Archivi tag: femminismo

Abbiamo delle antenate

da https://ildiario.blog/ di Cristiana Fischer

La libertà femminile di desiderare, e di scegliere e agire, comporta il riconoscimento tra donne. “Il guadagno di avere delle antenate” è sul Manifesto il titolo della recensione che Liliana Rampello fa del libro di Sara De Simone “Nessuna come lei. Katherine Mansfield e Virginia Woolf. Storia di un’amicizia”, Neri Pozza, 2023.

Liliana Rampello usa una costellazione di parole che risultano “dalla pratica di relazione fra donne nei nostri anni Settanta”. L’altra come specchio, avventura di un’amicizia, la scoperta dell’Altra, riconoscimento reciproco di valore, ammirazione, due donne coraggiose e consapevoli, invidia, gelosia, competizione, incomprensioni. Patto, guadagno, perché: “una volta aperto, nulla può interrompere il dialogo tra due donne”.
“Questo è un libro politico” dichiara Liliana “in cui la ricerca e lo studio portano a un risultato che non riguarda solo la storia e la critica letteraria, ma rilanciano liberamente la capacità femminista di reinterpretare il già pensato con pensieri impensati, di restituire la vita e l’esperienza delle donne al nucleo incandescente della loro originalità.”
Il femminismo ha tolto le donne dalla miseria del loro isolamento in una società di maschi di cui erano un’appendice.

“Dentro il femminismo esistono linee liberal che mirano all’uguaglianza giuridica, cioè alla sussunzione delle donne in condizioni di parità nell’ordine universale delle istituzioni economico-politiche moderne; questo femminismo è un’ideologia grazie alla quale un soggetto parziale – le donne – si pone come portatore di una critica dell’esistente da un autonomo punto di vista, e avanza un progetto universale di ordine giusto, ossia non più patriarcale; una forza politica mobilitante, storica e concreta che ha in sé anche la pulsione a un ordine neutralizzato. Nelle sue versioni radicali, invece, il femminismo persegue l’enfatizzazione della differenza, l’elaborazione di un discorso che parte dalle donne stesse, per evidenziare – in alcuni casi ipotizzando una astorica essenza femminile (la «cura»), in altri negandola a partire dalla critica dell’interconnessione tra patriarcato, capitalismo e razzismoil fatto che, nelle diverse configurazioni storiche del potere maschile, alle donne è stata imposta una specifica posizione subalterna, che si tratta di decifrare, decostruire e rovesciare.” Carlo Galli, Ideologia, Il Mulino, 2023.

La differenza libertà femminile… puff, sparisce!”  

Co-identita’ e differenza sessuale

di Cristiana Fischer

Gli ultimi due libri pubblicati da Elvio Fachinelli sono Claustrofilia, Adelphi, 1983 e La mente estatica, Adelphi, 1989, poco prima della morte. L’ultima parte de La mente estatica, è un capitolo intitolato Essi temevano la gioia eccessiva, in cui Fachinelli individua, a livello biografico e teorico, il punto cieco che ha impedito a Freud e Lacan di avvicinarsi alla zona perinatale su cui Fachinelli sta riflettendo.
Egli sa che i suoi studi riguardano “territori antropologici finora ai margini della psicanalisi”, nei quali si annida la gioia smisurata del “desiderio preistorico” di compenetrazione col corpo materno.
Se per Freud quella gioia è prossima alla pulsione di morte (in quanto “cessazione di ogni tensione, cioè della vita stessa”), per Lacan l’esperienza mistica, di cui Fachinelli si occupa nel suo libro, è un aspetto antropologico -o rifiutato o assimilato all’impostazione religiosa- per cui “la gioia eccessiva, che è al cuore dell’esperienza estatica, viene trascurata” (p. 195).
Il libro La mente estatica racconta che l’estasi si raggiunge in campi diversi, in quanto “si trova ciò che in noi qualcuno, al di là dell’io, cercava: Dio, l’arte, la scienza; o anche, immediatamente, semplicemente, la sospensione del tempo della caducità” (p. 30).
A cosa si riferisce con “qualcuno al di là dell’io”? In un altro capitolo intitolato AREA PERINATALE egli afferma la continuità tra gli ultimi mesi di stato fetale e i primi mesi dopo la nascita, quando si configura il Sé emergente del bambino ma permane attiva la co-identità con la madre. Questo ambito rimane sempre attivo o attivabile, e “si avrà in ogni momento coesistenza dell’uno e dell’altro” (p. 119). Un doppio che si presenta nelle situazioni estatiche della vita adulta, quando si verificano stati di abolizione dell’io cosciente insieme al senso di un inglobamento in uno stato più grande, bello e vero dell’io stesso, accompagnati da angoscia e poi da gioia indicibile. In queste situazioni, se l’io cosciente viene attenuato o addirittura represso, emerge comunque un soggetto altro, cui si deve il resoconto –per quanto inadeguato- dell’esperienza avvenuta. D’altra parte lo stesso linguaggio comune dà conto di situazioni in cui, letteralmente,  il soggetto si dichiara “fuori di sé”.
In Claustrofilia Fachinelli ne scrive a lungo, facendo della particolare comunicazione del feto-bambino con la madre il modello per successive consonanze telepatiche. Nella vita adulta i processi di individuazione stabiliscono una barriera tra il prima dell’unità duale e il dopo di unità separate, ma Fachinelli si è reso consapevole che, da quando ha sviluppato una acuta attenzione per i sogni e le fantasie perinatali, egli stesso è coinvolto nella relazione analitica in stati di allargamento percettivo, dove avvengono fenomeni di anticipazione temporale in cui il futuro è già accaduto e diventa ricordo, e di penetrazione nello spazio mentale altrui, di persone terze sconosciute.
Nei casi raccontati in Claustrofilia ho osservato che nei pazienti emerge l’istanza di realizzarsi come soggetto sessuato adulto, maschio o femmina, con un corpo che è sessuato e non neutro. Judith Butler non aveva ancora pubblicato “Gender trouble. Feminism and the Subversion of Identity“, Routledge, 1990 (edizione italiana Questioni di genere, Laterza, 2013). Fachinelli neppure immagina quella scissione tra sesso e genere su cui l’autrice ha scritto il libro. Non per questo privilegia il soggetto cisgender, ossia “chi percepisce in modo positivo la corrispondenza fra la propria identità di genere e il proprio sesso biologico”[1],  colei o colui la cui identità di “genere” implica anche il desiderio sessuale rivolto al sesso opposto. Nei casi che egli racconta l’omosessualità sta accanto alla differenza sessuale.
Proprio grazie alla riflessione sull’area perinatale Fachinelli può offrire una teoria che stringe la differenza sessuale a un naturale binarismo. Se la situazione di co-identità ha come meta l’identità con la madre, questa posizione entra in tensione con l’esistenza di un terzo, il padre, con cui la madre partecipa all’atto sessuale “si coglie così che la situazione di co-identità è contigua all’intensa e ambigua scena primaria”, il bambino è insieme escluso e partecipe, “tutto questo prima che -dal punto di vista logico- s’instauri un’identificazione col padre” (Claustrofilia, p.159-160), e siamo fuori dall’Edipo.
Ma questo non può che concernere il bambino maschio!

Per la bambina la questione della co-identità con la madre e il raggiungimento di una identità sessuata adulta si è posta nella riflessione femminista, diventando insieme questione politica. Due articoli nell’ultimo numero della rivista della comunità filosofica femminile Diotima[2] affrontano il significato di dirsi donna. Essere donna è la posizione simbolica dalla quale lei parla, che non ha scelto, posizione relazionale che ha a che fare, fin dall’inizio, con la relazione con la madre: non siamo solo corpo biologico, come se potessimo guardarci dall’esterno, non solo nasciamo in relazione ma siamo corpo vivente in relazione politica con alcune altre. “Non appartiene per niente al nostro percorso di pensiero che la dimensione della sessualità sia riducibile al sesso biologico, anatomico, al sex oggettivo, ‘naturale’, ‘visibile’ empiricamente. Calcolabile nei cromosomi. Né che il genere sia solo una costruzione linguistica culturale storica, del tutto impermeabile alla nostra esperienza soggettiva del nostro corpo” scrive Chiara Zamboni nel suo articolo intitolato Identità di genere e differenza.
Le pratiche politiche di relazione, disparità e partire da sé, ci consentono di intraprendere un viaggio “sperimentale, non identitario, in fieri, sottraendoci alle definizioni e ai significati”. Nessuna o nessuno può dirci che cosa debba essere o non debba essere una donna, ma possiamo leggere il senso della nostra soggettività nella relazione con altre donne.
La visione politica di Annarosa Buttarelli implica la necessità di assumere tutta la storia che il nome donna contiene “che siate genericamente queer, che siate trans, che siate femmine, che siate maschi […] vi dovete assumere il fatto che noi donne siamo ancora uccise in quanto donne, vi dovete assumere il fatto che il corpo della donna è un luogo pubblico da millenni  […] che io sento profondamente di avere conquistato come una genealogia che mi segue, che voglio onorare e rispettare e che mi permette di dire tranquillamente ‘io sono una donna'”, articolo Perché il nome donna oggi causa aspri conflitti e turbamenti.
Donna è un concetto politico, che va contro il dominio che assoggetta le donne, ma anche contro ogni dominio che opprime. “Per molte femmine, l’istanza-donna si congiunge al fatto biologico e non si può separare più, essendo la vicenda delle donne quella di avere visto il proprio corpo usato sempre come luogo pubblico. Da questo ne consegue che anche il mio stesso corpo è politico […] Il femminismo radicale della differenza ha già così bene decostruito le perversioni concettuali, al punto che io so di essere una donna, sono psicofisicamente tale perché considero anche il mio corpo trattato politicamente da parte del dominio, e quindi so che il mio corpo è politico, e quindi so di essere un’unità psicofisica”.
Una trans può avere accesso ad alcune esperienze fisiologiche e ad alcune esperienze relazionali, ma non ad altre che avvengono solo a chi è una unità psicofisica, come soggettivamente io mi rappresento in quanto donna. E’ questa la mia stessa posizione, che riconosce la differenza sessuale e respinge l’idea di genere come costruzione linguistica, culturale e storica, da cui l’esperienza soggettiva -e politica- femminile viene esclusa.

Note

[1] https://www.treccani.it/vocabolario/cisessuale_res-5a925816-8996-11e8-a7cb-00271042e8d9_%28Neologismi%29/

[2] https://www.diotimafilosofe.it/per-amore-del-mondo/il-mondo-stringe-2022/
Si può vedere anche l’articolo di Benvenuto “Transessuale, Transgender immaginario, Travestito” http://www.psychiatryonline.it/node/7778, per le questioni di disforia di genere e identità sessuale.

femminismo postumano  

di Cristiana Fischer

La questione che mi riguarda e mi interessa, per cui ho percorso alcuni libri e articoli di Rosi Braidotti tra i più recenti, è il rapporto che lei riconosce tra il femminismo e la propria posizione come pensatrice e scrittrice.
Essere donne nel mondo è stato il punto di partenza per una pratica e un pensiero che hanno dato il segnale, negli anni ’70, circa i mutamenti reali in corso nella nostra epoca. Mutamenti di cui si sono fatti protagonisti anche i movimenti e i pensatori antirazzisti e anticoloniali. Continua la lettura di femminismo postumano  

Le scienze postumane critiche

di Cristiana Fischer

Nella rubrica, con il sottotitolo “parole della differenza femminile” intendo dire che userò abbondanti citazioni, cioè molte parole di altre donne. Presentando delle autrici le farò ampiamente parlare in prima persona, delle  loro idee e delle loro posizioni. Quasi come creare una possibile comunità di incroci e relazioni.  (C. F.) Continua la lettura di Le scienze postumane critiche

Lui. E lei?

E con questo articolo di Cristiana Fischer dopo i due di Marcella Corsi e Elena Grammann siamo ad un bel trittico di posizioni sulla questione uomo/donna. [E.A.]

di Cristiana Fischer

                  Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine
                  di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. 
                                              (Genesi, 1, 27)

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Io sono mia       

di Marcella Corsi

        A via Pomponazzi* i piccoli gruppi di autocoscienza erano formati da 8-10 donne appena entrate e da una compagna veterana del collettivo, che faceva da tutor alle nuove. Nel nostro la “vecchia” era Biancamaria: ventinove anni, alcuni di militanza femminista (d’altronde il movimento non aveva più di quattro o cinque anni di vita). Noi nuove tutte intorno alla ventina, ma delle più disparate provenienze. Io addirittura con un padre che riceveva telefonate da Giorgio Almirante. Cosa che provocava non solo a me qualche scompenso, ma dentro il gruppo sembrava non interessare più di tanto. Continua la lettura di Io sono mia       

“La ragazza di nome Giulio” di Milena Milani

edizione SE, 2017

Venerdì 9 ottobre, presso il Centro Sociale il Giardino di Figline Valdarno (FI), si è tenuta la penultima delle otto conferenze del progetto di invito alla lettura “La casa degli Strani”, ideato dalle associazioni Il Giardino e Circolo Letterario Semmelweis, e realizzato grazie al contributo del Comune di Figline e Incisa Valdarno. In questo penultimo incontro io e Laura Del Lama abbiamo parlato del romanzo LA RAGAZZA DI NOME GIULIO di Milena Milani. Non credo di aver bisogno di presentazioni, visto che spesso collaboro con Poliscritture, ma permettetemi due parole sull’altra relatrice.

Laura Del Lama è nata a Firenze nel 1975, è operatore tecnico del LIS (Lingua dei Segni Italiana). Oltre a racconti su riviste e antologie tra cui Drgus (Guanda, 2011) ed È tutta una follia (Guanda, 2012), ha pubblicato il romanzo Non so dove ho sbagliato (Cult/Barbes, 2009), e la raccolta di racconti A cosa servono gli occhi (Noripios 2017).

Buona lettura …

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Riordinadiario. Su Rossanda

di Ennio Abate

Ho letto poche ore fa la notizia: “È morta, la notte scorsa, Rossana Rossanda. Giornalista, scrittrice, cofondatrice de Il Manifesto, ha attraversato da protagonista la vita della sinistra e dell’intero paese da Dopoguerra in poi. Aveva 96 anni”. (Gli Stati generali su Facebook). Nei prossimi giorni leggerò altri ricordi e giudizi su di lei e li mediterò. Per me resta l’amica/sorella antagonista di Fortini e considero gli scritti di entrambi indispensabili per indagare l’enigma tragico del comunismo. Qui sotto alcuni appunti del mio diario in cui ricorre il suo nome.[E. A.]

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Tre riepiloghi sul ’68

di Ennio Abate, Paolo Rabissi e Franco Romanò

 

Partendo da un articolo di Abate, DA RENZO TRAMAGLINO (MERIDIONALE) A SAMIZDAT  del 19 febbraio 2018,  abbiamo intessuto ricordi  personali e politici  su un evento al quale ciascuno di noi ha partecipato a modo suo. Sono passati cinquant’anni. Sembriamo ancora accomunati da un giudizio sostanzialmente positivo sul significato storico e politico del ’68. Eppure diversi sono  gli accenti, le prospettive e i filtri di lettura che usiamo. Sperando di non aver opacizzato  ma reso nelle sue molteplici facce  alcune di quelle vicende e i problemi che affiorano nel ripensarle, pubblichiamo in un unico blocco il nostro lungo e  laborioso scambio di mail, avvertendo in anticipo che un po’ di fatica la chiediamo ai nostri convenzionali quattro lettori. [E.A., P.R., F. R.]

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Sul ’68 a Colognom 50 anni dopo

di Ennio Abate

Questo è il mio intervento per l’incontro del prossimo 23 giugno (qui) a Cologno Monzese di ex compagni e compagne del ’68. [E. A.] Continua la lettura di Sul ’68 a Colognom 50 anni dopo