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Cinque testi del tempo sospeso

di Giorgio Mannacio

RIMPROVERO ALL’ETERNITA’
 
 
Avresti dovuto arrivare
nel giorno della gran neve
quando stentavo a decifrare
un brusio così lieve, mio vicino.
E’ la seconda volta
nel tempo così breve
che un difetto d’amore ti sorprende.
Ma adesso anche tu
o forse tu soltanto
conosci la mia storia.
Il resto è letteratura e tu lo sia:
non so più leggere ormai.
 
 
 
 
INVERNO
 
I.
La neve ha rivelato
chi parte e chi ritorna:
nessuno può passare inosservato.
Del primo le notizie
si  sfaldano in una scia
sempre meno profonda
e ciò che avvenne dopo è un'altra cosa.
Si sa che l’apparenza non permette
altro che struggimento
se non bastasse il fumo verticale:
lampada o focolare,
incendio del giudizio.
Nella fuga geometrica dei vetri
(non a specchio, ma spia)
una luce si sposta e trova
rovistando tra le reliquie
un’ora da esorcizzare.
 
II.
E’ questa l’occasione
che rende il mare alla sua vera origine,
quasi immoto come se fosse
il giorno stesso della separazione
da un cielo ancora irato.
Si mostra adesso la benevolenza
che induce all’utopia
d’un viaggio senza conquista,
senza
comandi circa la destinazione
e quella
sottile esitazione
tra un’onda e la successiva
sembra fermare il mondo.
 
 
 
 
 
IL NOTES STRACCIATO
 
A volte sembra che il tempo incontri
qualche perplessità nello sfogliare
le pagine del suo diario.
La precedente si può stracciare
in minuti frammenti
non più ricomponibili
se non nel verso senza conseguenze
della memoria e della riflessione.
La successiva svela
prima di ogni altra cosa
un punto di sutura:
la trama di un filo bianco
il segno di un’effettiva incollatura.
Ma la scrittura che pretenda adesso
di riempire di veri eventi
l’estasi dell’istante
nulla può regalare all’apparenza.
   
 
 
 
 
FIGURE DEL SONNO
                             
Rannicchiato dormiva
abbracciando il cuscino.
Si stupivano le infermiere
nei loro giri insonni
tramando confidenze,
minime riflessioni
e pietà sconvenienti.
Sembra che voglia
stringere a sé vicino
una persona amata,
disegnare remoti sentimenti
per non dimenticare:
così si nasce, così muore.
 
 
 
TESTA O CROCE
 
                per Antonio Sagredo, amico sconosciuto
 
Si aspetta
che la tempesta arrivi;
si aspetta che la tempesta passi.
Si spera che tutto cambi,
che tutto resti eguale.
Nella moneta gettata in alto
e rovinata al suolo
si scioglie ciò che annoda
attesa e compimento.
 

Su alcune poesie inedite di Daniele Barni

di Angelo Australi

Il poeta ammette/di mettere/ nella sua poetica/ un po’ di etica/ ovviamente estetica, / un po’ di emotica/ ovviamente demotica, / un po’ di pratica/ ovviamente ieratica, / e tanta ispirazione. / Dimenticando il più: / La TRAspirazione.

Questa strofa è tratta da “Figure etimologiche e bisticci” una poesia di Daniele Barni che si trova nel libro Piccola antologia di anonimi contemporanei, pubblicato da Italic Pequod nel 2017. Un verso dissacrante il suo, e al tempo stesso divaricante per similitudini. Come Leopardi, tende a confrontarsi con il nulla, lì dove sta la poesia che scopre la vita, ma non si scopre. Daniele Barni è speculativo, quasi in modo fisico, nella sua disillusione generazionale trovo il bisogno di scoprire la forza di questa perdita in senso meno lirico e più da poeta “civile”.

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Che bello fotografare

di Arnaldo Éderle

Da tempo Arnaldo Éderle aveva scelto Poliscritture come luogo ospitale per i suoi poemetti. E me li ha mandati, sempre più numerosi,  in questi anni che hanno preceduto la sua improvvisa morte. Avevo pattuito con lui che li avrei pubblicati mano mano, distanziati nel tempo. Tre me ne sono rimasti in lista. Questo sulla  fotografia stabilisce un confronto tra immagine e parola e ribadisce, proprio in un’epoca che la sta negando, la fiducia nel primato della parola poetica che « miracolosamente, salva lo spirito/ nella sua eternità». [E. A.]

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Finché non si consumerà

di Arnaldo Éderle

 

Finché non si consumerà l’anima.
Ci credo? Non so, la speranza però
è tenace e non mi abbandona, forse
me la mangio ogni mattina e
la digerisco subito senza problemi
di stomaco, mi sembra facile
deglutirla e introdurla nel sangue,
ma non so se ci rimanga e se circoli
nel mio povero corpo, però c’è
e ci rimane fino al prossimo rigurgito
fino al prossimo rutto
espulsivo. Continua la lettura di Finché non si consumerà

Il sontuoso giardino

bacio 2

di Arnaldo Éderle

 

“e mi posò il suo bacio sulle labbra”
non lo dimenticò mai nemmeno
di notte quando stornava i suoi
pensieri all’ombra di betulle
o di ampie querce come accadeva
molto tempo prima, nell’aroma
dell’oceano al largo delle isole
o negli stagni
del suo sontuoso giardino e
le parlava di antiche conchiglie
e di pesci variopinti quando
la guardava e le teneva la mano
tra le sue.

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