
di Donato Salzarulo
Continua la lettura di Vederti è un romanzo (1)di Franco Nova
La laida mietitrice arrota la falce lunare. Con quella crea terrore, non in me che la odio. Troppa ormai la vita che senza avvertirti t’ha voltato le spalle e offre la testa alla falce, la cui luce è ora rossa. M’allontano dalla serva, sdegnato del tradimento. Pochi sembrano saperlo: la vita ha più innesti e alcuni sputano veleno sull’infame quand’essa acumina la sua falce. Resistono gli impavidi e chi sa quanto dureranno, ma la resa non sarà mai vergognosa per viltà.
di Pasquale Mastrantoni
Nella mente gracidano rane, donne di tempi lontani cacciate dal percorso seguito in cerca della Divina cui dedicare tutta la mia vita. Non la trovo, tracimo di sollievo per questa fortuna d’eccezione. Una rana, la più perfida mi contraddice e turba la mia ferma convinzione. Non questa o quella donna illumina la tua anima e ne cancella ogni ombra. E’ l’amore, empito ignoto che ti conduce in cielo; e tu voli senza ali né fatica. Tutto è chiaro intorno a te, non c’è limite né orizzonte. All’improvviso pur nel nulla sbatti contro l’invisibile; che cos’è non lo capisci, ma è la fine del tuo volo. Sotto di te riappare la Terra e il gracidare delle maledette scuote di nuovo il tuo udito. Sii realista: vivi in basso, non fantasticare l’ignoto.
di Franco Nova
Tanta attesa per nulla, chi era con noi se ne va, un mondo è scomparso. L’amicizia d’altri tempi è sentimento sconosciuto, è come un carico di vestiti dismessi e gettati nei fossi. Eravamo già esseri adulti e ci scambiavamo sorrisi; l’assenza d’un giorno era mancanza d’umore vitale. I giardini tutt’un fiore, le case un unico vociare. Torneranno mai quei tempi? Solo se capiremo che esseri alieni ci hanno invaso e reso reale quanto fantasticato e temuto per solo divertimento. Vanno combattuti e respinti nel loro mondo fatto di nulla, soppressi pur come fantasmi, dissolti nel nostro disprezzo. Vedremo carrozze sognate con cocchieri senza frusta correre su larghe strade; la nuova aurora ormai invitta cancellerà gli odierni vili. Sembra un sogno, che invece realizzerà l’attesa rinascita d’una vita che già conosciamo. Non sarà solo felicità e bontà, il turpe esisterà com’è stato in ogni tempo dell’umanità, ma s’alternerà alla dignità d’una vita ricca di lotte e d’alterne vicende, non unica distesa dell’odierna nullità.
di Franco Nova
Quante speranze ormai vane,
mentre le molte già realizzate
protestano contro questa vita
che sempre avanza e declina.
Perché Faust raccontò bugie
creando così pure illusioni?
Il mal intenzionato mentiva
soltanto a se stesso, credendo
di alleviare la sua vecchiezza.
Ormai volgiamo lo sguardo
ai ricordi da noi colorati
per poter contenti sognare,
pur se mai essi ci daranno
più d’un bagliore di letizia.
Stiamo seduti a testa china
ed eventi e visi e paesaggi
sfilano e si disperdono laggiù,
dove tutto è luce e la memoria
cancella o gentile fa sfumare
tutto ciò che il rammentare
potrebbe renderci smarriti.
Non si può evitare il pensiero
di un futuro ormai privato
dei sospirati empiti di gioia.
La vita davanti a noi è niente,
ma non diversa è alle spalle
di fronte all’enormità che
tutt’intorno ci rende inutili
nell’Universo così stellato.
Eppure si vive, si fatica e
si valorizza anche il poco
che sempre siamo stati, noi
così sciocchi da vantarci.
Siamo detti umani, ognor illusi
d’aver infine eterna vita, priva
dei corpi sentiti ingombranti
mentre sono l’unico sollievo.
Addio fantasie, tornate in voi
nel tempo e nello spazio dove
mai avete ricevuto udienza.
Ma lavorate, datevi impegni,
pensate che ancor ci siete; e
vivere è meglio del sognare
l’eterno mai conosciuto e
d’una noia insopportabile.
di Donato Salzarulo
I La prima notte non ho chiuso occhio. L’ho avuto sempre nella testa. La mattina seguente due nuvolette sui monti passeggiavano indifferenti.Continua la lettura di Ventiquattro febbraio
a cura di Pablo Luque Pinilla
El poeta es un condenado a la claridad y al canto1
Ángel Guinda nasce a Saragozza nel 1948. Vive a Madrid dove insegna Lingua e Letteratura in una Scuola Secondaria. La sua consistente opera poetica, esistenziale e minimalista, dagli anni ’70 a oggi è stata raccolta in riviste e libri di poesia. Ha scritto anche le raccolte di aforismi Breviario, 1980-1992 (1992) e Huellas (1992), i manifesti Poesía y subversión (1978) e Poesía útil (1994), e il saggio El mundo del poeta, el poeta en el mundo (2006). Ha tradotto diversi poeti: Cecco Angiolieri dall’italiano, Teixeira de Pascoaes, Florbela Espanca, José Manuel Capêlo e la poetessa brasiliana Ana Cristina Cesar dal portoghese, Àlex Susanna dal catalano. Negli anni ’70 fonda e dirige la collezione Puyal di libri di poesia e alla fine degli anni ’80 la rivista letteraria Malvís. Ha firmato centinaia di articoli di critica letteraria e critica d’arte sulle pagine dei quotidiani “Heraldo de Aragón” e “El Periódico de Aragón”. La sua opera in versi comprende i seguenti titoli: Vida ávida (1980-1990), Cántico corporal (1989), Conocimiento del medio (1990-1995), La llegada del mal tiempo (1995-1996), Biografía de la muerte (1996-2000), La voz de la mirada (2000-2001), Toda la luz del mundo (tradotto nelle lingue ufficiali presenti sul territorio spagnolo e all’interno dell’Unione Europea nel periodo 2000-2003), l’autoantologia La creación poética es un acto de destrucción, 1980-2004 (2004) e Claro interior (2000-2007). Attualmente è in corso di stampa l’edizione canonica della sua poesia completa, Poesía útil, 1970-2007. Un’ampia bibliografia dell’autore può essere consultata in rete all’indirizzo: www.olifante.com/guinda/biblio/index.html Spesso la sua opera ha ricevuto consensi unanimi sia tra i lettori che tra i poeti e i critici letterari, e ha ricevuto il “Premio Pedro Saputo de las Letras Aragonesas” per Biografía de la muerte. Alcune tra le più recenti e importanti antologie degli ultimi anni raccolgono i suoi lavori; tra queste ricordiamo: Antología de la poesía española (1966-2000): Metalingüísticos y sentimentales. 50 poetas hacia el nuevo siglo (2007). Come succede sempre nei casi di grande poesia, la sua opera affronta i temi classici più ricorrenti come il tempo, l’amore e la morte. Allo stesso tempo, la sua attenzione si dirige all’esplorazione metapoetica. Per quanto possa sembrare scontato sottolineare la validità di questi interessi, in realtà non lo è: basti pensare a come, nel nostro contesto attuale, vengano esaltati il nonnulla magniloquente e l’originalità priva di contenuto, in un atto di onanismo creativo che confonde il verso con lo spasmo, la letteratura con l’opportunismo dello spot. In maniera completamente diversa, invece, Ángel Guinda affronta la propria scrittura da una preoccupazione per l’umano, esasperata fino all’estremo della rottura del soggetto poetico, fino all’implosione stessa dell’io lirico. Questa scommessa è sostenuta anche da un grande rigore tecnico che si manifesta sia nell’impiego del verso libero che del poema in prosa o del verso sciolto (il più presente). Ma anche attraverso procedimenti espressivi come l’ellissi, il concettismo, la sinestesia e l’uso di un linguaggio attualizzato, convenzionalmente affatto poetico. Solo in alcune occasioni questo diventa più retorico o volutamente letterario; infatti, nella vita, fonte d’ispirazione di questa scrittura, vige il linguaggio nella stessa misura in cui, a volte, succede il contrario. In definitiva, una tematica e un’estetica che, tutto sommato, risultano radicalmente contemporanee. Per il resto, si tratta di un’opera che, come dichiara l’autore stesso, si specchia in quella di Jorge Manrique, Quevedo, Bécquer, Ungaretti, Montale, Quasimodo e Jaime Gil de Biedma; e si fonda su tre idee fondamentali, spesso riportate nei suoi manifesti, in interviste e presentazioni. Innanzitutto, la concezione della poesia come atto di distruzione; quindi la convinzione che, puntualizzando quanto affermava Nebrija che «si scrive come si parla»2 in realtà, innanzitutto, «si scrive come si vive»3 e la coscienza di marginalità di chi va alla ricerca di un lirismo profondo che condanna il poeta a illuminare il mondo e a cantarlo. Con la prima di queste idee, il poeta risulta uno “sterminatore” – come l’ha definito qualcuno – che cerca di liquidare l’ordine prestabilito per edificarne uno nuovo, esente dai pregiudizi che falsano la realtà dell’uomo, guidato dal sentore del vero. Questo per dire che il carattere apparentemente distruttivo della sua poesia nasce da un’inclinazione al rischio e alla profondità, in cui ogni parola viene soppesata e indirizzata per dotare il poema della massima intenzionalità, sia etica che estetica. Ángel Crespo spiegava il medesimo concetto, affermando che questa poesia è «volta a rimuovere gli ostacoli della vita più che a essere messaggera di annichilimento; porta scompiglio, non nell’ordine naturale, ma nel disordine con cui i manichei di tutti tempi hanno cercato di sostituirlo»4. E noi aggiungiamo che questo modo di procedere, basato sull’effetto dei contrari, colloca il nostro poeta agli antipodi del nichilismo. Arriviamo quindi alla conclusione che Ángel Guinda scrive come vive, così come è stato accennato riguardo al secondo aspetto della sua scrittura. Una fame di vita e di esperienze personali che ci rivela nell’opera lo spazio comune delle nostre vite, la fattura dei nostri desideri, delle nostre frustrazioni, speranze, dubbi e certezze. Infine, sulla risultante delle due vie tracciate ritroviamo la terza che abbiamo indicato: il poeta si sente spinto al canto, alla poesia poiché tanta vita che come spesso afferma l’autore è anche tanta morte, non può non essere offerta, donata. In questo senso, Guinda è stato definito come un poeta maledetto, condannato a rendere poetico tutto quanto incontra. Ciò nonostante, ci sembra più adeguato considerare tale aspetto maledetto come l’ombra che la tentazione della concentrazione su se stesso proietta sul suo lavoro, pur se non arriva a materializzarsi. Di fatto, l’autore stesso ha denunciato questo pericolo nel suo saggio El mundo del poeta, el poeta en el mundo. Ci riferiamo alla pretesa che la poesia crei uno stato migliore della realtà e, per questo, migliore rispetto alla realtà, dimenticando che, come ci ricorda Víctor Moreno, lungi dall’essere così, il verso è «una possibilità espressiva in più che abbiamo a nostra disposizione»5 e, come tale, «non né migliore né peggiore di altre»6. Capiamo allora, che se Ángel Guinda dichiara di scrivere contro la realtà, non è perché la detesta, ma perché riconosce in essa l’incapacità di rispondere al suo grido umano, il che, in ultima istanza, non gli fa rinnegare quanto esiste, ma perseguire – quasi implorare -un inizio di risposta, qualcosa che gli sveli su claro interior – la sua chiara interiorità – come recita il titolo dell’ultima raccolta di poesie. La constatazione, in definitiva, che la realtà è segno di un’altra cosa. Infatti, nella poesia intitolata “La realtà” si spiega che, nonostante scriva contro di essa, senza sapere nemmeno se esiste, essa persiste «e questo sì, è un mistero»7. Un ulteriore conferma ci è data da una traiettoria poetica che comprende due tappe: quella che si conclude con il libro Biografía de la muerte e quella successiva a questa pubblicazione. La linea divisoria tra le due sarebbe delineata dall’incontro con la voz de la mirada – la voce dello sguardo – titolo di un’altra sua opera, e punto di inflessione verso una poesia «rivolta al mistero»8. Se in Ángel Guinda è stato possibile questo itinerario, c’è da chiedersi cosa possa definirsi impossibile! Noi lettori aspettiamo ansiosi l’evoluzione del suo lavoro, e questo, per un poeta, è molto significativo. Traduzione di Gloria Bazzocchi
1Ángel Guinda, El Mundo del Poeta. El Poeta en el Mundo, Olifante, Zaragoza, 2007, pp. 7-8. 2Ángel Guinda, Poesía y Subversión: Manifiesto del 78, Zaragoza, Olifante, 1978; cit. Vida ávida, edizione bilingüe in bulgaro e spagnolo, trad. Rada Panchovska, Sofía, Próxima RP editorial, 2006 p. 88. 3Ibid. 4Ángel Crespo, Las cenizas de la flor, Madrid, Júcar, 1987; cit. Vida ávida, edizione bilingue in bulgaro e spagnolo, trad. Rada Panchovska, Sofía, Próxima RP editorial, 2006, pp. 97-98. 5Víctor Moreno (2007), “Lugares comunes sobre el hecho poético”, Cuadernos de Literatura Infantil y Juvenil, 2007, pp. 1-3. 6Ibid. 7Ángel Guinda, Claro interior, Zaragoza, Olifante, 2007, “La realidad”. 8Ángel Guinda, El mundo del poeta, el poeta en el mundo, Zaragoza, Olifante, 2006, p. 10. |
POESIE DI ÁNGEL GUINDA
a cura di Pablo Luque Pinilla
traduzione di Gloria Bazzocchi
Tu boca vertical me escupió oblicuo y no ha dejado tu sangre de rodar; más que en la mesa, al volcarse una botella, su dentro se derrama. Y esa sangre no puede coagular sino en mi pecho, en esa bomba músculo que llaman corazón y yo taberna. Bebo mosto de alumbramiento, negro alcohol espejo de tu ausencia. Llevo toda la vida bebiendo hijo sin fermentar, masticando la madre de mi vino. Toda la vida borracho de soledad tragando muerte.(Vida ávida, 1980-1990)La tua bocca verticale mi espulse di sbieco e non ha smesso il tuo sangue di gorgogliare; più di quando su un tavolo si rovescia una bottiglia, il suo interno si sparge. E quel sangue non può coagulare se non nel mio petto, in quella pompa muscolo che chiamano cuore ed io taverna. Bevo mosto di nascita, nero alcol specchio della tua assenza. È tutta la vita che bevo figlio non fermentato, che mastico la madre del mio vino. Tutta la vita ubriaco di solitudine a ingurgitare morte.PÓSTUMOMe he bebido la vida. La resaca ha dejado en mis labios un torbellino de desdén, y en la mirada toda la ausencia de la lejanía. Convivo con la muerte. Cualquier noche, en lugar de unas manchas sobre un folio y un ruido de palabras martilleantes dando tumbos contra la dentadura, te dejaré la luz de mi silencio, limpio como el mantel desplegado del sol. (Vida ávida, 1980-1990) POSTUMO Mi son bevuto la vita. LA EDAD DE ORO No lamentes (Conocimiento del medio, 1990-1995)
L’ETA’ DELL’ORO Non rimpiangere PARA PERMANECER Je ne vois qu´infini par toutes les fenêtres Sin perder de vista el cielo, (Conocimiento del medio, 1990-1995)
PER PERDURARE Je ne vois qu´infini par toutes les fenêtres Senza perder di vista il cielo,
AUTOBIOGRAFÍA Si mi vida no es esto Me preguntas por mi vida a bocajarro: (La llegada del mal tiempo, 1995-1996)
AUTOBIOGRAFIA Si mi vida no es esto Mi chiedi della mia vita a bruciapelo: REGLAS DEL JUEGO Cuando se es muy joven Cuando se es menos joven Cuando se empieza a envejecer Cuando se es ya viejo Cuando se nubla la vista (La llegada del mal tiempo, 1995-1996) REGOLE DEL GIOCO Quando si è molto giovani Quando si è meno giovani Quando si comincia a invecchiare Quando ormai si è vecchi Quando si annebbia la vista LOS ALMENDROS EN FLOR Cada año Salgo al campo: (La llegada del mal tiempo, 1995-1996)
I MANDORLI IN FIORE Ogni anno Vado in campagna: LA PUERTA DEL SILENCIO Somos gotas de sed, Frente al mar todos callan. (La llegada del mal tiempo, 1995-1996)
LA PORTA DEL SILENZIO Siamo gocce di sete, Di fronte al mare tutti tacciono.
MORIR Morir es no volver a estar (Biografía de la muerte, 1996-2000)
MORIRE Morire è non ritornare UNA VIDA TRANQUILA Antes del fin Me he castigado tanto el cuerpo, el alma, (Biografía de la muerte, 1996-2000) UNA VITA TRANQUILLA Antes del fin Ho castigato tanto il corpo, l’anima, CANCIÓN ESTÉRIL Cómo habría querido darte todo (Biografía de la muerte, 1996-2000)
CANZONE STERILE Come avrei voluto darti tutto ¿Mirar es acercarse o atraer? (La voz de la mirada, 2000-2001)
Guardare è avvicinarsi o attirare?
“Eres la lejanía, que me cerca.” (Toda la luz del mundo, 2000-2002) “Sei la lontananza, che mi circonda.” Qué insaciable beber un agua que tiene sed. (Toda la luz del mundo, 2000-2002) Quanto è insaziabile bere dell’acqua assetata. LAS PALABRAS Cada palabra pesa Hay palabras que viven, Cada palabra pesa (Claro interior, 2000-2007) LE PAROLE Ogni parola pesa Vi sono parole che vivono, Ogni parola pesa LA REALIDAD A pesar de que escribo (Claro interior, 2000-2007) LA REALTÀ Nonostante io scriva MUNDO PROPIO Estar fuera del mundo por llevar un mundo dentro. Si mi mundo no es éste, mi mundo dónde está. (Claro interior, 2000-2007) MONDO PROPRIO Essere fuori dal mondo per avere un mondo dentro. Se il mio mondo non è questo, dov’è il mio mondo. |
© de los poemas en castellano: licencia otorgada por Olifante. Ediciones de Poesía © delle poesie in castigliano: licenza rilasciata da Olifante. Ediciones de Poesíapablo.luque.pinilla@gmail.com gloria.bazzocchi@unibo.it |
Nella imprescindibile Guida Galattica per Autostoppisti com’è noto si trova anche la risposta alla domanda fondamentale sul mondo e sulla vita, ed è 42.
Ma dato il tempo trascorso dall’ultima edizione (anche se cambiata da quella originale del ’78) sentiamo il bisogno di un aggiornamento su alcuni temi che ci stanno a cuore.
Schrœdinger, uno dei fondatori della meccanica quantistica, nel 1943 tenne delle conferenze su questo tema a Dublino, poi tradotte in libro nel ’44. Da qui nasce il dibattito moderno sul tema.
Purtroppo viziato da un presupposto implicito, cioè che si tratta della nostra vita. L’obiettivo è quindi assai importante ma limitato, e inficia in modo quasi automatico tutti i dibattiti sugli alieni. Così come ingenera, sempre in automatico, una gabbia concettuale che racchiude le analisi delle ragioni di quello che è successo ma non considera quello che avrebbe potuto essere.
Anche l’ultimo libro sull’argomento, quello di Paul Davies, fisico e divulgatore (nonchè portavoce ufficiale del comitato di ricevimento degli alieni, PPSDTG@SETI), non sfugge a questo limite, anche se i risultati cui arriva possono aiutare ad allargare gli orizzonti.
Ma conviene precisare subito com’è fatta la gabbia: anche perché altrimenti la nostra capacità di riconoscere un alieno verrebbe pericolosamente compromessa (in umile ma netto dissenso con Jim al Khalili e tutti gli scienziati che intervista nel suo libro).
Se eliminiamo il requisito che la vita sia del tipo della nostra, quindi protoplasmatica, intelligente (e auspicabilmente di bell’aspetto) dobbiamo riformulare i caratteri base evitando ogni presupposto nascosto; un possibile elenco sarebbe:
1- ha uno scambio di energia/materia con l’esterno
2- ha una propria dinamica interna che la fa evolvere
3- scambia informazione con l’esterno
4- si riproduce
Mentre 1 e 2 appaiono essenziali, 3 lo è un po’ meno, e 4 altrettanto.
Una domanda interessante che aiuta a chiarire il problema è: una stella è viva?
Non possiamo usare una risposta a priori, che sarebbe assai utile a delimitare il campo, in quanto non possiamo avere una certezza sufficiente ad orientarci e quindi inficieremmo tutto il discorso: mentre possiamo escludere che un sasso sia vivo per una stella la questione è più complicata di come potrebbe apparire a prima vista: infatti soddisfa certamente le prime due condizioni, per la terza emette informazioni (e non sappiamo bene se ne assorba) e per la quarta in certi casi (supernova) con la morte manda in giro frammenti di sé che fecondano altri elementi (i metalli pesanti dei pianeti).
Questo però dà una prima idea del tipo di percorso necessario a definire la vita una volta abbandonato il requisito nascosto protoplasmatico se non antropomorfico.
Un elemento interessante è che mantiene una caratteristica di base: è un sistema aperto.
E quindi possiamo accorgerci se un alieno si sta avvicinando perché scambia energia con l’esterno (almeno quasi sempre: anche da noi un batterio in difficoltà si incistida in spora per tempi anche lunghissimi…ne hanno scoperti recentemente alcuni sotto il ghiaccio da milioni di anni..).
Ma l’entrata in scena dei batteri ha un significato più vasto nel discorso: per Davies i tumori sono il risultato di uno scontro fra l’origine monocellulare degli organismi e quella multicellulare che ci vede partecipi. Quello che succede è che quando una cellula si trova in difficoltà/ambiente ostile/aggressione esterna tende a ritornare alla condizione primitiva unicellulare, che ha due caratteristiche base: è immortale (continua a riprodursi), e si difende dall’esterno (che in questo caso è il resto dell’organismo). Quindi il problema non è distruggere le cellule in guerra con l’organismo ma eliminare l’ambiente aggressivo e in qualche modo (…) convincerle a cooperare di nuovo. (La somiglianza coi problemi delle guerre civili è evidente).
Tornando ai quanti potremmo chiederci (e qualche venditore di olio di serpente ha già le ricette pronte..) se esistono una biologia quantistica e una medicina quantistica. Per la prima la risposta è sì, ma: ci sono molti fenomeni quantistici, come la fotosintesi clorofilliana, ma nessuno di quelli ‘strani’ che comportano delocalizzazione, sdoppiamento, intrecciamento. Quindi per la seconda la risposta è no: quelli che ci possono essere a livello di chimica fine sono nascosti da effetti macroscopici e fluttuazioni termiche di dimensioni assai maggiori, quindi sarebbero in ogni caso invisibii e inutilizzabili.
Nel libro di Davies il discorso sulla coscienza parte dai lavori di Tononi (nel nostro recente articolo su ‘Uscire dal tempo’ c’eravamo più appoggiati sull’altro pilastro, Damasio).
Ma con un accento nuovo: la coscienza come informazione strutturata. È un concetto che viene dalla teoria dell’informazione, ancora dai lavori di Turing e Shannon e von Neumann, e passa nei calcolatori e nell’intelligenza artificiale. Sembra un ossimoro, dato che ciò che caratterizza un insieme strutturato rispetto ad uno casuale è proprio l’informazione, e soprattutto Davies non va molto più in là.
Per farlo conviene fare un passo indietro: per costruire un cavolo romano (che ha una struttura frattale, con forme semplici che si ripetono a varie scale) la natura usa pochissime informazioni, che quindi si chiamano informazioni ‘potenti’; a queste accompagna uno schema di controlli (tanto più sofisticato quanto più le informazioni sono semplici) che avvia, dirige e ferma il processo. La combinazione dei due è un’informazione strutturata.
Lo stesso avviene col DNA: tutta l’informazione per costruire una donna (l’uomo è solo un accessorio) è contenuta lì. La gestione prima e il controllo poi di questa informazione è affidata agli ormoni: è l’insieme dei due che la rende informazione strutturata.
In altri termini significa aggiungere una dimensione (o più) all’informazione in sé. E così la coscienza è legata alla connessione tra i diversi sistemi informativi del corpo. C’è anche un indice, φ, che specifica il grado di interconnettività e di informazione strutturata collegata a questo. Continuando a dare i numeri, il cervello umano ha 100 miliardi di neuroni, e le sue interconnessioni sono 1000 triliardi (con una velocità superiore a qualsiasi supercomputer: 10000000000000000-10 elevato alla 15- operazioni/secondo).
Ma è necessario fare una distinzione spesso trascurata sui tipi di coscienza, che possiamo dividere in tre: l’autocoscienza, l’attenzione cosciente all’esterno, il ragionamento (che anche se a volte avviene anche nel sonno o sotto la soglia di attenzione è un processo autonomo rispetto alla gestione delle informazioni: teniamo conto che la coscienza è assai più della mera consapevolezza: il nostro cervello è una macchina per simulazioni potentissima, che crea e modifica continuamente scenari e mondi virtuali (tutto per prevedere l’evoluzione dell’ambiente esterno, essenziale quando eravamo cacciatori e prede); e anche il ragionamento è assai più di una catena di proposizioni: anch’esso lavora su più piani e coinvolge molti sottosistemi, costruendo varianti di realtà virtuale ).
Il rapporto tra coscienza ed emozioni su cui insiste Damasio è un esempio chiave del numero di dimensioni (di parametri) che la caratterizzano.
L’attivazione delle connessioni prodotta dagli allucinogeni, evidenziata in questa magneto/termografia, che coinvolge un numero impressionante di sottosistemi del cervello, dà un’idea per quanto semplificata e apparentemente uniforme del numero di dimensioni in più coinvolte.
(Ancora qualche numero: fra due sottosistemi c’è una sola connessione, fra 3 ce ne sono 3. Fra 4 ce ne sono 6….; regolare la coscienza in presenza di più connessioni è come un giocoliere che fa roteare delle palle colorate aggiungendone man mano una: per riuscirci -e non è detto che ci riesca sempre- deve salire di livello/dimensione).
L’elemento da non dimenticare è che anche per la coscienza vale il principio che la regolazione è essenziale.
Un esempio dalla produzione di massa può aiutare: per costruire un oggetto, ad esempio un’automobile, possiamo seguire due metodi: combinare tanti elementi semplici, il che permette di semplificare l’acquisizione dei pezzi base, o produrre direttamente parti finite. Questo secondo ha il vantaggio che siamo sicuri della funzionalità (per esempio resistenza strutturale) mentre nel primo dobbiamo controllare attentamente l’assemblaggio perché un piccolo errore potrebbe compromettere tutto. In compenso il primo è più elastico e permette di produrre una versione modificata con un piccolo cambiamento del processo.
Anche il nostro cervello ogni tanto si riposa e utilizza sistemi concettuali già organizzati come stampi base. Coi vantaggi e gli svantaggi dell’esempio.
E anche per lui vale che quando ha utilizzato un sistema concettuale come stampo base ha difficoltà a liberarsene, perché fa anche da attrattore per concetti vicini. Questo è uno dei meccanismi della tribalizzazione del nostro comportamento e delle coalescenze ‘ideologiche’ sui social.
Agli albori dell’era dei calcolatori c’era la distinzione tra calcolatori analogici e calcolatori numerici (oggi digitali, in omaggio all’inglese digit=cifra, numero). I primi imitavano/simulavano il processo che si voleva studiare, ed era un percorso logicamente rischioso (ne uccide più l’analogia della spada) ma anche intellettualmente affascinante. E per entrambe i motivi è morto prematuramente (anche se in parte risuscitato, forse, nei prossimi calcolatori quantistici).
Quelli numerici si sono semplificati a funzionare con operazioni logiche, realizzati mediante circuitini (porte logiche) che realizzano le principali operazioni : passa corrente, non passa; passa in uno e nell’altro; passa nell’uno o nell’altro….
Ma tutte le porte logiche fatte con la corrente elettrica si possono fare anche coll’acqua e una combinazione di rubinetti/valvole.
calcolatore analogico idraulico russo del '36 (Lukyanov): il primo a risolvere equazioni differenziali alle derivate parziali. Un suo parente postbellico, il MONIAC dell'australiano Phillips, simulava l'economia inglese.
L’unico difetto è che l’acqua è più lenta della corrente. Ma ha anche dei vantaggi: ne possiamo regolare il volume (anche se questo varrebbe anche per l’elettricità ma non viene usato per paura del riscaldamento conseguente), possiamo regolarne il tipo (calda e fredda, o di colori diversi, moltiplicando così il numero dei bit/unità di informazione e il tipo di porte logiche). Se poi utilizziamo l’inclinazione dei condotti e la pressione per modificare le velocità relative, aggiungiamo qualche turbolenza..abbiamo un calcolatore analogico e digitale insieme che compie simulazioni che i supercalcolatori hanno difficoltà a gestire.
Un caso limite è quando le gocce d’acqua sono di volume comparabile al diametro del rubinetto (è un caso studiato in un famoso frattale di Henon): allora il numero di parametri del sistema acqua-rubinetto sale di colpo (prima era regolato solo dalla quantità di acqua, ora anche dal tipo di pareti, dalla forma della goccia…) e il comportamento (rappresentato dalla frequenza delle gocce) diventa imprevedibile (caotico).
È l’equivalente del calcolatore quantistico.
Ed è molto più economico anche se più lento. Però può fare quello che i calcolatori quantistici sanno fare meglio: decrittare le chiavi di sicurezza dei sistemi informatici di banche e Pentagono….(in quanto tempo non ho ancora calcolato).
Chi scrive non si assume responsabilità delle eventuali conseguenze..allagamenti di prova compresi.
Va anche osservato che in caso di mancanza d’acqua, per esempio in un paese desertico, si può anche utilizzare la sabbia, purchè di granulometria controllata.
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Paul Davies, the Demon in the Machine, Penguin 2020
Erwin Schrœdinger, What is Life, Cambridge U. Press, 1944
Giulio Tononi et al, Integrated information theory: from consciousness to its physical substrate, Perspectives, 17, 450, 2016
Jim al Khalili, a cura, Alieni, c’è qualcuno là fuori? Bollati Boringhieri, 2017 Douglas Adams, Guida galattica per gli autostoppisti (The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy), 1978/2005
Paolo Di Marco, An Hydraulic Quantum Computer, Academia.edu/2021
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