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materia d’aria

Mulino ad acqua da un disegno di Fausto Veranzio, in Machinae novae, 1615-16

di Cristiana Fischer                              

 La dea "è in contatto con gli alberi e le bestie, tutti i viventi la  riconoscono come una di loro. Non ha bisogno di nominarli per essere quella che, in una lingua assai più tarda, si chiamerà potnia theron, la Signora degli Animali". 

              Ginevra Bompiani, L'altra metà di  Dio.

1. Al crepuscolo cominciano a uscire gli animali mentre nibbi e poiane diventano ciechi e si ritirano. Volpi e volpetti corrono con noi ai bordi della strada, poi saltano sotto una siepe, un tasso col fine odorato scava nel rigagnolo. Si arresta un istante su un tronco secco una martora col codone e subito vola tra i rami. Un capriolo si affaccia sui gabbioni di pietre che trattengono la terra dal bosco, incerto perché ha visto i fari, salta giù ma velocissimo si gira e risale.
“Un’auto ci insegue, vai più veloce!” ma quella svolta a un incrocio, e ormai noi siamo arrivati. Pizzeria all’aperto, ci sono altri che conosciamo. I bimbi sembrano più grandetti delle bimbe, elegantissime nei bei colori delle vestine. Una ha un abitino largo di organza a cuori dorati, cordoncino d’oro in vita, con pendaglio. Un giovane padre cura la bimba di un altro, la scosta dalla ringhiera sulla strada. Lei si allontana docile ma torna per affacciarsi e forse il vero padre si fida di sua figlia.
Ripartiamo a caccia di apparizioni, quelle che sfuggono il sole suadente e terrificante del giorno. Luci dei paesi in cima ai colli a pan di zucchero e su piane lontane.

Il primo passo da compiere è conoscere. Il secondo è collegare. Il terzo è la guerra, diffusa e latente, focolai inestinguibili ma dilagano nuovi incendi. Certo che siamo arroccati e pubblicamente difesi, ma perché rinunciare al poco essenziale (il PE) cui altri aspirano? Intrappolati tra le buone ragioni di difendere il nostro PE e la certezza che i desideri di tutti sono i loro stessi diritti. Corto circuito tra desideri e diritti. Prigionieri di ideali universali temiamo di dover dividere una torta che non si ingrossa (oh, per pochi si ingrossa un’altra torta, che accumulano per il futuro!) quando con i loro diritti verranno a prendersi i beni. Quelli nostri, dei poveri del mondo ricco.

L’opposta facciata della Casa-mondo esibisce le pratiche della disuguaglianza, la scissione di intere regioni dalla comune eguaglianza: geografiche, di genere, di età. Di aspetto, che fissa differenze etniche, poche le ibridazioni consentite.
Il secondo passo compone: è un unico meccanismo perverso, la squilibrata spartizione del prodotto, a generare le crisi? Le ultime due, lo scoppio della bolla immobiliare nel 2008 e la contrazione del lavoro causa Covid, sono crisi mondiali? Dal cielo dei loro incontri nuovi signori della ricchezza declasseranno i vecchi signori spodestati? Come decideranno la distribuzione del prodotto, l’eguaglianza tra i lavoratori? Freneranno l’accesso agli esclusi?
Non so se ogni volta sia necessaria una crisi – precipita un impoverimento generale che costringe anche i ricchi a consumare le scorte – perché ricominci un nuovo ciclo. Certo la causa è la sproporzione: il lusso di un esercito e di un’amministrazione per sostenersi al potere distrugge l’intero apparato produttivo se schiavi, servi e clienti si sottraggono

Un ultimo trucco prepara l’ultima crisi. In verità sempre meno beni sono prodotto del lavoro comune. Si annuncia però che briciole della magra torta saranno divise tra tutti nell’ultima ridotta, quella della sopravvivenza nei confini.

Accecati dalle metafore delle missioni militari di pace e della democrazia spiegata con le armi. Il pubblico discorso indirizza solo a pochi un messaggio sul coraggio, di agire, immaginare, improvvisare.
Lo storico rivendica la parzialità come fondamento: “la brace di una vocazione culturale universale a Roma è ancora accesa e starebbe nel raccontare al Globo come è nata e si è svolta la civiltà occidentale per due millenni e mezzo, parte ormai della storia del mondo. La storia neppure Dio è in grado di riscriverla”. (Andrea Carandini sul Corriere della Sera del 24 agosto 2021).
Il realismo politico generalizza una possibilità che è stata valida solo per una parte: produrre il mondo e gestire la guerra, grazie al lavoro di tutti.

2. Da quanti lati arriveranno gli assalti a questa nostra residua cittadella della pace? Svalorizzate le parole, tutte le parole, certezze di anima, salute e storica eternità. Respirando aria di fantasie, aria pensabile.
Le verità ossimoriche si dilatano storicamente in chiasmi tra il comune e l’appropriazione privata. Quasi mille anni fa gli stessi pochi testi si leggevano e discutevano pubblicamente nelle aree di un immaginario condiviso, e si nominava intelletto possibile il luogo di tutti i pensieri, una regione dell’essere in cui il pensabile esiste per propria autonomia.
Materia noetica dove si articola lo sforzo sensoriale e intellettivo umano, come negli stessi secoli l’aria e l’acqua erano il medio in cui funzionavano i mulini, le segherie, le concerie, le gualchiere.
In quello stesso sforzo costruttivo i pensieri hanno articolato la separazione (“al settimo giorno si riposò”) tra infinità divina e creazione del mondo, alla cui custodia siamo stati inviati.

L’intelletto possibile, luogo di tutti i pensabili, si sta progressivamente materializzando e sostanziando in una comune esperienza onlife, come una trina, trama sottile che permea  gli istanti fisici e corporali di ciascuno e dovunque. Trama che si autorappresenta e in cui ci rappresentiamo, dove creazione e conoscenza coincidono.

Il mondo onlife, universalmente costruito e contribuíto, partecipabile e accessibile, poggia su supporti fisici localizzati in proprietà: passibili di interruzione e di censura, senza obbligo di rendiconto.
La natura (participio futuro di nasco) come divina potenza creatrice è infinita in atto,  simile a lei il mondo onlife, infinito però potenziale: possibile è la ripetizione,  aggiungendo ulteriori elementi di serie a un contesto definito.

Hanno visto un lupo vicino all’ufficio postale e un cervo con grande palco di corna lungo il muro del cimitero. Non sento gridi di notte. Forse le presenze fanno giri lontani e nei nuclei abitati entrano di giorno a caccia di resti. Sono cosí veloci!
Ho idea del margine mobile che si può instaurare tra le diverse animalità e la unica nostra, e di una specie di parità, diversa da quella civile e del lavoro, che ci dovrebbe interessare  ripensando la nascita. Per riconsiderare in modo egualitario la costruzione sociale. La cura dei piccoli è divisa tra i sessi nella maggior parte delle specie, tra noi sapienti ha  impostato la divisione di classe: avere figli implica ancora per noi donne usare di altre per allevare i nostri.

NOTA

Ho scritto riflettendo su questi testi:

Augusto Illuminati, Averroé e l’intelletto pubblico, Manifestolibri, 1996

Ginevra Bompiani, L’altra metà di Dio, Feltrinelli, 2019

Emanuele Dattilo, Il dio sensibile, Neri Pozza, 2021