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Viviamo senza sognare

di Franco Nova

Quante speranze ormai vane,
mentre le molte già realizzate
protestano contro questa vita
che sempre avanza e declina.
Perché Faust raccontò bugie
creando così pure illusioni?
Il mal intenzionato mentiva
soltanto a se stesso, credendo
di alleviare la sua vecchiezza.
Ormai volgiamo lo sguardo
ai ricordi da noi colorati
per poter contenti sognare,
pur se mai essi ci daranno
più d’un bagliore di letizia.
Stiamo seduti a testa china
ed eventi e visi e paesaggi
sfilano e si disperdono laggiù,
dove tutto è luce e la memoria
cancella o gentile fa sfumare
tutto ciò che il rammentare
potrebbe renderci smarriti.
Non si può evitare il pensiero
di un futuro ormai privato
dei sospirati empiti di gioia.
La vita davanti a noi è niente,
ma non diversa è alle spalle
di fronte all’enormità che
tutt’intorno ci rende inutili
nell’Universo così stellato.
Eppure si vive, si fatica e
si valorizza anche il poco
che sempre siamo stati, noi
così sciocchi da vantarci.
Siamo detti umani, ognor illusi
d’aver infine eterna vita, priva
dei corpi sentiti ingombranti
mentre sono l’unico sollievo.
Addio fantasie, tornate in voi
nel tempo e nello spazio dove
mai avete ricevuto udienza.
Ma lavorate, datevi impegni,
pensate che ancor ci siete; e
vivere è meglio del sognare
l’eterno mai conosciuto e
d’una noia insopportabile.

A proposito della poesia di Fortini “Agli dèi della mattinata”

di Rita Simonitto

Ancora una riflessione su “Agli dèi della mattinata”. Pubblico questo intervento di Rita Simonitto non come semplice commento alla precedente discussione (qui e qui) che c’è stata su Poliscritture ma dandogli il risalto di una “lettura d’autore” autonoma, capace di essere ad un tempo attenta al testo, alla rete di relazioni con altri testi e alla soggettività dl lettore/ice, che col testo si confronta e produce “suggestioni” utili per interpretarlo. Tra esse trovo particolarmente acuta quella che rimanda al “Faust” di Goethe, opera tra l’altro che Fortini tradusse e pubblicò nel 1980 facendola precedere da una propria approfondita introduzione. Per accompagnare l’articolo di Simonitto ne ho scelto perciò la copertina. [E. A.]

Non posso trattenermi dall’intervenire nella discussione su questa intramontabile poesia di Fortini. Rileggendola dopo tanto tempo (e anche in virtù delle disamine su essa fatte da Ennio, da Bugliani e da Aguzzi) questa composizione lascia tracce, così come gli ‘unghioli’ del Gatto nella poesia di Fortini stesso [qui]. Indizi che aprono la mente a tante riflessioni e considerazioni, esito che dovrebbe appartenere all’animus della poesia, a fianco del vissuto emozionale/partecipativo che prende il lettore di primo acchito.

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QUALE POESIA OGGI? Orbilius vs Samizdat e viceversa. Narratorio

orbilius

di Ennio Abate

Questo narratorio è ripreso da “TRASVERSALE” (qui)

Orbilius* –

Samizdat mi parlava continuamente di questi *moltinpoesia*. Sì, sì, gli dicevo, è vero che sono spuntati come funghi dopo che nel tuo Paese – in ritardo, eh! – c’erano state (quasi insieme) scolarizzazione di massa e acculturazione provocata da giornali, radio e televisione. E posso anche ammettere che questa gente comune non è più analfabeta o semianalfabeta come lo erano i loro nonni e spesso i loro genitori. Continua la lettura di QUALE POESIA OGGI? Orbilius vs Samizdat e viceversa. Narratorio