Sbratto gen.-mar. 2025

di Ennio Abate

8 gen. 25

Musk, Trump, Besos, etc.
Che contano le mie scritture di fronte a questa realtà dominata dai ricchi (dagli dei)?
O avresti dovuto seguire la strada di quando, giovane, non ti curavi di politica e vedevi le cose più vicine a te e non le lontane o gli altri?

9 feb. 25

RIORDINADIARIO
Per quel che è possibile, rileggi e riordina. E non ridurti a correggere soltanto il testo buttato giù a suo tempo. Ripensalo oggi, al momento in cui lo rileggi. Trai spunti per altro. Nessuno ti obbliga a pubblicare tutto.

10 feb. 25

Meno parolaio (di x, y, z). In politica leggi, ma poi solo commenti brevi e di riepilogo. Valutazione severa dei rapporti di forza, che non è (solo) rassegnazione o paura. Lenin, la sua lezione: senza autonomia di pensiero – (quello era il partito “dei professionisti”) – tutto finirà di sicuro con la vendetta feroce di chi ha più forza (militare, di persuasione, di manipolazione). Hamas: se sei in grado di fare solo il 7 ottobre e poi ti sei affidato all’Iran che non ti ha sostenuto, sei spacciato. ( il resto. Islam, fanatismo, numero dei morti) è purtroppo contorno. Simpatia ma distanza dalla “politica della commozione” o da quella che si riduce alla denuncia accanita contro singoli avversari.

5 mar. 25

Perché non riesco ad applicarmi con continuità al mio “narratorio”? Non ci credo? Sento inutile e fuori tempo questo lavoro “mio” di fronte alle tragedie che incombono e arrivano puntuali? Lo stesso libro che ho pubblicato su Fortini mi fa sentire comunque un vecchio attardato. Voglia di intervenire sempre meno anche nelle possibili discussioni “politiche” che mi scorrono davani agli occhi: gli altri la sanno sempre più lunga, hanno seguito. Io faccio le pulci e basta? Anche i miei interlocutori reali più vicini sono ostili, diffidenti e anch’essi impreparati a toccare certi temi. O fissati su posizioni che non mi fanno più venire la voglia di controbattere. Impormelo per dovere? Ho 84 anni. Forse dovrei prepararmi alla morte, al distacco da tutto; e non accanirmi su problemi che non riguarderanno me ma altri?

10 mar. 25

Recensione di Velio Abati al mio “Nei dinorni di FF”.
«Frutto di questa scelta è anche lo sguardo su di sé, sul suo presentarsi, per dir così, fortiniano scalzo».
Da accostare a Paolo Virno su Benedetto Vecchi: “ detestando gli intellettuali con i mocassini e facendo comunella con quelli dai piedi scalzi” (https://ilmanifesto.it/lintellettuale-dai-piedi-scalzi-che-sapeva-di-non-appartenere-ai-vuoti-e-felici-pochi)…
Vado a controllare il termine. L’espressione in uso negli anni 70 era, però, riferita – cosa non secondaria – ai medici scalzi: «(in cinese: 赤脚医生, pinyin: Chìjiǎo yīshēng) erano contadini che avevano ricevuto una formazione minima medica e paramedica ed erano attivi nei villaggi rurali della Cina. Il loro scopo era di rendere accessibili le cure sanitarie nelle aree rurali dove non potevano lavorare i medici delle città.
Citazioni sul medico scalzo.
• Al principio del 1971, le autorità della comune ordinarono all’ospedale di assumere un «medico scalzo»: il nome derivava dal fatto che il «medico» avrebbe dovuto in teoria vivere come i contadini, che consideravano le scarpe troppo preziose per portarle nei campi invasi dal fango. All’epoca fu varata una grande campagna di propaganda che salutò i «medici scalzi» come un’invenzione della Rivoluzione Culturale. (Jung Chang)
• La propaganda riguardo ai medici scalzi era una delle manovre politiche di Mao, che aveva condannato il ministero della Sanità dell’epoca precedente alla Rivoluzione Culturale con l’accusa di non essersi preso cura dei contadini, preoccupandosi soltanto degli abitanti della città, e soprattutto dei funzionari del Partito. Tra l’altro accusava i medici di non voler lavorare in campagna, soprattutto nelle zone più isolate. (Jung Chang)
(https://it.wikiquote.org/wiki/Medico_scalzo)

13 mar 25

Sogno
Si apre una porta e incrocio C.P. Va di fretta ma mi fa entrare, dovremmo parlare e si allontana, ma dice che tornerà subito. Entro nella sua casa e su un divano vedo riversa una donna. Sembra svenuta o morta. Mi avvicino, le sollevo la testa reclinata e chiedo aiuto. S’avvicina una vecchina (come quella di un quadro di Bosch, come una strega medievale). Vedo anche che un bambino (forse il figlio di C.P. ) ha preso un giocattolo che mi apparteneva ma io glielo lascio volentieri. Nel frattempo è tornato C.P. È, però, sempre preso da altro ed esce ancora. Pare che non troverà mai più il tempo per parlare con me.

20 mar 25

Le facce dei dignitari del Mantegna (Camera degli sposi)=le facce dei miei professori al liceo Tasso di Sa

6 pensieri su “Sbratto gen.-mar. 2025

  1. Educati ringraziare
    (il filare)
    con una lettera,
    non elencare
    (la polvere)
    il passato.
    Studiare
    la dialettica
    e la merce.

  2. E’ una poesia molto bella nella sua raffinata semplicità e nella sua concisione epigrafica. Il suo fascino scaturisce dal perfetto bilanciamento, realizzato mediante l’uso anfibologico dei verbi all’infinito, tra asserzione e prescrizione: bilanciamento che ricorda lo stile gnomico e didascalico dei componimenti di Mao Tse-tung.
    “Studiare la dialettica e la merce” è un imperativo politico e filosofico. Basti pensare – notizia di cui pochi sono al corrente – che una delle ricerche più singolari, rivolta a formalizzare la dialettica hegeliana, è stata condotta attraverso l’”Air Force Office of Scientific Research” degli Stati Uniti da G. Günther, “Das Problem einer Formalisierung der transzendental-dialektischen Logik in Beiträge zur Grundlegung einer operationsfähigen Dialektik”, Hamburg 1976-1980. Il nemico non solo ci ascolta, ma ci precede…
    “Lo spirito ha rotto i ponti col mondo del suo esserci e rappresentare, durato fino ad oggi; esso sta per calare tutto ciò nel passato e versa in un travagliato periodo di trasformazione”. Questa affermazione di Hegel è valida, oggi non meno che nel 1806. La dialettica è la logica di tale mutamento: è, per adoperare le parole dell’hegeliano russo A. Herzen, “l’algebra della rivoluzione”. Per questo motivo ogni discorso sulla dialettica è un discorso politico, anche se si tratta in apparenza “soltanto” di strutture concettuali.

    1. Grazie Eros per il complimento, e hai ragione: di due difetti non sono ancora riuscito a liberarmi: l’influenza della dialettica materialista del Presidente Mao (temo Edoarda Masi non sia riuscita a ficcarmi in zucca cosa fosse esattamente), e una sentimentale simpatia per un certo slancio anarchico in questioni di etica individuale.
      Ma, come dicono gli americani, “ci sto lavorando”.
      Un abbraccio.

  3. 1.
    “non elencare
    (la polvere)
    il passato.”

    E come ci si libera dal passato? Negandolo, come tentarono di fare i futuristi?
    Fatica ci vuole. Come sapeva bene Emily Dickinson, «Quando spolveri il sacro ripostiglio/ che chiamiamo “memoria”/scegli una scopa molto rispettosa/
    e fallo in gran silenzio./Sarà un lavoro pieno di sorprese -/ oltre all’identità/ potrebbe darsi/ che altri interlocutori si presentino -/ Di quel regno la polvere è silente -/ sfidarla non conviene -/ tu non puoi sopraffarla – invece lei/ può ammutolire te»

    2.
    “Studiare
    la dialettica
    e la merce.”

    Certo, se puoi permettertelo. Chi non può, la deve cogliere per strada, come la passante di Baudelaire; e la merce studiarsela nelle vetrine dei negozi.

    1. Come sei permaloso Ennio. Ti ho scritto un gioco in stile Me-Ti e tu te la prendi a male. Boh… se proprio vuoi allora spiego anche che “elencare” non è uguale a “ricordare”, e nelle vetrine dei negozi ci sono “oggetti” con un prezzo, non “merci”. Però vedi tu.
      Un abbraccio.

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