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A chi pianta un frutteto nel Giardino

di Samizdat 

In riferimento alla discussione in corso qui. [E. A.]

Caro Antonio Sagredo,
ti ringrazio, ma devo  dirti che per me non devi fare nulla.
Che il poeta – più che la Poesia – mangi in due piatti:
quello della storia e quello di una Cosa,
che viene pensata come « astorica, antistorica, protostorica, ecc» come tu dici,
me l’insegnò Fortini. Continua la lettura di A chi pianta un frutteto nel Giardino

Soffioni boraciferi e altre poesie

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di Donato Salzarulo

Queste composizioni fanno parte di un ciclo poetico (ancora in corso) cominciato tra la fine di agosto e gli inizi di settembre. Qui vengono offerte come anticipazioni sia per contribuire al dibattito di POLISCRITTURE sulle vie della poesia, sia per raccogliere impressioni, spunti di lettura, annotazioni critiche. La scrittrice irlandese evocata nella seconda strofa di “Soffioni boraciferi” è Edna O’Brien, il libro «Oggetto d’amore» (Einaudi, 2016). [D. S.]

SOFFIONI BORACIFERI

Oggi qualcosa ha mutato l’atmosfera
del tuo viso. Nei tuoi occhi non piove,
ma li vedo più piccoli come se
una nuvola densa di vapori
scivolasse giù dalla fronte… Continua la lettura di Soffioni boraciferi e altre poesie

Su Paul Celan

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di  Donato Salzarulo

Di lui e della sua poesia avevo sentito parlare. Forse addirittura avevo letto qualcosa. Distrattamente come spesso capita. Poi nel secolo scorso – poteva essere il mese di maggio del Novantasei -, in una di quelle mie periodiche incursioni in libreria, adocchiai un volumetto bianco della collezione Einaudi di poesia: «Di soglia in soglia».
Il titolo mi attirò. Soglia è parola che sento mia. Rima con voglia, foglia. E l’esistenza non è un vagare di soglia in soglia con in testa il sogno della casa-identità? E tante volte non si rimane sulla porta a bussare? Continua la lettura di Su Paul Celan

Sul lettore. Un dialogo a tre

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Riprendo volentieri dalla sezione “Mattinale” del  sito di Velio Abati questa discussione a tre fra gli amici Velio Abati, Donatello Santarone e Walter Lorenzoni non tanto perché trae spunto da una mia amara constatazione per gli  scarsi commenti a due recenti post “lunghi” di Poliscritture (“Sulle prode di “Domani”” dello stesso Abati e “Parole beate” di Sagredo) ma soprattutto perché essa s’intreccia con la discussione su “Per chi scrive Poliscritture?” e più indirettamente anche con quella su “Pornolandia.La morte della sessualità” e mette a fuoco un disagio diffuso tra quanti vedono con allarme e quasi sgomenti lo scarto crescente  tra modi sempre più divaricati di rapportarsi al “mondo” o alla “realtà”:  i nostri e quelli  delle generazioni più giovani.  I dialoganti accennano anche al problema che da decenni ci logora sul che fare o sul come reagire (e persino se sia ancora possibile reagire). Mi auguro che il senso di impotenza, certamente da riconoscere, non ci paralizzi e che qualcosa ci spinga sia a interrogarci con coraggio e rigore sulla storia da cui proveniamo sia, come suggerisce Abati, a 
«scrutare luci nella notte». [E. A.]

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