Su due recenti incontri antimilitaristi a Cologno Monzese e a Milano

Riordinadiario 2025

di Ennio Abate

29 marzo 2025
Rileggere “L’abicì della guerra” di Bertolt Brecht [1]

@ mia figlia Elena e agli/alle amici/che di Punto 165 di Cologno Monzese

Di fronte al “ritorno della guerra” che fare?
Buttarsi a denunciare questa o quella dichiarazione di Trump, di Macron, della signora von der Leyen? Rimettere in piedi un pacifismo assoluto (cattolico o gandhiano)? Tornare ad imparare come si organizzarono (anche con le armi) i nostri antenati che si opposero al fascismo? Per ora un mio commento critico sulla serata del 29 marzo 2025. [2]

Cara Elena, valuterai tu e, se vuoi, ne parleremo ancora, ma ti dico telegraficamente le mie impressioni/osservazioni sulla serata di ieri a Cologno Monzese [2]. Il discorso sulla militarizzazione della scuola mi è parso debole, perché:

1. non distingue – almeno nelle cose dette ieri sera – tra militarizzazione vera e propria, che è cosa da Stati autoritari, e propaganda solita e tradizionale da parte delle Istituzioni (incontri di orientamento professionale tenuti da militari o esponenti delle forze dell’ordine); si rischia così di esagerare un fenomeno – la propaganda appunto di valori delle classi dominanti (patria, virilità, sacrificio, ecc.) – e di non vedere che esso è diffuso, però, non solo nella scuola ma in tutti i pori della società e viene fatto non solo dai militari ma da politici, giornalisti, intellettuali e dalla gente comune.

2. tende a esaminare e a denunciare aspetti particolari e delimitati (gli incontri dei militari nelle scuole elementari e medie o nelle superiori; i collegamenti fra dirigenze universitarue e dirigenze militari) ma senza saperli inquadrare nel contesto storico d’oggi, che è complicatissimo e spinge sicuramente verso la guerra (posizioni di Trump, posizioni della UE) ma non può essere affrontato con slogan e senza una chiara cognizione dei rapporti di forza: quelli tra le grandi potenze (USA, Russia, Cina, BRIC) e quelli tra le classi dirigenti che dominano le varie nazioni e la gente comune o “popolo”, che le abita e oggi non è più nemmeno rappresentata politicamente nei suoi veri bisogni ed è confusa da un apparato di propaganda massiccio.

3. omette – sempre nei discorsi di ieri, non so se anche nei documenti o programmi – alcune questioni fondamentali: – quella dell’uso capitalistico non solo della forza militare (che è l’oggetto dell’Osservatorio e delle altre organizzazioni presenti all’incontro) ma dei saperi (trasmessi attraverso scuola e università) e della produzione, che si svolge nei vari settori dell’economia contemporanea; per cui non capisco perché si debba intervenire soltanto sulla “militarizzazione” (e solo nelle scuole) se a contribuire allo sfruttamento dei lavoratori (a livello mondiale) non è che ci sono soltanto i militari, ma i centri della Finanza (interconnessi a livello mondiale), dell’Industria tradizionale e nuova (informatizzata, controllata attraverso la IA, ecc.).

4. non chiarisce quali siano le origini delle spinte alla guerra nelle società d’oggi; e se esse vanno cercate nella “natura dell’uomo”, portato allo scontro e al dominio sugli altri (homo homini lupus), o vengono fuori dalle caratteristiche specifiche del modo di produzione capitalistico, quelle studiate da Marx, da Lenin, da Mao; (e le due letture non sono equivalenti e portano a strategie diverse).

5. propone un generico No alla “militarizzazione” ma non si riesce a capire se ci si appella ad un ideale di pacifismo assoluto (come quello del Papa o dei cattolici o dei gandhiani, o di una parte del femminismo, ad es. della Lea Melandri) o se si condividono le analisi più realistiche, che considerano necessario l’uso della forza militare inquadrata in un discorso positivo condivisibile (pensa ai partigiani della Resistenza) contro l’uso repressivo dei dominatori (il fascismo e il nazismo ieri, l’accentramento di poteri immensi in poche mani oggi).

[1] Il libretto di Brecht non pare sia stato più ristampato, ma qualcosa si può trovare on line. Ad es. qui:
https://www.casamattablog.it/numeromatto/numeromatto-guerra2-labc-della-guerra-di-bertolt-brecht-a-cura-di-alessandra-gasparini/

[2] Locandina della serata del 28 marzo 2025 a Cologno Monzese

 

2 aprile 2025
Sul filmato della Conferenza “Dalla complicità all’embargo” del 22 Marzo 2025 a Milano di BDS-Italia.

Nei vari interventi, che ho ascoltato si insiste – giustamente se ci fermiamo al piano della teoria o del discorso razionale – sul richiamo al Diritto internazionale. Esso «è meglio della giungla» che – dicono gli oratori – si va imponendo oggi da parte delle grandi potenze (ma che in realtà – ricordo io – si è sempre imposto anche in passato: Guerra del Golfo, Libia, Afghanistan). Ed è lo stesso avvocato Giannangeli, che interviene verso la fine dell’incontro, a riconoscere che il Diritto internazionale ha sonnecchiato a lungo, che tutte le risoluzioni dell’ONU sono state disattese dallo Sao d’Israele, che gode di una impunità assoluta. O che sono tardive e deboli le denunce delle organizzazioni o istituzioni che di fronte alla guerra in Ucraina o al massacro (o «plausibile genocidio» riconosciuto il 26 gennaio 2024 dalla Corte internazionale di giustizia (CIG) [qui] dei palestinesi si sono fatte sentire.

Certo, è un bene che, di fronte alla mancanza di un no forte alla guerra o ai massacri, che sia capace di influire sui potenti che decidono sulla vita e la morte della gente, si alzino anche poche voci coraggiose per documentare intrighi, piani di dominio, repressioni, quotidiane, torture. Meglio la denuncia precisa del BDS che il silenzio. Meglio 4 gatti che si riuniscono, pensano e si organizzano che l’indifferenza. Ma resta il dubbio: ciò che manca (ed è indispensabile!) – analisi generali, teoria, organizzazione di massa di un’opposizione fondata su un cultura politica capace di intendere i nuovi rapporti di forza tra le classi e di romperli verrà mai fuori dalle pratiche di embargo che il BDS, sia pur organizzazione internazionale, riesce o riuscirà a realizzare?

 

 

5 pensieri su “Su due recenti incontri antimilitaristi a Cologno Monzese e a Milano

  1. SEGNALAZIONE
    Dalla pagina FB di Alberto Negri

    Giovanni Tranchida Altamira
    LE PERDITE IN UCRAINA, GUERRA DI DATI E PROPAGANDA
    Il bilancio delle perdite nella guerra in Ucraina è un campo di battaglia della propaganda. Le cifre variano enormemente a seconda delle fonti, con dati spesso gonfiati o minimizzati per influenzare l’opinione pubblica.
    Dati Ufficiali e Dichiarazioni Contraddittorie
    Secondo il presidente ucraino, in tre anni di conflitto le perdite tra le sue forze ammontano a 45.100 morti e 396.000 feriti. Tuttavia, il ministero della Difesa russo afferma che l’Ucraina ha subito oltre 1,1 milioni di perdite (tra morti e feriti), di cui 693.000 solo nell’ultimo anno.
    Le Stime dei Media e Canali Indipendenti
    Il canale Telegram ucraino Rezident UA, che vanta informatori interni, riferisce che solo nella regione di Kursk, tra il 13 e il 19 marzo, le forze ucraine avrebbero perso 4.500 uomini.
    Il canale WarTears, che monitora necrologi e segnalazioni, stima che l’Ucraina abbia subito 700.670 caduti dall’inizio della guerra, con 30.000 tra morti e feriti ogni mese.
    Slavyangrad riporta che, all’8 marzo, il numero di annunci mortuari ufficiali di soldati ucraini superava 580.000.
    Valutazioni Occidentali
    Secondo il generale Kellogg, le perdite ucraine sarebbero tre volte quelle subite dagli USA in Corea e Vietnam messi insieme, avvicinandosi quindi al milione di morti.
    Il Washington Post ha scritto il 6 gennaio che l’Ucraina, nel 2024, ha potuto mobilitare solo 200.000 uomini sui 500.000 necessari, segno di un esercito logorato.
    Per avere un dato credibile, anche se da questi numeri si comprende qualcosa che si avvicina alla realtà, bisognerà attendere tra qualche anno che qualcuno scoperchi gli archivi.

  2. SEGNALAZIONE

    Il futuro del mondo post-egemonico
    di Michael Hardt e Sandro Mezzadra
    3 aprile 2025
    https://www.versobooks.com/blogs/news/the-coming-post-hegemonic-world?fbclid=IwY2xjawJboLBleHRuA2FlbQIxMQABHadWwgNIjLjmPmbp-YACap9e31b_tXsgHkXaiEDOAfr0iybDsH2yDtfMsQ_aem_eJyIRM49ZodrTTR3SFoUfA

    Stralcio:

    Forse è troppo presto per vedere che tipo di ribellione e rivolta arriveranno in seguito. Una volta che la nebbia del disorientamento si sarà diradata e le persone avranno preso piede nella nuova situazione, saremo in grado di analizzare questa lotta in termini più specifici. Possiamo, tuttavia, riconoscere alcune linee generali.
    Un buon punto di partenza è il riconoscimento che la mera resistenza è diventata una strategia inefficace oggi, e i tentativi di “tornare alla normalità” sono completamente illusori, negli Stati Uniti e altrove. Ciò che è necessario è collegare le pratiche di rifiuto a un nuovo progetto di costituzione sociale. Questo è uno dei motivi per cui troviamo così importante l’analisi degli sviluppi capitalistici e delle dinamiche del mercato mondiale, come abbiamo tentato qui, insieme all’organizzazione della lotta anticapitalista. Dobbiamo combattere il fascismo, naturalmente, il regime di guerra e le modalità post-egemoniche di dominio globale. Ma dobbiamo collegarli alle attuali forme di dominio capitalista, tenendo presente che una delle sue caratteristiche distintive, come Marx ed Engels hanno spesso affermato, è che, nel perseguire il proprio sviluppo, il capitale fornisce necessariamente le armi per combatterlo e le basi per costituire un’alternativa postcapitalista. 
    Non dovremmo aspettarci che la leadership per la liberazione emerga dallo stato cinese o persino da gruppi di stati che rappresentano il “Sud globale”, come i BRICS o la Shanghai Cooperation Organization. Potenti cambiamenti stanno sfidando qualsiasi prospettiva di egemonia non solo degli Stati Uniti ma anche “occidentale”, e questi cambiamenti potrebbero generare crepe e aprire spazi per progetti di liberazione. Ma la resistenza alle attuali forme di dominio globale e una ribellione efficace devono essere radicate nei movimenti sociali e nelle lotte capaci di immaginare una vita al di là del dominio del capitale. 
    Tali movimenti e lotte sono necessariamente radicati in contesti specifici e localizzati, confrontandosi con il capitale, l’autoritarismo, il patriarcato e il razzismo, l’espropriazione, l’estrattivismo e il degrado ambientale nelle loro forme. Ma i movimenti sono sempre più consapevoli dell’importanza di affrontare e contestare la dimensione globale di questi processi, e quindi della necessità di mobilitazione oltre i confini e contro ogni forma di nazionalismo. Deve emergere un nuovo internazionalismo, radicato ma che si estenda oltre le realtà locali, nazionali e regionali. È attraverso questo nuovo internazionalismo che può finalmente emergere una politica di liberazione adeguata alle sfide che affrontiamo oggi. La rottura dell'”Occidente” e il declino delle pratiche egemoniche possono fornire un’opportunità per l’invenzione politica di nuove connessioni attraverso l’Atlantico e il Pacifico, nel Nord e nel Sud e attraverso altre divisioni per combattere insieme. 
    Le forze per avviare un nuovo ciclo di lotte capaci di sfidare l’ordine capitalista post-egemonico, uscire dal regime di guerra senza fine e combattere il dominio autoritario e fascista stanno solo iniziando a fondersi. Anche se ora le nostre prospettive sembrano così cupe, presto saremo in grado di vederle all’orizzonte.

  3. e se invece degli ottimismi di maniera ci confrontassimo su cose concrete, tipo chi sarebbe il soggetto rivoluzionario oggi, cosa vuol dire rivoluzione, oggi, come e cosa c’entra il pensiero di Marx nell’analisi di questa situazione?
    Se no tanto vale andare sul monte Atos..almeno l’aria è buona

  4. @ Paolo

    I confronti sembrano sempre più difficili ma si può tentare ancora. Basta proporre o segnalare. Io scelgo tra quel che mi passa davanti agli occhi nelle mie esplorazioni. Ciao.

  5. Non vuol essere critica alle persone ma incitamento a riprendere quegli elementi del metodo marxista che lo accomunano alla scienza: dati e analisi e ipotesi e ancora dati, strutture e non epifenomeni…….il tutto parlando del presente e guardando al futuro.
    Ma lasciando da parte paternalismi, il dover fare e simili , e guardando invece a quello che succede e perchè. Ne parlo in questa occasione, ma é anche perchè la sinistra (di cui abbiamo notoizie tramite ‘sinistrainrete’) ha troppo spesso questo vizio di predicare o correre dietro ai pettegolezzi a scapito dell’analisi concreta. O della riflessione filosofica seria.

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