di Donato Salzarulo
I La prima notte non ho chiuso occhio. L’ho avuto sempre nella testa. La mattina seguente due nuvolette sui monti passeggiavano indifferenti.Continua la lettura di Ventiquattro febbraio
di Donato Salzarulo
I La prima notte non ho chiuso occhio. L’ho avuto sempre nella testa. La mattina seguente due nuvolette sui monti passeggiavano indifferenti.Continua la lettura di Ventiquattro febbraio
di Emma Pretti
La danza degli alberiContinua la lettura di Da “La segreta isola di sale”
Per tutto il giorno il vento
ha preparato un temporale,
ma il temporale non è arrivato.
Adesso ch’è buio gli alberi
continuano a scuotersi al vento
tagliente.
La notte è tersa e i loro profili
ondeggiano maestosi e piumati.
Al fresco fogliame di primavera
il vento non dà tregua.
La sua voce al mio sonno
non dà pace.
La danza degli alberi,
la coercizione del vento.
Un coro di tuoni e lampi
in lontananza.
Un’antica tragedia nell’aria,
davanti alla mia finestra
per tutta la notte.
di Dario Borso
Gianni Carchia (1947-2000) nel 1974 tradusse 29 poesie da Papavero e memoria, sette delle quali intersecano la recezione italiana di Celan all’altezza del capitolo “Outsiders” del mio Celan in Italia (Prospero Editore, 2020). Il giovane filosofo le aveva inviate nei primi anni Ottanta alla rivista “Erba d’Arno”, dove poi non uscirono. Continua la lettura di Un filosofo celaniano
di Gianluca Pavone
SPAZIO UNIVERSO
Un tempo, sotto la matita, c’era l’isola. Un non luogo che rimpiccioliva come occhi alla sera. Ci dicevano che questo Universo di soli e mondi era solo una visione e che non c’erano nomi né passato, avvenire. Esisteva questo istante dove il cielo era in scena, la clessidra, e quel che è nei cieli deve rimanere nei cieli. Lì, di notte, a volte scorgo la tua luce che una volta circondava il corpo e l’anima che lottava. E’ tempo che io vada, che ogni passo lasci il bosco un po’ più nudo. Per ogni fuoco. Per ogni canto.
di Franca Calcabotta Sirica con una Nota di Donato Salzarulo
SOGNO SOTTO L’ANTICA QUERCIA DI DODONAContinua la lettura di Otto poesie
Sogno sotto l’antica quercia di Dodona…
Respiro nell’assenza di suoni.
Mi avvolgono le essenze d’autunno.
Domani un oracolo prenderà la mia mano.
Trepidante, aspetterò il suo responso,
il suo racconto del mondo.
Traduzione di Franco Tagliafierro e Elisa Sanchez-Casas
di Domenico Melillo
Domenico Melillo vive a Roma. Ha la mia stessa età ed è stato un mio compagno di classe nella scuola elementare e media. Fino a poco tempo fa ha fatto il medico. Nel 2004 pubblicò con la casa editrice Pagine la sua prima raccolta di poesie. La prefazione era del poeta, scrittore e saggista Elio Pecora. La nota, nel risvolto di copertina, la firmò Franco Arminio.
Durante quest’estate ci siamo frequentati molto di più. Ci siamo fatti compagnia nel tempo del Covid 19. Ho riletto a lungo le sue poesie. Alcune contengono versi che rimangono impressi: «Sa di sole / la notte», «Interpretare il giorno, qualche volta, / è coniugare un verbo irregolare», «E sentirete in qualche strana voce / la nostra storia, la vostra, perché ognuno / è la voce dell’altro», «mentre nascondo la vergogna / di sapermi uomo che, per esserlo, / si nutre del sangue della specie». Figlio unico, mi ha raccontato delle sue estati da studente, trascorse a lavorare in fabbriche svizzere dove stavano i suoi genitori: «Ci siamo ritrovati, padre e figlio, / in fabbriche del nord, ed era un tempo / di gioia difficile.» E abbiamo riso insieme per la puntualità con cui la Svizzera gli fece arrivare la pensione. Gli ho chiesto se dal 2004 ad oggi ha continuato a scrivere poesie. Mi ha risposto affermativamente e gli ho proposto di sceglierne qualcuna da presentare al pubblico di Poliscritture. L’ha fatto. I primi quattro testi sono tratti da «Alianti Canopi», gli altri sei sono inediti e fanno tutti parte di una sezione dal sottotitolo “In morbo salus” di una ipotetica, seconda raccolta. (D.S.)