Archivi tag: musica

Due racconti

di Marcella Corsi

Tamponi (e d’affezione tampinamenti)

        Amo la capacità che hanno alcuni di scherzare su tutto senza farlo sulla pelle degli altri. Ieri Sara mi ha chiamato in video e la sua faccia era serena, affettuosa, mentre reggeva la piccola e mi parlava. Un’icona preraffaellita in movimento. Emiliano è comparso da dietro reggendo un cartello: !OTUIA vi si leggeva. Che sarebbe stato AIUTO! ma in videochiamata lo si vedeva all’incontrario. Scherza sempre, ci fa sorridere.
Non credo stessero pensando che avessi bisogno di aiuto… Sara, certo, aveva cominciato la videochiamata con un “come stai?” non di maniera… Continua la lettura di Due racconti

L’eredità

di Angelo Australi

 Non ci fu preparazione per quel viaggio, perché il nonno mi aveva preso in contropiede mentre sfogliavo un fumetto di Mandrake. Quel giorno non avevo voglia di studiare, ero indeciso su tutto, la noia superava ogni limite dell’immaginazione. Spesso mi affacciavo alla finestra con lo stimolo di uscire, sperando di scorgere qualche amico che stava giocando nello sterrato davanti al nostro gruppo di case, ma alla fine ogni spinta a inventarsi una trovata per trascorrere il pomeriggio restava qualcosa di refrattario e sfogliavo i fumetti così, per forza d’inerzia. Continua la lettura di L’eredità

Canzonette

di Davide Morelli

La musica, dal punto di vista sociale,  è un linguaggio universale, emoziona chiunque, può abbattere barriere invisibili tra le persone e può veicolare messaggi importanti. A livello individuale sono ormai accertati i benefici della Musicoterapia[1]. Io ascolto spesso su radio Vintage[2] e su YouTube[3] rock progressive italiano e cantautori italiani. Continua la lettura di Canzonette

Rapimenti

di Antonio Sagredo

Per non spezzare i versi lunghissimi di queste recenti poesie di Antonio Sagredo ho dovuto ridurre ad immagine Jpeg i vari testi, perciò i caratteri appaiono rimpiccioliti. Per ingrandirli consiglio ai più inesperti di usare lo zoom. In questa ultima produzione a tema noto in Sagredo  meno barocchismo e  un tono autoriflessivo sul proprio   fare poesia quasi pacato. L’andamento stesso dei versi è più prosastico, meno “cantato” e  più curato sintatticamente. Ma è solo un’impressione. Per penetrare questa poesia mancano purtroppo critici adeguati. Per quel che mi riguarda gli ho dato la simpatia fraterna e l’attenzione che mi posso permettere.[E. A.]

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I viventi

di Antonio Sagredo

Walter osservò come ciondolava stancamente, sullo schienale della sedia a dondolo di una tarlata Thonet, lo sparato bianco che la sera prima s’era accomodato in fretta per andare al ballo dei parenti insieme ad Elisa.

Era stato organizzato in loro onore dalle zie materne più anziane.

L’anno prima, fu lei che glielo regalò. Lo aveva comprato a Praga in via Parigi quel tessuto voille bianco in piquette nido d’ape che poi si fece confezionare e applicare.

– Con bottoni di madreperla senza fori e col collo guru! – le raccomandò, Walter.

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alla stazione dei treni

 

di Angelo Australi

Era dalla morte di Zio Seneca che il mio vivere in campagna si era ossidato come una pila scarica, tutti quei luoghi visitati con lui adesso non stimolavano più la mia fantasia. Forse dire che li sentivo ostili è improprio, visto che da bambino avevo sempre trovato il modo di trasformarli in un pretesto per inventare dei giochi, ma dopo la sua morte, quando andavo al podere dei parenti, le giornate estive erano diventate interminabili perché certi scorci di paesaggio si dilatavano nella noia fino a comprendere le persone con i suoi umori alti e bassi. Quelle dieci frasi con le quali i parenti avevano sempre comunicato e che da bambino aspettavo a gloria di sentirmi dire, all’improvviso si erano trasformate in macigni che gravavano su uno strano e insopportabile sentimento di inquietudine che non riuscivo a capire. Dopo i diciotto anni tutto il mio vivere dai parenti si era annientato dentro altri interessi, avevo degli amici sparsi in alcune città e la campagna non entrava neanche in parte nelle nostre discussioni. Quando ci incontravamo per assistere al concerto di uno dei nostri gruppi rock preferiti, parlavamo ore sognando di cambiare il mondo attraverso quei suoni e poi, finiti i soldi, rientravo al paese convinto di aver fatto qualcosa di buono. Continua la lettura di alla stazione dei treni

Harrison Bergeron

Introduzione e traduzione di Virginia Arici

 

di Kurt Vonnegut

Nato l’11 novembre del 1922 a Indianapolis, Indiana, Kurt sembrava destinato ad una carriera di scienziato; la sua vita universitaria però finì quando si arruolò nell’esercito per combattere nella Seconda Guerra Mondiale. Nel dicembre del 1944 si trovò a combattere la battaglia delle Ardenne contro l’esercito tedesco, ma la sua unità fu distrutta e Vonnegut venne fatto prigioniero. Inviato in Germania a Dresda, la Venezia del nord, venne messo a lavorare con altri prigionieri in una fabbrica di sciroppo di malto per donne incinte. Si trovava ancora lì quando la notte del 13 febbraio 1945 gli Alleati bombardarono la città; le esplosioni crearono una colonna di vento con temperature fino a 1400 gradi che consumarono tutto l’ossigeno dell’aria, causando la morte per asfissia di un numero a oggi ancora imprecisato di civili; la stima varia fra 35.000 e 130.000. Vonnegut sopravvisse al bombardamento perché era alloggiato in una cella per la conservazione delle carni vari piani sotto terra.
Dopo la guerra, Vonnegut tornò negli Stati Uniti ancora deciso a diventare uno scienziato, ma la sua proposta di tesi venne respinta dall’Università di Chicago. Trovò allora un impiego presso la General Electric. In questo periodo iniziò anche la sua carriera di scrittore.
Negli anni era cresciuta anche la sua voglia di raccontare la sua esperienza a Dresda, e durante un periodo in cui aveva trovato impiego presso l’Università dello Iowa, si rese conto che il suo essere sopravvissuto al bombardamento non poteva essere raccontato in un modo convenzionale; il risultato fu Mattatoio 5, pubblicato nel 1969. Il libro usa la fantascienza e l’idea del viaggio nel tempo per raccontare gli eventi da lui vissuti, usando come alter ego il personaggio di Billy Pilgrim. Fu questo libro a dare una enorme fama a Vonnegut.
Anche nella breve storia offerta qui sotto l’autore utilizza la fantascienza per immaginare un mondo futuro dove tutti sono uguali, grazie a vari emendamenti della costituzione e a spedizioni punitive da parte degli agenti del potere centrale. Anche in questa storia Vonnegut si schiera con l’individuo contro il sistema, contro la tecnologia e contro qualunque tipo di ideologia con uno stile veloce, caustico e comico insieme, che intrattiene e fa pensare al contempo. Vonnegut muore l’11 aprile del 2007 a Manhattan, New York, all’età di 85 anni. (Virginia Arici) Continua la lettura di Harrison Bergeron

Poesie

 

di Franci La Media

 

tavola degli elementi

Cos’è l’uguaglianza maledetta
che l’afferri di sguincio solo quando
la confermi in segni raccattati
nel mercato di nuova autorità. Continua la lettura di Poesie