
Traduzione di Franco Tagliafierro e Elisa Sanchez-Casas
Traduzione di Franco Tagliafierro e Elisa Sanchez-Casas
RIORDINADIARIO.
BILANCIO RETROSPETTIVO DI UN’INCHIESTA NON PUBBLICATA.
di Ennio Abate
Con questa inchiesta del 2004 sulla “moltitudine poetante” (termine più tardi sostituito da “moltinpoesia”) cercai di condividere con alcuni amici di Milano le riflessioni sulla poesia che avevo maturato in anni precedenti nel confronto con Franco Fortini e Giancarlo Majorino. Tema dell’inchiesta: la scrittura di massa (di versi soprattutto), fenomeno che riceveva allora e riceve tuttora condanne moralistiche e snob invece che indagini serie. Il questionario [1] fu preparato e limato da me, Paolo Rabissi, Lelio Scanavini, Franco Tagliafierro e Adam Vaccaro. Lo inviammo a un centinaio di potenziali interlocutori e, tra dicembre 2003 e giugno 2004, ci occupammo della raccolta e sistemazione delle risposte. Ne arrivarono trentuno. Nel 2005 stavamo per pubblicare un libro-rendiconto di quel non trascurabile lavoro di gruppo, ma per le divergenti valutazioni dei risultati dell’inchiesta [2], pur avendo preparato persino una prefazione di compromesso [3], non se ne fece nulla. E il materiale già pronto rimase in una delle cartelle del mio PC e forse in quelle degli altri promotori.
Oggi, a distanza di tanti anni, pubblico: – il questionario; – due note (di Franco Tagliafierro e Paolo Rabissi) della discussione interna al gruppo; e la prefazione concordata. Non – almeno per ora – le pur interessanti e articolare risposte dei 31 interlocutori [4] che occuperebbero troppo spazio. Continua la lettura di Moltitudine poetante 2004
di Franco Tagliafierro
Parlare con Aldo Giobbio per me significava ascoltare Aldo Giobbio. Non perché lui avesse il vizio di non tenere conto di ciò che il suo interlocutore diceva… anzi, tutt’altro, ma perché anticipava ciò che l’interlocutore avrebbe voluto aggiungere al già detto per argomentare meglio. E io ascoltavo. Questo accadeva quando l’oggetto della conversazione era la storia.
Continua la lettura di Ricordando Aldo Giobbiodi Franco Tagliafierro
“Mi ha colpito la situazione paradossale al centro di questo racconto che hai scritto nel 2000: la folla anonima e gregaria, che sente una “medesima coazione alla morte” e, ubbidiente e caparbia, si dà da fare per morire non per vivere. E’ l’idea forte del racconto. Mi ha fatto pensare ai dannati danteschi in attesa del naviglio di Caronte che trasformano la “tema” in “disio”. Ma, forzando, ho pensato anche a una allegoria dell’Italia invecchiata d’oggi. Dal punto di vista narrativo l’idea è ben svolta con variazioni, colpi di scena e trovate un po’ cabarettistiche (nel finale). Il tutto sotto la regia di un narratore intellettualmente anche un po’ sadico che dà sfogo al suo umorismo nero. Non manca la rivolta dell’individuo (la signora della Smith & Wesson), che non vuole rispettare il gioco sociale”. (Da una mail di E. A. all’autore)
Erano venticinque le persone accalcate dinanzi alla porta di servizio alle otto di mattina. In prevalenza uomini, età media trent’anni, facce meste, qualche bisbiglio.
– Che aspettate per entrare, che vi chiamino da dentro? – domandò uno spilungone in camice bianco uscito dal laboratorio, fermandosi a una certa distanza da loro.
Delusione: ecco il motivo per cui indugiavano. Avevano immaginato che sarebbero entrati tutti insieme, spalla a spalla, petti e schiene quasi a contatto, così ciascuno avrebbe avuto meno emozioni, meno paura. Invece avevano trovato aperta solo la porta stretta.
– Che aspettate, che vengano fuori loro? – li canzonò lo spilungone sforzando adeguatamente la voce.
Continua la lettura di Centro di disintossicazionedi Franco Tagliafierro
Questo è un altro capitolo del romanzo di formazione inedito, a cui sta lavorando Franco Tagliafierro. Il primo è stato pubblicato qui [E. A.]
Arrivare a Trieste, prendere una camera in un albergo economico nei pressi della stazione, lasciare la valigia sulla panchetta apposita, darsi una rinfrescata, cambiarsi o non cambiarsi la camicia, meglio cambiarsela, scendere in strada, eccolo là un telefono pubblico, estrarre dal portafoglio il frammento di cartolina ripescato dal fondo di un cassetto, c’è scritto un numero e a fianco un nome, il numero potrebbe essere ancora lo stesso oppure no, pronto, la voce è la sua, bene, tutto più semplice, sono Orlando, tre anni fa, a Milano Marittima, la voce risponde all’istante, ma solo con esclamazioni generiche, il ricordo di lui non può non aver generato anche esclamazioni specifiche, che però rimangono mute, come di chi esita, lui dice sono a Trieste, la voce di lei si amplifica, si colora di allegria, dice questa sì che è una sorpresa, l’allegria autorizza lui a dire allora possiamo vederci, certo, anche subito, a metà strada, in piazza Unità d’Italia, vai sempre dritto per Riva 3 Novembre, fra mezzora nel Caffè degli Specchi, sarà bello incontrarci là.
Continua la lettura di Triestedi Franco Tagliafierro
Questo è un capitolo di un romanzo di formazione inedito, a cui sta lavorando Franco Tagliafierro. E’ una narrazione epica – per me bellissima, calibrata e sapientemente ironica – dello scontro avvenuto in Piazza S. Paolo a Roma il 6 luglio 1960 tra manifestanti antifascisti e polizia. Il punto di vista è quello di un giovane “piccolo borghese” che fa il suo primo passo politico immergendosi in una folla organizzata e decisa di lavoratori («gruppi più o meno numerosi a seconda dei cantieri di provenienza, si formano macchie di berretti di carta di giornale nella marea di teste nude»). (E. A.)
di Franco Tagliafierro
Pubblico questa recensione-saggio di Franco Tagliafierro avvertendo i lettori che richiede un certo impegno. É analitica e abbastanza lunga. Si legge, però, bene. Come un romanzo, anche perché Franco, che di romanzi ne ha scritto cinque (vado a memoria), ha alleggerito con la maschera dell’ironia una materia criminale tremenda e inquietante. Alcune domande però s’impongono e le anticipo. Di fronte alla “macchina corruttiva statale-mafiosa”, che appare quasi onnipotente, è ancora possibile non cedere allo sgomento e pensarla politicamente? Di fronte a vicende, che si svolgono nelle zone oscure delle istituzioni statali e al di fuori della vita sociale percepibile dalla gente comune, possiamo soltanto sperare nell’intelligenza e nel coraggio di individui onesti ma eccezionali? Sono essi gli unici in grado di contrastare i corrotti e mostrare almeno per qualche attimo una verità, che inevitabilmente tornerà ad essere occultata e dimenticata? [E. A.] Continua la lettura di Piccola Réclame antistragista