Appunti febbraio 2025 (2)

Riordinadiario

di Ennio Abate


11 febbraio

LINA CIRASELLA
“Centinaia di persone sono tenute in condizioni spaventose, senza acqua, cibo o carta igienica”: il famoso pittore ucraino Yevgeny Baraban ha raccontato come vengono trattati i cittadini ucraini sequestrati dai commissari militari di reclutamento in corso della mobilitazione forzata a Kiev.Il 7 febbraio Baraban ha riferito di essere stato mobilitato mentre si è recato all’ospedale per una visita medica. Poi lui è stato portato nel centro di detenzione del commissariato, dove ha visto tutti gli orrori del regime di Zelenskij, filmando e divulgando tutto online..”Una persona ha avuto tre crisi epilettiche: il medico che è venuto dopo la terza volta ha cercato di convincerci che si trattava di alcolismo, in realtà l’uomo era invalido e aveva bisogno di cure farmacologiche. C’erano anche tossicodipendenti con sintomi di astinenza, malati di AIDS, tubercolosi e epatite, tanti invalidi”, ha riportato Baranan in uno dei suoi messaggi.

ADRIANA CAVARERO
io, Olivia e altre studiose pensavamo da tempo fosse necessario un intervento di chiarificazione del lessico femminista contemporaneo e degli equivoci a cui si espone. A noi che abbiamo seguito tutta la vicenda fin dagli albori e che conosciamo il panorama americano, internazionale, europeo, italiano, risultava insopportabile il livello di confusione nell’uso del vocabolario inerente al genere. Si pensi a quando le forze neocattoliche conservatrici hanno inventato la fantomatica “teoria gender”. Non esiste alcuna “teoria gender”, esistono gli studi di genere. La teoria gender è un’invenzione polemica.

PAUL KRUGMAN
Come ho detto,[negli USA di Trump] il tentativo di far sì che un gran numero di dipendenti pubblici si autodeportasse sembra essere fallito. I tribunali, che non sono stati completamente corrotti, stanno bloccando alcuni degli attuali tentativi di concentrazione del potere. I lavoratori dell’FBI e di altre agenzie stanno facendo quadrato, così come i sindacati federali. I whistleblower e almeno alcuni organi di stampa stanno denunciando i tentativi di Musk di prendere il controllo dello spazio digitale, e il fatto che i funzionari politici del Tesoro stiano cercando di insabbiare ciò che sta realmente accadendo indica che temono ancora le conseguenze dell’esposizione pubblica.

ANTONIO CALAFATI
In nessun’altra città italiana quanto a Milano la base economica e la morfologia sociale cambiano così profondamente e rapidamente dagli anni Sessanta ad oggi. La relazione tra città fisica e città sociale subisce un profondo sconvolgimento: la sua popolazione cresce di circa 458.000 unità tra il 1951 e il 1971 e diminuisce di circa 476.000 unità tra il 1971 e il 2011, mentre da città manufatturiera diventa città terziaria per eccellenza. E una parte imponente del sistema insediativo diventa ‘obsoleta’, idonea ad ospitare nuove funzioni riconfigurandone la morfologia fisica.


12 febbraio

COSIMO MINERVINI
I funzionari di Hamas hanno consegnato martedì ai mediatori di pace di Qatar ed Egitto una lista di 269 violazioni compiute da Israele dal momento del cessate il fuoco. 269 violazioni! Che comprendono l’uccisione di 26 palestinesi (180 secondo Euro-Mediterranean Human Rights Monitor), il ferimento di altri 59 e “ripetute incursioni” e spari nel corridoio di Philadelphia, la striscia di terra di 14 chilometri che divide Gaza dall’Egitto e che Israele continua a presidiare. Dal 19 gennaio sono stati autorizzati a entrare nella Striscia meno di 25 camion di carburante al giorno, mentre gli accordi ne prevedevano 50. Le tende per gli sfollati sono meno del 10% del totale concordato e non sono state portate a Gaza né case mobili, né attrezzature mediche, dispositivi, carburante e i materiali necessari per avviare la ricostruzione, come stabilito dagli accordi.


13 febbraio

LUCA CELADA
Era un romanzo di Orwell, adesso è un bando di concorso. Un bando del ICE l’agenzia di immigrazione responsabile per le retate di deportazione cerca appaltatori per individuare chi commenta negativamente online il suo operato. Si richiede capacità di impiegare sistemi di machine learning per setacciare social e scovare chi scrive post derogatori o “negativi” riguardo le retate e le autorità competenti. Per determinare la “predisposizione” a possibili azioni ostili si chiede inoltre l’utilizzo di algoritmi di predizione “psicologica e comportamentale.”. Da qualche parte Philip K Dick sorride amaramente.

EROS BARONE
In un’epoca profondamente segnata da gelidi mostri e da sporche guerre, il filosofo deve far sentire la sua voce, e in questa deve risuonare l’eco della cultura classica, vera matrice della civiltà europea (se ancora di tale civiltà sia possibile parlare senza vergogna). Ma questa voce non somiglia né a quella di un pacifismo decadente e senile che parifica “tolleranza” e complicità con il male, né a quella del pacifismo accidioso della “via di mezzo”, che depotenzia gli opposti ponendo sullo stesso piano torti e ragioni. Il problema che solleva Cacciari è invece il problema principale di Platone e può essere formulato in questi termini: come è possibile una città che non sia sempre guerra civile in potenza? La risposta è che tale città deve essere pensata, altrimenti neanche il molteplice sarebbe pensabile e il conflitto, represso o dirompente, renderebbe la convivenza fra i cittadini impossibile.

14 febbraio

IDA DOMINJANNI
Complimenti all’Unione europea. Ci voleva del talento, ma proprio tanto talento, per non capire niente, ma proprio niente, della guerra d’Ucraina e delle sue reali poste in gioco. Complimenti soprattutto alla variegata sinistra europea, che nella colpa di tutta l’Europa ha più colpe di tutti e ne esce definitivamente distrutta.

ENNIO ABATE/MAURIZIO ACERBO
IL TORMENTONE DEGLI ANNI ’70 ACCOMODATO (ALLA MEGLIO?)
Oggi non ha senso il tifo a posteriori quanto raccogliere quanto di ancora vivo si può trarre dalle differenti “storie”, culture e visioni che si scontrarono in quell’anno. ” (Acerbo)
Il “tifo” non avrà senso, ma anche la cancellazione dello scontro non dovrebbe aver senso. Sarebbe meglio, tenendo presente il disastro in cui ci troviamo, interrogarsi sul perché si arrivò a QUELLO scontro tra “corrente calda” e “corrente fredda della tradizione comunista che i ripeté negli anni ’70. Sarebbe bene rianalizzare le scelte dei contrapposti (e non semplicemente “differenti”) schieramenti (PCI, Autonomia) e giudicarne le conseguenze che ne vennero. Quello che proprio non ha senso mi pare questo suggerire un impossibile uso di “quanto di ancora vivo si può trarre dalle differenti [o – ripeto – contrapposte?] “storie”. (Almeno si indichi cosa si intende per questo “ancora vivo” e si verifichi se davvero lo è).

ENNIO ABATE/ROBERTO GIULIANI
R.G. Cosa c’è oggi da salvare o recuperare dei disastri berlingueriani del conpromomesso storico, dell’unità nazionale, dell’austerità e dei sacrifici ? Mah … forse è proprio il non voler recidere il cordone con quel cattivo album di famiglia che ha portato al fallimento di Rifondazione Comunista.

E.A. Sto leggendo “Il Sessantotto e noi. Testimonianze a due voci” di Luperini e Corlito. Con tutto il rispetto per lo sforzo di entrambi di ripensare il senso innovativo di quel movimento rispetto alla tradizione della Terza Internazionale, prevale una sorta di giustificazione della propria esperienza, che si ritrovava nella posizione di Rudi Dutschke (la lunga marcia attraverso le istituzioni) ma riesce ad ammettere ancora oggi (se non forse parzialmente e en passant) che quel processo, pur se pensato “di non breve durata”, da solo non poteva durare all’infinito e che “una rivoluzione volta a creare una contro-società” (pag.122) non ti portava a “prendere il potere”. Si può ragionare sul che fare (negli anni ’70 o oggi) ammettendo il fallimento o l’imporoponibilità della”modalità della presa del palazzo d’inverno, perché la moderna società borghese era molto più complessa di quella russa degli inizi del Novecento” (pag. 123), ma non si può liquidare tutto il problema violenza/non violenza prendendosela unilateralmente ed esclusivamente con “l’eredità politica, culturale e organizzativa della Terza Internazionale”.

18 febbraio

CLAUDIO VERCELLI
Nel copiosissimo profluvio di libri che stanno per colonizzare la nostra attenzione, nell’ottantesimo della Liberazione, si segnala da subito, a modo suo, il vivace testo di Gabriele Ranzato, Eroi pericolosi. La lotta armata dei comunisti nella Resistenza (Laterza, pp. 404, euro 29). Per capirci immediatamente: è un volume impegnativo, pieno di documenti e di rimandi, di riscontri come di analisi.[…] Le Resistenze nazionali, a partire da quella italiana, furono nel medesimo tempo molte cose. Tra di loro anche assai contraddittorie. Lo stesso rimando al «comunismo», tra il 1943 e il 1945, aveva significati molto diversi da quelli, a guerra conclusa, altrimenti poi intervenuti. L’autore, partendo anche da questi presupposti, si adopera in una difficile indagine, supportata da una nuova analisi di una miriade di fonti, dell’identità comunista resistenziale.[…][Ranzato] riconosce all’allora Partito comunista, fino a quel tempo altrimenti soggetto clandestino, una primazia organizzativa, culturale e politica rispetto al resto del partigianato come tale. Così come del campo politico antifascista.
È questo un punto molto delicato. Poiché richiama non solo gli equilibri tra le diverse forze in campo contro il nemico nazifascista bensì l’oggetto stesso della lotta resistenziale. Si tratta di lotta di «liberazione nazionale» oppure anche di altro? Claudio Pavone, a modo suo, ha già risposto ad un tale quesito. Per ciò che gli compete, Gabriele Ranzato aggiunge altre considerazioni. Del tutto verosimili.
Il libro, infatti, si articola su più piani tematici, non a caso distribuiti in dieci capitoli. Ci sono diversi passaggi che si intersecano ripetutamente. Il primo di essi rimanda al problema del ricorso alla violenza, ossia alla lotta armata. Non è solo un persistente dilemma morale, che peraltro accompagna tutta la lotta di Liberazione, bensì un rimando alla questione – in sé già allora chiara alla dirigenza comunista – del transito dalla clandestinità ad una «illegalità di massa» che avrebbe dovuto spezzare il monopolio della forza detenuto dai residui del vecchio regime. Segnatamente, non solo quello fascista ma anche ciò che risultava legato a quel che rimaneva del potere regio.
La questione del ricorso collettivo alle armi, al di là delle suggestioni di circostanza, era quindi piena di conseguenze. Poiché era chiara la consapevolezza che qualcosa di nuovo, in quelle circostanze, sarebbe comunque nato. Ma la piena egemonia sui transiti di sovranità – il comunismo storico demanda da sempre a questo transito cruciale, dal 1917 in poi: quel che sopravviene, sarà più capace e abile di ciò che, nel mentre, si inabissa? – costituiva un vero punto interrogativo. […]
Il tema del «partito armato», come tale suggello di una nuova società a venire, si integra, surclassando i nazionalismi borghesi, con le suggestioni, all’epoca comunque assai diffuse, di una rottura dell’ordinamento liberale. Beninteso, non è una questione dei soli comunisti: è semmai la sponda che permette di andare oltre i clamorosi fallimenti della Seconda Internazionale, sospesa tra sterile legalitarismo, oggettiva inanità, sopravvenuta impotenza come anche, e soprattutto, di una completa mancanza di intenzione rispetto ad un plausibile, nonché potenziale, progetto politico a venire. I nazionalismi radicali, a quel punto, non a caso si trasformano in fascismi oppure in bolscevismo. Punto e a capo.[…] l’antinomico ed irrisolto nesso tra internazionalismo proletario e identità soggettiva, sia nazionale che sociale, costituisce un conflitto a tutt’oggi irrisolto. Il comunismo storico, suo malgrado, non è mai riuscito a trovare, rispetto ad essa, una soluzione accettabile. Anche per ciò, precipitandovi e quindi estinguendosi.

19 febbraio

DORIANA GORACCI
157 pseudorche spiaggiate nella cost nord occidentale della Tasmania verranno abbattute, u cetacei si sono arenati nel giro di 48 ore nei pressi di Arthur River, una comunità scarsamente popolata nel nord-ovest della Tasmania, un’isola a sud-est dell’Australia.L’ eutanasia è la drammatica decisione presa dai veterinari, una scelta dovuta all’impossibilità di trasportare le attrezzature necessarie alla rimessa in mare con adeguati mezzi. Gli esperti hanno fatto un tentativo con due esemplari, ma i cetacei non sono riusciti a riprendere il largo. Secondo il biologo Kris Carlyon si tratterebbe del “luogo più difficile che abbia mai visto in 16 anni di lavoro in Tasmania”. La posizione della spiaggia, infatti, renderebbe impossibile il trasporto delle attrezzature utili a sollevare e riportare in mare i cetacei, ciascuno dei quali arriva a pesare circa tre tonnellate.

20 febbraio

BRUNO MONTESANO
Due stati […] la soluzione standard della diplomazia internazionale, oramai sono una litania priva di significato. Un’invocazione tanto rituale quanto irrealizzabile. Lo stato unico è sempre stato rappresentato come utopistico e suicida. Il realismo impone di non chiedere a ebrei israeliani e palestinesi di amarsi e vivere insieme. Ma di separarsi e non uccidersi. Tuttavia, la separazione non prelude alla pace a causa della pretesa di entrambi i popoli di volere tutto il territorio. Il che comporterebbe conflitti perenni sui confini e discriminazioni permanenti verso le minoranze della popolazione avversaria, con i calcoli biopolitici che ne conseguono.
Buber, Magnes e Judt vedevano nello stato nazione una soluzione anacronistica al problema dell’antisemitismo. Said e Barghouti vedevano nella separazione una proposta insufficiente per la libertà palestinese. Tutti e cinque si sono scontrati con l’accusa di desiderare l’irrealizzabile. Sono stati richiamati alla disciplina della veglia contro le fantasie dei sogni. Ma dove si è manifestata l’immane violenza di uno stato nazione che si pensa – e agisce – come libero dai vincoli del diritto internazionale, forse proprio lì si vede la sua inappropriatezza. Se le distopie trumpiane della deportazione di massa sono il proseguimento della pulizia etnica, a questa vanno contrapposte radicali visioni alternative – che non emergeranno dal vertice organizzato dalla Lega Araba, né da retrotopie nativiste incentrate sulla precedenza territoriale. Dove più è forte la dimensione sanguinaria dell’identità, tanto più bisogna provare a rompere il legame tra maggioranza etnica e sovranità statale.’

LORENZO PATARO
I rovi tra la neve troveranno un’altra luce
un bastone di pastore a scavare gli anemoni
e le bacche marce nella terra
a furia di urlare il mio nome si scheggia
la tua voce o si affila come la punta di ghiaccio
che pende sottile dalla casa diroccata –
allora tu dammi un altro luogo
in cui inselvatichirmi, una pelle di ghiro
mentre dorme nel rifugio fra le travi del pagliaio
chiamami col verso dei falchi o delle volpi
donami le orme del lupo, gli occhi dei piccoli
che cercano la madre e la sua bocca
feroce quando afferra il nuovo nato dalle zampe
e il sangue che sgorga si fa pietra nel gelo,
ossidiana – rovescio del bianco nel bianco.

Da “Amuleti” (2022)

ANDREA CAVALLETTI
Riprendiamo il modello della “macchina mitologica” e proviamo a spostare lo sguardo dalla cronaca di oggi a quella di ieri. In un articolo del 1968, intitolato “Gli arabi e Israele. Sionismo politico e spirituale”, Furio Jesi ha espresso la sua riluttanza circa la dipendenza del sionismo spirituale dallo Stato, visto come mezzo o percorso verso l’obiettivo spirituale di Sion. Esprimeva dubbi sul fatto che un tale cammino verso la meta spirituale della perfezione potesse fermarsi proprio nello Stato di Israele, il quale, come tutti gli Stati, era allora, e sarà sempre, fatalmente coinvolto in un complesso gioco di interessi politici. Oltre a ciò, Jesi criticava aspramente anche il sionismo politico che, estraneo alla religione, ne prendeva, e faceva propri, elementi di propaganda. Ha espresso la sua «… ripugnanza verso qualsiasi strumentalizzazione politica di miti o credenze religiose, […] ripugnanza nei confronti del comportamento di uomini come David Ben-Gurion, studioso di testi biblici, ma notoriamente laicista, disposto – quando la ragione politica lo richiede – a indossare il mantello rituale e a pregare in pubblico» [*19]. Se la nostra preoccupazione per la retorica di Netanyahu, oggi assomiglia al sentimento di repulsione che Jesi ha provato quasi sessant’anni fa, ciò non è perché quella retorica sia vecchia, e non nuova. Se succede, è perché ieri come oggi la macchina funziona riferendo gli eventi storici attuali a un passato mitico, cioè trasformando il nemico di oggi in un “eterno nemico”. Se questo accade, è perché ieri come oggi la macchina lavora riconducendo l’attualità storica a un passato mitico, vale a dire trasformando il nemico di oggi nel “nemico eterno”. In tal modo, essa proietta questo Ur-passato sull’attualità del presente al fine di fabbricarlo. Così facendo, ancora una volta, la cultura di destra – «una vera e propria immobilità cadaverica che pretende di essere una perenne forza viva» – non ha mai smesso di rigenerarsi. In altre parole, la macchina opera manipolando il tempo storico: continua a far apparire la novità, mettendola in relazione con un fenomeno eterno. Pertanto, è invincibile o indistruttibile? Porre questa domanda significa, in un certo senso, anche attivare il meccanismo, e quindi cedere efficacemente al suo potere di fascinazione. Invece, come ha sottolineato Jesi, «quel che è necessario distruggere, non sono le macchine, le quali si riformerebbero come fanno le teste dell’Idra, quanto piuttosto la situazione che rende le macchine reali e produttive. La possibilità di questa distruzione è esclusivamente politica…» (Dalla pagina FB di Franco Senia)

LORENZO PALLINI
Mavì era legatissima sia a Franco [Fortini] che a Ruth [Leiser] e ne parlavamo assai spesso. Teneva molto anche al Centro Franco Fortini di Siena e non ha mai smesso di partecipare attivamente alle riunioni del Comitato, raramente rinunciando a prendere la parola e dire la sua. Nonostante la fatica e il peso dei tanti momenti difficili. Viveva da anni in una casetta di Olbia, circondata dall’affetto di alcuni amici, mantenendo i contatti con il mondo e con le molte amicizie sparse per tutta Italia e all’estero attraverso il telefono e il computer. Alimentando così una rete di relazioni e corrispondenze che meno le faceva patire il suo isolamento, ma anche continuando caparbiamente a informarsi, leggere, scrivere, indignarsi, reagire e partecipare. (Per Mavì De Filippis)

21 febbraio

ALBERTO CECCHETTI
Arrivato Trump, ogni maschera retorica è caduta: strumenti della politica estera Usa eravamo, strumenti della politica estera Usa siamo, e zitti. Le classi dirigenti europee, che non possono neppure partecipare alle trattative di pace, ormai hanno investito tutto nella guerra contro il malvagio dittatore russo, e ora non possono tirarsi indietro. Hanno portato l’Europa e i popoli europei in una guerra contro gli interessi dell’Europa e dei popoli europei, ma ora non possono tirarsi indietro perché il costo politico e di legittimità che pagherebbero sarebbe esorbitante.

24 febbraio

PAOLO DESOGUS
Non so cosa ne pensate, ma oggi all’assemblea dell’ONU è stata votata la risoluzione di condanna dell’invasione russa dell’Ucraina. E Stati Uniti e Russia hanno votato dalla stessa parte, cioè contro. Anche Israele si è opposta alla condanna. Tra gli astenuti figurano paesi che di solito votano per principio in opposizione a USA e Israele, come Cuba, Brasile e Iran. Il Venezuela invece non ha votato, forse per il terrore di apparire eccessivamente vicina agli Stati Uniti. Pure la Cina si è astenuta, e così anche molti paesi arabi. Tutta l’Europa, insieme alla maggioranza dell’assemblea, si è invece compitamente schierata per la condanna della Russia, senza che tuttavia alcun effetto giuridico. […]Qualcuno può forse intravedere in tutto questo la nascita di un nuovo ordine mondiale. Può darsi, io sarei più prudente. Quel che è certo è che gli Usa stanno riconoscendo alla Russia un privilegio di potenza che prima si erano riservati solo per se stessi e cioè il diritto all’esercizio della forza al di fuori di qualsiasi controllo, al di fuori di qualsiasi tribunale. La loro potenza imperiale si è per anni basata sull’estensione al mondo di regole ed equilibri ai quali però gli Stati Uniti non erano sottoposti. Ora il “diritto di stare al di sopra dalla legge” viene riconosciuto anche alla Russia, a cui viene abbuonata una delle più gravi violazioni del diritto internazionale, cioè l’annessione di territorio altrui […] proprio mentre all’Europa viene ridimensionata al rango di colonia di cui sono trascurabili le opinioni.

25 febbraio

EMMANUEL TODD
“L’Europa non è sprofondata nella guerra per caso, per stupidità o per un incidente. Qualcosa l’ha spinta a farlo e non è tutta colpa degli Stati uniti. Quel qualcosa è la sua stessa implosione. Il progetto europeo è morto. Un senso di vuoto sociologico e storico si è impadronito delle nostre élite e delle nostre classi medie. In un simile contesto, l’attacco della Russia all’Ucraina è stato quasi una manna dal cielo. Del resto, gli editorialisti dei media non ne hanno fatto mistero: Putin, con la sua “operazione militare speciale”, stava dando un nuovo significato alla costruzione dell’Europa; la Ue aveva bisogno di un nemico esterno per ricompattarsi e andare avanti. Ma questa lettura ottimistica tradisce una verità più oscura. L’Unione è un sistema pesante e complesso, ingestibile e, letteralmente, irreparabile. Le sue istituzioni si stanno svuotando, la sua moneta unica ha portato a squilibri interni irreversibili e la sua reazione alla “minaccia di Putin” non è necessariamente uno sforzo per ricomporsi ma, al contrario, esprime forse un impulso suicida: esprime la speranza, inconfessabile, che alla fine questa guerra infinita farà esplodere tutto. Dopo avere elaborato con Maastricht una macchina disfunzionale, lee nostre élite potrebbero così scaricare la responsabilità sulla Russia: il loro oscuro desiderio sarebbe che la guerra liberasse l’Europa da se stessa. Putin sarebbe quindi il loro salvatore, un Satana redentore”. (Da “La sconfitta dell’Occidente”, sulla pagina FB di Ida Dominjanni)

26 febbraio

GIDEON LEVY
Un’immagine vale più di 1000 parole: centinaia di detenuti palestinesi rilasciati sabato scorso sono visti in ginocchio, in prigione, costretti ad indossare magliette con una stella di David blu e le parole “non dimenticheremo né perdoneremo“. Israele li ha così costretti a diventare stendardi ambulanti del sionismo nella sua forma più spregevole. La settimana prima erano braccialetti con un messaggio simile: “ Il popolo eterno non dimentica. Perseguiteremo e troveremo i nostri nemici.”Non c’è niente di meglio di queste immagini ridicole per riflettere quanto in basso possa scendere la propaganda di uno Stato moderno. (Dalla pagina FB di Lorenzo Galbiati)

27 febbraio

LUCA CELADA
La ricerca biomedica soffrirà più di altri settori, perché richiede le attrezzature più costose e dipende fortemente dai finanziamenti del NIH (National Institutes of Health), il primo ente per il quale l’amministrazione ha reso operativo il taglio degli overheads. Le economie locali ne risentiranno perché le istituzioni di ricerca sono datori di lavoro di dimensioni spesso rilevanti. Per esempio, l’Università della Pennsylvania, primo datore di lavoro di Philadelphia e terzo ateneo americano in termini di spesa per la ricerca, sarà costretta a tagliare posti di lavoro non solo nel personale scientifico e sanitario ma anche in ambiti collaterali come le costruzioni e i servizi di mensa e pulizia.
Nel lungo periodo, il definanziamento rallenterà il progresso della ricerca di base e in campo biomedico, come quella sul cancro, l’Alzheimer e il diabete. Considerato il ruolo fondamentale degli ospedali universitari, anche l’offerta di servizi sanitari ne risentirà. Le comunità rurali dipendono spesso dagli ospedali universitari per la cura delle malattie croniche e servizi essenziali come l’ostetricia. Il depotenziamento e la prevedibile chiusura di molte strutture ridurrà l’accesso ai servizi sanitari negli stati americani meno urbanizzati.

28 febbraio

DANIELA VALDISERRA /ENNIO ABATE
D. V. Vero, Ma lei [Liliana Segre] è senatrice a vita, eletta o autoeletta a paladina della tutela…di chi? a questo punto dobbiamo chiederci di chi? in quanto agli altri, sono d’accordo, la spaccatura c’era anche prima ma ora è un baratro. Secondo me bisogna sottolineare che quel baratro esiste, mostrarlo al mondo perchè nessuno confonda più ebraismo e sionismo.
E. A. Ma è poi così decisiva la carica di senatrice a vita? Non mi pare. L’accanimento di tanti nei suoi confronti a me è sempre parso un modo di compensare l’impotenza politica di chi l’attacca. E poi cosa se ne è ricavato finora da queste denunce della senatrice nei confronti di Israele o dalle invettive contro il fascista Netanyahu? Dobbiamo pur chiedercelo e non continuare come un disco rotto. Non è stato possibile in Italia neppure costruire delle manifestazioni di massa contro i massacri di questi anni e ci si è accapigliati in modi settari a stabilire che nome dargli (genocidio, pulizia etnica, ecc). Ridurci a “sottolineare che quel baratro esiste”? E poi? Come lo si sana? “Mostrarlo al mondo perché nessuno confonda più ebraismo e sionismo”? Ma se gli strumenti che riusciamo ad usare non raggiungono che una stretta cerchia di amici e conoscenti? Quando avessimo convinto altre dieci, cento persone che l’ebraismo non va confuso con il sionismo
la tendenza alla “confusione”, che ha ben altre ragioni materiali e storiche, non sarebbe affatto intaccata. Temo che molti bene intenzionati siano in gran parte ciechi o reagiscano solo emotivamente e in modi condizionati dalle propagande contrapposte. Cioè in modi del tutto insufficienti di fronte a processi che stanno travolgendo popoli interi. Non c’è stata, non c’è una risposta politica di massa alle guerre e ai massacri. Su questo si dovrebbe discutere e mobilitare intelligenze e cuori. Ma proprio su questo si scantona. E temo che saranno le guerre tra i potenti a costruire il LORO e non il NOSTRO mondo.





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