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Anni ’70. Sulla sconfitta della lotta armata.


Il problema della violenza nella storia (irrisolto? irrisolvibile in termini assoluti?) si ripropose nell’Italia degli anni ’70 del Novecento in termini di “falsa guerra civile” (Fortini)? Il principio pacifista avrebbe potuto suggerire pratiche che avrebbero evitato morti, sofferenze e  il “tramonto della politica” (Tronti)?  In “Aperte lettere” (2023) di Rossana Rossanda, di cui pubblicherò uno stralcio nei commenti, si legge una recensione ad “Extrema ratio”, libro di Fortini pubblicato nel 1990, dove la questione  dei “giovani delle lotte armate italiane” degli anni ’70, di cui torniamo a discutere  in Poliscritture, è posta nei termini in cui io pure credo di averla posta. E che Lorenzo Galbiati  non condivide e contesta. Forse nelle mie e nelle sue parole  – lui nato nel 1970,  io che sono del 1941 – ricompare uno scarto di cultura politica generazionale sul quale è bene riflettere. [E. A.]

di Lorenzo Galbiati

Raccolgo qui, schematicamente, alcuni pensieri spero ben ordinati che mi sono sorti leggendo l’articolo “Anni’70. Sconfitti sì, pentiti no.” (qui) e la lunga risposta a punti, sempre di Ennio Abate (qui), a un mio primo, improvvisato e soggettivo commento (qui). Continua la lettura di Anni ’70. Sulla sconfitta della lotta armata.

Anni ’70. Sconfitti sì, pentiti no.

di Ennio Abate

Ho letto negli ultimi giorni varie reazioni alla presa di posizione della filosofa Donatella Di Cesare in occasione della morte di Barbara Balzerani. i E mi sono chiesto perché noi ex della nuova sinistra torniamo sull’argomento del lottarmatismo degli anni ’70, anche quando siamo fuori gioco rispetto all’attuale svolgimento della lotta politica.
E mi chiedo anche perché i commenti su quelle vicende non riescono ad andare, ancora oggi, oltre la demonizzazione dei brigatisti e l’assoluzione dei governanti d’allora.  Mi ha colpito anche che quanti hanno difeso almeno il diritto d’opinione della Di Cesare  diano per scontato il giudizio negativo sul lottarmatismo (o terrorismo) ma tacciano su come lo Stato lo abbia vinto e abbia  vinto anche le formazioni politiche della nuova sinistra (Avanguardia Operaia, Lotta Continua, Pdup, MLS) che il lottarmartismo criticarono. E, cioè, non accennino più ai danni subiti dalla democrazia italiana proprio da quella vittoria dello Stato..ii Ancora nel 2024, dunque, il dibattito non può uscire dall’oscillazione: compagni criminali o compagni che sbagliarono. (E a sbagliare oggi sarebbe la Donatella Di Cesare) . Continua la lettura di Anni ’70. Sconfitti sì, pentiti no.

Sul Sessantotto. Una mail del 2008

Riordinadiario 2008

di Ennio Abate

6 gennaio 2008

Caro A., davvero il ’68 fu «un anno che ne durò solo dieci»? E poteva non finire? La tua interpretazione mi ha fatto venire in mente Elvio Fachinelli e il suo libro La freccia ferma. Se non ricordo male, egli vedeva quello dei giovani  del ’68 come un tentativo di fermare il tempo (un po’-  rispolvero vaghi e approssimativi  ricordi biblici – come  Giosuè che avrebbe fermato il  sole per poter sgominare  l’esercito nemico). Devo dirti che nei decenni successivi ho sentito con più forza l’esigenza di prendere le distanze dal mito del ’68. […]Questo per dirti  che, se anch’io mi sento di disprezzare i pentiti del ’68 (o gli avversari da sempre o da allora), non ho alcuna  voglia, dopo quarant’anni, di entrare in competere con i laboratori di regime o pseudo-indipendenti, che allestiranno le interpretazioni delle interpretazioni dell’”evento” per una sua rinnovata imbalsamazione o museificazione. Glielo lascio volentieri il pezzo più grosso del ’68, che in effetti è stato “loro”, credo fin d’allora, e cerco di scavare meglio nel “mio”. Continua la lettura di Sul Sessantotto. Una mail del 2008

Scrap-book da “Poliscritture FB”

a cura di Ennio Abate

1.
SEGNALAZIONE
Renato Curcio, L’egemonia digitale, Sensibili alle foglie, 2016


* Ieri sera, alla “Casa in Movimento” di Cologno Monzese, Renato Curcio ha presentato questo suo libro. Ha sottolineato con forza le modificazioni antropologiche indotte dalle nuove tecnologie, che stanno costruendo una “società artificiale” che impone un altro tipo di esperienza; ma anche la forbice crescente tra la velocità d’implementazione di tali tecnologie e il ritardo della percezione che ne abbiamo. Ha fatto l’esempio di un lavoratore che esegue le mansioni assegnategli non più da un capo in carne ed ossa ma tramite un bracciale della Motorola, che gli impone un tempo per ciascuna di esse: se le esegue in minor tempo viene premiato, se supera la media stabilita perde punti. Continua la lettura di Scrap-book da “Poliscritture FB”