Marx e la Crisi della Fisica

di Paolo Di Marco

a) tecnica e lotta di classe

In una intervista/dibattito su YouTube con Varoufakis, David Wengrow, archeologo e uno dei due autori de ‘L’alba di tutto’ (v. 1), porta una critica radicale alla teoria dell’evoluzione umana basata sui salti della tecnologia (bronzo, ferro, agricoltura…) che non è compatibile, dice, coi dati che abbiamo accumulato negli ultimi vent’anni.
Le svolte vere sono state invece nelle forme di organizzazione sociale, da ventimila anni fa in poi; e la cosa interessante, sottolinea, è il fatto che non hanno seguito un percorso lineare (come nella vulgata sette-ottocentesca: dai cacciatori primitivi poveri e malaticci agli agricoltori col surplus e di qui a salire trionfalmente fino al capitalismo..) ma hanno seguito tanti rami diversi, spesso anche in modo ciclico (un ramo viene abbondanato da un parte e ripreso da un’altra).
Solo in epoca moderna questo va a coincidere con l’affermazione di Marx, ‘la storia è storia delle lotte di classe’, il che se da una parte è una conferma dall’altra mostra il depauperamento della storia stessa, il suo appiattimento in termini di gradi di libertà.
Ed è proprio la fase capitalistica che vede il più stretto legame tra rapporti sociali di produzione e scienza e tecnica: se la lunga fase dell’accumulazione primitiva crea la forza-lavoro libera per le fabbriche, è la macchina a vapore che crea il dominio dell’industria; anche se con un piccolo aiutino imperiale, dato che la concorrenza delle tessiture bengalesi viene eliminata non grazie alla ‘mano invisibile del mercato’ ma tagliando il pollice dei capifamiglia. Questo connubio forza tecnica-forza militare è carattere precipuo del capitalismo, seppure in dosi diverse in periodi diversi. Rispetto alla tecnica la scienza è insieme madre e figlia: le conoscenze scientifiche generano le tecniche, la tecnica propone le domande di cui la scienza si alimenta; anche se per tutto l’ottocento c’è un vortice continuo che mescola scienziati, inventori, artigiani arrivando solo a fine secolo ad una chiara distinzione dei ruoli e delle sedi.
Ed è nello stesso periodo che si apre e chiude l’epopea della I Internazionale, che inizia cercando di trasformare le rivendicazioni degli operai specializzati in coscienza e lotta di classe; il che comprende riappropriarsi di quella tecnica che era stata loro espropriata nei passaggi dell’accumulazione originaria (v. 2 ) e trasformata in quell’altro da sè che sono le macchine (praticamente tutta la tecnologia dell’800 è indirizzata al risparmio di lavoro (v. 3).
La Comune di Parigi è il massimo successo politico della lotta proletaria e insieme la sua prima e maggiore sconfitta; per Marx è il segnale che il vecchio continente non ha più le condizioni per generare l’avanguardia del proletariato, e sposta negli Stati Uniti la sede dell’Internazionale. (v. 6).
Per la scienza, e la Fisica in particolare, invece pare aprirsi un’epoca d’oro: si arriva alla completa sistematizzazione della Meccanica, della Termodinamica e soprattutto del nuovo ramo, l’Elettromagnetismo. Qualcuno pensa che ormai tutto lo scibile sia conosciuto.      Per i più accorti rimane però un piccolo problema: in Meccanica e Elettromagnetismo le leggi relativistiche, ovvero come trasformare la descrizione di un evento visto da un osservatore in quella di un altro che si muove rispetto al primo, sono diverse. La Meccanica usa le tabelline (matrici è il termine tecnico) di Galileo, l’Elettromagnetismo quelle di Lorentz.
Ma questa piccola discrepanza darà origine a una rivoluzione completa della visione del mondo, la Relatività – inizialmente speciale poi generale. Se prima si dava per scontata l’esistenza di un mondo fisico oggettivo e indipendente da noi, che dovevamo solo scoprirne le leggi, ora il mondo esterno cambia con l’osservatore/una visione della realtà che ancora oggi non è entrata nella coscienza comune. (E a quanto pare nemmeno dell’Accademia svedese dei Nobel, che non li ha mai attribuiti per la Relatività, se non indirettamente nel 2020 a Penrose). Senza parlare dei paradossi dei quanti e della loro apparente incompatibilità con la logica.                                                                                                  Tutti sviluppi che hanno due fuochi, uno doppio a cavallo del secolo con l’annus mirabilis di Einstein(1905) e il 1895 (la scoperta della radioattività) e uno dopo la guerra (1925) con la teoria quantistica di Heisenberg (che completa il lavoro di Planck e Einstein).                            Dopo di questo 100 anni di silenzio..o quasi.
Chi sia il soggetto di queste visioni del mondo diventa allora una riflessione non più eludibile, anche alla luce del fatto che della Relatività l’aspetto più influente appare esser stato come generatore di armi, rinforzando il connubio mortale tra tecnica e forza militare.(v.9)
La forza propulsiva della borghesia, il suo essere rivoluzionaria dei rapporti sociali anche mediante l’incorporazione di scienza e tecnica nel processo produttivo, sembra non manifestarsi più, almeno in Occidente; e forse c’è un legame tra questo e quello che succede nella scienza.

b) crisi della Fisica?

Sono ormai 100 anni che i fisici, iniziando da quelli presenti nella foto di allora, cercano di uscire dal pasticcio creato dalle due nuove e formidabili teorie moderne, Relatività e Quanti: entrambe confermate sperimentalmente con enorme precisione e in moltissimi ambiti eppure incompatibili fra di loro.
Non qualcosa che si possa manifestare facilmente, e quindi di limitati effetti pratici, ma teoricamente insostenibile; in primis anche filosoficamente: mentre la Meccanica quantistica mantiene l’ossatura dello spazio come supporto sul quale si svolgono gli eventi, la Relatività la elimina, e lo spazio-tempo è entità dinamica, mutata dagli stessi avvenimenti.
Per non parlare di elementi bizzarri come la ‘fantasmagorica azione a distanza’ dell’intrecciamento quantistico (entanglement) tra particelle. O del fatto che vi sono elementi centrali della teoria quantistica che vanno contro la logica, come il famoso gatto di Schrødinger vivo e morto contemporaneamente.
I tentativi di soluzione, la ricerca di una teoria (la ‘teoria del tutto’) che comprenda Quanti e Relatività al suo interno come casi particolari, hanno portato a varie teorie, di cui le più promettenti sono la Teoria delle Stringhe e la Gravità Quantistica a Lacci (Loop Quantum Gravity). Ma qui sorgono più problemi di quelli che si vorrebbero risolvere, indipendenti dal fatto che le condizioni per una verifica sperimentale sono assai difficili, e solo in parte perchè fuori dalla portata delle nostre attuali capacità tecniche.
a) Il primo problema è legato ad un termine che va molto di moda sulle riviste divulgative, l’energia oscura. Dato che l’universo si espande, si ipotizza che vi sia una forza a cui è legata un’energia di espansione, che siccome non si vede viene detta oscura. Su questo argomento lavorano molti ricercatori, e sono stati dati anche due Nobel. Solo che il problema è che l’energia oscura è così oscura che non esiste nemmeno; infatti l’espansione dell’universo è già compresa nella equazione fondamentale di Einstein sotto forma di una piccola costante, di cui recentemente è stato anche misurato il valore. (v. 4)
Ora su questo Einstein aveva pasticciato un poco, perchè siccome all’epoca si pensava che l’universo fosse stazionario allora la tolse; salvo poi rimetterla successivamente (e chiamò questo pasticcio il suo più grande errore). Ma interpretando alla rovescia questo suo commento molti ricercatori hanno fatto finta di niente e sono andati avanti a cercare l’energia misteriosa, che forse non serve a spiegare l’espansione dell’universo (v. 8)…ma certamente contribuisce a rimpinguare i sempre esigui bilanci dei fondi ricerca e quindi a finanziarie carriere (financo premiate dalla benemerita Accademia Svedese delle Scienze.. che conferma di azzeccarci solo una volta su tre).
Questo è un problema per la scienza, perchè significa che il famoso controllo Popperiano sulla validità e falsificabilità delle teorie può venir tranquillamente saltato, perlomeno per un certo tempo.
b) La situazione peggiora però se andiamo alla Teoria delle Stringhe: matematicamente elegante, viene creata da Veneziano per spiegare la forza forte (come vibrazione di stringhe), poi, acquistando una dimensione (da stringhe a membrane), diventa teoria unificata di Relatività e Quanti. Il guaio è che nonostante la sua eleganza matematica fisicamente rende perplessi, dato che non si vedono modi per verificarla-o falsificarla- sperimentalmente. Ciònonostante (o per i maligni proprio per questo) diventa la teoria preferita nel mondo accademico, venendo ad occupare la maggioranza delle cattedre di Fisica Teorica delle Università più prestigiose. E questo le garantisce una notevole inerzia (come resistenza alle altrui forze). Ha però un punto debole: presuppone l’esistenza della supersimmetria tra le particelle elementari. E l’esperimento al CERN dove viene scoperto il bosone di Higgs (risultato abbastanza scontato) insieme ad un altro esperimento successivo (cui partecipa anche Rovelli) produce un risultato assai meno scontato: non ci sono tracce di supersimmetria. (v. 4). Il che significa che tutto l’edificio delle Stringhe crolla, come riconosce anche uno dei fondatori, Susskind (in una intervista su You Tube).
Solo che quasi tutti fanno finta di niente: lo stesso Susskind dice che dobbiamo abbandonare questa versione..ma non eventuali altre; molti altri non mostrano di accorgesene, e non a caso questo risultato dell’esperimento del CERN non trova alcuna amplificazione mediatica.
E a questo punto il controllo Popperiano va proprio a ramengo. Almeno per quello che si può vedere ora.
c) Parallelamente Carlo Rovelli fa una cosa assai scortese: indifferente al fascino sul grande pubblico dei paradossi quantistici pubblica nel ’97 un articolo dove fornisce un’elegante interpretazione relativistica della Meccanica quantistica, risolvendone i paradossi senza bisogno di salti mortali o rinunce alla logica. Se la sua ispirazione è Nagarjuna e la ‘vacuità’ buddhista (v. 7), il ragionamento è molto semplice; in un’altra occasione ebbi a riassumerlo così: pensiamo ad una damina settecentesca, che in un salone occhieggia civettuola ad uno e fa la smorfiosa con un altro, guarda uno in tralice e ad un altro ammicca, ad ognuno presentando una faccia differente che evidenzia la diversa relazione; ebbene dicevo, Rovelli vuol farci sapere che anche gli elettroni fanno lo stesso.
O in termini più diretti il gatto di Schrødinger, chiuso in gabbia con una fiala velenosa che cade e si rompe uccidendo il gatto oppure rimane intatta e con essa il gatto secondo un evento casuale (come il decadimento di un atomo); invece di lasciarci condurre dalla (superflua) funzione d’onda di Schrødinger a un risultato contemporaneamente vero e falso (del gatto vivo) ci limitiamo a constatare che un osservatore fuori dalla gabbia può avere una visione diversa (e quindi un valore diverso) di uno dentro; in altri termini che non esistono stati assoluti/oggettivi della realtà indipendentemente dalle misure e dall’insieme di relazioni che intrecciano. Quindi una realtà un poco meno rigida ma molto più logica.
Il guaio è che questo articolo viene sì discusso ma ‘a margine’, mentre gli altri accademici proseguono a discettare sull’interpretazione di Copenhagen o altri equilibrismi; il che viene a ulteriormente avvalorare l’ipotesi che la maggioranza degli accademici sia più interessata a dove è seduta che non a quello su cui dovrebbe lavorare. Il che, aggiunto al problema del controllo ‘popperiano’- che sottolineiamo, è quello che oggi ci permette di distinguere la scienza dalle favole bianche o nere che girano sui tubi e sui social – rende assai difficile reclamare e mantenere alla scienza uno statuto privilegiato come occhio sul mondo.

c) gli abbracci mortali

Conviene tornare all’inizio del secolo XX e alla relatività: sul problema stavano lavorando in tre, compreso il più grande fisico dell’epoca, Poincarè, che arriva anche lui ad una soluzione; ma è imprecisa e forzata. La ragione per cui è Einstein che arriva alla soluzione corretta sta nel metodo: lui non parte da un problema che cerca di risolvere per via fisico-matematica, come Poincarè, ma all’opposto parte da una diversa intuizione fisica generale (figlia anche del relativismo di Mach) e da lì fa discendere la soluzione. La chiave è dunque filosofica.
Che è anche il percorso fatto nelle grandi svolte della Fisica, da Anassimandro a Galileo.
E in tutti questi casi c’è un rapporto col sostrato sociale e la sue dinamiche. Galileo non sarebbe stato accettato se la borghesia non avesse avuto bisogno anche di una diversa visione del mondo per affermare la sua autonomia da papato e impero.
Oggi, a cent’anni dalla relatività, si sentirebbe il bisogno di una spinta analoga; ma l’atmosfera opprimente che ci circonda, focalizzata su guerre e conquiste, mostra il volto peggiore dell’imperialismo e ne mette in luce tutta l’inadeguatezza.                                             Lo stesso pianeta che garantisce la vita agli umani viene messo in crisi, con l’anno del superamento del limite di 1,5° di aumento della temperatura che è anche l’anno col massimo storico di emissioni dell’anidride carbonica che lo genera.                                            Non è la scienza come entità separata a venir bastonata, è la scienza come il nostro modo migliore di conoscere il mondo che viene accecata. Il profitto si dimostra ancora una volta un padrone non solo miope ma stupido.
Lo dimostra anche la sparizione delle scuole, l’ossatura tradizionale della ricerca fisica, dove il fisico brillante creava intorno a sè un circolo di colleghi, assistenti, dottorandi e studenti che durava nel tempo producendo risultati proprio grazie alla concentrazione di molti talenti; e creando una struttura a topologia variabile che faceva da riferimento per lunghi periodi. L’elemento dirompente è stato ancora una volta il denaro: negli USA gli assistenti o professori giovani più promettenti ricevono offerte non rifiutabili e abbandonano il gruppo, che in breve tempo si sfalda; e in nessun posto i talenti si fermano abbastanza da gettare dei semi duraturi; si aggiunga a questo il finanziamento largamento privato della ricerca, affidato a enti, borse, personaggi che solo raramente hanno continuità.
I progetti di ricerca anche a lungo termine diventano fatti individuali.
E questo ambiente americano non solo aspira talenti dagli altri paesi del mondo, ma scompagina la programmazione a lungo termine degli altri paesi.
Rimangono punti di riferimento come l’Istituto Perimeter, ma usano solo talenti già consacrati e quindi non sostituiscono le scuole.
Un effetto non secondario di questo percorso è l’aumento degli ’abbracci mortali; se talvolta NASA e DARPA sono stati il punto di innesco e rilancio della ricerca, in questo ambiente di competizione e ricerca del posto migliore per soldi e fama il loro influsso si ingagantisce, prosciugando i rivoli che confluivano nella ricerca teorica.

Se entrate in un bosco d’autunno dopo la pioggia siete investiti da una miriade di colori, odori, rumori, sensazioni sotto le mani e piedi e sopra la pelle; qualcuno sostiene che nelle città altri sensi vengono stimolati nel rapporto sociale, anche se chi sale in metropolitana, circondato da migliaia di zombi del fonino, fatica a crederlo; ora immaginate quel bosco senza più suoni nè odori nè colori, ridotto a fumetto in bianco e nero: è l’uomo a una dimensione creato dal capitalismo. La Fisica ha bisogno di immaginazione per generare immagini del mondo, ma un mondo che contiene persone a una dimensione genera sogni assai miseri.
Ma tornando al livello strutturale, un capitalismo che segue le leggi parassitarie del capitale finanziario, legato ai rendimenti trimestrali e ai giochi di potere non ha rispetto nè interesse per la scienza e tantomeno per la Fisica teorica; tutt’al più si appropria delle ricadute belliche dell’ E=mc2; e questo modo di vedere si estende a tutta la società: la scienza è quello che fanno ‘quelli là’, gli scienziati, non è più, come dice Rovelli, il modo migliore che abbiamo, tutti, per conoscere il mondo.
Solo un altro soggetto, collettivo e cooperativo, può farci andare avanti anche su questo terreno.

Note bibliografiche

  1. Graeber, Wengrow, ‘L’alba di tutto’ Rizzoli, 2022
  2. Giovanni Arrighi, L’accumulazione originaria, in ‘Teoria e prassi nel Movimento operaio 1830-1929’. Sapere, 1971
  3. Paolo Di Marco, La formazione della classe operaia, in ‘Teoria e prassi nel Movimento operaio 1830-1929’. Sapere, 1971
  4. Carlo Rovelli, ‘Considerations on Quantum Gravity Phenomenology , Arxiv 2021
  5. Carlo Rovelli, ‘Relational Quantum Mechanics’, Arxiv 1997, 2011
  6. ‘La premiere Internationale’, Recueil des documents, Tome II, IHUEI, Droz ’62
  7. Carlo Rovelli, Helgoland, Adelphi, 2020
  8. recentemente alcune misurazioni della velocità di espansione dell’universo sembrano indicare che questa non sia costante; questo apre una questione interessante, ma non inficia le osservazioni che riguardano lo stato delle cose fino ad oggi (Nobel ‘dubbi’ inclusi)
  9. Per capire meglio la formula di Einstein ricordiamo che c (velocità della luce) è una costante assai grande; elevata al quadrato  ancora di più. Quindi una piccola massa equivale ad una enorme quantità di energia; il che applicato a quello che si sapeva sul decadimento degli atomi pesanti, dove compariva un ‘difetto di massa’, cioè spariva della massa, diceva anche che da questo decadimento si poteva ricavare moltissima energia. E dato che la cosa era nota anche ai fisici tedeschi questo spiega, anche se non giustifica, l’invito dei fisici emigrati al governo americano di fare la bomba per primi.

4 pensieri su “Marx e la Crisi della Fisica

  1. Grazie a Paolo di Marco per lo sforzo e il risultato.
    Credo di aver capito poco – diciamo fino a Lakatos e Feyerabend – ma mi sembra una linea di ricerca molto feconda.
    I complimenti, più che d’obbligo sono sentiti.

    1. Una nota su Lakatos e Feyerabend: per quanto abbia personalmente simpatia per l’anarcognoseologismo, e per quanto sul piano storico entrambi abbiano spesso ragione laddove Popper ha spesso torto, penso che la risposta alla domanda oggi fondamentale: ‘alla fin fine di chi dobbiamo fidarci?’ non possa che essere il criterio popperiano di falsificabilità.
      E non penso neanche che la scienza sia ‘quello che fanno gli scienziati’: Anassimandro e Galileo hanno cambiato la nostra visione del mondo, non solo la loro; e quindi in molti modi la scienza appartiene a tutti, ma non solo nei risultati: anche il processo è spesso, anche se tortuosamente, collettivo.

  2. sì, sono d’accordo che la scienza si rivolge a tutti, in particolare nel campo delle scienze mediche, comprese quelle della psiche, in quanto studiano il corpo e la mente, loro funzionamento e patologie. Noi infatti lo abbiamo come oggetto di osservazione molto ravvicinato e quanto mai olistico..fin dai tempi più remoti. E la sua cura è investita da una forte urgenza legata alla vita stessa. La scienza ufficiale poi si autopromuove da sola

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