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anno nuovo, vecchie trappole

 

la fusione nucleare come risposta energetica al riscaldamento globale

di Paolo Di Marco

Oltre ai piccoli reattori a fissione rispunta all’orizzonte la fusione. Ne parla anche Luigi Vinci (qui, a cui risponde Carlo Dario Ceccon, qui, in quello che è nella sostanza un panegirico di Draghi che ci fa mangiare alla tavola dei ricchi) e compare anche ogni tanto nei discorsi di Cingolani, che va detto che se  sembra più un propagandista ENI che un ecologo è perché sente nel governo un ambiente propizio.
La fusione: unire due atomi piccoli (idrogeno o suoi isotopi) e utilizzarne l’energia; come il sole, ci si dice.
E qui scatta la prima trappola, ché ci sentiamo subito tutti uniti come un sol uomo, l’homo onnipotens.
Ma dobbiamo guardare meglio cosa serve per unire gli atomi, perché l’avvicinamento richiede di vincere una resistenza enorme, quella all’origine di quanti:

dp*dm>h —>dp>h/dp   ,  dm=0 —>dp=∞

( —> equivale a  implica)

È il principio di indeterminazione, che tradotto in parole ci dice semplicemente che, data una particella, non possiamo sapere contemporaneamente con esattezza (d sta per differenza, quindi dp significa differenza di posizione e dm differenza di momento) la sua posizione e la sua energia (momento). È come se la particella occupasse non un punto ma un   intero cerchietto. Ma non è un sapere astratto bensì una cosa molto concreta: se diminuiamo il raggio del cerchietto la particella si agita sempre di più. E quindi è come se occupasse più spazio.
Non vorrei che a qualcuno venissero le vertigini, ma è il motivo per cui non passiamo attraverso il pavimento: i nostri atomi hanno tra di loro un sacco di spazio vuoto -e lo stesso quelli del pavimento; camminare dovrebbe essere come passare il pettine tra i capelli, ma invece gli atomi del pavimento non si scostano per far passare quelli dei nostri piedi (e se lo fanno aumentano il movimento quindi rioccupano più spazio…).
Se allora torniamo agli atomi di idrogeno della fissione per vincere l’indeterminazione serve un’energia, moltissima energia. Per immaginare quanta torniamo alle stelle: la loro vita dura quanto il combustibile che hanno (l’idrogeno all’inizio poi via via gli atomi più grandi) e che fornisce agli atomi l’energia per rimanere distanti; finita quella la gravità della stella prevale, vincendo tutte le resistenze, condensando sempre più la materia, finché vince anche la resistenza dell’indeterminazione e diventa una stella a neutroni o, se la massa è almeno 4 volte quella del sole, un buco nero. Nello stadio finale è come se ogni atomo avesse sopra di sé tonnellate e tonnellate di materia che lo schiacciano. L’energia che dobbiamo fornire agli atomi per la fissione è di questo ordine di grandezza, anche se qui si tratta di avvicinare.
Per il sole è facile, con densità e temperature altissime e tempi di confinamento infiniti, così il prodotto è un innocuo elio.
Ma le forze che abbiamo a disposizione sulla terra: campi magnetici fortissimi, raggi laser, non sono abbastanza per l’idrogeno.  E allora bisogna usare degli isotopi più pesanti deuterio e trizio (con numero di neutroni doppio o triplo) che sono molto più reattivi. E possiamo anche limitarci a vincere la repulsione elettrica, fino al punto di vicinanza in cui la forza forte terrà insieme le particelle.

Solo che qui cominciano i guai, perché:

  • l’80% del prodotto sono fasci di neutroni ad alta energia che danneggiano le strutture, producono scorie radioattive, generano forti danni biologici e, dulcis in fundo, potenzialmente plutonio 239, ottimo per le bombe.
  • più gli inconvenienti dei reattori convenzionali a fissione: l’uso di un combustibile che non esiste in natura, il trizio, che va rigenerato continuamente dal reattore stesso, e assorbimento di energia parassitica che ne riduce drasticamente la produzione (e che quando il processo di fusione è interrotto va prelevato dalla rete); questo implica una dimensione minima di convenienza che supera i 1000 MW

Gli esperimenti in corso stanno arrivando al limite della soglia netta di efficienza, dove l’energia prodotta è maggiore di quella immessa. Ma prima che questo percorso arrivi al livello di prototipi operativi passeranno ancora almeno 10 anni, superando la data limite del 2030. Almeno altri 10 anni per arrivare ad una operatività effettiva, con dei costi enormi e dei risultati inutili ai fini dell’elettricità prodotta: già adesso calcolabile intorno a 1/4 delle energie rinnovabili, per allora a 1/10. (Questo nell’ipotesi che tutto funzioni secondo previsioni, cosa che per gli ultimi impianti nucleari costruiti non è risultata vera: 10 anni in più e costi quadruplicati per le ultime centrali a fissione). E quello che ancora non si sa è quanta energia elettrica potrà essere concretamente ricavata, dato che per ora l’esemplare più grande, ITER a Cadarache, consuma 500 MW per produrre solo neutroni veloci; la seconda parte, dai neutroni all’elettricità, è ancora sperimentalmente indeterminata.

L’esperimento ENI/CFS, analogo a ITER ma con magneti superconduttori, ha le stesse problematiche, anche se i comunicati stampa ignorano tutti i particolari e riportano date il cui unico fondamento è l’ottimismo della volontà.
E poi c’è la seconda trappola: il punto di vista.
Per le industrie l’energia nucleare è una prospettiva entusiasmante: un sacco di soldi da fare nel venderle (con costi di ricerca in larga parte a carico nostro), un sacco di soldi per l’energia immessa in rete (che paghiamo noi).
I costi nascosti, come la gestione degli incidenti e lo smaltimento delle scorie radioattive, sono ovviamente sempre a carico nostro. Lo sa bene la Westinghouse che per aver fatto un contratto dove se ne accollava in parte i costi si è dovuta cautelare con una procedura fallimentare, dato che per due centrali chiuse sono accertati al momento centinaia di miliardi di costi di smaltimento.
In sostanza abbiamo una sola strada per affrontare a testa alta il riscaldamento planetario: le energie rinnovabili. Coi soldi necessari al nucleare se ne costruiscono abbastanza, accumulo incluso, da superarne i limiti di periodicità (l’eolico, i sistemi di accumulo, l’idrogeno da elettrolisi fotovoltaica compensano i limiti del fotovoltaico puro).
Il guaio è che la barca viene condotta da chi per natura guarda al profitto e da chi è educato ad assecondarli, …e per il resto di noi vale il motto ‘burn, baby burn’.

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Fonti del ‘Bulletin of the Atomic Scientists’ , 2017, 2018

https://thebulletin.org/2017/04/fusion-reactors-not-what-theyre-cracked-up-to-be/(Daniel Jassby, Princeton Plasma Physics Lab)

https://thebulletin.org/2018/02/iter-is-a-showcase-for-the-drawbacks-of-fusion-energy/(Daniel Jassby)

Fai clic per accedere a cs-eni-cfs-raggiunto-fusione-confinamento-magnetico.pdf