Archivi tag: morti

 I grandi navigatori

  Konrad Dietrich, i grandi navigatori (2018)

 di Angelo Australi

Questo racconto è stato pubblicato una prima volta con le edizioni del Circolo letterario Semmelweis nel 1995, con una prefazione di Giorgio van Straten, e una seconda volta nel 2018 con nota di Francesco Luti. La tiratura del CLS, ormai da tempo esaurita, era di 500 copie numerate, mentre nel 2018 è uscito in forma quasi di libro d’artista con appena 64 copie. Durante questi anni si è fatto tanti amici, ma ogni volta che lo rileggo sento il bisogno di condividerlo ancora con nuovi lettori. So che non è possibile, ma vorrei che fossero milioni, miliardi … questi lettori. Continua la lettura di  I grandi navigatori

Due osservazioni sul Coronavirus

di  Davide Morelli Continua la lettura di Due osservazioni sul Coronavirus

Ricordare i morti per coronavirus di Cologno Monzese

#pandemiaacologno

Appello di Ennio Abate e Mauro Cambiaghi

                                    e noi, che involge rinnovato strazio,
                               ci separiamo infine – separarsi è la morte
                                                                 (Goethe) 

Cologno Monzese, oltre ai normali decessi, ha perso negli ultimi mesi più 100 dei suoi abitanti a causa del coronavirus. E questo lutto collettivo è stato vissuto dai parenti di chi è morto in un preoccupante e inquietante silenzio della comunità cittadina.

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Poesie scelte da «Ogni vigilia è disarmata»

di Giorgio Mannacio

Sulla recente raccolta pubblicata da Giorgio Mannacio ricordo anche le riflessioni mie (qui) e quelle di Ezio Partesana (qui). [E. A.]

SIPARIO

 
Di notizie e  di sabbia è rosso il cielo:
è il deserto che arriva in questa
vigilia disarmata
che veglia si può chiamare.
Non fanno alcun rumore le derive dei continenti .
Ha senso rinominare
l’origine, il percorso ed il destino
della rosa dei venti
se falso è il fiore?
Ne spira uno soltanto,
uno soltanto è il punto cardinale
d’ogni furore  
e d’ogni indifferenza
e a spegnere la candela un soffio basta.
 
  
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25 poesie da “Disamorarsi d’essere”

di Eugenio Grandinetti

 Eugenio Grandinetti ha pubblicato, raccolte in quattro sezioni (Equilibri di penombre, Zooteca, Storie,  Et cetera),  un altro  libro di sue poesie. Ne propongo qui, facendo una scelta del tutto personale, alcune che meglio dicono  alcuni tratti tipici della sua ricerca: uno sguardo minuzioso ma interiormente partecipe sugli animali, esseri in preda a sentimenti (fossero di paura, come nell’immagine della lucertola, o di aggressività feroce, come in quella del falco) che indirettamente sono stati o sono anche suoi; una tendenza ad immobilizzare  in una “statica interiore” non solo il movimento delle cose (si veda «Mulinelli»), ma della memoria («Degli altri è bene /si perda ogni memoria, che non resti/ cattiva maestra al mondo della storia /di cui fummo pure parte»)  e, dunque, della storia dimostratasi inesorabilmente insensata e senza più scopo («Gli eventi/ che potevano esserci non furono»; « storia/ continua, senza capitoli e senza epilogo») ; una a-modernità baudelairiana  ma  più secca e quasi scorbutica della sua visione della città metropolitana, ridotta a «muro davanti ad altri muri», a vita monotona,  a «un ripetersi», a «ingranaggio», nel quale   il singolo – guardato o non guardato dagli altri – resta bloccato in una irrimediabile incomunicabilità; un esistenzialismo  che ora,  di fronte alla sua e all’altrui vecchiaia (si veda in particolare «Senescenza», «Un vecchio» ma anche «La mela marcia»),  si è fatto spietato e nulla abbellisce.  E tuttavia  questi versi – pacati, disincantati, dal tono mai muscolare ma sempre basso e riflessivo, che parrebbero monotoni ma sono dolcissimi – «sono tarli che scavano, che lasciano / vuoti profondi». Perché alludono ad una assenza incolmabile. Come nella bellissima evocazione  delle figure del nonno e del padre ne «L’asino di Pietrantonio», tanto più imponenti e leggendarie, malgrado le  minime  «orme» ( o ombre?) che hanno potuto lasciare sulla terra e  nel suo animo.  [E. A.] Continua la lettura di 25 poesie da “Disamorarsi d’essere”

Che cos’è la poesia…

“Uomini fummo e or siamo fatti sterpi” opera su stoffa, collage di carta, fili e ricamo di Cristina Ghiglia

di Luca Chiarei

Dal Blog di Franco Arminio riporto un intervento del 18/9/2017  che mi ha fatto ancora una volta riflettere:

1. La poesia è una forma di pentimento. Tentiamo di farci il bene dopo che ci siamo fatti del male.
  2.La poesia è il corpo che decide di parlare, è un’insurrezione della carne.
  3.La poesia viene sempre da un confine, non è mai centrale.
  4.La poesia è sguardo messo ad asciugare. Lo sguardo messo ad asciugare diventa parola.
  5.La poesia non si fa con le tue parole, non ne hai. E non si fa neppure con le parole degli altri, non ci servono.
  6.La poesia è un fallimento con le conseguenze migliori, ma è comunque un fallimento.
  7.La poesia non c’entra niente con le cose che si capiscono e neppure con quelle che non si capiscono.
  8.La poesia è un messaggio che viene dal corpo, una fitta dietro l’orecchio, un’arancia nascosta dietro un ginocchio, il fegato che chiede acqua, una piccola vela nella testa.
  9.La poesia non sa e non deve sapere. La poesia deve vedere.
  10.La poesia è un’intimità provvisoria col mistero. La poesia se ne va, resta il mistero.

Certamente se rivolgessimo la domanda, ma più che altro una affermazione, che pone Franco Arminio a 100 poeti o a 100 lettori di poesia, riceveremmo senz’altro 200 risposte diverse. Questo esito lo possiamo anche ritenere inevitabile e legittimo in quanto le diversità non possono certamente né essere “compresse” né censurate per quanto possano essere estranee alle nostre convinzioni; allo stesso tempo non possiamo limitarci a prenderne semplicemente atto come le “democrazia espansiva” dei social ci vorrebbe insegnare. Al contrario di questo orientamento prevalente che in nome della diversità da “valorizzare” accetta qualsiasi opinione in merito alla poesia (e non solo) senza discuterne, credo che sulle risposte possibili si debba ragionare perché non tutte sono equivalenti e alcune possono essere più convincenti di altre.

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Su “Poemetti e Racconti in versi” di A. Éderle

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di Cristiana Fischer

A una prima lettura “Poemetti e Racconti diversi” coinvolge nell’incalzare degli argomenti, per la viva colorazione affettiva, per gli incanti descrittivi e naturalistici. Oltre questa luminosa superficie il libro mostra la sua unità di fondo: la scrittura fluida e continua, il periodare ampio, il frequente interrogarsi e catturare l’attenzione di chi legge, perché l’autore gli parla, gli descrive quello che sta vedendo (“Tre e mezzo, la discesa scende fino/a mezza costa, case nude senza uomini”), gli espone riflessioni, ricordi (“Ecco, ritorna il suono, ecco/torna il colore lo splendore”), si mostra con la sua esperienza di vita e la maturità raggiunta, la sua psicologia e filosofia. Continua la lettura di Su “Poemetti e Racconti in versi” di A. Éderle

L’acqua dei morti

cipresso ombra

di Donato Salzarulo

 

I

Luci della vetrata
che corteggiate l’ombra…

Posso anche immaginarti
flusso d’energia,
aggregato d’atomi
destinato a sciogliersi,
molecole d’acqua ritornanti
in ciclo, azoto, ferro, Continua la lettura di L’acqua dei morti

Da “Poesie incitanti all’odio sociale”

angeli sopra berlino

di Alberto Rizzi

 

 

SPECIMEN

Su frammenti di vetro rotto cammina la speranza
e pone gli occhi attorno
—————————–e guarda
e seduto vede un maschio d’uomo
d’ampi gesti chino e grugnente che
——————————————-quasi fratel fatto a primate
scimmia dagli occhi surrealisti
————————————-a crudi bivalvi suca ‘l molle frutto Continua la lettura di Da “Poesie incitanti all’odio sociale”