dal suolo, la fanno scorrere nel tronco e nelle foglie, poi l’evaporano; l’aria soprastante si satura e dopo un poco la restituisce al terreno sotto forma di pioggia.  Quando arriva un incendio solo il 5% degli alberi bruciano, e il rinnovamento che segue è parte del ciclo vitale della foresta. In condizioni di ‘normale’ equilibrio la foresta è un organismo assai resiliente. L’esperimento centrale (Balch et al, The Susceptibility of Sotheastern Amazon Forest to Fire, BioScience, 31/8/2015) si è svolto nel 2015: sottoponendo un  appezzamento ad una serie ravvicinata nel tempo di incendi contemporanei e concentrici si è visto che dopo la prima serie di incendi la seconda e le successive colpivano il 60% degli alberi, perchè la prima aveva distrutto il sottobosco che serviva da base della protezione, gli alberi ricresciuti erano più sottili e fragili, le erbe ricresciute invece di essere resistenti si incendiavano assai più facilmente. E, superato un certo livello, la foresta cessava di emettere vapor acqueo e generare pioggia. La conseguenza: il rapido collasso e morte di tutta la foresta (‘Dieback’, termine di Lovejoy).

Nel 2019 e 2020 questo esperimento ha visto un’applicazione su vasta scala: nel Mato Grosso e in larga parte della foresta amazzonica, per creare pascoli per le magre mucche brasiliane, si sono applicate integralmente le stesse tecniche. (NYTimes, The Amazon Time Bomb, 6/8/21). Il risultato visibile dei grandi incendi oscura il processo in corso: la foresta amazzonica, grande come un continente e polmone verde dell’America e del mondo, ha smesso di assorbire l’anidride carbonica del resto del mondo e di produrre il suo ossigeno; il suo bilancio è diventato di emettitrice netta. Ma anche il tasso di piovosità è già diminuito nettamente: è questione di pochi anni prima che collassi, e al posto del continente verde vi sia un’arida savana.

c) breve nota

Non vorrei che con tutte le buone novelle che reco si generi un’epidemia ispirata al borgesiano cuculo americano, che vola all’indietro perchè gli interessa dove viene ma non dove va…

d) IPCC, relazione definitiva

È uscito oggi il rapporto definitivo 2022 dell’IPCC: + di 1000 studiosi, + di 16000 studi scientifici, le linee di base rimangono quelle classiche sul riscaldamento globale e la sua causa antropica. Il grande merito di questa edizione è una attenzione alla complessità molto più matura e dettagliata: si mettono in luce le molte interrelazioni tra i singoli sistemi (terra, acqua, aria, vegetazione, mari, produzioni…) e gli effetti di retroazione e retroazione avanzata (feedforward) che li collegano. E questo permette di mettere in evidenza i molti punti di non ritorno (tipping points) che ci attendono nel futuro prossimo, dallo scioglimento possibile delle grandi calotte di Groenlandia e Antardide (+7 m di livello del mare) all’acidificazione degli oceani, all’indebolimento delle correnti oceaniche, …..per passare a desertificazioni, guerre dell’acqua, carestie, migrazioni….

Come al solito il diavolo è nei dettagli: la frase drammatica presente nella bozza è stata eliminata, e sono state aggiunte note di forzato ottimismo: se facciamo tutti tutti i bravi è possibile ridurre l’aumento a 1,5°; anche se seguita da un ‘ma se continuiamo come adesso ci ritroviamo a +4,5°, che non è sopportabile per la nostra civiltà ‘.

Una novità interessante è anche il maggior dettaglio geografico sui diversi effetti, rappresentato anche tramite una carta interattiva. Val la pena di giocarci.