BUYERS di Aldemaro Toni

di Angelo Australi

  Dopo aver letto Buyers, una raccolta di racconti di Aldemaro Toni (Edizioni dell’Erba, Fucecchio 2024), mi è uscito istintivo fare un collegamento con il Cesare Pavese dei saggi sulla letteratura americana, libro che ho incontrato molti anni fa e che ancora mi frulla per la testa quando devo definire il punto di vista che la letteratura può rivendicare all’interno di un contesto sociale. Non perché lo scrittore di Fucecchio (un comune che fa parte dell’area metropolitana fiorentina, dove tra l’altro è nato Indro Montanelli e ha sede la fondazione a lui dedicata) risenta degli ascendenti della letteratura americana, ma perché, in qualche modo, nei suoi racconti avverto lo svilupparsi delle situazioni di un processo narrativo dove i limiti spazio temporali più che nella trama sembrano risolversi in quello stretto legame che c’è tra tono e ritmo della scrittura. Leggendo questi racconti di Aldemaro Toni traspare una coerente naturalezza e, badate bene, le ambientazioni non si sottraggono all’obbligo di tenere sotto controllo tutto quello può circondare la vicenda narrata.

Per tornare ai saggi americani di Pavese – e mi riferisco soprattutto a quello su Sinclair Lewis che viene così ben sintetizzato già nel titolo: Senza provinciali, una letteratura non ha nerbo – è quasi trascorso un secolo da quando lo scrittore ed altri (Vittorini in primis), nella consapevolezza di una mancanza di tradizione italiana del romanzo, scoprivano la forte novità del regionalismo americano per costruire le proprie storie. È per questo motivo che il collegamento nasce spontaneo: l’intrecciarsi del quotidiano alla vita forse è ancora oggi un vantaggio che può avere il raccontare delle storie partendo da situazioni marginali, periferiche, diciamo pure di provincia, visto che in questa circostanziata realtà si finisce per lasciarsi alle spalle un consolidato gusto corrente e muoversi con piacere nella voglia di raccontare. Nei racconti di Buyers come nelle precedenti raccolte di Aldemaro Toni, riesco a percepire quell’intenso lavorio di scarnificazione felicemente legato al bisogno di rimandare all’immaginazione del lettore ogni decisione su quello che resta di sospeso nella storia. Non troviamo eroi da cliché, né tantomeno antieroi, niente richiami alle cose che vanno di moda, storia e costume si intrecciano al bisogno di raccontare con scioltezza l’accadere dei fatti, dietro ai quali non c’è mai niente di straordinario, ma qualcosa di reso autentico da una diversa rappresentazione del quotidiano.

Buyers segue la pubblicazione di altri due volumi di racconti che fanno parte di un lavoro più ampio nel quale l’autore ha inteso raggruppare i suoi molteplici scritti apparsi sulla rivista Erba d’Arno, della quale è anche direttore. Si tratta di Al Sara Hotel e altri racconti e di Calma d’amore, usciti rispettivamente nel 2018 e nel 2022. Tre coraggiosi libri di racconti. Coraggiosi perché il racconto, ieri come oggi, non sembra incontrare l’interesse dell’editoria. Apro una breve parentesi, ma anche sul fenomeno commerciale di considerare il racconto qualcosa di minore rispetto al romanzo, oggi come oggi, ci sarebbe molto da discutere, visto e considerato che in altre nazioni l’editoria ne riconosce il suo valore come “genere letterario”. Il titolo di quest’ultima raccolta riprende quello del primo e più sviluppato racconto: Buyers (nella Firenze del boom), che nella sua breve presentazione l’autore spiega bene chi siano: compratori stranieri molto presenti nella Firenze del boom. Siamo negli anni ‘cinquanta, quando un giovane inizia a lavorare nell’ufficio vendite di una ditta con sede in città, frequentato da compratori stranieri, la maggior parte tedeschi, che si riaffacciano in una nazione impegnata nella ricostruzione e ormai rappacificata con le ferite della seconda guerra mondiale. Il periodo che va dal dopoguerra fino al ’68 è presente anche in altri racconti come Storia di Guido, Storia di Nedo, Gloria Gloria, mentre quelli contenuti nel capitolo Dalla campagna alla città raccontano di un tempo più vicino al nostro dove i personaggi, nell’illusione di marcare dei nuovi inconsistenti confini, affrontano la necessità di cercare se stessi osservando la natura in forma più intima.

Forse ancora oggi si dovrebbe prestare più attenzione a ciò che si scrive in provincia, fuori dai templi dell’editoria commerciale, sempre indaffarata a rincorrere gli argomenti da rubare alla cronaca. Di fronte alla cosiddetta letteratura di successo che ormai si è organizzata come un lavoro di equipe capace di confezionare un prodotto “passabile”, leggendo sento sempre più il bisogno di scoprire che l’ignoto è molto spesso rintracciabile in ciò che abbiamo di più familiare, in qualcosa di reso nuovamente autentico da una diversa rappresentazione del quotidiano, un luogo ed un tempo dove nessuno può sentirsi obbligato ad usare gratuitamente certe parole. Nella scrittura di Aldemaro Toni che volutamente non sembra mai arrivare alla fine di una storia, trovo l’umiltà degli scrittori di razza dove c’è dentro sì qualcosa di umano, ma si tratta di quel bisogno che a volte, protetto dietro un velo di timidezza, riusciamo ad incontrare solo dietro e/o dentro la poesia.

                                                                  

UNA BREVE NOTA BIOGRAFICA

Aldemaro Toni è nato e vive a Fucecchio, provincia di Firenze. È direttore di Erba d’Arno, una rivista fondata nel 1980 nella quale sono stati pubblicati molti dei suoi scritti. In volume ha pubblicato: La canonica e un altro racconto (1991), La Borghi (2001), Una guerra lontana (2009), Doddy (2010), Taccuino del quinto amore. Notizbuch der füften liebe (scelta e traduzione tedesca a fronte a cura di Christoph Ferber, 2011), Al Sara Hotel (2018) è da considerare il primo volume di una più completa raccolta degli scritti dell’autore, seguito da Calma d’amore (2018) e da Buyers (2022).

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