Da Bagdad a Kiev. Le due facce del pacifismo.

di Donato Gervasio

Un acceso dibattito alla Cavallerizza Reale per Biennale Democrazia ha messo a confronto le divergenti prospettive di Luciana Castellina e Paolo Flores d’Arcais sul significato di pacifismo di fronte al conflitto ucraino.
Flores d’Arcais esordisce con una citazione, tratta da Menzogna e Verità di Hannah Arendt, riferita alla guerra del Vietnam: “Quando le modeste verità dei fatti vengono derubricate a opinioni e valgono quanto le opinioni opposte, si è già incamminati per la strada che conduce al totalitarismo.” Questa premessa ha immediatamente posto l’accento sulla necessità di distinguere nettamente tra l’aggressore, la Russia di Putin, e l’aggredito, l’Ucraina.
Flores d’Arcais ripercorre la storia post-sovietica dell’Ucraina. “Divenuta indipendente dopo il collasso dell’Urss, l’Ucraina rinuncia alle testate nucleari presenti sul suo territorio, dietro garanzia della sua integrità territoriale e della sua indipendenza (memorandum di Budapest 1994). Nel 2014 la Russia di Putin invade la Crimea, che dell’Ucraina è parte integrante, violando nel modo più “spudorato e aggressivo” l’accordo. “Questa modesta e gigantesca verità di fatto basta a smentire tutte le fantasiose ricostruzioni che parlano dell’accerchiamento della Russia da parte dell’Occidente imperialista e della resistenza ucraina all’invasione come guerra di procura da parte dell’Occidente.”
Si giunge poi al discorso di Putin (22 febbraio 2022) che accusa l’Ucraina di sviluppare armi nucleari e di essere responsabile del genocidio di quattro milioni di russofoni. In questo stesso discorso l’Ucraina viene definita parte integrante della storia, della cultura e dello spazio spirituale della Russia: è la dottrina del “russkij mir” (“mondo russo” o anche “pace russa”), ambizioso progetto imperiale che prevede l’annessione di tutti i territori russofoni alla madrepatria, con mire anche su Georgia, Moldavia, Bielorussia e i paesi baltici. L’invasione, iniziata due giorni dopo, si basa sulla presunzione di una rapida capitolazione ucraina e sulla fuga già predisposta per Zelensky. Ma Zelensky non fugge, gli ucraini non si sottomettono e, paradossalmente, la resistenza è più intensa nelle regioni russofone. “Inizia quella che bisogna chiamare la guerra della Russia – un’autocrazia dove il dissenso è brutalmente represso e i giornalisti finiscono come sappiamo o in Siberia o assassinati come Politkovskaja – contro la democrazia ucraina. A me sembra che la posizione di una persona di sinistra di fronte a questi fatti sia ovvia: la sinistra sta con l’aggredito contro l’aggressore, tanto più quanto l’aggredito è una giovane e fragile democrazia. Io sono incredulo nel constatare che ci siano ancora oggi delle persone di sinistra che non sentono il bisogno di appoggiare l’eroica resistenza di un piccolo popolo democratico.”
Luciana Castellina dissente dalla ricostruzione di Flores d’Arcais, sottolineando un’omissione cruciale: gli accordi di Minsk del 2014. E riporta l’opinione di Kissinger, secondo cui il rifiuto ucraino di riconoscere tali accordi – che prevedevano un’autonomia per le regioni russofone paragonabile a quella dell’Alto Adige – avrebbe rappresentato un punto di svolta.
La riflessione si sposta sul pacifismo che, secondo Castellina, dopo le grandi manifestazioni contro la guerra in Iraq, non ha vigilato sulla fase preparatoria del conflitto in Ucraina: “Non essere stati attenti a quello che accadeva mentre si preparava la guerra è una colpa grave.”
“Ma la cosa che mi turba di più in questa fase – continua – è che ci sia così poca consapevolezza del fatto che stiamo vivendo un passaggio epocale di straordinaria e drammatica importanza che ha messo in discussione la democrazia: non siamo più noi che deliberiamo, non è il parlamento che decide, non sappiamo più neanche dov’è il potere, visto che le grandi decisioni vengono prese sul mercato mondiale tra gruppi finanziari che fanno accordi tra di loro, davanti a notai privati che nessun organismo democratico controlla minimamente.”
Per Castellina le guerre sono comprensibili solo all’interno di un contesto storico, e per il movimento pacifista è di fondamentale importanza capire che la natura delle guerre di oggi è diversa da quelle del passato, perché si tratta di guerre con un potenziale distruttivo enorme.
Il dibattito prende in esame il ruolo degli Stati Uniti. Flores d’Arcais critica aspramente la condotta di Biden nei tre anni di conflitto, definendo gli aiuti all’Ucraina “col contagocce”, sufficienti a impedire una rapida avanzata russa, ma non a consentire la liberazione del territorio. Se gli USA avessero fornito le armi richieste – controllo del cielo, missili a lungo raggio, carri armati – forse si sarebbero evitate centinaia di migliaia di morti e distruzioni. E traccia un paragone tra la resistenza ucraina e quella partigiana durante la Seconda guerra mondiale: “Quando alla fine del 1943, la Germania di Hitler, dopo aver liberato Mussolini dal Gran Sasso, occupava tutta l’Italia sopra la Linea Gotica, Duccio Galimberti, dal Palazzo comunale di Cuneo, esortava i concittadini ad andare a prendere le armi alla stazione dei carabinieri: iniziava la Resistenza in Italia… E ogni volta che arrivava dal cielo qualche arma in aiuto dei partigiani, era una festa grande, perché voleva dire che il rapporto di forza a vantaggio degli invasori sarebbe stato meno schiacciante.”
Di fronte al timore dell’uso dell’atomica da parte di Putin, Flores d’Arcais risponde con fermezza: cedere al ricatto nucleare non elimina la minaccia, ma la incoraggia. “Il modo migliore per scoraggiare l’uso dell’atomica è far sapere che la minaccia siamo pronti ad affrontarla. Nella tradizione della sinistra – conclude – non c’è la pace ad ogni costo, c’è la verità e la giustizia insieme alla pace. Dolores Ibarruri non era per la pace ad ogni costo quando disse:”Meglio morire in piedi che in ginocchio.”
Castellina trova sbalorditivo il paragone con la Resistenza, definendola un fenomeno globale di opposizione al fascismo e al nazismo, nato dall’orrore della guerra e dal desiderio di pace. “I partigiani che vanno in montagna per prima cosa vogliono porre fine alla guerra.”
Ha poi sollevato la questione dell’espansione della NATO: “Certo, nessun paese ha piacere di avere installazioni atomiche intorno, ma quando Cuba decise di mettere i missili sul suo territorio, gli Stati Uniti minacciarono la guerra mondiale perché ritennero che fosse illegittima quella decisione. Perché allora la Russia avrebbe dovuto accettare un aumento dei paesi aderenti alla NATO da 12 a 30? Vedete che si ritorna sempre allo stesso punto, cioè allo strapotere dell’Occidente, che decreta che noi siamo una democrazia, che noi possiamo fare quello che vogliamo e i due terzi del mondo non lo possono fare. Io mi vergogno di essere dell’Occidente. Ma vi rendete conto che parliamo sempre dell’Ucraina e di quello che sta succedendo a Gaza non diciamo niente? Israele vi sembra un paese democratico?”
Castellina insiste poi sulla necessità di contestualizzare storicamente gli eventi, sostenendo che “Putin è stato costruito dall’Occidente” : dopo la fine dell’Unione Sovietica invece dei rapporti economici, sociali e culturali, l’Occidente, attraverso la sua politica di accerchiamento della Russia, ha provocato una profonda insofferenza che ha consentito a Putin di cavalcare il revanscismo e il nazionalismo: le guerre si preparano in questo modo.
Flores D’Arcais replica ricordando come, durante la crisi cubana, entrambi avessero condannato la pretesa americana e sostenuto il diritto di ogni paese sovrano di aderire a un’alleanza. “Quindi mi stupisce – continua Flores d’Arcais rivolto a Luciana Castellina – che ora rovesci il punto di vista quando si tratta di paesi che, diventati sovrani, sovranamente decidono di aderire alla NATO. Se non hanno il diritto di scegliere l’alleanza, allora vuol dire che non sono Stati sovrani. Se dopo il 1989 vari paesi che facevano parte dell’impero sovietico hanno voluto entrare nella NATO, è perché erano e continuano ad essere preoccupati della minaccia russa.” E Flores d’Arcais sottolinea come anche la Svezia, paese tradizionalmente neutrale, di fronte alla guerra scatenata da Putin e alle minacce reiterate, ha deciso lo scorso anno di aderire al Patto Atlantico.
Il discorso di Flores d’Arcais si sposta sui giorni che hanno cambiato il mondo, con riferimento all’atteggiamento di Trump verso Zelensky, “trattato con il tono e il comportamento di un boss mafioso”, e al suo avvicinamento a Putin. “Questa è la realtà completamente nuova che abbiamo di fronte. Non abbiamo più l’Occidente e la Russia ma la Santa Alleanza tra Putin e Trump. Siamo entrati nell’epoca storica del “trumputinismo”, cioè un’alleanza che ha dichiarato guerra all’Europa dal punto di vista commerciale, e sappiamo che le guerre commerciali non sono guerre pacifiche, ma il preambolo delle guerre tout court… Possiamo scegliere: o ci pieghiamo fin da ora al “trumputinismo”, accettando un futuro per ogni singolo paese d’Europa di assoluta servitù, o cerchiamo di esistere e di far fronte da tutti i punti di vista alla guerra. Questo significa costruire un’Europa subito, con chi ci sta, libera dai vincoli delle decisioni all’unanimità: l’Unione Europea come forza politica già non esiste più. Bisogna essere pronti a difendersi. Se l’Europa non nasce, il mondo apparterrà al “trumputinismo”, alla Cina e a qualche paese arabo, e tutti i discorsi su questo terribile Occidente non avranno più senso, perché l’Occidente, con la scelta di Trump, non esiste più. Quindi, o Europa o nulla: questo sta di fronte a ciascuno di noi.”
Castellina: “Tutto questo mi spaventa. Ma come? Ci riarmiamo per combattere non solo la Russia, ma anche gli Stati Uniti? Vinciamo di sicuro!” E invita a riflettere su come siamo arrivati alla situazione attuale, sulla “degenerazione della democrazia americana” che ha portato all’elezione di Trump. Critica l’UE, definendola una “grande delusione.” “L’UE si è stata costruita sulla competizione anziché sulla collaborazione, ed è stata ammazzata dalla retorica. Non ci siamo preoccupati di costruire la società europea: questo è l’errore che è stato fatto e su questo ho espresso le mie critiche a Spinelli, con il quale sono stato per tanto tempo nel parlamento Europeo e ho fatto tante cose insieme.” Cita l’Erasmus come unica iniziativa positiva, auspicando l’estensione di questo progetto a tutte le categorie sociali per costruire una vera coscienza europea, superando stereotipi e divisioni.
In risposta alle domande del pubblico, Flores D’Arcais analizza la novità della menzogna nell’era Trump: “Trump mente in modo sfacciato, ma il suo mentire così spudorato è un’affermazione di potere “ e definisce la sua politica come una guerra alla democrazia. “Trump è l’uomo che dà a Netanyahu il potere di fare quello che vuole – di Gaza non abbiamo discusso perché con Luciana ci siamo detti: discutiamo delle questioni sulle quali abbiamo opinioni diverse, che sono già tante, e non parliamo di Netanyahu su i cui crimini siamo assolutamente d’accordo. Trump è l’uomo che dà a Putin il potere di fare quello che vuole, Trump è l’uomo che vuole togliere agli americani il potere di decidere su qualsiasi cosa. E sono pronto a scommettere che prima che finisca il suo mandato, Trump sosterrà con strumenti giuridici alla mano che non è vero che negli Stati Uniti sia proibito un terzo mandato.”
Sulla crisi dell’UE come opportunità, Flores d’Arcais auspica una rapida costruzione di un’Europa del welfare e dei diritti, che lotti contro l’evasione fiscale e per la piena occupazione. Ha poi definita “sacrosanta” l’analogia stabilita da Mattarella nel suo discorso all’università di Marsiglia tra l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin e la politica hitleriana: “Monaco 1938: una potenza vuole prendersi un pezzo di Europa, le altre potenze europee preferiscono dargli questo pezzetto convinti che in questo modo non ci sarà la guerra. Due anni dopo Hitler era a Parigi.”
Ha infine messo in guardia contro i tanti che, pur dichiarandosi contro Putin, sono contro l’invio di armi alla resistenza ucraina, agevolando in questo modo gli obiettivi dell’autocrate russo, perché se si diminuisce l’aiuto all’aggredito, si aumenta inevitabilmente la forza dell’aggressore.
Castellina contesta l’analogia Putin-Hitler, definendola priva di fondamento. Auspica invece un’azione di mediazione diplomatica da parte dell’UE, finora assente.

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