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Appennino

     

di Cristiana Fischer

un rombo mi ha svegliata. subito una tempesta ha grandinato sulle finestre e sulle foglie. poi si è trasformata in pioggia a larghe chiazze e poco bagna. il ciocco avvolto dalle fiamme nella stufa. il brodo è pronto. la breve sera incalza. tutto vibra e si inquieta. la notte tremenda si scatena e farà tremare il sonno.

il freddo paralizza non come quello della tomba per cui c’è ancora tempo fino a domani. ma è inerzia sospensione odio che è frammento di calore. insetti bestiali si addensano alle finestre e nei margini delle porte. colorati difformi tenaci. il gufo appena è buio mi dileggia. attendo l’ululato del lupo.

la memoria è degli alberi. intrecciano radici riflettono vibrazioni aeree incrociano riflessi delle foglie. confondono popoli migranti sulla scorza. ospiti attenti degli uccelli celano i nidi nel vischio parassita. quando il vento violento li sradica si inclinano. risorgono con un ramo che affonda in terra e rinasce.

produrre calore fuoco fiamme cibo piccante vino feltri strati calze acqua bollente. indispensabile e difficile lavarsi. ghiaccio gela le tubature. scorte sufficienti. previsioni. i giovani vicini in tenda spostano i pannelli solari seguendo il basso e breve corso del sole.

lontani i porti le città bianche le navi. viaggia in spazi vuoti sui mari precipita su incroci di valli. si incanala sradica abbatte e solleva. sibili rombo e fragore. tempesta. fiumi larghi di sassi. verde fondo e argentato. bramiti dei cervi e stridi delle poiane. odori sconosciuti del vento.

colline incatenate gemmano nuovi colli. dopo le curve piccole valli. paesi aggrappati a dorsali addossati a versanti a corona di colli. linee ondulate sfumano nel vuoto. il mare alto all’orizzonte.

La confessione

di Franco Casati

   Si dice, a volte, che la speranza muove i tuoi passi. Tutte le persone anonime che vengono incontro a Livia lungo il marciapiede altro non sono che ombre da scartare al più presto, brevi ostacoli fra l’idea che la anima e la realizzazione di un desiderio urgente affidato al gesto di alzare la cornetta del telefono e di comporre un numero, non appena giunta al proprio domicilio. Continua la lettura di La confessione

Aprile 2020

di Rita Simonitto

Fragrante il rosmarino insegue l’aria
ancora timida come il celeste colore
dei suoi fiori tuttora infreddoliti.
 
Giù dalle colline il traffico è lento
torbidi pensieri senza passato incenerito
nella veloce catena delle bare
e il futuro annichilito perché anche le domande
diventano stracci persi nel vento del dolore.
Primavera, addio, addio.
 
Campane che suonano agonie, bambini
che non ridono più e in su guardano
pensosi a chi forse li ha traditi.
 
Pervicacemente soltanto la natura non ferma
il suo rinascimento, non sfoglia abbecedari
non consulta vaticini. Con inconsapevole
grazia spennella declivi che stridono di uccelli,
giardini ormai incolti perché la mano d’uomo
si è declinata nel nulla.
  

Moreno

 

di Angelo Australi

 

Negli ultimi anni ho sempre vissuto nel mio paese lavorando altrove, alle otto del mattino attraverso la nuova circonvallazione messa nel caos dalle auto per recarmi in città e rientro più o meno alle otto di sera, affogando nello stesso caos di individui presi dalla fretta, impazienti, arroganti, intolleranti, vogliosi solo di lavarsi i denti. Non mi piace per carattere riconoscermi in una sfida quotidiana, per questo il paese piano piano dentro di me si sta sfuocando. Lo amo ancora tanto, ma è come se ci vivessi attraverso delle impressioni, dei ricordi e delle emozioni telecomandate. Con gli amici è difficile a questo punto della vita Continua la lettura di Moreno