Archivi tag: mare

Riordinadiario 1989 (2)

di Ennio Abate

quella torsione violenta
del bulbo oculare e dell’intera testa

come in una marionetta!

fu il padre-prete
a condurre il suo sguardo
all'occhio tremendo di Dio
nel triangolo della stampa appesa al muro
nella stanza 

così  fu interrotta la visione
del seno materno
e il bimbo diventò uno strabico spione
che guardava di soppiatto e di traverso
il corpo desiderato
e se lo fingeva altrove

lontano sull’orizzonte del mare
invadeva la finestra assolata

l'esperienza recisa l'inseguì
nelle scaglie di pesce morto
o - più tardi - sul foglio bianco


(16 ottobre 1989)

Roberto Casati: «Oceano. Una navigazione filosofica»

di Donato Salzarulo

1.- Non ricordo bene il mio primo incontro col mare. Sicuramente avvenne in occasione della gita di terza media a Bari e alle Grotte di Castellana. Ma forse ci siamo incontrati prima, durante la fanciullezza, in una visita di qualche giorno agli zii residenti a Napoli. Stupore e diffidenza furono le emozioni che ne ricavai.
Poi venne l’adolescenza e la gioventù, venne la voglia di abbronzatura e delle corse sulla spiaggia o lungo la battigia.
Poi venne l’incontro con mio cognato, uomo di mare rispetto al mio Io di montanaro, coi suoi tentativi falliti d’insegnarmi a nuotare. Imparai a fare il morto e continuai ad accoccolarmi o a bagnarmi nell’acqua fino al punto in cui toccavo. Da più di un decennio non ci provo più e, se mi capita di dover accompagnare la tribù familiare in qualche località marina, sulla spiaggia non ci metto piede.
Ho passato tre volte lo Stretto di Messina, sono stato una settimana a Lipari e ho girato per le isole Eolie. Sono stato anche una settimana a Capri. Ho salutato il “confine della Terra” in Portogallo e ho passeggiato per quindici giorni lungo il Malecon dell’Avana e per altri quindici giorni sulla spiaggia di Vancouver. Per curiosità ho fatto una crociera verso Ibiza e Barcellona su una di quelle navi-edificio e, per quanto mi riguarda, ho messo la croce. Il mare, come dice la canzone, mi piace d’inverno e, da oltre vent’anni affitto, da dicembre a giugno, una casa a Pietra Ligure, dove trascorro parte della mia esistenza.
Ho incontrato il mare?… Sì e no. Più di no che di sì. Il mare questo sconosciuto, popolato da vongole, seppie, alici, sarde, orate così gradevoli al mio palato, questa massa d’acqua sempre in movimento, questo ritmo che ora m’incanta ora mi spaventa. I surfisti, le vele, le barche in darsena, la voglia di mettersi in viaggio e partire per l’ignoto…
Il mar d’amore
oggi scintilla argenteo.
La droga è il libro.
Così sono finito tra le pagine dell’ultimo libro di Roberto Casati: «Oceano. Una navigazione filosofica» (Einaudi, 2022) Continua la lettura di Roberto Casati: «Oceano. Una navigazione filosofica»

Un filosofo celaniano

 

di Dario Borso

Gianni Carchia (1947-2000) nel 1974 tradusse 29 poesie da Papavero e memoria, sette delle quali intersecano la recezione italiana di Celan all’altezza del capitolo “Outsiders” del mio Celan in Italia (Prospero Editore, 2020). Il giovane filosofo le aveva inviate nei primi anni Ottanta alla rivista “Erba d’Arno”, dove poi non uscirono. Continua la lettura di Un filosofo celaniano

Aspettare e non venire

di Rita Simonitto

                                    “Aspettare e non venire,  
                                     stare a letto e non dormire,
                                     ben servire e non gradire,
                                     son tre cose da morire.”
 
                     (da La serva padrona – Intermezzo di G.B. Pergolesi)              

La spiaggia, ovvero quel fazzoletto di spiaggia, era incassata tra due propaggini di costa alta che scivolavano giù al mare e la cui vegetazione era variegata,frammista di rocce aguzze, ginestre, lentischi e corbezzoli e, più in alto, a svettare disordinate, piante di orniello dalle tremule foglie.

Ci si arrivava attraverso un accidentato sentiero, ombroso al punto giusto per non far demordere il viaggiatore nel suo tragitto verso la caletta.

Continua la lettura di Aspettare e non venire

L’aria pura e altre poesie

Tabea Nineo, disegno per “Nella casa della madre” di Donato Salzarulo, 1993

di Donato Salzarulo

L’ARIA PURA

                                                             «Oggi è arrivata l’aria pura, la tua.» Continua la lettura di L’aria pura e altre poesie

“Oltrefrontiera”

di Pasquale Balestriere

Riprendo in mano il cartaceo di “Oltrefrontiera” di Pasquale Balestriere con le suggestive e mediterranee pitture di Mario Mazzella. Ritrovo raffinati echi classici in tutti i componimenti e  un modo pacato di riferirsi al rapporto con la natura e contemporaneamente al dolore della vita. Mi dico: questo sentire è possibile solo al Sud; e,  per intenderlo, dovrei tornare indietro, magari ai tempi del liceo quando senza grilli critici per la testa leggevo in antologia i lirici greci e romani. Anche adesso, però, i versi  di Balestriere mi colpiscono. Perché si collocano con convinzione  in quella tradizione lirica e  i temi trattati (affetti familiari, ricordi d’infanzia, luoghi visitati, meditazioni sulla natura e la vita umana) hanno una sobrietà che smorza le inquietudini e sento  estatica ed antica.  C’è l’idillio (Presepe), il canto ispirato (La trama del giorno).  E’ una poesia di raccoglimento. Da dove viene? Com’è possibile oggi? Balestriere vive ad Ischia. E credo che il suo fare poesia sia alimentato non solo dalla contemplazione di un cielo particolare o da certi colori e suoni dell’isola, ma dall’aver continuato  tenacemente a curare di persona un suo campicello accanto agli studi letterari. E tra la cura del campo e degli studi c’è – intuisco – una stretta  e felice relazione. Mi arrischio a dire che la ripetizione  dei gesti secolari dei contadini avrà confermato e rafforzato la predilezione, derivatagli certo anche dagli studi, per la metrica equilibrata degli endecasillabi, l’aggettivazione abbondante ma non caricata,  il fraseggio senza sincopi che completa il senso delle immagini o del pensiero,  il lessico che rientra quasi interamente nel repertorio degli antichi senza sfondamenti verso il moderno. Questo “stampo” classico, profondamente assorbito e rivissuto, avrà funzionato da filtro selettivo di un’esperienza di vita ben più mossa e inquieta di quella che i versi mostrano? Può darsi. Dei singoli componimenti   della raccolta, oltre ai due sopra citati, pubblico  quelli che mi sono piaciuti  di più:  A mia figlia, Al morso delle dita, Venerdì, Scorrere la vita. E anche alcuni che non mi sono piaciuti per controllare la mia lettura con quelle di altri commentatori di Poliscritture: Piove, dove sento un’eco fastidiosa  di D’Annunzio e A Pastrengo che cede a un patriottismo retorico. E segnalo Sogno di Spagna  come poesia che più mi ha suggerito l’ipotesi  (maliziosa?) di un’esperienza di vita abbastanza “anarchica” e in contrasto con  il tono prevalentemente classico di questa poesia. [E. A.]

Continua la lettura di “Oltrefrontiera”

Poema a due voci

George Grosz, La voce del popolo

di Gianmario Lucini & Erminia Passannanti

Questo poema del 2004, scritto a due mani, già pubblicato su “absolute poetry” e  “anafabetiere” ma non più reperibile su questi siti, tocca  il tema  attualissimo del populismo (concetto, come si sa, fin troppo generico) impersonato  in quegli anni da Berlusconi. Con  indignazione che non evita toni plebei e disperati in Lucini.  Con  sarcasmo che ancor attinge a termini nobilmente letterari in Passannanti. Lo pubblico come ulteriore omaggio a Gianmario Lucini oltre che come esempio di collaborazione  possibile  sui temi di “poesia civile”. [E. A.]

Continua la lettura di Poema a due voci

La visita

di Paolo Carnevali

Amavo scrivere e leggere, due passioni che associavo a una terza, quella per il mare: aveva un effetto energetico nuotare nelle sue acque fredde nei primi giorni di Maggio, quando l’odore del salmastro si attaccava alla pelle. Era allora che i ricordi cadevano leggeri, avvolti in un magico e soffice silenzio, che offuscava l’orizzonte di un velo melanconico. Era allora che immaginavo lo scorrere della vita, seduto con la testa tra le mani, sulla spiaggia deserta, come un pagliaccio che sorride tristemente, incapace di fermare o chiudere le immagini dell’infinito orizzonte del mare. Al mare, tra l’altro, mi era facile incontrare alcuni vecchi amici e, in particolare, lo scrittore Carlo Cassola con il quale avevo instaurato un bel rapporto. Così, anche quella volta, raggiunsi Marina di Cecina, nella speranza di incontrare tutti, ma soprattutto lui, il mio amico scrittore. Continua la lettura di La visita